Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2313 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 2313 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19568/2021 R.G. proposto da: COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in RAGIONE_SOCIALE INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato AVV_NOTAIO RAGIONE_SOCIALE (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-resistente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della LOMBARDIA n. 439/2021 depositata il 27/01/2021. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/11/2023 dal
Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO CHE
la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia -Sez. staccata di Brescia -con la sentenza n. 439/23/2021 depositata in data 27/01/2021 e non notificata, in accoglimento dell’ appello proposto dall’ RAGIONE_SOCIALE ed in riforma della sentenza di primo grado, rigettava il ricorso proposto da NOME COGNOME, Notaio in RAGIONE_SOCIALE, avverso un avviso di liquidazione dell’imposta e irrogazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni emesso a suo carico dall’RAGIONE_SOCIALE relativo all’atto di conferimento di immobile in trust da lui stipulato in data 23/09/2016, condannando il medesimo al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese di entrambi i gradi di giudizio;
1.1. secondo quanto è dato desumere dalla sentenza impugnata, i giudici di appello ritenevano applicabile all’atto di conferimento in trust di un immobile l’imposta di cui al d.l. 262/2006 ed ancora, escludevano la franchigia ex art. 2, comma 49, d.l. 262/2006 non essendo possibile individuare nella fattispecie specifica, il soggetto o i soggetti beneficiari;
contro
detta sentenza propone ricorso NOME COGNOME affidato a tre motivi;
l’ ufficio ha depositato memoria al solo fine della partecipazione alla discussione orale;
CONSIDERATO CHE
con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’ art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., violazione dell’ art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., e all’art. 118, primo comma 1, disp. att. cod. proc. civ., in quanto la motivazione del l’impugnata sentenza non contiene quegli elementi minimi che dette disposizioni richiedono ai fini della sua validità e cioè ‘la concisa esposizione RAGIONE_SOCIALE
ragioni di fatto e di diritto della decisione’ la ‘succinta esposizione dei fatti rilevanti della causa e RAGIONE_SOCIALE ragioni giuridiche, anche con riferimento a precedenti conformi’;
con il secondo motivo lamenta, ai sensi dell’ art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’ art. 2, commi 47 e 49, del d.l. 3 ottobre 2006 n. 262 convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006 n. 286 in rapporto alla normativa di cui al l’ art. 3 d.lgs. 446/1997;
2.1. deduce che la Commissione Tributaria Regionale aveva completamente ignorato i consolidati principi interpretativi in materia di tassazione degli atti di dotazione di beni in trust , come elaborati dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui nel passaggio del patrimonio dal disponente al trustee non si realizza un incremento liberale e definitivo del patrimonio di quest’ultimo per cui, mancando il presupposto che legittima l’imposizione, tale attribuzione deve essere considerata fiscalmente irrilevante;
con il terzo motivo deduce ‘ omessa e/o insufficiente e/o contraddittoria motivazione su fatto controverso e decisivo ex art. 360 n. 5 cod. proc. civ. ‘, osservando, preliminarmente, che le modifiche al ricorso per cassazione, introdotte dal d.l. 22 giugno 2012 n. 83, conv. in l. 7 agosto 2012 n. 134, non si applicano al processo tributario, atteso che il comma 3bis dell’art. 54 del d.l. n. 83/2012, apportato in sede di conversione in legge, dispone ‘le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano al processo tributario di cui al decreto legislativo 31 dicembre 1992 n. 546’ ;
