Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16049 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16049 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: CORTESI NOME
Data pubblicazione: 16/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso n.r.g. 33508/2018, proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale è domiciliata a ROMA, in INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME COGNOME rappresentata e difesa, per procura speciale in calce al controricorso, dall’Avv. NOME COGNOME presso la quale è elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 2296/11/2018 della Commissione tributaria regionale del Lazio, depositata l’11 aprile 2018 ; e sul ricorso successivo avverso l’atto di diniego di condono, proposto da:
COGNOME NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME presso la quale è elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE
– intimata- udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dell’8 maggio 2025 dal consigliere dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
1. NOME COGNOME, già dipendente della Banca Monte dei Paschi di Siena in qualità di addetta alla riscossione dei tributi, percepì dal proprio datore di lavoro, per le annualità comprese fra il 2008 e il 2011, assegni straordinari integrativi del reddito, erogati dal Fondo di solidarietà per il sostegno del reddito, dell’occupazione, della riconversione e riqualificazione professionale del personale addetto al servizio di riscossione dei tributi erariali , istituito presso l’INPS ai sensi del d.m. 24 novembre 2003, n. 375.
Tali somme, oggetto di ritenuta alla fonte, vennero sottoposte a tassazione ordinaria; successivamente, su istanza della contribuente, l’Erario provvide a rimborsare un importo pari alla differenza d’imposta che risultava dall’applicazione del regime di tassazione separata di cui all’art. 17 del TUIR, in base al rinvio operato, al riguardo, dall’art. 59, comma 3, della l. n. 449/1997.
In seguito, tuttavia, reputando applicabile il regime ordinario, l’Ufficio provvide al recupero delle somme mediante iscrizione a ruolo del credito vantato e susseguente emissione di cartella di pagamento, che venne notificata alla Bernasconi il 2 aprile 2015; la contribuente impugnò allora la cartella innanzi alla C.T.P. di Roma, ottenendone l’annullamento.
Il successivo appello erariale fu respinto con la sentenza indicata in epigrafe.
I giudici regionali ritennero applicabile il regime di tassazione separata, quale conseguenza automatica del fatto che il rapporto di lavoro della contribuente con l’istituto di credito era regolato dal ridetto art. 59, comma 3, della l. n. 449/1997, recante, per l’appunto, una disciplina fiscale più favorevole, e a nulla rilevando che costei fosse addetta al servizio di riscossione tributi.
Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate sulla base di un unico motivo.
NOME COGNOME ha depositato controricorso.
Con istanza depositata il 21 maggio 2019, la contribuente ha depositato una richiesta di sospensione del processo ex art. 6, comma 10, del d.l. n. 119/2018, dando atto di aver medio tempore presentato istanza di definizione agevolata della controversia.
Detta ultima è stata oggetto di diniego erariale del 28 luglio 2020, impugnato dalla contribuente con ricorso affidato ad unico, articolato motivo , rispetto al quale l’Amministrazione non ha svolto difese .
Considerato che:
Va esaminato con precedenza il ricorso avverso il diniego di condono.
1.1. Quest’ultimo è stato motivato dall’Amministrazione con il fatto che le iscrizioni a ruolo di cui alla cartella impugnata ineriscono a un
credito restitutorio, originato da un rimborso alla contribuente di somme che non le spettavano; non si tratta, quindi, di richiesta diretta a far valere una maggior pretesa impositiva e, perciò, il relativo giudizio di impugnazione non rientra nel perimetro di quelli soggetti a definizione ai sensi dell’art. 6, comma 1, del d.l. n. 119/2018.
La contribuente contesta tale assunto, osservando che la controversia verte intorno all’applicazione della disciplina agevolatrice recata dall’art. 59, comma 3, della l. n. 449/1997; in tale ottica, l’emissione di un ruolo per il recupero di somme in difformità da tale disciplina costituisce atto impositivo, peraltro «di natura vessatoria nei confronti del contribuente».
1.2. La tesi della contribuente è infondata.
L’art. 6, comma 1, del d.l. n. 119/2018, stabilisce che «le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’Agenzia delle entrate, aventi ad oggetto atti impositivi, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello in Cassazione e anche a seguito di rinvio, possono essere definite, a domanda del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione, con il pagamento di un importo pari al valore della controversia».
