Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 23489 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 23489 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CANDIA COGNOME
Data pubblicazione: 02/09/2024
sentenza della Corte di Cassazione con la pronuncia n. 16495/2003 fosse restata isolata e scontasse il limite di non aver fornito un’interpretazione sistematica della norma menzionata, laddove il legislatore con il primo periodo dell’art. 1 della citata Tariffa aveva inteso « raggruppare tutte le ipotesi di atti e nei successivi periodi, invece di ripeterne l’elenco, si è
limitato a usare il termine trasferimento in un’accezione evidentemente più ampia, ricomprendente, tra l’altro, tutti gli atti avente ad oggetto terreni agricoli» (v. pagina n. 8 del ricorso).
2. Il ricorso va respinto.
Giova rammentare che l’art. 1 della Tariffa allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, ratione temporis applicabile, sottoponeva:
all’aliquota dell’8% gli «Atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili in genere e atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento, compresi la rinuncia pura e semplice agli stessi, i provvedimenti di espropriazione per pubblica utilità e i trasferimenti coattivi»;
all’imposta del 15% « il trasferimento (ndr. che) ha per oggetto terreni agricoli e relative pertinenze a favore di soggetti diversi dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali, iscritti nella relativa gestione previdenziale ed assistenziale».
Questa Corte ha avuto modo di ritornare sul tema in rassegna (v. Cass., Sez. T, 5 settembre 2019, n. 22201, Cass., Sez. T, 5 settembre 2019, n. 22200, Cass., Sez. T, 5 settembre 2019, n. 22198 e Cass., Sez. T, 5 settembre 2019, n. 22199), ribadendo la tesi della menzionata pronuncia n. 16495/2003, sulla base di condivisi argomenti non scalfiti dalle ragioni poste a base del ricorso e che, quindi, vanno interamente ribaditi, osservando che:
ai sensi dell’art. 1027 cod. civ. la servitù prediale, che costituisce un diritto reale di godimento, consiste nel peso imposto sopra un fondo per l’utilità di un altro fondo appartenente ad un diverso proprietario;
-l’ utilitas è collegata alla predialità nel senso che non può essere identificata soggettivamente in relazione agli interessi personali del proprietario del fondo dominante, ma deve risultare direttamente e oggettivamente “dalla natura e dalla destinazione del fondo dominante”; essa si ispira al carattere della predialità, che permea di sé l’intera struttura legale RAGIONE_SOCIALE servitù;
come diritto reale, la servitù si caratterizza per la cd. inerenza, che consiste nel rendere inseparabile il diritto di servitù dalla proprietà del fondo dominante, il che comporta -per quanto più direttamente rileva ai fini che occupano -che il diritto di servitù non può essere trasferito separatamente dalla proprietà del fondo dominante (cosiddetta inalienabilità della servitù) e che non è, inoltre, ammissibile una concessione separata del godimento (che costituisce il contenuto) della servitù, né sotto forma di costituzione di un diritto reale di usufrutto, di uso o anche di servitù, né sotto forma di un contratto di locazione (cosiddetta incedibilità dell’esercizio della servitù); con il trasferimento della proprietà del fondo dominante si trasferiscono normalmente le servitù che ineriscono attivamente a tale fondo, anche se nulla è stato stabilito al riguardo nell’atto di trasferimento (cosiddetta ambulatorietà della servitù). Infine, il diritto di servitù è legato alla proprietà del fondo dominante da un intimo nesso di accessorietà di strumentalità;
«Questa Corte, come ricordato dall’RAGIONE_SOCIALE nel ricorso, si è pronunciata in tema di tassazione di servitù prediali con la sentenza n. 16495 del 2003, chiarendo che il nuovo testo della prima parte allegata al d.P.R. n. 131 del 1986 ha accorpato nell’articolo 1 le disposizioni degli articoli 1 e 1 bis del d.P.R. n. 634 del 1972, dando all’intera materia degli atti traslativi della proprietà dei beni immobili e degli atti traslativi e costitutivi dei diritti reali di godimento sugli stessi, una veste più organica» (così Cass., Sez. T, 5 settembre 2019, n. 22201, Cass., Sez. T, 5 settembre 2019, n. 22200, Cass., Sez. T, 5 settembre 2019, n. 22198 e Cass., Sez. T, 5 settembre 2019, n. 22199);