3.1. osserva che dalla sentenza impugnata non era dato comprendere quale ragionamento logico-giuridico aveva indotto il giudice dell’appello per cassare la sentenza di primo grado , precisando che lo stesso avevano fondato la propria decisione senza esaminare gli elementi argomentativi e probatori che il contribuente pure aveva ampiamente fornito in relazione all’applicabilità o meno dell’imposta , limitandosi ad argomentare circa l’applicabilità o meno
RAGIONE_SOCIALE franchigie previste dalla legge senza tuttavia considerare il petitum era relativo all’applicabilità o meno dell’imposta ex art. dell’ art. 2, commi 47 e 49, del d.l. 3 ottobre 2006 n. 262 convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006 n. 286 nel caso specifico e, solo in subordine, l’applicabilità o meno della franchigia prevista per i familiari;
il primo motivo è inammissibile;
4.1. invero in tema di contenuto della sentenza, la concisione della motivazione non può prescindere dall’esistenza di una pur succinta esposizione RAGIONE_SOCIALE ragioni di fatto e di diritto della decisione impugnata, la cui assenza configura motivo di nullità della sentenza quando non sia possibile individuare il percorso argomentativo della pronuncia giudiziale, funzionale alla sua comprensione e alla sua eventuale verifica in sede di impugnazione (Sez. 3 – , Ordinanza n. 29721 del 15/11/2019, Rv. 655799 – 01);
4.2. nel caso in esame non risulta configurabile alcuna nullità in quanto giudici di appello hanno, comunque, individuano il thema decidendum oggetto di censura come chiaramente desumibile dalle premesse in fatto e dalle considerazioni svolte a pag. 3 della sentenza ove è stato evidenziato che l’ atto oggetto di causa, quale atto implicante la costituzione di cui vincolo di destinazione, era ass oggettato all’ imposta di cui all’ art. 2, commi da 47 a 53, del d.l. 3 ottobre 2006 n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006 n. 286;
per ragioni di ordine logico prima del secondo va esaminato il terzo motivo da ritenere anch’ esso inammissibile;
5.1. le S.U. hanno chiarito che la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 RAGIONE_SOCIALE preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione
solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione. (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830 – 01);
5.2. in seno a detta pronunzia è stato precisato che «Ad avviso del Collegio sia la nuova formulazione restrittiva del motivo di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), sia, indirettamente, la sua radicale espunzione in caso di c.d. doppia conforme troverebbero applicazione in relazione ai ricorsi per la cassazione RAGIONE_SOCIALE sentenze del giudice tributario. A tanto non osterebbe l’art. 54, comma 3 bis, della citata legge (L. n. 134 del 2012) secondo cui “le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano al processo tributario di cui al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546”: la predetta disposizione, infatti, “riguarda solo il processo tributario vero e proprio (primo e secondo grado) delineato dalla L. n. 546 del 1992, mentre il giudizio di cassazione, anche ove verta in materia tributaria, non è più processo tributario ed è disciplinato dalle disposizioni del codice di procedura civile”»;
5.3. ne deriva l’ inammissibilità di una censura, quale quella in esame, con cui si contesta genericamente un vizio motivazionale per ‘motivazione omessa e/o insufficiente e/o contraddittoria su di un fatto decisivo e controverso’;
il secondo motivo è fondato;
6.1. va chiarito che la normativa sul trust (artt. 2, commi da 47 a 53, del d.l. 3 ottobre 2006 n. 262, convertito, con modificazioni, dalla
Legge 24 novembre 2006 n. 286, 1, commi da 77 a 79, della legge 27 dicembre 2006 n. 296 – legge finanziaria per il 2007 – e 1, comma 31, della Legge 24 dicembre 2007 n. 244 – legge finanziaria per il 2008), prevede l’applicabilità dell’imposta sulle successioni e donazioni sui trasferimenti di beni e diritti per causa di morte, per donazione o a titolo gratuito «e sulla costituzione di vincoli di destinazione», alla luce del testo unico RAGIONE_SOCIALE disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni, di cui al d.lvo 31 ottobre 1990 n. 346, nel testo vigente alla data del 24 ottobre 2001, fatto «salvo quanto previsto dai commi da 48 a 54»;