A tale riguardo, le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 18298/2021, hanno precisato che il significato della locuzione ‘ atto impositivo ‘ va individuato non con riferimento alla sussistenza o insussistenza di un margine di discrezionalità da parte dell’Amministrazione nella determinazione della pretesa impositiva, bensì sull’esistenza di un atto con il quale il contribuente è reso edotto della pretesa fatta valere dall’Amministrazione nei suoi confronti.
La pronuncia in questione ha così affermato che anche il giudizio avente ad oggetto l’impugnazione della cartella emessa in sede di
contro
llo automatizzato ex art. 36bis del d.P.R. n. 600 del 1973 può dare origine a una controversia suscettibile di definizione, se la cartella ha costituito il primo ed unico atto col quale la pretesa fiscale è stata comunicata al contribuente, divenendo, come tale, impugnabile non solo per vizi propri, ma anche per motivi attinenti al merito della pretesa impositiva.
1.3. Nel caso di specie, pertanto, erra la contribuente nel ritenere che la controversia sia suscettibile di definizione ai sensi dell’art. 6 citato.
Il ruolo in questione, così come la cartella suo presupposto, non costituiva infatti il primo atto con il quale la pretesa fiscale era stata a lei comunicata e, pertanto, costituiva atto di mera riscossione.
Ciò posto, e passando al merito della controversia, l’unico motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2 del d.m. n. 375/2003 e del d.m. n. 158/2000, letti in combinato disposto con l’art. 59, comma 3, della l. n. 449/1997, così come autenticamente interpretato dall’art. 26, comma 23, della l. n. 448/1998, nonché con l’art. 2, comma 28, della l. n. 662/1996.
L’Agenzia ricorrente, in particolare, assume che la C.T.R. avrebbe erroneamente assoggettato gli addetti al settore della riscossione dei crediti erariali al regime di tassazione separata, pur non contenendo il d.m. n. 375/2003 alcun richiamo al regime speciale introdotto dall’art. 59, comma 3, della l. n. 449 del 1997.
2.1. Il motivo è fondato, giacché gli assunti della ricorrente si pongono in linea con quanto affermato da questa Corte in vicende sovrapponibili alla presente (cfr. Cass. n. 15728/2023; Cass. n. 3956/2021; Cass. n. 20805 del 2020).
2.2. La materia in esame è stata regolamentata con un primo intervento normativo costituito dall’art. 2, comma 28, della l.
662/1996 che, al fine di assicurare un sostegno al reddito dei soggetti impiegati in attività di pubblica utilità interessate da processi di ristrutturazione aziendale nel perimetro del settore pubblico, comprendente anche le attività di raccolta ed erogazione del credito e di riscossione dei tributi e dei crediti erariali, ha previsto l’istituzione presso l’Inps di fondi destinati ad erogare assegni ed indennità straordinari a favore di dipendenti, demandando alla contrattazione collettiva la definizione delle concrete modalità di erogazione degli importi.
