Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4950 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 4950 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/02/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 12477/2016 R.G., proposto
DA
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, c on studio in Padova, elettivamente domiciliata presso l’AVV_NOTAIO, con studio in Roma, giusta procura in calce alla memoria di costituzione di nuovo difensore nel presente procedimento;
RICORRENTE
CONTRO
lRAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE, con sede in Roma, in persona del Direttore Generale pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, ove per legge domiciliata;
CONTRORICORRENTE NONCHÉ NEI CONFRONTI DI
COGNOME NOME e COGNOME NOME;
INTIMATE
IMPOSTE DI REGISTRO, IPOTECARIA E CATASTALE SENTENZA DICHIARATIVA DI SIMULAZIONE ASSOLUTA E RELATIVA PRINCIPI DI DIRITTO
Rep.
avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria Mestre il 26 novembre 2015, n.
regionale di Venezia -1782/06/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14 febbraio 2024 dal AVV_NOTAIO; udito per la ricorrente l’AVV_NOTAIO , che ha concluso per l’accoglimento; udito per la controricorrente l’AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto; udito il P.M., nella persona del Sostituto Procuratore Generale, AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto.
FATTI DI CAUSA
1. NOME COGNOME ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale di Venezia -Mestre il 26 novembre 2015, n. 1782/06/2015, che, in controversia su impugnazione di avviso di liquidazione RAGIONE_SOCIALE imposte di registro, ipotecaria e catastale (con i relativi accessori) per la registrazione di una sentenza civile depositata dal Tribunale di Padova – Sezione Distaccata di Este il 18 febbraio 2013, n. 54/2013, la quale – su iniziativa e nei confronti di NOME COGNOME, in veste di creditrice ex mutuo di RAGIONE_SOCIALE per la somma complessiva di € 291.012,19 – aveva accertato, al contempo, la simulazione relativa (nella forma dell’interposizione fittizia di persona) di una compravendita avente ad oggetto l’immobile sito in Arquà Petrarca (INDIRIZZO) alla INDIRIZZO, a mezzo di rogito notarile del 16 luglio 1991, riconoscendo che il trasferimento apparente a favore di NOME COGNOME, in veste di parte compratrice – interposta, a mezzo del procuratore speciale NOME, era avvenuto in realtà a favore di quest’ultimo, in veste di parte compratrice –
interponente, nonché la simulazione assoluta di una compravendita avente ad oggetto il medesimo immobile, a mezzo di rogito notarile del 7 giugno 2005, riconoscendo che il trasferimento apparente da NOME COGNOME, in veste di parte venditrice, a mezzo del procuratore speciale NOME COGNOME, in favore di NOME COGNOME, in veste di parte compratrice, non era in realtà mai avvenuto, ha accolto l’appello proposto dall ‘RAGIONE_SOCIALE nei confronti di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Padova il 9 dicembre 2014, n. 906/04/2014, con condanna alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese giudiziali.
La Commissione tributaria regionale ha riformato la decisione di primo grado, ritenendo che la sentenza civile di accertamento della simulazione relativa e assoluta RAGIONE_SOCIALE compravendite immobiliari non dovesse essere allegata in copia all’avviso di liquidazione e scontasse le imposte di registro, ipotecaria e catastale in misura proporzionale secondo la natura dei contratti simulati (c.d. ‘ tassa di titolo ‘) .
L’ RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso, mentre NOME COGNOME e NOME COGNOME sono rimaste intimate.
La ricorrente ha depositato memoria.
Con ordinanza interlocutoria, il collegio ha rinviato la trattazione della causa in pubblica udienza, valutando la particolare complessità della questione controversa.
Con conclusioni scritte, il P.M. si è espresso per il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso è affidato a cinque motivi.
1.1 Con il primo motivo, si denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 53 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, e 342 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per essere stato omesso dal giudice di secondo grado di rilevare che l’appello proposto dall’amministrazione finanziaria fosse inammissibile per l’ aspecificità dei motivi dedotti.
1.2 Con il secondo motivo, si denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 24 Cost., 7 della legge 27 luglio 2000, n. 212, e 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado che l’avviso di rettifica e liquidazione fosse sorretto da idonea motivazione, pur non avendo specificato la disposizione tariffaria applicata nella fattispecie (con l’indicazione dell’aliquota) per la liquida zione RAGIONE_SOCIALE imposte di registro, ipotecaria e catastale, con conseguente lesione del diritto di difesa della contribuente.
1.3 Con il terzo motivo, si denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 8, comma 1, lett. a), d), ed e), della tariffa -parte prima annessa al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado che l’accertamento della simulazione assoluta di una compravendita immobiliare fosse equiparabile sul piano effettuale ad un ‘ ritrasferimento ‘ dall’acquirente al venditore, laddove essa si era limitata, in realtà, a riconoscerne l’inefficacia nei confronti della creditrice.
1.4 Con il quarto motivo, si denuncia nullità della sentenza impugnata e del relativo procedimento, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per essere stato
omesso dal giudice di secondo grado di rilevare la formazione del giudicato interno sulle questioni assorbite dalla decisione di prime cure, in conseguenza della mancata riproposizione RAGIONE_SOCIALE relative eccezioni e difese in sede di appello (con particolare riguardo a « difetto assoluto del presupposto impositivo RAGIONE_SOCIALE imposte ipotecarie e catastali » e « assoluta infondatezza e abnormità della liquidazione operata dall’ufficio »).
1.5 Con il quinto motivo, si denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 43 e 51 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, 2 e 10 del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 347, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado che l’immobile compravenduto fosse stato idoneamente valutato in base alle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio espletata nel procedimento civile, senza tener conto del criterio normativo del « valore venale in comune commercio ».
Il primo motivo è infondato.
2.1 Invero, con riferimento alla specificità dei motivi di appello, premesso che l’art. 53 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, si pone come norma speciale rispetto all’art. 342 cod. proc. civ., che, nella sua attuale formulazione, si divarica sostanzialmente dalla citata norma in tema di contenzioso tributario, questa Corte ha chiarito che, con riguardo al contenzioso tributario, ove l’amministrazione finanziaria si limiti a ribadire e a riproporre in appello le stesse ragioni e argomentazioni poste a sostegno della legittimità del proprio operato, come già dedotto in primo grado, in quanto considerate dalla stessa idonee a sostenere la legittimità dell’avviso di accertamento annullato, è da ritenersi assolto l’onere di impugnazione specifica previsto dall’art. 53 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, secondo il quale il ricorso in appello deve contenere « i
motivi specifici dell’impugnazione » e non già « nuovi motivi », atteso il carattere devolutivo pieno dell’appello, che è un mezzo di impugnazione non limitato al controllo di vizi specifici della sentenza di primo grado, ma rivolto ad ottenere il riesame della causa nel merito (tra le tante: Cass., Sez. 5^ 1 28 febbraio 2011, n. 4784; Cass., Sez. 5^, 29 febbraio 2012, n. 3064; Cass., Sez. 5^, 30 dicembre 2016, nn. 27497 e 27498; Cass., Sez. 6^-5, 22 marzo 2017, n. 7369; Cass., Sez. 6^-5, 27 giugno 2017, n. 16037; Cass., Sez. 6^-5, 5 ottobre 2018, n. 24641; Cass., Sez. 5^, 20 dicembre 2018, n. 32954; Cass., Sez. 5^, 18 aprile 2019, n. 10897; Cass., Sez. 5^, 10 ottobre 6 2019, nn. 22509 e 22511; Cass., Sez. 5^, 26 febbraio 2020, n. 5161 e 5164; Cass., Sez. 6^-5, 1 ottobre 2020, n. 20968; Cass., Sez. 5^, 11 febbraio 2021, n. 3443; Cass., Sez. 5^, 23 giugno 2021, n. 18051; Cass., Sez. 6^-5, 24 marzo 2022, n. 9600; Cass., Sez. 5^, 7 luglio 2022, n. 21489; Cass., Sez. 5^, 25 ottobre 2022, n. 31551; Cass., Sez. 5^, 17 gennaio 2023, n. 1360; Cass., Sez. 5^, 17 novembre 2023, n. 32041; Cass., Sez. 5^, 15 gennaio 2024, n. 1556).
2.2 Per costante orientamento di questa Corte, nel processo tributario la sanzione di inammissibilità dell’appello per difetto di specificità dei motivi, prevista dall’art. 53, comma 1, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, deve essere interpretata restrittivamente, in conformità all’art. 14 disp. prel. cod. civ., trattandosi di disposizione eccezionale che limita l’accesso alla giustizia, dovendosi consentire, ogni qual volta nell’atto sia comunque espressa la volontà di contestare la decisione di primo grado, l’effettività del sindacato sul merito dell’impugnazione (tra le tante: Cass., Sez. 6^-5, 24 agosto 2017, n. 20379; Cass., Sez. 5^, 15 gennaio 2019, n. 707; Cass., Sez. 5^, 15 gennaio 2019, n. 707; Cass., Sez. 5^, 21
luglio 2020, n. 15519; Cass., Sez. 5^, 2 dicembre 2020, n. 27496; Cass., Sez. 5^, 11 febbraio 2021, n. 3443; Cass., Sez. 5^, 10 marzo 2021, n. 6596; Cass., Sez. 5^, 11 marzo 2021, nn. 6850 e 6852; Cass., Sez. 5^, 21 luglio 2020, n. 15519; Cass., Sez. 5^, 26 maggio 2021, nn. 14562 e 14582; Cass., Sez. 5^, 27 maggio 2021, n. 14873; Cass., Sez. 5^, 27 gennaio 2022, n. 2379; Cass., Sez. 6^-5, 14 giugno 2022, n. 19116; Cass., Sez. 5^, 25 ottobre 2022, n. 31551; Cass., Sez. 5^, 17 novembre 2023, n. 32041).