6.2. l’ art. 2, comma 47, del d.l. 3 ottobre 2006 n. 262 dispone, in particolare, che: «È istituita l’imposta sulle successioni e donazioni sui trasferimenti di beni e diritti per causa di morte, per donazione o a titolo gratuito e sulla costituzione di vincoli di destinazione, secondo le disposizioni del testo unico RAGIONE_SOCIALE disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni, di cui al d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, nel testo vigente alla data del 24 ottobre 2001, fatto salvo quanto previsto dai commi da 48 a 54»;
6.3. occorre premettere che con le circolari emanate dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE il 6 agosto 2007 n. 48/E ed il 22 gennaio 2008 n. 3/E (le quali non hanno, come è noto, contenuto vincolante), è stato precisato che : «(…) il trust comporta la segregazione dei beni del settlor in un patrimonio separato gestito dal trustee (che nel trust auto dichiarato anch’esso rilevante ai fini dell’imposta in esame -coincide con il settlor )» (paragrafo 5.2 della circolare n. 48E del 2007). Per cui: «La costituzione di beni in trust rileva, in ogni caso, ai fini dell’applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni, indipendentemente dal tipo di trust . Pertanto, anche nel trust autodichiarato, in cui il settlor assume le funzioni di trustee , l’attribuzione dei beni in trust, pur in assenza di formali effetti traslativi, deve essere assoggettato all’imposta sulle successioni e donazioni. Tale affermazione trae giustificato motivo dalla natura patrimoniale del
conferimento in trust nonché dall’effetto segregativo che esso produce sui beni conferiti indipendentemente dal trasferimento formale della proprietà e, da ultimo, dal complessivo trattamento fiscale del trust che esclude dalla tassazione il trasferimento dei beni a favore dei beneficiari» (paragrafo 5.4.2 della circolare n. 3/E del 2008). E ciò, secondo l’amministrazione finanziaria, in ragione dell’art. 2, commi da 47 a 53, del d.l. 3 ottobre 2006 n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006 n. 286, che, prevedendo l’«istituzione» dell’imposta sulle successioni e sulle donazioni anche «sulla costituzione dei vincoli di destinazione», ricomprende anche i trust ‘auto dichiarati’ o di natura diversa. Tanto è vero che, in assenza di conferimento di beni, le predette circolari prescrivono che il trust debba scontare soltanto l’imposta di registro in misura fissa atteso che. In questo caso, è mancante qualsiasi trasferimento di ricchezza, con la conseguenza che l’atto di costituzione del trust non accompagnato da alcun conferimento non andrebbe assoggettato all’imposta sulle successioni e donazioni proprio perché quest’ultima non è un’imposta d’atto e bensì un’imposta che tassa il trasferimento di ricchezza liberale. Così, si afferma che: «L’at to istitutivo con il quale il disponente esprime la volontà di costituire il trust , che non contempli anche il trasferimento di beni nel trust (disposto in un momento successivo), se redatto con atto pubblico o con scrittura privata autenticata, sarà assoggettato all’imposta di registro in misura fissa ai sensi dell’articolo 11 della Tariffa, parte prima, del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, quale atto privo di contenuto patrimoniale» (paragrafo 5.1 della circolare n. 48E del 2007);
6.4. in una prima fase questa Corte è giunta a diverse e più radicali conclusioni, disattendendo l’idea dell’amministrazione finanziaria secondo cui, in mancanza di conferimento di beni, l’atto di costituzione di trust ‘auto dichiarato’ o meno non dovrebbe essere assoggettato all’imposta sulle successioni e donazioni ex d.lvo. 31