va evidenziata «la distinzione introdotta dal primo periodo della tariffa solo per i tipi di atti e non più, come nel sistema precedente, per tipi di beni che ne formano oggetto», dovendosi precisarsi che «”la distinzione ora corre tra atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili (terreni, fabbricati) e atti traslativi di diritti reali di godimento (superficie, enfiteusi, usufrutto, servitù, uso, abitazione), da una parte, e atti costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento dall’altra”» (v, pronunce sopra citate);
-«L’interpretazione offerta dalla sentenza n. 16495 del 2003 richiamata si basa sulla piana lettura della norma, che non sembra contemplare il criterio di gradazione della tassazione fondato sulla natura del bene, facendo riferimento, invece, alla tipologia dell’atto portato alla registrazione», cui va aggiunta «la considerazione che l’imposta di registro è “un’imposta d’atto” collegata ad atti o negozi giuridici, i quali devono o possono essere oggetto di registrazione», per cui «”se tale è l’architettura della normativa, che, ripetesi, contrappone gli atti traslativi a quelli costitutivi di diritti reali di godimento, quali le servitù prediali, e fa ricadere tra i primi i “trasferimenti coattivi” di immobili o di diritti reali di godimento -sembra indiscutibile che il termine «trasferimento» conformemente all’etimo latino, sia stato usato dal legislatore per indicare tutti gli atti che prevedono il passaggio da un soggetto ad un altro della proprietà di beni immobili o della titolarità di diritti reali immobiliari di godimento»;
«Ulteriore corollario è che il termine in questione non può essere riferito agli atti che costituiscono diritti reali di godimento come la servitù, la quale non comporta trasferimento di diritti o facoltà del proprietario del fondo servente ma (ndr. una mera) compressione del diritto di proprietà di questi a vantaggio di un determinato fondo (dominante)”» (così v. Cass., Sez. T, 5 settembre 2019, n. 22201, Cass., Sez. T, 5 settembre 2019, n. 22200, Cass., Sez. T, 5 settembre 2019, n. 22198 e Cass., Sez. T, 5 settembre 2019, n. 22199).
Va, quindi, ribadito che la servitù “si costituisce” e non si trasferisce, nel senso non è autonomamente alienabile, non può, cioè, essere trasferita separatamente dalla proprietà del fondo dominante, né può essere ammissibile una concessione separata del godimento della servitù.
Non può, pertanto, essere condivisa la tesi sostenuta dall’RAGIONE_SOCIALE secondo cui agli atti costitutivi di servitù sui terreni agricoli si applica l’imposta di registro nella misura del 15% anzicchè dell’8%, tenuto conto che il legislatore ha utilizzato i termini “costituzione” e “trasferimento” in ragione della natura giuridica degli atti negoziali che le
parti hanno posto in essere, sicchè il termine “trasferimento” non può essere concepito in un’accezione più ampia.
Va, invece, ribadito il principio già espresso da questa Corte con sentenza n. 16495 del 2003 secondo cui: «Il termine trasferimento contenuto nell’art. 1, della tariffa allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, è stato adoperato dal legislatore per indicare tutti quegli atti che prevedono il passaggio da un soggetto ad un altro della proprietà di beni immobili o della titolarità di diritti reali immobiliari di godimento e non può essere riferito agli atti che costituiscono diritti reali di godimento come la servitù, la quale non comporta trasferimento di diritti o facoltà del proprietario del fondo servente ma (ndr. una mera) compressione del diritto di proprietà di questi a vantaggio di un determinato fondo (dominante)» (così v. Cass., Sez. T, 5 settembre 2019, n. 22201, Cass., Sez. T, 5 settembre 2019, n. 22200, Cass., Sez. T, 5 settembre 2019, n. 22198 e Cass., Sez. T, 5 settembre 2019, n. 22199, cit.).
La sentenza impugnata, ispiratasi a detti principi, non merita, quindi, censura, per cui il ricorso va rigettato.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano nella misura di cui al dispositivo.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese di lite del presente grado di giudizio, che liquida in favore della RAGIONE_SOCIALE nella misura di 2.000,00 € per competenze, oltre accessori e 200,00 € per spese vive .
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 10 aprile 2024.