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Tassazione rimborso spese: quando è reddito imponibile

Un medico specialista si è visto negare il rimborso IRPEF sulle indennità percepite per recarsi dalla propria residenza all’ambulatorio in un altro Comune. La Corte di Cassazione ha confermato che la tassazione del rimborso spese è legittima, poiché tali somme non costituiscono un’indennità di trasferta esente, ma fanno parte del reddito da lavoro imponibile secondo il principio di onnicomprensività.

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Pubblicato il 11 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Tassazione Rimborso Spese: La Cassazione Chiarisce la Differenza tra Trasferta e Tragitto Casa-Lavoro

La questione della tassazione rimborso spese per i professionisti che operano in comuni diversi da quello di residenza è un tema di grande attualità. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha fornito un’interpretazione decisiva, distinguendo nettamente tra il rimborso per l’accesso alla sede di lavoro e l’indennità di trasferta. Questa pronuncia stabilisce un principio fondamentale per medici e altri professionisti convenzionati, chiarendo quando tali somme rientrano nel reddito imponibile ai fini IRPEF.

I Fatti del Caso

Un medico specialista ambulatoriale, in convenzione con un’Azienda Sanitaria Locale, aveva richiesto all’Agenzia delle Entrate il rimborso dell’IRPEF versata su somme percepite a titolo di indennità di viaggio. Tali somme erano state erogate per coprire le spese degli spostamenti dal suo comune di residenza a quello in cui si trovava l’ambulatorio presso cui prestava servizio.

Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella di secondo grado avevano respinto le sue richieste. I giudici di merito avevano stabilito che tali rimborsi non potevano essere assimilati alle indennità di trasferta, che godono di un regime fiscale di favore, ma rientravano a pieno titolo nel reddito da lavoro dipendente e, come tali, dovevano essere assoggettati a tassazione.

La Decisione della Corte e la Tassazione Rimborso Spese

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del contribuente, confermando le decisioni dei gradi precedenti. Gli Ermellini hanno stabilito che il cosiddetto “rimborso spese di accesso” alla sede di lavoro è ontologicamente diverso dalle “indennità percepite per le trasferte” disciplinate dall’art. 51, comma 5, del T.U.I.R. (Testo Unico delle Imposte sui Redditi). Di conseguenza, la tassazione rimborso spese in questo contesto è pienamente legittima, in quanto le somme percepite concorrono a formare il reddito imponibile del professionista.

Le Motivazioni della Sentenza

Il cuore della decisione della Suprema Corte risiede nella distinzione concettuale tra due situazioni ben diverse:

1. Indennità di Trasferta: Questa si configura quando un lavoratore viene inviato temporaneamente a svolgere la propria attività in un luogo diverso dalla sua sede di lavoro abituale, per specifiche esigenze di servizio. Solo in questo caso si applica il regime fiscale agevolato, che prevede una parziale o totale esenzione dalla tassazione.

2. Rimborso Spese di Accesso: Si tratta del caso in esame, in cui al professionista viene rimborsato il costo del tragitto dalla propria abitazione alla sede di lavoro contrattualmente definita. Anche se la sede si trova in un comune diverso da quello di residenza, questo spostamento rappresenta il normale tragitto casa-lavoro e non una missione o una trasferta.

La Corte ha ribadito l’importanza del principio di onnicomprensività del reddito da lavoro, sancito dall’art. 51, comma 1, del T.U.I.R. Secondo tale principio, tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro, costituiscono reddito imponibile. Le esenzioni, come quella per le trasferte, sono eccezioni tassativamente previste dalla legge e non possono essere applicate per analogia. Il fatto che il rimborso fosse calcolato in base alla percorrenza chilometrica non ne modifica la natura reddituale.

Le Conclusioni

L’ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro: le indennità corrisposte a un medico convenzionato per recarsi dalla propria residenza all’ambulatorio non sono esenti da imposte. Esse rappresentano una componente del reddito e, pertanto, sono soggette alla normale tassazione rimborso spese ai fini IRPEF. Questa decisione offre un importante punto di riferimento per tutti i professionisti e i datori di lavoro, chiarendo definitivamente i confini tra il tragitto ordinario per raggiungere la sede lavorativa e la trasferta fiscalmente agevolata.

Il rimborso spese per il viaggio dal comune di residenza a quello di lavoro è tassabile?
Sì. Secondo l’ordinanza, il “rimborso spese di accesso” alla sede di lavoro, anche se in un comune diverso da quello di residenza, è considerato parte del reddito da lavoro e quindi soggetto a tassazione IRPEF.

Qual è la differenza tra “rimborso spese di accesso” e “indennità di trasferta”?
L’indennità di trasferta si riferisce a spostamenti temporanei dal luogo abituale di lavoro a un’altra sede per esigenze di servizio e gode di un regime fiscale agevolato. Il “rimborso spese di accesso” copre il tragitto casa-lavoro e non è considerato una trasferta, rientrando quindi nel reddito imponibile.

Il calcolo del rimborso basato sui chilometri percorsi lo rende non tassabile?
No. L’ordinanza chiarisce che il metodo di calcolo (es. forfettario o basato sui chilometri) non cambia la natura reddituale del rimborso. Essendo legato al tragitto per raggiungere la sede di lavoro, concorre a formare il reddito imponibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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