ottobre 1990 n. 346, per la ragione che, in ipotesi, nessuna ricchezza potrebbe dirsi trasferita -ritenendo, invece, che l’art. 2, commi da 47 a 53, del d.l. 3 ottobre 2006 n. 262, abbia istituito un’autonoma generale imposta «sulla costituzione dei vincoli di indisponibilità», la cui disciplina sarebbe stata indicata, per relationem, nelle regole contenute nel d.lvo. 31 ottobre 1990 n. 346 «concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni». Sarebbe, in tesi, un tributo che perciò prescinderebbe dal trasferimento di ricchezza discendente dal conferimento di beni e che, per tale motivo, troverebbe il suo presupposto impositivo nella semplice costituzione di vincoli di ‘indisponibilità’, includendo tra questi ultimi il trust (in termini: Cass., Sez. 6^-5, 7 marzo 2016, n. 4482; Cass., Sez. 6^-5, 24 febbraio 2015, nn. 3735 e 3737; Cass., Sez. 6^-5, 25 febbraio 2015, n. 3886; Cass., Sez. 6^-5, 18 marzo 2015, n. 5322);
6.5. una simile interpretazione è stata ricavata, in via letterale, dall’art. 2, comma 47, del d.l. cit., laddove si stabilisce che è «istituita l’imposta sulle successioni e donazioni», tra l’altro, anche «sulla costituzione dei vincoli di destinazione», secondo le disposizioni dell’abrogato d.lvo 31 ottobre 1990 n. 346, con la conseguenza che, oltre alla reintroduzione dell’imposta sulle liberalità, sarebbe stata anche, ex novo, introdotta una nuova autonoma generale imposta «sulla costituzione dei vincoli di destinazione», così da essere entrambe disciplinate mediante rinvio alle norme del d.lvo. 31 ottobre 1990 n. 346, che, prima della sua abrogazione, dettava esclusivamente la disciplina fiscale sulle successioni e sulle donazioni;
6.6. tale approccio ermeneutico è stato, tuttavia, superato secondo l’interpretazione successiva e più recente di questa Corte, a cui si intende dare continuità in questa sede, in tema di trust , in quanto il trasferimento del bene dal settlor al trustee avviene a titolo gratuito e non determina effetti traslativi poiché non ne comporta l’attribuzione definitiva allo stesso, che è tenuto soltanto ad
amministrarlo ed a custodirlo in regime di segregazione patrimoniale, in vista del suo ritrasferimento ai beneficiaries del trust : detto atto, pertanto, è soggetto a tassazione in misura fissa sia per quanto attiene all’imposta di registro che alle imposte ipotecaria e catastale (in termini: Cass., Sez. 5^, 17 gennaio 2018, n. 975; Cass., Sez. 5^, 21 giugno 2019, n. 16705; Cass., Sez. 5^, 23 aprile 2020, n. 8082; Cass., Sez. 5^, 3 dicembre 2020, nn. 27666 e 27668; Cass., Sez. 6^-5, 15 ottobre 2021, n. 28400 e numerosi altre);
6.7. difatti, la mancanza di un effetto traslativo “reale” – con ciò ovviamente intendendosi non un trasferimento “simulato” o “fittizio” o “non voluto”, ma un trasferimento non stabile, non definitivo e con limitazioni d’esercizio e godimento -osta all’imposizione proporzionale, essendo quest’ultima prevista per la trascrizione di atti «che importano trasferimento di proprietà di beni immobili o costituzione o trasferimento di diritti reali immobiliari sugli stessi» (art. 4 della tariffa allegata al d.lvo. 31 ottobre 1990 n. 347, 10, comma 2, del d.lvo. 31 ottobre 1990 n. 347, in accordo con gli artt. 1 e 10, comma 2, del d.lvo. 31 ottobre 1990 n. 347);
6.8. anche per le imposte ipotecaria e catastale è decisiva l’osservazione secondo cui l’effetto tipico del trust -quello segregativo – non equivale a trasferimento né ad arricchimento attuale, effetti che si realizzeranno, invece, a favore dei beneficiari, dunque chiamati al pagamento dell’imposta in misura proporzionale (Cass., Sez. 5^, 18 dicembre 2015, n. 25478; Cass., Sez. 5^, 17 gennaio 2018, n. 975; Cass., Sez. 5^, 21 giugno 2019, n. 16705; Cass., Sez. 5^, 23 aprile 2020, n. 8082; Cass., Sez. 5^, 20 maggio 2021, nn. 13818 e 13819; Cass., Sez. 5^, 16 luglio 2021, n. 20408; Cass., Sez. 6^-5, 15 ottobre 2021, n. 28400). Dunque, poiché ai fini dell’applicazione RAGIONE_SOCIALE imposte sulle successioni e donazioni, di registro, ipotecaria e catastale è necessario, ai sensi dell’art. 53 Cost., che si realizzi un trasferimento effettivo di ricchezza mediante