2.3 Pertanto, l’indicazione dei motivi specifici dell’impugnazione, richiesta dall’art. 53, comma 1, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, non deve, quindi, consistere in una rigorosa enunciazione RAGIONE_SOCIALE ragioni invocate a sostegno dell’appello, richiedendosi, invece, soltanto una esposizione chiara ed univoca, anche se sommaria, sia della domanda rivolta al giudice del gravame, sia RAGIONE_SOCIALE ragioni della doglianza (Cass., Sez. 5^, 21 novembre 2019, n. 30341);
2.4 Si è, inoltre, ritenuto che non vi è incertezza dei motivi specifici dell’impugnazione, tali da comportare l’inammissibilità dell’appello a termini dell’art. 53, comma 1, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ove il gravame, benché formulato in modo sintetico, contenga una motivazione interpretabile in modo inequivoco, potendo gli elementi di specificità dei motivi ricavarsi dall’intero atto di impugnazione nel suo complesso (Cass., Sez. 6^-5, 24 agosto 2017, n. 20379; Cass., Sez. 5^, 21 luglio 2020, n. 15519; Cass., Sez. 5^, 26 maggio 2021, n. 14582; Cass., Sez. 5^, 25 ottobre 2022, n. 31551).
2.5 In particolare, si è affermato che, in tema di contenzioso tributario, la riproposizione a supporto dell’appello RAGIONE_SOCIALE ragioni poste a fondamento dell’originaria impugnazione del provvedimento impositivo (per il contribuente) ovvero della
legittimità dell’accertamento (per l’amministrazione finanziaria), in contrapposizione alle argomentazioni adottate dal giudice di primo grado, assolve l’onere di impugnazione specifica imposto dall’art. 53 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, quando il dissenso investa la decisione nella sua interezza e, comunque, ove dall’atto di gravame, interpretato nel suo complesso, le ragioni di censura siano ricavabili, seppur per implicito, in termini inequivoci (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 20 dicembre 2018, n. 32954; Cass., Sez. 5^, 20 dicembre 2020, n. 29908; Cass., Sez. 6^-5, 13 dicembre 2021, n. 39543; Cass., Sez. 6^-5, 24 gennaio 2022, n. 1971; Cass., Sez. 5^, 25 ottobre 2022, n. 31551; Cass., Sez. 5^, 23 agosto 2023, n. 25144).
2.6 Non è, quindi, necessaria ai fini dell’ammissibilità dell’appello la indicazione di specifici motivi in relazione a specifiche censure della sentenza impugnata, essendo sufficiente che l’appellante si riporti alle argomentazioni già sostenute nel grado di merito precedente, insistendo per la legittimità dell’avviso impugnato (Cass., Sez. 5^, 26 maggio 2021, n. 14582).
2.7 Nella specie, quindi, la sentenza impugnata ha correttamente rilevato che « l’Appello dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE risulta ammissibile e rituale essendo richiesta nuova valutazione di merito e di legittimità », valutando la sufficienza a tal fine, per un verso, della lagnanza circa la relativa erroneità « nella parte in cui ritiene fondata l’eccezione relativa alla mancanza di elementi di diritto nella motivazione » e, per altro verso, del laconico richiamo alle difese svolte nel procedimento di primo grado (con la citazione di un precedente di legittimità) 3. Il secondo motivo è inammissibile.
3.1 A ben vedere, il mezzo è carente di autosufficienza in relazione alla motivazione dell’atto impositivo, di cui si lamenta la carenza e l’inadeguatezza in ordine all’indicazione circa « i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione » (art. 7, comma 1, della legge 7 luglio 2000, n. 212, il cui testo è ripreso dall’art. 52, comma 2bis , del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, in relazione all’avviso di rettifica e liquidazione della maggiore imposta di registro; altrettanto vale anche per le imposte ipotecaria e catastale, in virtù dell’espresso rinvio dell’art. 13 comma 1, del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 347, alle « disposizioni relative all’imposta di registro »).
3.2 Invero, in base al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, sancito dall’art. 366 cod. proc. civ., qualora il ricorrente censuri la sentenza di una commissione tributaria regionale sotto il profilo della congruità del giudizio espresso in ordine alla motivazione di un avviso di accertamento – il quale non è atto processuale, bensì amministrativo, la cui motivazione, comprensiva dei presupposti di fatto e RAGIONE_SOCIALE ragioni di diritto che lo giustificano, costituisce imprescindibile requisito di legittimità dell’atto stesso – è necessario, a pena di inammissibilità, che il ricorso riporti testualmente i passi della motivazione di detto atto che si assumono erroneamente interpretati o pretermessi dal giudice di merito, al fine di consentire alla Corte di Cassazione di esprimere il suo giudizio sulla suddetta congruità esclusivamente in base al ricorso medesimo (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 4 aprile 2013, n. 8312; Cass., Sez. 5^, 19 aprile 2013, n. 9536; Cass., Sez. 5^, 13 febbraio 2015, n. 2928; Cass., Sez. 5^, 28 giugno 2017, n. sez. 5^, 10 dicembre 2021, n. 39283; 16147; Cass., Sez. 5^, 6 novembre 2019, n. 28570; Cass., Cass., Sez. 5^, 14 marzo
2022, n. 8156; Cass., Sez. 5^, 12 aprile 2022, n. 11842; Cass., Sez. 6^-5, 11 maggio 2022, n. 14905; Cass., Sez. 5^, 16 gennaio 2023, n. 998; Cass., Sez. 5^, 15 settembre 2023, n. 26679; Cass., Sez. 5^, 12 febbraio 2024, n. 3885). Ciò in quanto non è altrimenti possibile per il giudice di legittimità verificare la corrispondenza di contenuto dell’atto impositivo rispetto alle doglianze del contribuente, venendo preclusa ogni attività nomofilattica (Cass., Sez. 5^, 29 luglio 2015, n. 16010; Cass., Sez. 5^, 6 novembre 2019, n. NUMERO_DOCUMENTO).
3.3 Peraltro, tale esigenza è ancor più evidente in relazione alle argomentazioni sostenute dalla sentenza impugnata, secondo cui, nella specie, « (…) l’onere della motivazione deve ritenersi assolto con l’indicazione dell’atto soggetto a registrazione, della natura di imposta principale dell’imposta liquidata, e del quantum dovuto ai sensi dell’art. 54, c. 5, del d.p.r. 131/86 (…) ». Donde la conclusione che: « È evidente che l’obbligo di motivazione deve ritenersi assolto con il fatto di consentire all’interessato l’esercizio del diritto di difesa attraverso l’immediata e piena percezione RAGIONE_SOCIALE ragioni della pretesa tributaria ».
Il terzo motivo è fondato , derivandone l’assorbimento dei restanti motivi.
4.1 La censura attinge la sentenza impugnata per aver applicato all ‘accertamento giudiziale della simulazione relativa ( sub specie di interposizione fittizia di persona) e della simulazione assoluta di compravendite immobiliari le imposte di registro, ipotecaria e catastale in misura proporzionale con le aliquote previste, rispettivamente, dagli artt. 8, comma 1, lett. a), della tariffa -parte prima annessa al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, 1 della tariffa annessa al d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 347, e 10, comma 1, del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 347,
valutando le fattispecie alla stregua di un vero e proprio ‘ ritrasferimento ‘ dell’immobile , rispettivamente, dall’interposto all’interponente (per la simulazione relativa soggettiva) e dal simulato acquirente al simulato alienante (per la simulazione assoluta).
Là dove, invece, sostanziandosi nella mera dichiarazione di inefficacia RAGIONE_SOCIALE compravendite immobiliari nei confronti del creditore dell ‘ interponente/simulato alienante, le statuizioni giudiziali erano più propriamente assoggettabili alle imposte di registro, ipotecaria e catastale in misura fissa, ai sensi degli artt. 8, comma 1, lett. e), della tariffa -parte prima annessa al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, 4 della tariffa annessa al d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 347, e 10, comma 2, del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 347.
4.2 A tutt’oggi, l a giurisprudenza di legittimità è consolidata nel senso che la sentenza dichiarativa della simulazione, assoluta o relativa, di un contratto, con effetti reali, costitutivo o traslativo di diritti, è soggetta al pagamento di una nuova imposta di registro (cosiddetta ‘ tassa di titolo ‘ ), realizzando, ai fini tributari, un ‘ ritrasferimento ‘ del bene, oggetto del precedente contratto simulato (in termini: Cass., Sez. 5^, 13 dicembre 2001, n. 15733; Cass., Sez. 6^-5, 28 marzo 2012, n. 5039; Cass., Sez. 6^ – 5, 23 giugno 2014, n. 14197; Cass., Sez. 5^, 26 giugno 2020, n. 12796; Cass., Sez. 5^, 5 novembre 2021, n. 32213).
