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Tassazione utili: come evitare la doppia imposizione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 16964/2024, interviene su un caso di accertamento fiscale a carico di una società e dei suoi soci. L’oggetto del contendere era la presunta doppia imposizione sui redditi societari. La Corte ha chiarito che il meccanismo corretto per la tassazione utili, volto a mitigare la doppia imposizione, non è la deduzione dell’IRES pagata dalla società dall’IRPEF dei soci, bensì la parziale inclusione dei dividendi nel reddito imponibile del socio, come stabilito dall’art. 47 del TUIR. La sentenza della Commissione Tributaria Regionale, che aveva ragionato secondo una logica simile al superato credito d’imposta, è stata cassata.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Tassazione utili: la Cassazione fa chiarezza sulla doppia imposizione

La tassazione utili distribuiti dalle società ai propri soci è da sempre un tema delicato, che genera dubbi e contenziosi. Il timore principale è quello della cosiddetta “doppia imposizione economica”, ovvero che lo stesso profitto venga tassato due volte: prima in capo alla società con l’IRES e poi in capo al socio con l’IRPEF. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 16964 del 2024, offre un’importante delucidazione su come l’ordinamento attuale previene questo fenomeno, superando la logica del vecchio credito d’imposta. Analizziamo insieme la vicenda.

I Fatti del Caso

Una società operante nel settore tessile e i suoi due soci ricevevano avvisi di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate per gli anni 2006 e 2007. L’Agenzia contestava maggiori redditi, applicando alla società le imposte IRES, IRAP e IVA, e ai soci la relativa IRPEF sui maggiori utili presunti.

I contribuenti si opponevano, sostenendo di subire una doppia imposizione. Le commissioni tributarie di primo e secondo grado accoglievano parzialmente le loro ragioni. In particolare, la Commissione Tributaria Regionale (CTR) confermava la decisione di primo grado, stabilendo che per evitare la doppia imposizione, dall’IRPEF dovuta dai soci dovesse essere dedotto un importo pari all’IRES (teoricamente) dovuta dalla società. Secondo la CTR, se la società non avesse versato l’IRES, sarebbe stato un problema dell’amministrazione finanziaria agire nei confronti della società, ma ciò non avrebbe dovuto influenzare il calcolo dell’imposta per i soci. L’Agenzia delle Entrate, ritenendo errata tale interpretazione, ricorreva in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, cassando la sentenza della CTR e rinviando la causa a una nuova sezione della Corte di giustizia tributaria di secondo grado. Il motivo centrale dell’accoglimento è stata la violazione e falsa applicazione dell’art. 47 del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi).

Le Motivazioni: la corretta applicazione della norma sulla Tassazione Utili

Il cuore della decisione risiede nella corretta interpretazione del meccanismo anti-doppia imposizione previsto dalla normativa vigente. La Corte ha spiegato che la CTR ha commesso un errore fondamentale, ragionando come se fosse ancora in vigore il vecchio sistema del credito d’imposta.

Il sistema attuale, disciplinato dall’art. 47 del TUIR, si basa su un principio diverso: gli utili percepiti da una persona fisica non concorrono interamente a formare il suo reddito imponibile, ma solo in una percentuale limitata (all’epoca dei fatti, il 40%). Questo abbattimento forfettario alla fonte è proprio lo strumento scelto dal legislatore per mitigare l’effetto della doppia tassazione.

In altre parole:
1. La società paga l’IRES sul suo utile al 100%.
2. Il socio, quando riceve la sua quota di utili, la include nella sua dichiarazione dei redditi solo per una frazione (es. 40%).
3. Su questa frazione, il socio paga la sua IRPEF.

Questo meccanismo rende le due imposizioni (IRES sulla società e IRPEF sul socio) indipendenti. Non è prevista alcuna deduzione diretta dell’IRES dall’IRPEF. Il fatto che la società abbia effettivamente pagato o meno l’IRES è irrilevante per determinare l’imposta dovuta dal socio. L’obbligazione tributaria del socio sorge sulla base della percezione dell’utile e si calcola secondo le regole dell’art. 47 TUIR. La CTR, imponendo una sorta di deduzione, ha di fatto applicato una regola inesistente, confondendo il sistema attuale con quello, ormai superato, del credito d’imposta, che peraltro presupponeva l’avvenuto versamento dell’imposta da parte della società.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale per soci e amministratori di società di capitali. La tutela contro la doppia imposizione economica degli utili non si realizza sottraendo l’IRES dall’IRPEF, ma attraverso il meccanismo di esclusione parziale previsto dalla legge. Per i soci, è cruciale comprendere che la loro posizione fiscale è autonoma rispetto a quella della società. L’eventuale inadempimento della società nel versamento delle imposte non autorizza il socio a ridurre il proprio carico fiscale in modo arbitrario. La corretta tassazione utili segue le chiare disposizioni dell’art. 47 TUIR, che garantiscono un’imposizione equa e predeterminata, evitando complesse e ormai superate operazioni di compensazione tra imposte diverse.

Come si evita la doppia tassazione degli utili distribuiti ai soci di una S.r.l.?
Secondo la Corte di Cassazione, la doppia tassazione si evita attraverso il meccanismo previsto dall’art. 47 TUIR, che stabilisce la concorrenza solo parziale (all’epoca dei fatti il 40%) degli utili al reddito imponibile IRPEF del socio. Non è prevista una deduzione dell’IRES dall’IRPEF.

Se la società non paga l’IRES dovuta, il socio è comunque tenuto a pagare l’IRPEF sugli utili percepiti?
Sì. La Corte chiarisce che l’obbligazione tributaria del socio è indipendente da quella della società. Il mancato pagamento dell’IRES da parte della società non influisce sulla debenza dell’IRPEF da parte del socio, che deve essere calcolata secondo le regole sulla parziale imponibilità dell’utile distribuito.

Il sistema del credito d’imposta è ancora valido per la tassazione degli utili societari?
No. La sentenza evidenzia che il criterio del credito d’imposta (che permetteva al socio di scomputare l’imposta pagata dalla società) è stato abbandonato. Il sistema attuale si fonda esclusivamente sull’abbattimento della base imponibile per il socio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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