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Tassazione separata: spese legali deducibili

Un lavoratore ha ricevuto una somma a titolo di risarcimento per licenziamento illegittimo. La Corte di Cassazione ha stabilito che tale somma è soggetta a tassazione separata e le spese legali sostenute per ottenerla sono deducibili. Questo perché la somma rappresenta un risarcimento del danno per la perdita del lavoro, non arretrati di stipendio. La Corte ha però annullato parzialmente la sentenza di merito che aveva cancellato l’intera cartella esattoriale, in quanto il contribuente aveva chiesto solo una riduzione dell’importo dovuto.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Tassazione Separata e Risarcimento da Licenziamento: Quando le Spese Legali Sono Deducibili

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7339 del 2024, ha fornito un importante chiarimento sulla tassazione separata applicabile alle somme percepite a titolo di risarcimento per licenziamento illegittimo. La decisione distingue nettamente tra risarcimento del danno per la perdita del posto di lavoro e semplici arretrati di stipendio, con conseguenze dirette sulla deducibilità delle spese legali sostenute dal lavoratore.

I Fatti del Caso: Il Licenziamento e la Somma Risarcitoria

Il caso riguarda un ex dipendente che, a seguito di un licenziamento dichiarato inefficace, aveva ottenuto dal giudice del lavoro una somma a titolo risarcitorio. Poiché la società datrice di lavoro era già in liquidazione, la reintegrazione nel posto di lavoro era impossibile. La somma, pur quantificata in base alle mensilità non percepite, era stata liquidata come risarcimento del danno per la perdita definitiva dell’impiego. Successivamente, l’Agenzia delle Entrate emetteva una cartella di pagamento, assoggettando l’intero importo a tassazione separata senza ammettere la deduzione delle spese legali sostenute dal lavoratore.

La Questione Giuridica: Risarcimento del Danno o Arretrati Stipendiali?

Il cuore della controversia risiedeva nella qualificazione giuridica e fiscale della somma percepita.
– L’Agenzia delle Entrate sosteneva che si trattasse di emolumenti arretrati, assimilabili a redditi da lavoro dipendente, e che quindi l’imponibile dovesse essere calcolato sull’importo lordo, senza detrarre le spese legali, secondo l’art. 17, comma 1, lett. b) del TUIR.
– Il contribuente, invece, affermava che la somma avesse natura puramente risarcitoria, dovuta alla cessazione del rapporto di lavoro. Pertanto, chiedeva l’applicazione dell’art. 17, comma 1, lett. a) del TUIR, che prevede esplicitamente l’applicazione dell’imposta al netto delle spese legali sostenute.

L’Analisi della Corte sulla Tassazione Separata

La Corte di Cassazione ha dato ragione al contribuente sul punto principale. I giudici hanno chiarito che, quando la reintegrazione nel posto di lavoro è impossibile (come nel caso di un’azienda in liquidazione), la somma liquidata al lavoratore non costituisce una retribuzione tardiva, ma un risarcimento del danno per la perdita del posto. Il fatto che il suo ammontare sia calcolato in base alle mensilità perdute è solo un criterio di quantificazione del danno, ma non ne modifica la natura risarcitoria.
Di conseguenza, la norma fiscale corretta da applicare è l’art. 17, comma 1, lett. a) del TUIR. Questa disposizione, nella sua versione applicabile al caso, stabilisce che la tassazione separata si applica sulle “somme e i valori comunque percepiti al netto delle spese legali sostenute […] a seguito di provvedimenti dell’autorità giudiziaria […] relativi alla risoluzione del rapporto di lavoro”.

Il Vizio di Ultrapetizione: La Cassazione con Rinvio

Nonostante abbia confermato il diritto del contribuente a dedurre le spese legali, la Cassazione ha accolto il secondo motivo di ricorso dell’Agenzia delle Entrate. La Commissione Tributaria Regionale, nel giudizio di appello, aveva annullato in toto la cartella di pagamento. Tuttavia, il contribuente non aveva contestato l’obbligo di pagare le imposte, ma aveva chiesto unicamente la riduzione dell’imponibile, decurtando l’importo delle spese legali.
Annullando l’intero atto, il giudice di secondo grado è incorso nel vizio di ultrapetizione, violando il principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato (art. 112 c.p.c.). Il suo intervento avrebbe dovuto limitarsi a ricalcolare l’imposta dovuta sull’importo netto. Per questo motivo, la sentenza è stata cassata con rinvio ad altra sezione della Corte di giustizia tributaria per la corretta determinazione del dovuto.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha motivato la sua decisione sottolineando la natura della somma percepita dal lavoratore. Poiché la reintegrazione era impossibile, il pagamento non poteva essere considerato una retribuzione per un rapporto di lavoro proseguito, ma una compensazione per la sua definitiva cessazione. Il riferimento alle mensilità è servito solo come parametro per quantificare il danno. Questa natura risarcitoria fa rientrare la fattispecie nell’ambito dell’art. 17, comma 1, lett. a) del TUIR, che consente la deduzione delle spese legali. D’altra parte, la Corte ha rilevato che il giudice d’appello ha ecceduto i limiti della domanda del contribuente, che non aveva mai chiesto l’annullamento totale della cartella, ma solo una sua riduzione. Questo errore procedurale (ultrapetizione) ha reso necessaria la cassazione parziale della sentenza.

Le Conclusioni

La sentenza stabilisce un principio chiaro: le somme ricevute come risarcimento per licenziamento illegittimo, quando la reintegrazione non è possibile, sono tassate al netto delle spese legali. Questo rafforza la tutela del lavoratore, che può recuperare i costi sostenuti per far valere i propri diritti. Allo stesso tempo, la decisione ricorda l’importanza di formulare con precisione le proprie domande in giudizio, poiché il giudice non può concedere più di quanto richiesto dalle parti.

Le somme ricevute come risarcimento per un licenziamento illegittimo sono tassate al lordo o al netto delle spese legali?
Secondo la sentenza, se la reintegrazione nel posto di lavoro non è possibile, le somme hanno natura risarcitoria e sono tassate al netto delle spese legali sostenute per ottenerle, in applicazione dell’art. 17, comma 1, lett. a) del TUIR.

Qual è la differenza fiscale tra arretrati di stipendio e risarcimento per la perdita del posto di lavoro?
Gli arretrati di stipendio sono considerati reddito da lavoro dipendente e sono tassati sull’importo lordo. Il risarcimento del danno per la perdita del lavoro, invece, rientra in una categoria specifica che permette di determinare l’imponibile al netto delle spese legali sostenute.

Cosa significa vizio di ultrapetizione in un processo tributario?
Significa che il giudice ha emesso una decisione che va oltre i limiti di quanto richiesto dal contribuente o dall’ente impositore. Nel caso specifico, il giudice ha annullato l’intera cartella esattoriale, mentre il contribuente aveva chiesto soltanto una riduzione dell’importo tassabile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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