Tale orientamento costituisce la reiterazione di un indirizzo formatosi sotto il vigore dell’art. 69 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269 (‘ Approvazione del testo di legge del registro ‘) , a tenore del quale la sentenza dichiarativa della simulazione, assoluta o relativa, di un contratto, con effetti reali, costitutivo o traslativo di diritti, è soggetta al pagamento di una nuova
imposta di registro (cosiddetta ‘ tassa di titolo ‘ ), realizzando, ai fini tributari, un ‘ ritrasferimento ‘ del bene, oggetto del precedente contratto simulato (tra le tante: Cass., Sez. 1^, 27 marzo 1970, n. 841; Cass., Sez. 1^, 6 luglio 1971, n. 2097; Cass., Sez. 1^, 10 maggio 1974, n. 1344; Cass., Sez. 3^, 21 novembre 1981, n. 6228; Cass., Sez. 1^, 16 aprile 1983, n. 2633; Cass., Sez. 1^, 12 novembre 1998, n. 11424; Cass., Sez. 6^ – 5, 23 giugno 2014, n. 14197).
In particolare, si era affermato che, ai fini dell’imposta proporzionale di registro sull’atto simulato e registrato, la dichiarazione di nullità per simulazione deve considerarsi non avvenuta. Da ciò deriva – sempre ai fini fiscali – che deve considerarsi come avvenuto il trasferimento simulato, con la conseguenza che la sentenza, la quale dichiara la nullità del detto trasferimento, viene, fiscalmente, a porre in essere, ai soli fini dell’imposta, una retrocessione, soggetta ad imposta proporzionale (in termini: Cass., Sez. 1^, 27 marzo 1970, n. 841; Cass., Sez. 1^, 10 maggio 1974, n. 1344; Cass., Sez. 3^, 21 novembre 1981, n. 6228; Cass., Sez. 6^-5, 23 giugno 2014, n. 14197) . Tanto si argomentava sulla scorta dell’art. 72 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, e dell’art. 1 della tariffa allegato A -parte prima annessa al r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269.
Ed altrettanto è stato ribadito nella vigenza del l’art. 19 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, e dell’art. 8 , lett. a), della tariffa -parte prima annessa al d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634 (Cass., Sez. 1^, 16 aprile 1983, n. 2633; Cass., Sez. 1^, 12 novembre 1998, n. 11424; Cass., Sez. 5^, 24 giugno 2000, n. 8607).
4.3 È stato, quindi, accolto il principio in base al quale, a prescindere dalle conseguenze civilistiche derivanti
dall’accertamento della simulazione di un contratto, ai fini fiscali, il trasferimento simulato deve ritenersi avvenuto a tutti gli effetti (per una sorta di presunzione iuris et de iure , pur in difetto di un fondamento normativo). Da ciò consegue che, a seguito della sentenza che attesta la simulazione del contratto, si pone fiscalmente in essere una retrocessione soggetta ad imposta di registro in misura proporzionale .
4.4 Ne discende che la sentenza impugnata si è pedissequamente uniformata a tale principio, affermando che: « Contrariamente a quanto affermato dalla Commissione Tributaria provinciale nel caso di specie è stato disposto un ritrasferimento del bene oggetto del precedente contratto simulato con conseguente assoggettabilità della sentenza all’imposta di registro in misura proporzionale (tassa di titolo). Infatti l’immobile venduto con atto notarile alla sig.ra NOME COGNOME dalla sig.ra NOME COGNOME per effetto della sentenza pronunciata dal Tribunale sezione distaccata di Este non è stato dichiarato di proprietà della venditrice ma del sig. COGNOME ponendo in essere ai fini tributari un ritrasferimento del bene oggetto del precedente contratto ».
4.5 Tuttavia, la solidità esegetica di tale conclusione (ancorché in sintonia con l’indirizzo consolidato fino ad oggi del giudice di legittimità) deve essere riesaminata, anche in relazione -secondo la particolare declinazione della fattispecie sub iudice -alla peculiare posizione del creditore del l’interponente/ simulato alienante, il quale (come nel caso di specie) faccia valere la simulazione assoluta e relativa, ai sensi dell’art. 1416, secondo comma, cod. civ., per accertare l’inefficacia nei suoi co nfronti RAGIONE_SOCIALE compravendite immobiliari (nelle quali il proprio debitore figuri, dapprima, come interponente e, poi, come simulato alienante), sul presupposto
dell’idoneità a pregiudicare la soddisfazione RAGIONE_SOCIALE ragioni creditorie con il depauperamento della garanzia patrimoniale del proprio debitore (art. 2740 cod. civ.).
Invero, la simulazione assoluta o relativa è in grado di produrre un grave nocumento, giacché l’apparenza giuridica di un atto dispositivo può frapporre un serio ostacolo alla possibilità, per il creditore, di agire esecutivamente nei confronti del simulato alienante, espropriando quello specifico diritto che è oggetto del contratto simulato. Difatti, dall’art. 567 cod. proc. civ. si ricava che il giudice dell’esec uzione non può disporre la vendita o l’assegnazione quando manchi, agli atti della procedura espropriativa, la trascrizione di un titolo di acquisto a favore dell’esecutato, ovvero qualora risulti una trascrizione contro quest’ultimo e a favore di un terzo. Dunque, il creditore del simulato alienante, se vuole espropriare il bene, deve prima rimuov ere l’ostacolo rappresentato dalla trascrizione del contratto simulato e dall’apparenza giuridica non conforme allo stato del diritto, che impedisce la vendita forzata.
Ne deriva che anche il creditore ha un interesse specifico al rilievo della simulazione assoluta o relativa, al fine di rimuovere un impedimento, potenzialmente definitivo, all’esercizio del suo diritto di soddisfare il credito mediante l’espropriazione del bene oggetto del contratto simulato; peraltro, anch’egli, essendo soggetto al rischio del perfezionamento RAGIONE_SOCIALE speciali fattispecie acquisitive a non domino in favore dei terzi di buona fede, ha altresì uno specifico interesse ad avvalersi degli ‘ effetti di fattispecie ‘, che gli artt. 1415, primo comma, 2652, n. 4, e 2655, primo comma, cod. civ. ricollegano, rispettivamente, alla trascrizione della domanda e all’annotazione della sentenza di simulazione, al fine di rendere
irrilevante la buona fede dei terzi e di neutralizzare le conseguenze giuridiche del loro legittimo affidamento.
In tal senso, questa Corte ha affermato che la domanda di simulazione proposta da chi si dichiari legittimato in quanto creditore del simulato alienante comporta l’allegazione, come fatto di legittimazione, di uno specifico credito nonché la dimostrazione del pregiudizio che alla soddisfazione di questo può derivare dall’alienazione del bene (tra le tante: Cass., Sez. 1^, 5 marzo 2008, n. 5961; Cass., Sez. 2^, 18 ottobre 2011, n. 21524; Cass., Sez. 2^, 2 agosto 2019, n. 20875), ritenendo che tale pregiudizio è ravvisabile in presenza di una diminuzione quantitativa o variazione qualitativa del patrimonio del debitore, che renda più incerto, difficile o, comunque, oneroso il soddisfacimento del credito con riferimento al momento della decisione (in termini: Cass., Sez. 2^, 18 febbraio 1991, n. 1690).
4.6 Sotto tale aspetto, dunque, l’azione di simulazione ex art. 1416, secondo comma, cod. civ., parrebbe prima facie più propriamente assimilabile quoad effectum all’azione revocatoria ordinaria ex art. 2901 cod. civ., tendendo anch’essa ad una pronuncia di inefficacia dell’alienazione simulata nei confronti del creditore al fine di preservare l’appartenenza originaria del bene ed impedirne la sottrazione al patrimonio del debitore.
Ciò non di meno, occorre respingere la tendenza ad identificare o assimilare l’azione di simulazione del creditore all’azione revocatoria ordinaria.
Se è vero, infatti, che l’iniziativa del creditore è sempre preordinata alla successiva espropriazione forzata, è altrettanto vero che il diritto sostanziale non consente di porre sullo stesso piano le due azioni.
Innanzitutto, occorre considerare che, mentre l’azione revocatoria muove contro un atto dispositivo in sé perfettamente valido ed efficace, allo scopo di renderne gli effetti inopponibili al (solo) creditore agente, l’azione di simulazione è uno strumento di reazione contro un atto dispositivo puramente apparente. Ne deriva che, mentre è possibile porre a fondamento dell’azione revocatoria un potere del creditore, avente l’effetto di rendere inoperanti gli effetti di un atto in sé valido ed efficace, non altrettanto può dirsi per l’azione di simulazione, posto che l’inefficacia del contratto simulato è uno stato giuridico originario dell’atto, che si determina ipso iure , per effetto del semplice perfezionamento della fattispecie della simulazione sul piano sostanziale.
Anche gli effetti RAGIONE_SOCIALE pronunce giurisdizionali dipendono da queste premesse di diritto sostanziale.
Nella prima ipotesi, dunque, l’inefficacia è successiva e scaturisce dalla pronuncia di una sentenza costitutiva; nella seconda ipotesi, invece, l’inefficacia è originaria ed emerge dalla pronuncia di una sentenza accertativa. Nel caso dell’azione revocatoria, infatti, la natura meramente relativa della dichiarazione di inefficacia è un corollario del fatto che, anche dopo la pronuncia di accoglimento, l’atto dispositivo è e resta pienamente valido ed efficace, con l’ulteriore conseguenza che tutti i creditori che non abbiano proposto la domanda sono tenuti a rispettare gli effetti dell’atto, sino a che, a loro volta, non agiscano per ottenerne la dichiarazione di inefficacia.