Successivamente è intervenuto l’art. 59, comma 3, della l. n. 449/1997, che ha disposto: «Mediante accordi con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative del personale dipendente, stipulati anteriormente alla costituzione dei fondi nazionali per il settore del credito ai sensi 3 dell’articolo 2, comma 28, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e comunque non oltre il 31 marzo 1998, per gli iscritti ai regimi aziendali integrativi di cui al citato decreto legislativo n. 357 del 1990, la contrattazione collettiva, nei casi di ristrutturazione o riorganizzazione aziendale che determinano esuberi di personale, può diversamente disporre, anche in deroga agli ordinamenti dei menzionati regimi aziendali. In presenza di tali esuberi riguardanti banche, associazioni di banche e concessionari della riscossione cui si applicano i contratti collettivi del settore del credito, gli accordi stipulati, entro la medesima data del 31 marzo 1998, con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative del personale dipendente possono: a) prevedere, allo scopo di agevolare gli esodi, apposite indennità da erogare, anche ratealmente, in conformità all’articolo 17 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, come modificato dall’articolo 5 del decreto legislativo 2
settembre 1997, n. 314, nel rispetto dei requisiti di età ivi previsti, nonché in conformità all’articolo 6, comma 4, lettera b), del citato decreto legislativo n. 314 del 1997; al medesimo regime fiscale previsto dal citato articolo 17 del testo unico delle imposte sui redditi, come modificato dall’articolo 5 del citato decreto legislativo n. 314 del 1997, sono assoggettate le analoghe prestazioni eventualmente erogate, al fine di cui sopra, dai citati fondi nazionali per il settore del credito in luogo dei datori di lavoro; b) adottare, in via prioritaria, il criterio della maggiore età ovvero della maggiore prossimità alla maturazione del diritto a pensione a carico dell’assicurazione generale obbligatoria, purché siano contestualmente previste forme di sostegno del reddito, comprensive della corrispondente contribuzione figurativa, erogabili, anche in soluzione unica, nel limite massimo di 4 anni previsto per la fruizione dell’indennità di mobilità di cui all’articolo 7 della legge 23 luglio 1991, n. 223, poste a carico dei datori di lavoro».
2.3. Il riportato complesso normativo prevede dunque, mediante il richiamo all’art. 17 TUIR, un regime di tassazione separata, che, tuttavia, trova applicazione limitatamente alla stipula degli accordi collettivi intervenuti entro il termine del 31 marzo 1998.
Detto regime, in particolare, è stato attuato con riferimento ai dipendenti degli istituti bancari addetti a mansioni e funzioni inerenti alle attività creditizie.
2.4. In particolare, il d.m. 28.4.2000 n. 158 nell’introdurre il «Regolamento relativo all’istituzione del Fondo di solidarietà per il sostegno del reddito, dell’occupazione e della riconversione e riqualificazione professionale del personale dipendente dalle imprese di credito» ha richiamato nelle premesse il regime transitorio di cui all’art. 59, comma 3, l. n. 449/1997.
Nel preambolo si richiama, infatti, il contratto collettivo nazionale del 28 febbraio 1998 con cui, in attuazione e nei termini previsti dalla citata disposizione legislativa.
2.5. Il d.m. 24.11.2003 n. 375 recante «Regolamento per l’istituzione del Fondo di solidarietà per il sostegno del reddito, dell’occupazione e della riconversione e della riqualificazione professionale del personale addetto al servizio della riscossione tributi» non richiama nella premessa l’art. 59, comma 3, della l. n. 449/1997 ma il solo art. 2, comma 28, della l. n. 662/1996 e fa riferimento al contratto collettivo stipulato nel 2001 e, quindi, oltre i termini previsti dalla citata normativa transitoria.
Da tanto può allora desumersi che, contrariamente a quanto affermato dai giudici regionali, il regime della tassazione separata si applica nei soli confronti del personale addetto alla attività di raccolta e distribuzione presso il pubblico del credito, come previsto dal d.m. n. 258/2000 attuativo della disciplina transitoria di cui all’art. 59, comma 3, l. n. 449/1997, e non anche al personale addetto al servizio di riscossione dei tributi, assoggettato alla diversa disciplina prevista dal d.m. n. 375/2003.
Ed invero, nel caso di specie, costituisce circostanza pacifica il fatto che la controricorrente, dipendente della Banca Monte dei Paschi di Siena, abbia ricoperto mansioni di riscossione di crediti erariali e per tale ragione sia stata ammessa a beneficiare del fondo istituito per gli addetti di questo settore, regolamentato dal d.m. n. 375/2003, e non del differente fondo previsto per i lavoratori con mansioni afferenti al settore creditizio, di cui al d.m. n. 258/2000.
Per quanto esposto, il motivo di ricorso merita accoglimento.
La sentenza impugnata è cassata e, non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo della contribuente.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
Le spese dei gradi di merito possono essere interamente compensate.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso avverso il diniego di condono; accoglie il ricorso principale, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente.
Condanna quest’ultima al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in € 2.300,00 oltre spese prenotate a debito.
Compensa le spese dei gradi di merito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte Suprema