Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 34535 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 34535 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 27/12/2024
Medici ambulatorialiIndennità di trasferta per recarsi dal Comune di residenza al Comune dell’ambulatorio -Trattamento Irpef
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15287/2023 R.G. proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME in forza di procura speciale alle liti in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
per la cassazione della sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di II grado della Campania, sezione staccata di Salerno, n. 67/2023 depositata in data 4/01/2023, non notificata;
udita la relazione tenuta nell’adunan za camerale del 10 dicembre 2024 dal consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME, medico specialista ambulatoriale in regime di convenzione con l’Azienda Sanitaria Locale di Salerno, depositava, presso l’Agenzia delle Entrate di Salerno, istanza di rimborso della tassazione Irpef per gli anni dal 2012 al 2015, per una somma complessiva pari ad €. 8.944,70, in merito alla voce stipendiale accessoria relativa al rimborso delle spese di viaggio per gli incarichi di accesso svolti in Comune diverso da quello di residenza così come previsto dall’ACN di categori a.
Impugnato il diniego tacito, la Commissione tributaria provinciale di Salerno rigettava il ricorso del contribuente e la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, sezione staccata di Salerno, ne rigettava l’appello ; in particolare la Corte ha ritenuto fondate le motivazioni addotte dall’Agenzia delle Entrate, richiamando l’art. 51 t.u.i.r. e statuendo, altresì, che il richiamo giurisprudenziale a Cass. n. 6793/2015 non appariva riconducibile alla fattispecie in questione né appariva conforme all’impianto normativo della tassazione dei rimborsi e delle indennità scaturenti dal rapporto di lavoro. Escludeva infatti che le stesse possano essere ricondotte nella tipologia di trasferte o missioni, intendendosi per tali gli spostamenti effettuati dal luogo di lavoro ad altre località per motivi di servizio, per i quali l’art. 51 t.u.i.r. prevede, infatti, un regime di favore, in quanto le indennità di cui si controverte derivano dai rimborsi corrisposti allorquando il dipendente sia chiamato a svolgere un ‘ attività al di fuori della sede in cui è tenuto contrattualmente ad adempiere alla propria prestazione dì lavoro subordinato. In base all’art. 48 dell’accordo collettivo nazionale, i rimborsi spese di accesso corrisposti ai medici specialisti ambulatoriali in caso di spostamento richiesto per ragioni d’ufficio presso ambulatori situati in Comuni diversi da quello di residenza sono da assoggettare a tassazione ex art. 51, comma 1,
t.u.i.r. e non è in alcun modo configurabile un ‘ ipotesi di trasferta, determinandosi quest’ultima nel caso in cui il prestatore di lavoro subordinato venga formalmente inviato dalla sede di servizio al luogo di missione e non, in particolare, nel caso in cui le sedi di servizio siano plurime.
Contro tale sentenza propone ricorso per cassazione il contribuente in base ad un motivo.
L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.
Il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 10 dicembre 2024, per la quale il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3) cod. proc. civ., il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 5 1 t.u.i.r., richiamando Cass. n. 6793/2015, ordinanza in cui la Corte ha stabilito il principio in virtù del quale le somme riconosciute al medico specialista ambulatoriale come rimborso per le spese di viaggio sostenute ai fini dello svolgimento del proprio incarico presso gli ambulatori che si trovano al di fuori del proprio Comune di residenza, vanno catalogate come «rimborsi spese» a tutti gli effetti e, pertanto, non sono soggette a trattenute IRPEF; evidenzia infatti che le somme corrisposte a titolo di rimborso a fronte delle spese di viaggio effettivamente sostenute, siccome parametrate ai chilometri effettivamente percorsi, devono considerarsi alla stregua di veri e propri rimborsi spese.
Il ricorso non è fondato.