Lo stesso non è predicabile per l’azione di simulazione, che dichiara l’inefficacia dell’atto dispositivo tra le parti e non la semplice inopponibilità degli effetti nei confronti del creditore, né potrebbe essere altrimenti, posto che il concetto di
inefficacia relativa (o inopponibilità) di un atto nei confronti di un terzo, sul piano sostanziale, si giustifica solo nella misura in cui il medesimo atto sia pienamente efficace tra le parti. Laddove, viceversa, l’atto sia radicalmente privo di effetti (inefficacia assoluta), come è nel caso della simulazione (art. 1414, primo comma, cod. civ.), non è logicamente configurabile un concetto di inopponibilità di un effetto inesistente; è, al contrario, più corretto sostenere che l’inefficacia nei confronti del creditore pregiudicato dalla simulazione costituisce un mero ‘ riflesso ‘ dell’inefficacia del contratto tra le stesse parti.
Da ciò deriva che, quando la pronuncia accerta la simulazione, la dichiarazione di inefficacia del contratto simulato non può operare soltanto in favore del creditore che ha proposto la domanda. Questo limite -che si giustifica nel caso dell’azione revocatoria proprio in quanto essa colpisce un atto pienamente valido e efficace, che resta tale anche dopo l’accoglimento della domanda proposta da uno dei creditori -non ha ragion d’essere nel caso dell’azione di simulazione, perché essa accerta uno stato di inefficacia originaria dell’atto simulato, del quale possono avvantaggiarsi tutti i soggetti a ciò interessati, senza che sia necessaria una specifica iniziativa in sede giudiziaria.
4.7 Ciò non di meno, il pregiudizio alle ragioni del creditore non implica necessariamente l’avvenuto trasferimento del bene perché altrimenti non avrebbe senso la previsione della legittimazione dei creditori all’azione di simulazione.
Invero, l’ azione di simulazione e l’azione revocatoria sono del tutto diverse per contenuto e finalità: infatti, la prima mira ad accertare l’esistenza di un contratto apparente e, per conseguenza, l’inefficacia del trasferimento in pregiudizio del
creditore del simulato alienante; la seconda tende ad ottenere la declaratoria di inefficacia di un contratto esistente e realmente voluto, previo accertamento dell’ eventus damni e, nei negozi a titolo oneroso, anche dell’esistenza del consilium fraudis , elementi da cui si prescinde nella simulazione (in termini: Cass., Sez. 2^, 2 agosto 2019, n. 20875).
Difatti, costituisce principio ripetutamente enunciato da questa Corte che il vittorioso esperimento dell’azione revocatoria ordinaria del l’atto dispositivo del debitore non determina alcun effetto restitutorio rispetto al patrimonio del disponente, né alcun effetto direttamente traslativo nei confronti dei creditori, bensì soltanto l’inefficacia dell’atto rispetto ai creditori procedenti, rendendo il bene alienato, o comunque oggetto di atti dispositivi, assoggettabile all’azione esecutiva, senza in alcun modo caducare, ad ogni altro effetto, l’avvenuta disposizione (tra le tante: Cass., Sez. 3^, 15 febbraio 2011, n. 3676; Cass., Sez. 1^, 23 maggio 2014, n. 11491; Cass., Sez. 6^-3, 11 giugno 2021, n. 16614).
4.8 Pe r cui, sul piano della soggezione all’imposta di registro, in ossequio al consolidato principio di legittimità, secondo cui, quando l’atto da registrare sia una sentenza o un lodo arbitrale, per stabilire i presupposti ed i criteri di tassazione, occorre – in conformità al disposto degli artt. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (da ultime: Cass., Sez. 5^, 19 giugno 2020, n. 12013; Cass., Sez. 5^, 8 marzo 2023, n. 6875) – far riferimento al contenuto ed agli effetti che emergono dalla pronuncia stessa, in base al l’art. 8 della tariffa parte prima annessa al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, la sentenza di accoglimento della domanda di revocatoria ordinaria di un contratto di compravendita immobiliare è soggetta a tassazione in misura fissa, ai sensi dell’art. 8, comma 1, lett. e), della tariffa -parte
prima annessa al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, in quanto essa non spiega alcun effetto traslativo della proprietà del bene o di retrocessione dello stesso a favore del debitore, né determina alcun effetto restitutorio rispetto al patrimonio del disponente, ma si limita a rendere l’atto negoziale inopponibile ai creditori ai fini dell’esecuzione (in tal senso, vedasi anche la risposta resa dall’RAGIONE_SOCIALE il 18 settembre 2020, n. 380, ad interpello su ‘ Trattamento fiscale della sentenza di revocatoria ordinaria fallimentare e di accordo transattivo ‘).
4.9 Movendo dal principio generale per cui, in tema di imposta di registro sugli atti giudiziari, l’obbligazione solidale prevista dall’art. 57 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, per il pagamento dell’imposta dovuta in relazione a una sentenza emessa in un giudizio con pluralità di parti non grava, quando si tratti di litisconsorzio facoltativo, sui soggetti che non siano parti del rapporto sostanziale oggetto del giudizio, assumendo rilievo non la sentenza in quanto tale, ma il rapporto racchiuso in essa, quale indice di capacità contributiva; di talché il presupposto della solidarietà non può essere individuato nella mera situazione processuale del soggetto che, pur avendo partecipato al giudizio, sia rimasto totalmente estraneo al rapporto considerato nella sentenza (tra le tante: Cass., 19 giugno 2020, n. 12009; Cass., Sez. 5^, 18 febbraio 2021, nn. 4328 e 4329; Cass., Sez. 5^, 10 giugno 2021, n. 16232; Cass., Sez. 5^, 29 luglio 2021, n. 21700; Cass., Sez. 5^, 27 gennaio 2022, n. 2378; Cass., Sez. 5^, 5 aprile 2022, n. 10898), questa Corte ha specificamente affermato che, in tema di imposta di registro sugli atti dell’autorità giudiziaria, la sentenza pronunciata sulla domanda di simulazione e revocatoria di un contratto, formulata dal creditore di uno dei contraenti, non può essere tassata a carico della parte
negoziale non debitrice in misura proporzionale all’entità del credito dell’attore – anche ove questi abbia chiesto, ed ottenuto, il contestuale accertamento del proprio credito verso l’altra parte negoziale – giacché la solidarietà passiva ex art. 57 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, non investe la sentenza in quanto tale, bensì il rapporto racchiuso in essa, quale indice di capacità contributiva (in termini: Cass., Sez. 5^, 14 luglio 2017, n. 17513). Nella specie, però, l’amministrazione finanziaria avev a erroneamente liquidato l’imposta proporzionale di registro sul valore del credito tutelato con l’esercizio congiunto RAGIONE_SOCIALE azioni ex artt. 2901 e 1416, secondo comma, cod. civ., per cui il giudice di legittimità aveva rimarcato l’estraneità del rapporto creditorio al rapporto processuale, rispetto al quale esso esercitava una funzione di pura legitimatio ad causam .
4.10 Nella fattispecie sub iudice , il problema si pone per l’azione di simulazione del creditore del simulato alienante, che, oltre alla simulazione assoluta dell’alienazione di un immobile dall’interpo nente ad un terzo, miri ad accertare anche la simulazione relativa ( sub specie di interposizione fittizia di persona) dell’acquisto a favore dell’interponente. Difatti, n ell’interposizione fittizia si ha una simulazione relativa soggettiva e l’interposto (nella specie, NOME COGNOMECOGNOME risulta intestatario, mentre gli effetti del negozio si producono soltanto a favore dell’interponente (nella specie, NOME).
In particolare, bisogna chiedersi se possa applicarsi l’art. 8, comma 1, lett. a), della tariffa allegata al d.P.R. 26 aprile 1985 n. 131 , dal momento che l’accertamento della simulazione assoluta dell’alienazione (a mezzo del rogito notarile del 7 giugno 2005) dall’interposto (NOME COGNOME) al terzo (NOME COGNOME) postula, a monte, la preventiva ‘ deviazione ‘
dell’acquisto (a mezzo del rogito notarile del 16 luglio 1991) dall’interposto ( NOME COGNOME ) all’interponente (NOME COGNOME), in capo al quale il trasferimento dell’immobile doveva essere evidenziato e preservato (anche ai fini della pubblicità immobiliare) a completa tutela RAGIONE_SOCIALE ragioni del creditore (NOME COGNOME).
4.11 La soluzione della questione impone al collegio di inquadrare in via preliminare l’efficacia tipica dell’azione di simulazione al fine di trarne le opportune conclusioni sul piano dei riflessi fiscali, anche alla luce della previsione dell’art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, non essendo stata dettata una specifica disposizione in materia tributaria.
4.12 Ora, secondo l’opinione dottrinale, il regime dell’inefficacia del negozio simulato ha, con la nullità, alcuni fondamentali punti di contatto.