un’attribuzione patrimoniale stabile e non meramente strumentale, nel trust di cui alla legge 16 ottobre 1989 n. 364 (di ratifica ed esecuzione della Convenzione dell’Aja 1° luglio 1985), detto trasferimento imponibile non è costituito né dall’atto istitutivo del trust né da quello di dotazione patrimoniale fra settlor e trustee in quanto gli stessi sono meramente attuativi degli scopi di segregazione e costituzione del vincolo di destinazione, bensì soltanto dall’atto di eventuale attribuzione finale del bene al beneficiary (Cass., Sez. 5^, 21 giugno 2019, n. 16699; Cass., Sez. 5^, 24 dicembre 2020, n. 29507; Cass., Sez. 6^-5, 26 ottobre 2021, n. 30119);
6.9. né può ritenersi che la costituzione del trust produca un effetto incrementativo della capacità contributiva del disponente, il cui patrimonio non subisce alcun miglioramento e, del resto, non si può neanche affermare, almeno in via generale, che, grazie alla sola costituzione del trust , i terzi beneficiaries , ove esistenti, acquisiscano già un qualche incremento patrimoniale, che comporta una maggiore capacità contributiva, verificandosi tale effetto migliorativo nella sfera giuridica di questi ultimi solo quando il trustee abbia portato a termine l’attività ad esso demandata, per la quale ha ottenuto l’attribuzione strumentale e temporanea della titolarità dei beni. La strumentalità dell’atto istitutivo e di dotazione del trust ne giustifica pertanto, nei termini indicati, la neutralità fiscale, tenuto conto che l’indice di ricchezza, al quale deve sempre collegarsi l’applicazione del tributo, non prende consistenza prima che il trust abbia attuato la propria funzione (Cass., Sez. 5, 23 aprile 2020, n.8082; Cass., Sez. 5^, 24 dicembre 2020, n. 29507; Cass., Sez. 6^-5, 15 ottobre 2021, n. 28400; Cass., Sez. 6^-5, 26 ottobre 2021, n. 30119; Cass., Sez. 5^, 6 dicembre 2021, n. 38731);
6.10. ben può affermarsi che l’apposizione del vincolo sui beni conferiti nel trust , in quanto tale, determina l’utilità rappresentata dalla separatezza dei beni (limitativa della regola generale di cui
all’art. 2740 cod. civ.), la quale non concreta, di per sé, alcun effettivo e definitivo incremento patrimoniale in capo al trustee ma soltanto al beneficiary finale, ove esistente, ma in un momento successivo, quando il trust ha raggiunto lo scopo per cui è stato costituito. Prima di questo momento, l’utilità, insita nell’apposizione del vincolo, si risolve, dal lato del settlor , in un’auto restrizione del potere di disposizione, mediante la segregazione e, dal lato del trustee , in un’attribuzione patrimoniale meramente formale separata dai beni personali del trustee (Cass., Sez. 5^, 24 dicembre 2020, n. 29507; Cass., Sez. 6^-5, 26 ottobre 2021, n. 30119; Cass., Sez. 5^, 6 dicembre 2021, n. 38731);
6.11. muovendo dal parametro di cui all’art. 53 Cost. occorre circoscrivere l’applicazione dell’art. 2, comma 47, cit., correlandola, in senso restrittivo, al rilievo della capacità contributiva comportata dal trasferimento del bene, sicché, quando il conferimento costituisce un atto sostanzialmente neutro che non arreca un reale e stabile incremento patrimoniale al beneficiario meramente formale della attribuzione, resta esclusa la ricorrenza di un trapasso di ricchezza suscettibile di imposizione indiretta (Cass., Sez. 5^, 17 gennaio 2019, n. 1131; Cass., Sez. 5^, 24 dicembre 2020, n. 29507; Cass., Sez. 6^-5, 15 ottobre 2021, n. 28400; Cass., Sez. 6^-5, 26 ottobre 2021, n. 30119; Cass., Sez. 5^, 6 dicembre 2021, n. 38731). Pertanto, in questa materia, né l’istituzione del trust e né il conferimento in esso dei beni che ne costituiscono la dotazione integrano, da soli, un trasferimento imponibile, costituendo, invece, atti neutri, che non danno luogo ad un passaggio effettivo e stabile di ricchezza. In questi casi, l’imposta sulle successioni e donazioni, prevista dall’art. 2, comma 47, del d.l. 3 ottobre 2006 n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006 n. 286, è dovuta non al momento dell’istituzione del trust o in quello di dotazione patrimoniale dello stesso, fiscalmente neutri, ma semmai in seguito, al momento dell’eventuale trasferimento dei beni o dei
diritti a terzi, perché, come sopra evidenziato, solo tale atto costituisce un effettivo indice di ricchezza ai sensi dell’art. 53 Cost. (Cass., Sez. 5^, 21 giugno 2019, n. 16699; Cass., Sez. 5^, 17 luglio 2019, n. 19167; Cass., Sez. 6^-5, 15 ottobre 2021, n. 28400; Cass., Sez. 6^-5, 26 ottobre 2021, n. 30119);