Questa Corte, con diverse decisioni rese all’esito dell’udienza pubblica tematica del 10/01/2014, ha infatti espresso il principio di diritto per cui il «rimborso spese di accesso» alla sede di lavoro che si trovi in un Comune diverso da quello di residenza del medico ambulatoriale convenzionato, determinato con il criterio forfettario
della indennità chilometrica previsto dall’art. 35 del d.P.R. n. 271 del 2000, deve ritenersi ontologicamente diverso dalle «indennità percepite per le trasferte» di cui all’art. 51, comma 5, t.u.i.r., le quali consistono in spostamenti temporanei dal luogo di esecuzione della prestazione lavorativa in Comune diverso da quello ove essa è ordinariamente effettuata, spostamenti intervenuti su richiesta e nell’interesse del datore di lavoro; né esso rientra in alcuna delle ipotesi legali di deroga al principio di onnicomprensività del reddito da lavoro previsto dall’art. 51, comma 1, t.u.i.r. (Cass. 22/01/2024, n. 2124, n. 2126, n. 2184; successivamente il principio è stato ribadito anche da Cass. 15/05/2024, n. 13550 e Cass. 22/07/2024, n. 20149).
Nel pervenire a tale principio, cui occorre dare ulteriore continuità, si è evidenziato che questa Corte ha, con pronunce anche recenti, ravvisato la natura non reddituale degli emolumenti in questione, ritenuti non costituenti reddito imponibile, purché percepiti a titolo di rimborso spese, nella specie affermando, in casi analoghi, che «In tema di imposte sui redditi, il rimborso delle spese di trasferta ex art. 51, comma 5, d.P.R. n. 917 del 1986, può essere analitico, se ancorato agli esborsi, per vitto, alloggio e viaggio, effettivamente sostenuti e adeguatamente documentati dal dipendente, ovvero forfettario, se operato attraverso il riconoscimento di una provvista di denaro per sostenere le spese di vitto e alloggio, con la conseguenza che, mentre nel primo caso il rimborso non determina alcuna tassazione in capo al dipendente, nel secondo l’importo che oltrepassi il limite massimo previsto dall’art. 51 cit. concorre alla formazione del reddito di lavoro» (Cass. 6/05/2020, n. 8489; Cass. 7/03/2023, n. 6816; da ultimo v. Cass. 5/06/2023, n. 15731).
Con altre decisioni questa Suprema Corte si è pronunciata in merito alla effettiva natura di tali indennità, precisando che «In tema di imposte sui redditi, le somme corrisposte per spese di viaggio
effettivamente sostenute per lo svolgimento dell’incarico di medico specialista presso gli ambulatori esterni al comune di residenza sono percepite a titolo di rimborso spese, sicché hanno funzione restitutoria e di ripristino del patrimonio del prestatore d’opera e non sono assimilabili alla retribuzione, né assoggettabili ad imposta ai sensi dell’art. 48 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, e dell’art. 48 del d.P.R. 29 settembre 1986, n. 917, poiché la loro quantificazione è determinata non con criterio forfettario, ossia sganciata dall’effettivo esborso sostenuto dal prestatore d’opera, ma con specifica parametrazione al chilometraggio percorso ed al costo del carburante rilevato (Cass. 02/04/2015, n. 6793; Cass. 27/10/2021, n. 30624)».
I precedenti richiamati risultano peraltro tutti calibrati sulla previsione di cui al comma 5 dell’art. 51 cit., che riguarda i c.d. «trasfertisti occasionali» e prevede la non imponibilità, in tutto o in parte, delle «indennità percepite per le trasferte o le missioni fuori del territorio comunale».
In materia contributiva, ove opera un diretto richiamo all’art. 51 del d.P.R. n. 917/1986, le Sezioni unite di questa Corte, con sentenza n. 27093/2017, si sono espresse in senso favorevole ai c.d. «trasfertisti abituali» , che il sesto comma dell’art. 51 cit. definisce «tenuti per contratto all’espletamento delle attività lavorative in luoghi sempre variabili e diversi», affermando: i) che la nozione di trasferta è caratterizzata: 1) dal trasferimento del lavoratore in un luogo diverso da quello abituale per svolgere l’attività lavorativa; 2) dalla temporaneità del mutamento del luogo di lavoro; 3) dalla necessità che la prestazione lavorativa sia effettuata in esecuzione di un ordine di servizio del datore di lavoro e dalla irrilevanza del consenso del lavoratore e ii) che sono considerati «trasferisti abituali» i lavoratori subordinati destinati a svolgere sistematicamente e professionalmente la propria attività quasi interamente al di fuori dalla sede aziendale.