In primo luogo, il negozio simulato, al pari del negozio nullo, è radicalmente inidoneo a produrre gli effetti che sono propri della fattispecie negoziale cui esso appartiene; il negozio simulato, come il negozio nullo, non costituisce, né regola, né estingue, fra le parti contraenti, alcun rapporto giuridico; un negozio traslativo simulato non determina il trasferimento della proprietà o la costituzione del diritto reale minore in capo al simulato acquirente.
Ad ogni modo, con riferimento al negozio simulato, anche alla luce dell’autonoma disciplina della simulazione (artt. 1414 ss. cod. civ.) rispetto alla nullità (artt. 1418 ss. cod. civ.) nell’impianto del codice civile, appare più prudente parlare, piuttosto che di nullità, di inefficacia operante ipso iure : il negozio, cioè, non nasce con la funzione di produrre l’effetto negoziale suo proprio, ma con la diversa funzione di esteriorizzare un’apparenza giuridica; per questo, nasce privo
di effetti (con enunciazione valida sia per la simulazione assoluta, che per la simulazione relativa, l’art. 1414, primo comma, cod. civ. sancisce che: « Il contratto simulato non produce effetto tra le parti »).
In secondo luogo, l’ inefficacia prodotta dalla simulazione, al pari della nullità, è originaria ed opera ipso iure . A differenza del negozio impugnabile, il negozio simulato -non diversamente dal negozio nullo – non produce effetti tra le parti, neppure in modo provvisorio; pertanto, sul piano sostanziale, non è necessario l’intervento di un atto (stragiudiziale o giudiziale) che rimuova gli effetti del negozio, perché essi non si producono ab origine .
Per la precisione, l’ azione di simulazione è un’ ‘ azione di accertamento negativo ‘ nella simulazione assoluta, mentre è un” azione di accertamento negativo e positivo ‘ nella simulazione relativa. Il carattere di azione di accertamento è implicitamente affermato nell’art. 2652, n. 4, cod. civ., dove è detto che si devono trascrivere le « domande dirette all’accertamento della simulazione di atti soggetti a trascrizione ». La sentenza che accoglie la domanda è anch ‘ essa una sentenza di accertamento negativo nella simulazione assoluta, di accertamento negativo e positivo in quella relativa. Quindi, il negozio simulato, pur essendo giuridicamente esistente e rilevante, non ha efficacia tra le parti contraenti; se viene in considerazione un negozio ad effetti reali, dunque, oltre a non sorgere alcun rapporto obbligatorio tra le parti, non si produce l’effetto di trasferimento o di costituzione del diritto. Il simulato alienante resta il titolare effettivo e il simulato acquirente non acquista nulla, pur apparendo, all’esterno, come l’avente diritto.
Nella fattispecie della simulazione relativa, le cose si pongono in modo parzialmente diverso. Dietro lo schermo del negozio simulato, cui spettano i predicati dell’esistenza, dell’inefficacia e della rilevanza, si pone il negozio dissimulato, che è il negozio al quale le parti hanno inteso attribuire efficacia, nei loro rapporti; tra i contraenti, dunque, sorgono gli effetti obbligatori e si producono gli effetti reali che sono oggetto del negozio dissimulato; ne consegue che, se dietro l’apparenza di un negozio simulato di trasferimento di un diritto reale (ad esempio, una vendita), è dissimulato un negozio che produce quel medesimo effetto (ad esempio, una donazione), allora, nonostante la simulazione, l’effetto in parola ha egualmente modo di prodursi (il simulato alienante perde la titolarità del diritto e il simulato acquirente, sia pure a diverso titolo, acquista il diritto).
4.13 Nella particolare fattispecie dell’interposizione fittizia, invece, si pongono – per il titolare apparente (o prestanome) le medesime problematiche poste dalla simulazione assoluta; occorre considerare, infatti, che l’effetto del negozio dissimulato si produce regolarmente, in favore di un soggetto diverso da quello che, all’esterno, appare come l’acquirente del diritto in forza del (diverso) negozio simulato.
Concentrando l’attenzione su tale figura, gli elementi costitutivi del fenomeno si possono così sintetizzare. Alla base di tutto, vi è un accordo simulatorio trilaterale, cui partecipano il terzo contraente (che aliena il diritto sul bene), un soggetto prestanome (che acquista solo apparentemente) ed un soggetto – il c.d. interponente – che diviene l’ effettivo titolare del diritto. In esecuzione dell’accordo simulatorio, tra il terzo contraente e il prestanome, viene stipulato un negozio privo di effetti che simula l’acquisto del diritto da parte di quest’ultimo
(art. 1414, primo comma, cod. civ.); dietro il negozio apparente, viene posto in essere un rapporto negoziale dissimulato, realmente voluto dalle parti, che produce l’effetto di trasferire il diritto di proprietà dal terzo contraente al l’ interponente, che ne diviene – almeno nei rapporti tra questi tre soggetti -l’ effettivo titolare.
Così, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che, nell’interposizione fittizia, l’interposto figura soltanto apparentemente come parte del contratto, mentre gli effetti del negozio si producono in realtà in capo all’interponente (simulazione soggettiva); in tale forma di interposizione (in cui, appunto, la parte sostanziale del negozio differisce dalla parte apparente) implica – pacificamente – sempre un accordo simulatorio tra contraente apparente (o interposto), contraente effettivo (o interponente) e controparte (o terzo). Quindi, tale fattispecie rinviene il suo presupposto ineliminabile nella ‘ trilateralità ‘ di detto accordo. Ed è per questa ragione che il giudizio avente ad oggetto l’interposizione fittizia di persona – la quale costituisce una ipotesi di simulazione relativa -deve svolgersi, a pena di nullità, nel contraddittorio dell’interposto, dell’interponente e del terzo (che, effettivamente, hanno partecipato anche al giudizio di cui trattasi), in quanto oggetto del giudizio è proprio l’accertamento dell’accordo simulatorio tra i tre anzidetti soggetti, il quale, oltretutto, non deve necessariamente preesistere alla stipulazione del contratto che si assume stipulato, potendo attuarsi anche contestualmente a tale conclusione negoziale. Così, la partecipazione all’accordo simulatorio non può essere limitata solo all’interponente e all’interposto, ma deve necessariamente coinvolgere anche il terzo contraente, nel senso che questi deve dare –
contestualmente od anche successivamente alla formazione di quell’intesa, purché antecedentemente o contestualmente al negozio simulato – la propria espressa adesione all’intesa raggiunta dai primi due soggetti, giacché egli deve essere in tutto consapevole della funzione meramente figurativa del contraente apparente e deve manifestare la volontà di assumere, nella realtà, gli obblighi ed i diritti contrattuali nei confronti non dell’interposto bensì dell’interponente (tra le tante: Cass., Sez. 2^, 12 ottobre 2018, n. 25578; Cass., Sez. 2^, 20 agosto 2019, n. 21520; Cass., Sez. 2^, 23 settembre 2020, n. 19939; Cass., Sez. 2^, 12 febbraio 2021, n. 3682; Cass., Sez. 2^, 11 novembre 2022, n. 33367).
Dunque, l’ interposizione fittizia è caratterizzata dalla coesistenza di due titoli di legittimazione: l’uno, oggetto di pubblicità, ma privo di efficacia, intercorrente tra il terzo contraente e il prestanome (il negozio simulato); l’altro, realmente voluto ed efficace, se dotato dei requisiti di forma e di sostanza previsti dalla legge, tra il terzo contraente e l’interponente (il negozio dissimulato).
La struttura del fenomeno dà ragione della particolarità che distingue l’ interposizione fittizia dalla simulazione assoluta del negozio ad efficacia reale.
Nel caso della simulazione assoluta, infatti, il simulato alienante, per tutelare la propria posizione giuridica, può limitarsi a ristabilire lo status quo ante , rimuovendo l’apparenza giuridica del negozio con il quale egli ha trasferito ad altri il diritto sul bene; eliminata tale apparenza, infatti, il simulato alienante, ove ne sia provvisto, può tornare ad avvalersi del titolo anteriore, da cui deriva l’ esistenza del suo (eventuale) diritto sul bene.
Nell’interposizione fittizia, invece, il ristabilimento dello status quo ante , attraverso l’accertamento dell’inefficacia dell’acquisto del prestanome, non è sufficiente; l’interponente ha bisogno di accertare che l’acquisto reale è avvenuto in suo favore; l’interponente, dunque, non agisce per ristabilire la situazione anteriore all’operazione negoziale, bensì per accertare l’esistenza attuale del suo diritto sul bene.
Secondo l’inquadramento dottrinale, l a particolarità del processo di interposizione fittizia sta in ciò che esso, di regola, ha ad oggetto due domande, diverse e fra loro autonome: la domanda di simulazione in senso stretto, in tutto analoga alla domanda che viene proposta nei casi di simulazione assoluta, da un lato, e la domanda di accertamento del diritto di proprietà in capo all’interponente, dall’altro.
In linea con tale interpretazione, pur non riconoscendo in modo esplicito l’esistenza di due domande, la giurisprudenza di legittimità nondimeno ammette che l’azione introduce un « duplice accertamento » dell ‘ apparenza del negozio impugnato e della esistenza di quello effettivamente voluto dalle parti, ciò implicando, in linea di principio, il mutamento di una situazione giuridica che deve necessariamente spiegare i suoi effetti nei confronti di tutti i soggetti che hanno concorso a metterla in essere, giacché, in caso contrario, la rimozione dell’accordo simulatorio rimarrebbe priva di conseguenze nei confronti del soggetto estraneo al giudizio (Cass., Sez. 2^, 7 luglio 2009, n. 15955).