6.12. è evidente che il trustee , in effetti, acquista la proprietà dei beni conferiti nel trust ma non gode RAGIONE_SOCIALE facoltà tipiche del proprietario e non acquisisce alcun vantaggio per sé, assumendo la titolarità di tali beni solo per poter compiere gli atti di gestione e di disposizione necessari al raggiungimento dello scopo per cui il trus t è stato istituito. A prescindere dalle diverse finalità per cui il trust può essere impiegato (successorio, familiare, liquidatorio, ecc..), ciò che rileva, ai fini della individuazione della misura RAGIONE_SOCIALE imposte dovute, è il meccanismo astratto sopra descritto presente ogni volta in cui è effettuata tale operazione negoziale. Il trustee acquista la proprietà dei beni conferiti nel trust , ma si tratta di un trasferimento meramente strumentale, finalizzato al perseguimento degli scopi indicati nell’atto costitutivo del trust , che, come detto, non incrementa il patrimonio personale del trustee, perché i beni trasferiti restano separati, e segregati, essendo destinati a restare temporaneamente sotto il controllo del trustee prima della destinazione ai beneficiari finali. Con la dotazione del trust, del resto, il settlor non vuole arricchire il trustee il cui patrimonio personale non trae, infatti, alcun vantaggio, tenuto conto che i beni restano segregati, ma vuole che quest’ultimo abbia tutti i poteri per gestire e disporre di tali beni, in modo tale da poter attuare le finalità per cui il trust è stato istituito, a vantaggio dei beneficiaries finali. Il trasferimento dei beni al trustee avviene, pertanto, in via strumentale e temporanea e non determina effetti traslativi in favore del trustee , nel significato rilevante ai fini dell’imposizione, quale effettivo e stabile passaggio di ricchezza, poiché non comporta l’attribuzione definitiva dei beni a vantaggio di quest’ultimo, che è
tenuto solo amministrarli e a custodirli e, a volte, a venderli, in regime di segregazione patrimoniale, in vista del perseguimento dello scopo del trust (Cass., Sez. 5^, 24 dicembre 2020, n. 29507; Cass., Sez. 6^-5, 4 gennaio 2021, n. 13; Cass., Sez. 6^-5, 15 ottobre 2021, n. 28400; Cass., Sez. 6^-5, 26 ottobre 2021, n. 30119; Cass., Sez. 5^, 14 marzo 2022, nn. 8147, 8148 e 8149; Cass., Sez. 5^, 22 marzo 2022, n. 9173);
6.13. né può ritenersi che la costituzione del trust produca un effetto incrementativo della capacità contributiva del disponente, il cui patrimonio non subisce alcun miglioramento, e non si può neanche affermare, almeno in via generale, che, grazie alla sola costituzione del trust , i terzi beneficiari, ove esistenti, acquisiscano già un qualche incremento patrimoniale che comporta una maggiore capacità contributiva, verificandosi tale effetto migliorativo nella sfera giuridica di questi ultimi solo quando il trustee abbia portato a termine l’attività ad esso demandata, per la quale ha ottenuto l’attribuzione strumentale e temporanea della titolarità dei beni;
la sentenza impugnata non si è uniformata ai principi sopra richiamati, muovendo dal presupposto che è il mero vincolo di destinazione ad essere colpito dall ‘ imposta e non il trasferimento della ricchezza che potrebbe non avvenire e ciò sulla scorta di un risalente orientamento giurisprudenziale di questa Corte che ormai deve intendersi superato;
8. in conclusione, in accoglimento del secondo motivo del ricorso, inammissibili gli altri motivi, la sentenza va annullata e non essendo necessari ulteriori accertamenti di merito va accolto l’ originar io ricorso;
8.1. il recente consolidamento della menzionata giurisprudenza di legittimità giustifica la compensazione RAGIONE_SOCIALE spese dell’intero giudizio;
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il primo ed il terzo motivo di ricorso; accoglie il secondo; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso; spese compensate.
Così deciso nella camera di consiglio della sezione tributaria, in data