I n concreto, i commi da 5 a 8 dell’art. 51 t.u.i.r. stabiliscono, in deroga al principio di onnicomprensività della retribuzione dettato dal precedente primo comma, una parziale non concorrenza alla formazione del reddito per alcune indennità erogate a dipendenti che svolgono, occasionalmente o abitualmente, attività lavorativa in luoghi diversi rispetto a quello individuato nel contratto di lavoro.
Contrariamente, nel caso di specie, come in quelli decisi da questa Corte con le pronunce richiamate, si verte in tema di indennità corrisposte al medico per svolgere attività di ambulatorio al di fuori del proprio Comune di residenza, fattispecie differente da quella della trasferta comandata al di fuori del Comune della sede di lavoro, come evidenziato dall’Amministrazione, anche in base alla Risoluzione n. 106/E/2015 del 21/12/2015 dell’Agenzia delle Entrate.
Ciò trova riscontro nel rilievo che l’istituto della trasferta al di fuori del Comune della sede di lavoro contrattualmente prevista trova diversa ed autonoma disciplina nell’art. 32 dell’Accordo collettivo nazionale di lavoro per la disciplina dei rapporti con i medici specialisti ambulatoriali interni ed altre professionalità sanitarie (biologi, chimici, psicologi) ai sensi dell’art. 48 della legge n. 833/78 e dell’art. 8 del d. lgs. n. 502 del 1992 e successive modificazioni ed integrazioni, del 29/07/2009, presente anche nel successivo Accordo del 17/12/2015. Detto articolo, rubricato «Attività esterna e pronta disponibilità», al comma 1, prevede che « L’azienda, per propri fini istituzionali o esigenze erogative, può fare svolgere allo specialista ambulatoriale o al professionista, incaricato ai sensi del presente Accordo, attività professionale anche al di fuori della sede di lavoro indicata nella lettera di incarico (attività esterna), incarico conferito per lo svolgimento esclusivo di attività esterna, come sede di lavoro si intende quella dove avviene la rilevazione della presenza all’inizio dell’orario di servizio » e, al comma 6, che «Per lo svolgimento di attività esterna al
professionista è attribuito un emolumento forfetario aggiuntivo calcolato sul compenso orario (…) ».
Questa Corte ha anche precisato che l’emolumento in esame neanche può essere ricondotto alla previsione derogatoria contemplata dal comma 2, lett. d) dell’art. 51 t.u.i.r. che, con specifico riferimento alle somme corrisposte e ai servizi prestati in relazione agli spostamenti per raggiungere dal luogo di residenza la sede di lavoro, prevede che: «Non concorrono a formare il reddito le prestazioni di servizi di trasporto collettivo alla generalità o a categorie di dipendenti; anche se affidate a terzi ivi compresi gli esercenti servizi pubblici». Tale fattispecie, infatti, non riguarda i rimborsi in oggetto, atteso che gli spostamenti in esame sono «individuali» e non possono, evidentemente, essere ricondotti alle «prestazioni di servizi di trasporto collettivo», previste dal menzionato articolo.
In conclusione, il «rimborso spese di accesso» alla sede di lavoro che si trovi in un Comune diverso da quello di residenza del medico ambulatoriale convenzionato, determinato con il criterio forfettario della indennità chilometrica previsto dall’art. 35 del d.P.R. n. 271 del 2000, deve ritenersi ontologicamente diverso dalle indennità percepite per le trasferte di cui all’art. 51 , comma 5, t.u.i.r., le quali consistono in spostamenti temporanei del luogo di esecuzione della prestazione lavorativa in Comune diverso da quello ove essa è ordinariamente e ffettuata, spostamenti intervenuti su richiesta e nell’interesse del datore di lavoro, né rientra in alcuna delle ipotesi legali di deroga al principio di onnicomprensività del reddito da lavoro previsto dall’art. 51 comma 2.
La CTR nella propria decisione ha pienamente rispettato tali principi e il ricorso va quindi respinto.
Le spese di lite vanno compensate in ragione della esistenza di difforme giurisprudenza al tempo della proposizione del ricorso.
P.Q.M.
rigetta il ricorso; compensa le spese del processo.
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma in data 10 dicembre 2024.