L ‘ autonomia RAGIONE_SOCIALE due domande si manifesta in ciò che all’accoglimento dell’una può accompagnarsi il rigetto dell’altra; può darsi il caso, in particolare, che, all’accoglimento della domanda di simulazione del negozio tra il terzo contraente ed il prestanome, possa seguire il rigetto della
domanda di accertamento della proprietà in capo alf interponente, in ragione del l’i lliceità del negozio dissimulato, del difetto dei requisiti di forma e di sostanza, o di altro motivo. Dunque, in materia di interposizione fittizia, la sentenza, di regola, si compone di due capi decisori:
a) il primo capo contiene la dichiarazione di inefficacia del negozio simulato; tale pronuncia, come nel caso della simulazione assoluta, produce l’effetto di rimuovere l’apparenza giuridica prodotta del negozio che fonda l’acquisto in favore del prestanome e – previa trascrizione della domanda e successiva annotazione della sentenza che dichiara la simulazione – l’ulteriore effetto di impedire la formazione RAGIONE_SOCIALE speciali fattispecie di acquisto a non domino a favore dei terzi di buona fede, che abbiano derivato diritti dal prestanome; b) il secondo capo contiene la statuizione sul diritto di proprietà dell’interponente; tale pronuncia reca l’ accertamento positivo, con efficacia di giudicato, dell’esistenza del diritto dell’attore. 4.14 Da queste premesse discende per la simulazione in generale una conseguenza ineludibile, ossia che il titolare apparente non può disporre del diritto. Se, infatti, non si vuole porre in discussione la premessa maggiore del ragionamento (ossia che il negozio simulato è privo di effetti e, per tale motivo, non è in grado di produrre alcuna modificazione nel patrimonio RAGIONE_SOCIALE parti), anche la premessa minore si svolge a rime obbligate: il titolare apparente, se non è titolare del diritto, difetta altresì del potere di disporne in favore di terzi. Il problema, invece, si pone nel caso della interposizione fittizia: qui il soggetto interposto è un mero titolare apparente e, come il simulato acquirente nel caso della simulazione assoluta, difetta del potere di disporre del diritto in favore dei terzi; per l’ interposto (o prestanome), dunque, valgono le
stesse considerazioni esposte con riferimento alla posizione del simulato acquirente, nel caso di simulazione assoluta del contratto ad effetti reali.
Le più gravi incertezze, tuttavia, regnano sul tema dell’oggetto dell’azione e sugli effetti del suo accoglimento. Se, infatti, nelle affermazioni generali, la giurisprudenza riconosce che l’azione promossa dal terzo mira ad una dichiarazione di inefficacia del rapporto tra le parti, ai sensi dell’art. 1414, primo comma, cod. civ., è comune -quantomeno nella giurisprudenza maggioritaria – l’affermazione per cui l’ accertamento della simulazione, ottenuto dal terzo, non vincola le parti del negozio simulato, che pure assumono la qualità di contraddittori necessari.
L’ unico dato certo è che il legislatore ha manifestato, inequivocabilmente, l ‘ intenzione di concedere il potere di azione a soggetti estranei al rapporto simulato; dopodiché, le certezze finiscono, perché le norme non definiscono l’oggetto dell’azione proposta dal terzo, né il contenuto e gli effetti della relativa sentenza. Nondimeno, gli artt. 1415, secondo comma, e 1416, secondo comma, cod. civ., forniscono alcune indicazioni importanti; tali norme, infatti, impongono di considerare l’azione come il mezzo per conseguire il risultato di rimuovere il pregiudizio prodotto dalla simulazione, rendendo con ciò evidente che il problema dell’oggetto del processo e degli effetti della sentenza è indissolubilmente intrecciato con quello dei presupposti dell’azione e, fra questi, in particolare, con quello del l’ interesse che muove il terzo a promuovere il giudizio.
Una volta stabilito che il terzo avente causa, che si afferma titolare di un diritto dipendente, per rimuovere il pregiudizio prodotto dal negozio simulato, deve esercitare, in veste di
legittimato straordinario, la stessa azione di simulazione, che il legislatore concede alle parti; una volta chiarito che tale azione, per conseguire lo scopo che gli è proprio, deve avere ad oggetto l’accertamento in via principale del l’ inefficacia dell’atto e, dunque, il rapporto negoziale simulato, gli argomenti addotti dalla giurisprudenza, per limitare l’ efficacia dell’accertamento della simulazione ai soli rapporti tra il terzo e le parti, perdono rilevanza
Dunque, la circostanza che il terzo avente causa agisca per la tutela di un interesse proprio, che si pone in conflitto con quello RAGIONE_SOCIALE parti contraenti, non impone di ritenere che l’oggetto dell’azione del terzo debba essere, necessariamente, il diritto di cui l’avente causa si afferma titolare; nulla esclude che tale oggetto possa essere identificato in un rapporto giuridico altrui. 4.15 Se la funzione che il legislatore riserva all’accertamento della simulazione – quale essa si ricava dal combinato disposto degli artt. 1415, primo comma, 2652, n. 4, e 2655, primo comma, cod. civ. -è rimuovere, una volta per tutte, l’apparenza giuridica prodotta dal negozio simulato ed impedire la formazione degli affidamenti in favore dei terzi di buona fede, il giudizio non può lasciare impregiudicata la questione relativa al rapporto tra le parti contraenti, ma deve concludersi necessariamente con una dichiarazione di inefficacia tout court dell’atto simulato, operante tanto nei rapporti interni tra le parti contraenti, quanto, di riflesso, nei confronti dei terzi.
In estrema sintesi: il negozio giuridico assume rilievo, rispetto ad un terzo, se e in quanto produce effetto tra le parti; se, a monte, questa efficacia non sussiste, il terzo non subisce, di riflesso, alcun tipo di effetto. Ciò sta a significare che l’accertamento della simulazione presuppone sempre, sul piano
sostanziale, anche quando l’iniziativa sia assunta dal terzo, il rilievo che l’atto pare lecito sostenere che, al rilievo della simulazione, possa seguire qualcosa di diverso dalla dichiarazione di inefficacia del negozio simulato tra le parti contraenti.
In particolare, l’ azione di simulazione tutela tutti i creditori del simulato alienante, indipendentemente dal fatto che il credito sia anteriore o posteriore all’atto simulato, e mira a far ottenere una dichiarazione di inefficacia del negozio simulato, che può servire, a seconda dei casi, per agire esecutivamente contro il simulato alienante, ovvero per sottrarre il bene all’aggressione esecutiva proveniente dal creditore del titolare apparente in vista di una successiva esecuzione forzata contro il simulato alienante; essa è in grado di raggiungere il suo scopo, dunque, soltanto nella misura in cui la relativa domanda venga trascritta anteriormente alla trascrizione di un atto di pignoramento contro il titolare apparente, altrimenti non vi è più spazio né utilità per una dichiarazione di inefficacia che, in caso di trascrizione successiva, sarebbe, comunque, inopponibile tanto al creditore del titolare apparente, quanto all’aggiudicatario finale in sede di vendita forzata.
In ragione della funzione che le è propria, in tutti i casi in cui essa è esercitata, vuoi per permettere l’azione esecutiva contro il simulato alienante, vuoi per sottrarre il bene all’esecuzione forzata contro il titolare apparente, l’azione di simulazione mira sempre al conseguimento di una dichiarazione di inefficacia del negozio simulato, idonea al giudicato e vincolante tra le parti contraenti, e, per tale motivo, comporta la deduzione, nel processo, da parte del creditore in veste di legittimato straordinario, del rapporto giuridico altrui.
4.16 Laddove venga in considerazione una fattispecie di interposizione fittizia, si impongono alcune precisazioni.
Osservando il fenomeno dal punto di vista dell’interponente, si è visto che, per costui, non è sufficiente ottenere una dichiarazione di inefficacia dell’acquisto del prestanome, occorrendo, altresì, un accertamento della titolarità del diritto di proprietà, che si fondi sulla rilevazione dell’efficacia di un negozio dissimulato, tra l’attore e il terzo contraente.
La situazione non è diversa, quando ad assumere l’ iniziativa sia il creditore dell’interponente, leso, nei suoi diritti, dall’apparenza giuridica di un atto negoziale attributivo del diritto conteso al prestanome.
Anche per questo, non è sufficiente ristabilire lo stato anteriore all’operazione, mediante la dichiarazione di inefficacia del negozio simulato, ma occorre accertare che l’interponente (a seconda RAGIONE_SOCIALE ipotesi, dante causa o debitore del terzo) abbia effettivamente acquistato il diritto sul bene, in forza di un negozio tenuto nascosto; in questo caso, l’ utilità di un siffatto accertamento è essenziale: esso, sostituendo di fatto un titolo formale a favore del l’ interponente, che, con ogni probabilità, le parti contraenti si guarderanno bene dall’esibire, consente di ristabilire la continuità degli acquisti, eliminando la fonte del possibile pregiudizio.
Occorre considerare, infatti, che, secondo il principio di continuità enunciato dal codice civile (art. 2651 cod. civ.), ogni qualvolta ci si trova di fronte ad un acquirente in base ad un titolo soggetto a trascrizione, le successive trascrizioni e iscrizioni a carico dell’acquirente sono senza effetto, se non è trascritto l’ atto anteriore di acquisto. Pertanto, il creditore, al fine di poter sottoporre ad espropriazione forzata il bene, una volta ottenuta la dichiarazione di inefficacia del negozio
simulato, ha bisogno di ottenere una sentenza che, accertando il diritto di proprietà in capo all’interponente, permetta ancora una volta di derogare al principio della continuità, salvaguardando l’ acquisto dell’aggiudicatario, in sede di vendita forzata, anche in assenza della trascrizione del titolo di acquisto del soggetto esecutato.
Dunque, come di regola avviene nel caso in cui l’iniziativa sia assunta dal l’ interponente, anche ove ad agire sia il creditore, il processo di interposizione fittizia ha un duplice oggetto: da un lato, la domanda di simulazione in senso stretto, ossia di accertamento negativo del rapporto negoziale intercorrente tra il terzo contraente ed il prestanome, finalizzata alla rimozione dell ‘ apparenza giuridica e ad impedire la formazione RAGIONE_SOCIALE speciali fattispecie di acquisto a non domino a favore dei terzi di buona fede; dall’altro lato, la domanda di accertamento del diritto di proprietà sul bene.
Questa seconda domanda, ove l’iniziativa sia promossa dal creditore, invece, ha per oggetto l’esistenza del diritto (attuale) dell ‘ interponente; il terzo, dunque, agisce, anche con riferimento a questa domanda, in qualità di legittimato straordinario.
L’art. 1416, secondo comma, cod. civ., non si limita a riconoscere, ai creditori, l’ovvio potere di reagire giudizialmente alla simulazione, ma attribuisce loro uno specifico strumento, rappresentato dall’azione di simulazione in senso stretto, la quale è finalizzata ad ottenere una dichiarazione di inefficacia del negozio tra le parti contraenti e, di riflesso, nei loro confronti; con la dichiarazione di inefficacia, il negozio simulato viene definitivamente cancellato dal mondo del diritto; alla negazione di ogni tipo di efficacia tra le parti
contraenti, infatti, si accompagna la definitiva perdita di rilevanza del negozio simulato, rispetto ai creditori.
4.17 L’esegesi dottrinale è stata avallata da un recente arresto di questa Corte (in termini: Cass., Sez. 2^, 11 novembre 2022, n. 33367), il quale ha affermato che: « (…) l’accoglimento della domanda di simulazione per interposizione fittizia di persona, proposta dal terzo interessato, non implica la mera inopponibilità e inefficacia (relativa) dell’atto simulato verso il terzo istante, alla stregua di un’azione revocatoria ex art. 2901 cod. civ., ma si estende alla verifica dell’effettiva produzione dell’effetto traslativo in favore dell’interponente (anziché verso l’interposto), per effetto del concluso accordo simulatorio. D’altronde, a fronte della posizione assunta dal terzo, quale creditore dell’interponente (effettivo acquirente), la mera inopponibilità della vendita simulata non sarebbe stata comunque satisfattiva – e, quindi, idonea a tutelare le sue ragioni -, posto che tale evenienza avrebbe implicato la teorica aggredibilità del bene nel patrimonio dell’alienante, che nondimeno non era debitore del terzo agente. Invece, l’interesse specifico dedotto, che ha giustificato la proposizione della domanda del terzo, consisteva appunto nell’accertamento del fatto che, sulla scorta del procedimento di simulazione per interposizione fittizia di persona, la direzione reale dell’effetto traslativo non corrispondeva a quella apparente (atteso che nella simulazione si riscontra una divergenza consapevole tra due manifestazioni entrambe volute, quella apparente e quella dissimulata, per fini diversi, che si coordinano reciprocamente). Sicché l’utilità della domanda era pacificamente rivolta, quale indefettibile precipitato della dichiarazione della simulazione relativa soggettiva, all’accertamento dell’effettivo destinatario degli effetti
traslativi dell’atto di vendita. Tale effetto dichiarativo non era rimesso ad una puntuale pretesa rivendicativa o di esecuzione specifica – accessoria alla verifica della simulazione – a cura dell’interponente. Ha, infatti, carattere dichiarativo (…) l’azione di simulazione relativa, per interposizione fittizia di persona, in quanto essa non mira a far riconoscere l’esistenza degli elementi costitutivi di un negozio diverso da quello voluto, bensì a quell’identificazione del vero contraente celato dall’interposto, che è in rapporto di derivazione immediata dall’accertamento della simulazione. Pertanto, ha natura dichiarativa l’azione del terzo, creditore del dissimulato compratore, tendente a far accertare, nei confronti RAGIONE_SOCIALE parti di una compravendita con interposizione fittizia di persona, che, per effetto della simulazione relativa del contratto, l’immobile compravenduto è “passato in proprietà” al debitore ». Per cui, « (…) diversamente da quanto accade nel caso di interposizione reale (istituto collocabile nella categoria dei negozi indiretti), nell’ipotesi di interposizione fittizia la verifica della simulazione implica un mero accertamento dell’effettivo trasferimento del bene in favore dell’interponente e non già una pronuncia costituiva che disponga il trasferimento, in attuazione di uno specifico obbligo assunto tra interposto e interponente ». Se ne è concluso che: « In definitiva, una volta accertata la simulazione della vendita immobiliare per interposizione fittizia della persona dell’acquirente, gli effetti del negozio (trasferimento della proprietà) si producono a favore dell’interponente, conseguenza, quest’ultima, che scaturisce in via automatica e immediata dalla dichiarazione di simulazione relativa soggettiva ex art. 1414, secondo comma, c.c. e non esige un’apposita domanda di rivendica a cura dell’interponente
ovvero una domanda di esecuzione in forma specifica dell’obbligo di trasferimento ».
4.18 La dottrina ha concluso, in senso riepilogativo, che:
-l’azione di simulazione in senso stretto introduce sempre un giudizio volto ad una dichiarazione di inefficacia del contratto simulato, anche quando essa si fondi su una fattispecie di simulazione relativa, implicante il rilievo dell’esistenza di un contratto dissimulato, tra le parti contraenti; si può dire che la simulazione costituisce la causa petendi di una domanda avente ad oggetto l’accertamento negativo del rapporto fondamentale che nasce, tra le parti contraenti, dal contratto simulato; il suo sc opo è sempre la rimozione dell’apparenza giuridica e l’eliminazione della rilevanza del contratto simulato, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1415, primo comma, 1416, primo comma, 2652, n. 4, e 2655, primo comma, cod. civ.;
-l’azione di simulazione in senso stretto può essere proposta , oltre che dalle parti contraenti, anche dai creditori, nei limiti in cui può essere riconosciuto uno specifico interesse; i creditori, dunque, agiscono in qualità di legittimati straordinari ex art. 81 cod. proc. civ., posto che l’oggetto dell’azione è costituito dall’accertamento negativo di un rapporto negoziale altrui ( inter alios ), rispetto al quale essi sono estranei; ricorre, perciò, a favore RAGIONE_SOCIALE parti e dei creditori, una fattispecie di concorso di azioni, che hanno il medesimo oggetto e che tendono al medesimo scopo, rappresentato dalla rimozione dell’apparenza giuridica prodotta dal contratto simulato;
la legittimazione straordinaria del terzo trova fondamento nella titolarità del credito pregiudicato dal contratto simulato;
-quest’ultima resta estranea all’oggetto di merito dell’azione di simulazione in senso stretto, avvenendo il suo accertamento esclusivamente nel quadro del giudizio di ammissibilità della
domanda; ciò non esclude, comunque, che il terzo possa esercitare, insieme o in sostituzione all’azione di simulazione, anche l’azione a tutela del singolo diritto di cui si afferma titolari, né che, in taluni casi, l’ esigenza di tutela possa richiedere la proposizione, insieme con l’ azione di simulazione in senso stretto, anche di una domanda avente ad oggetto l’accertamento della proprietà sul bene; ciò avviene, in particolar modo, nel caso del l’ interposizione fittizia;
per la sentenza che pronuncia sulla domanda di simulazione del terzo, in linea con la più recente dottrina processualcivilistica, si possono affermare i seguenti principi:
posto che l’ azione di simulazione ha sempre ad oggetto la dichiarazione di inefficacia del negozio simulato tra le parti contraenti (essendo l’ inefficacia nei confronti del terzo un mero riflesso), la sentenza ha il medesimo contenuto e produce gli stessi effetti, vuoi che la domanda sia stata proposta da una RAGIONE_SOCIALE parti contraenti, vuoi che sia stata proposta dal terzo legittimato straordinario;
la sentenza spiega i propri effetti diretti nei confronti RAGIONE_SOCIALE parti contraenti, le quali, essendo titolari del rapporto giuridico oggetto di accertamento, nella loro qualità di legittimati ordinari, sono parti necessarie del giudizio;
la sentenza produce, nei confronti del terzo legittimato straordinario che ha proposto la domanda, effetti riflessi, posto che, oggetto di accertamento è un rapporto giuridico altrui e non la situazione legittimante che fa capo al terzo, che resta estranea all’oggetto del processo.
4.19 Premessa quest ‘ampia digressione sulla ricostruzione civilistica della fattispecie, a ben vedere, nessuna disposizione del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, sembra fornire un solido appiglio alla tesi – che si è data finora per scontata in modo
apodittico – del ‘ ritrasferimento ‘ (da cui la duplice tassazione), attraverso la sentenza ricognitiva dell’interposizione fittizia di persona, del bene dall’ interposto al l’ interponente per rispristinare la originaria consistenza dei rispettivi patrimoni. Una tale esegesi postulerebbe l’effettività (e la realtà) del trasferimento simulato dall’interpo nente all’interpo sto, dalla quale scaturirebbe l’esigenza di un successivo ed autonomo trasferimento per la reintegrazione del simulato alienante nella titolarità della proprietà sul bene alienato.
Laddove, invece, alla luce della premessa ricostruzione dell’istituto , la restaurazione dello status quo ante discende ipso iure dalla rimozione dell’apparenza ingenerata dall’interposizione fittizia per effetto della sentenza dichiarativa dell’inefficacia del negozio simulato, che, allo stesso tempo, con efficacia ex tunc , riconosce che, in vir tù dell’accordo simulatorio, la proprietà del bene è stata alienata dal terzo contraente, in forza dell’unico contratto ad effetti reali, non a favore dell’interpo sto, che non l ‘ ha mai acquistato, ma a favore dell’interpo nente , che l’ha acquistato ab origine .
Ed analogo discorso vale, a maggior ragione, anche per la simulazione assoluta, nella quale la proprietà del bene non è fuoriuscita dal patrimonio del simulato alienante per entrare nel patrimonio del simulato acquirente, non essendosi mai prodotta ab origine l’ efficacia traslativa del contratto simulato. Per cui, stante l’accostabilità dell’inefficacia (assoluta) alla nullità nel contesto RAGIONE_SOCIALE vicende patologiche del negozio giuridico, ben si può adattare alla regolamentazione della fattispecie la disposizione dell’art. 8, comma 1, lett. e), della tariffa – parte prima annessa al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, con la conseguente applicabilità dell’imposta di registro in misura fissa alla sentenza di accertamento della simulazione.
Non a caso, ferma restando la preclusione al rimborso dell’imposta di registro liquidata sul contratto simulato a causa dell’imputabilità alle parti della simulazione accertata mediante sentenza passata in giudicato ex art. 38, comma 2, del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 13 dicembre 2001, n. 15733; Cass., Sez. 5^, 25 febbraio 2002, n. 2698; Cass., Sez. 5^, 1 aprile 2003, n. 4971; Cass., Sez. 6^-5, 28 marzo 2012, n. 5039), la dottrina aveva correttamente ritenuto che la innovativa previsione dell’art. 8, comma 1, lett. e), della tariffa -parte prima annessa al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (con riguardo agli atti giudiziari « che dichiarano la nullità o pronunciano l’annullamento di un atto, ancorché portanti condanna alla restituzione in denaro o beni, o la risoluzione di un contratto »), la quale non aveva alcun precedente nella formulazione del corrispondente art. 8 della tariffa -parte prima annessa al previgente d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634 (con riguardo agli atti giudiziari che dichiarano la nullità o pronunciano l’annullamento di un atto) , avesse definitivamente superato il dogma autoreferenziale della c.d. ‘ tassa di titolo ‘.
Pertanto, non pare esservi ragione di distinguere la ‘ restituzione ‘ (o la ‘ reintestazione ‘ ) che consegue ad una sentenza dichiarativa della nullità rispetto alla ‘ restituzione ‘ (o alla ‘ reintestazione ‘ ) che consegue a una sentenza dichiarativa della simulazione (assoluta o relativa).
Viceversa, non sembra attagliarsi l ‘art. 8, comma 1, lett. e), della tariffa – parte prima annessa al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, il quale presuppone una sentenza recante il trasferimento o la costituzione di diritti reali, che, invece, esula dal fenomeno della simulazione negoziale.
Ne discende che, nella specie, stante la duplice pronunzia sull’interposizione fittizia e sulla simulazione assoluta, ciascuno degli autonomi capi della sentenza deve essere soggetto a tassazione in misura fissa , ai sensi dell’art. 21, comma 1, del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (a tenore del quale: « Se un atto non contiene più disposizioni che non derivano necessariamente, per la loro intrinseca natura, le une dalle altre, ciascuna di esse è soggetta ad imposta come fosse un atto distinto »), nonché dell’ar t. 21, comma 1, del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 347 .
Invero, l’azione intesa a far dichiarare la simulazione relativa è diversa da quella diretta a ottenere la declaratoria di simulazione assoluta, sia con riferimento al petitum che alla causa petendi , comportando le due domande l’accertamento di fatti differenti e tendendo, soprattutto, al conseguimento di effetti diversi, secondo la differenziazione generale prevista nei primi due commi dell’art. 1414 cod. civ. (in termini: Cass., Sez. 2^, 19 dicembre 2019, n. 34024; Cass., Sez. 2^, 7 luglio 2022, n. 21505).
4.20 Per conseguenza, stante la simmetricità rispetto all’imposta di registro, anche le imposte ipotecaria e catastale devono essere liquidate in misura fissa, ai sensi degli artt. 4 della tariffa annessa al d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346 (con riguardo alla « trascrizione di atti o sentenze che non importano trasferimento di proprietà di beni immobili né costituzione o trasferimento di diritti reali immobiliari ») e 10, comma 2, del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346 (con riguardo alle « volture eseguite in dipendenza di atti che non importano trasferimento
di beni immobili né costituzione o trasferimento di diritti reali immobiliari »).
4.21 Il netto distacco dall ‘orientamento dell a precedente giurisprudenza di legittimità induce il collegio a formulare in funzione nomofilattica i seguenti principi di diritto:
« La sentenza che accerta la simulazione assoluta o relativa di un contratto ad effetti reali deve essere sempre assoggettata alle imposte di registro, ipotecaria e catastale in misura fissa, ai sensi degli artt. 8, comma 1, lett. e), della tariffa – parte prima annessa al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, 4 della tariffa annessa al d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 347, e 10, comma 2, del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 347, giacché la statuizione giudiziale si risolve, rispettivamente, per la simulazione assoluta, nel mero riconoscimento dell’apparenza del trasferimento in forza del contratto simulato ovvero, per la simulazione relativa, nell’ulteriore riconoscimento del trasferimento in forza del contratto dissimulato dal simulato alienante al simulato acquirente, non potendo delinearsi, in forza della medesima sentenza, la disposizione di un ulteriore ed autonomo ‘ ritrasferimento ‘ del bene dal simulato acquirente al simulato alienante (per la simulazione assoluta) e, in più, dal simulato alienante al simulato acquirente a diverso titolo (per la simulazione relativa)».
«L a sentenza che accerta l’interposizione fittizia di persona (quindi, la simulazione relativa soggettiva) in un contratto ad effetti reali, riconoscendo, al contempo, che il trasferimento del bene dal terzo contraente all’interposto è meramente apparente e, quindi, inefficace e che, viceversa, il trasferimento del bene si è
effettivamente prodotto dal terzo contraente all’interpo nente, in forza d ell’ accordo simulatorio tra i tre soggetti coinvolti, deve essere sempre assoggettata alle imposte di registro, ipotecaria e catastale in misura fissa, ai sensi degli artt. 8, comma 1, lett. e), della tariffa – parte prima annessa al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, 4 della tariffa annessa al d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 347, e 10, comma 2, del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 347, giacché la statuizione giudiziale si risolve nel riconoscimento dell’acquisto ab origine del bene in favore dell’interponente in luogo dell’interposto, essendo unico il reale beneficiario del trasferimento derivante dal contratto già assoggettato alle imposte di registro, ipotecaria e catastale in misura proporzionale (in stretta combinazione con l’accordo simulatorio), ai sensi degli artt. 1 della tariffa – parte prima annessa al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, 1 della tariffa annessa al d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 347, e 10, comma 1, del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 347 ; pertanto, nel caso in cui l’acquisto per interposta persona sia seguito da un’alienazione simulata con riguardo al medesimo bene, la sentenza che riconosca, al contempo, l’interposizione fittizia in relazione al contratto di acquisto e la simulazione (assoluta o relativa) in relazione al contratto di alienazione del medesimo bene, articolandosi in autonomi capi contenenti distinte statuizioni su diversi e successivi contratti ad effetti reali, sconterà le imposte di registro, ipotecaria e catastale in misura fissa per ogni accertamento , ai sensi dell’art. 21, comma 1, del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (nonché dell’art. 21, comma 1, del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 347)».
Alla stregua RAGIONE_SOCIALE suesposte argomentazioni, valutandosi l’infondatezza del primo motivo, l’inammissibilità del secondo motivo, la fondatezza del terzo motivo e l’assorbimento de i restanti motivi, il ricorso può trovare accoglimento entro tali limiti e la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto; non occorrendo ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384, primo comma, ultima parte, cod. proc. civ., con pronuncia di accoglimento del ricorso originario della contribuente nei termini specificati in precedenza.
Le spese dell’intero giudizio possono essere interamente compensate, stante la novità del principio enunciato sulla questione scrutinata.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo, rigetta il primo motivo, dichiara l’inammissibilità del secondo motivo e l’assorbimento dei restanti motivi; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario della contribuente nei termini specificati in motivazione; compensa le spese dell’intero giudizio.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 16 febbraio