Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18715 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 18715 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/07/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 21774/2022 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA della COMM.TRIB.REG. della Lombardia n. 345/2022 depositata il 08/02/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/04/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Sentito il P.G. il quale ha chiesto l ‘accoglimento del secondo, del quarto e del quinto motivo del ricorso;
Sentiti i difensori delle parti Avvocati NOME COGNOME e NOME NOME COGNOME i quali hanno concluso come da rispetti atti.
FATTI DI CAUSA
La Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, con la sentenza n. 345/21/2022 depositata in data 8 febbraio 2022 e non notificata, pronunziando in controversia avente ad oggetto l’avviso di accertamento TARES 2013 emesso dal Comune di Cinisello Balsamo nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, titolare del RAGIONE_SOCIALE‘ all’interno del quale si trovava l’ ipermercato ‘RAGIONE_SOCIALE‘, in riforma della sentenza di primo grado, annullava l’atto impugnato.
1.1. La C.T.R. osservava che l’avviso de quo , in forza del quale il comune aveva richiesto il pagamento della somma di euro 240.841,00 in ragione della infedele denunzia delle superfici tassabili, era da ritenere illegittimo in quanto: dalla documentazione versata in atti dalla società contribuente emergeva quest’ultima aveva affidato il servizio di smaltimento dei rifiuti prodotti ad una società specializzata; i rifiuti smaltiti erano costituiti, in grandissima parte, da imballaggi terziari e da imballaggi secondari, imballaggi questi ultimi che non potevano essere assimilati ai rifiuti urbani posto che la società contribuente aveva comprovato di aver affidato lo smaltimento a ditte specializzate, fermo restando che vi era un ulteriore motivo che impediva l’assimilazione costituito dal superamento dei limiti quantitativi fissati al comune per quanto riguardava lo smaltimento dei rifiuti speciali assimilati; il comune Cinisello Balsamo non aveva né dedotto né provato che sarebbe stato in grado di soddisfare le
esigenze del loro smaltimento con la propria organizzazione economico finanziaria; non potevano costituire oggetto di tassazione il parcheggio utilizzato dagli utenti del centro commerciale che costituivano area pertinenziale rispetto all’attività commerciale vera e propria.
Il Comune di Cinisello Balsamo ha proposto ricorso per cassazione avverso detta sentenza sulla base di sei motivi.
RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso, depositando successiva memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il comune ricorrente ha dedotto, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 14 commi 3, 9, 10 e 22 del d.l. 201/2011 conv. in legge 214/2011 nonché degli artt. 6, 9 e 18 del Regolamento comunale TARES approvato con delibera n. 11/2013.
Ha assunto che la RAGIONE_SOCIALE aveva fondato la propria decisione su una istanza di rideterminazione della superficie presentata nel febbraio 2015 che doveva essere ritenuta ininfluente nel rapporto TARES, in quanto tardiva.
Con il secondo motivo ha lamentato, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’ art. 14, comma 10, del d.l. 201/2011 conv. in legge 214/2011, dell’art. 2697 cod. civ. nonché dell’art. 47 del Regolamento comunale TARES. Ha osservato che la C.T.R. aveva del tutto omesso di verificare in quali zone delle superficie occupate venivano prodotti, in via prevalente, imballaggi secondari e terziari.
Con il terzo motivo ha lamentato, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 14, comma 10, del d.l. 201/2011 conv. in legge 214/2011, dell’art. 2697 cod. civ. nonché degli artt. 52 e 53 del Regolamento comunale TARES.
Ha rilevato che la RAGIONE_SOCIALE non aveva considerato che il Comune aveva legittimamente disposto l’assimilazione dei rifiuti speciali a quelli urbani indicando puntualmente i criteri qualitativi e quantitativi in seno all’art. 52 del Regolamento di igiene ambie ntale e che i giudici di merito, del tutto illegittimamente, avevano considerato superata la soglia quantitativa di assimilazione.
Con il quarto motivo ha dedotto, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 14, commi 10 e 11, del d.l. 201/2011 conv. in legge 214/2011.
Ha evidenziato che, del tutto illegittimamente, la RAGIONE_SOCIALE.T.R. aveva escluso la tassazione sia per la quota fissa che per la quota variabile. 5. Con il quinto motivo ha dedotto, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 14, commi 3 e 4, del d.l. 201/2011 conv. in legge 214/2011 nonchè dell’art. 2697 cod. civ.
Ha lamentato che erroneamente la RAGIONE_SOCIALE aveva escluso la tassabilità dell’area adibita a parcheggio disattendendo i principi fissati dalla giurisprudenza di legittimità in materia.
Con il sesto motivo ha dedotto, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115 e 132 cod. proc. civ. assumendo che la RAGIONE_SOCIALE.T.R., in modo erroneo, non aveva considerato che la RAGIONE_SOCIALE non aveva mai contestato la tariffa applicata ai parcheggi né la superficie degli stessi ma ne aveva chiesto solamente la detassazione, trattandosi di aree pertinenziali.
Il primo motivo è fondato.
7.1. Va osservato che in materia di tassa sui rifiuti incombe alla parte contribuente l’onere di fornire all’amministrazione comunale i dati relativi all’esistenza ed alla delimitazione delle aree che non concorrono alla quantificazione della complessiva superficie imponibile, poiché, pur operando anche nella materia in esame -per quanto riguarda il presupposto della occupazione di aree nel
RAGIONE_SOCIALE comunale -il principio secondo il quale l’onere della prova dei fatti costituenti fonte dell’obbligazione tributaria spetta all’amministrazione, per quanto attiene alla quantificazione della tassa è posto a carico dell’interessato oltre all’obb ligo della denuncia un onere di informazione al fine di ottenere la riduzione o l’esclusione di alcune aree dalla superficie tassabile (cfr. Cass. nn. 12979/2019, 22130/2017, 18054/2016, 16235/2015).
Come previsto dall’art. 14, comma 9, del d.l. 2011 (applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame): «La tariffa è commisurata alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte, sulla base dei criteri determinati con il regolamento di cui al comma 12. Per le unità immobiliari a destinazione ordinaria iscritte o iscrivibili nel catasto edilizio urbano, la superficie assoggettabile al tributo è pari all’80 per cento della superficie catastale determinata secondo i criteri stabiliti dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 138. Per gli immobili già denunciati, i comuni modificano d’ufficio, dandone comunicazione agli interessati, le superfici che risultano inferiori alla predetta percentuale a seguito di incrocio dei dati comunali, comprensivi della toponomastica, con quelli dell’Agenzia del RAGIONE_SOCIALE, secondo modalità di interscambio stabilite con provvedimento del Direttore della predetta Agenzia, sentita la RAGIONE_SOCIALE. Nel caso in cui manchino, negli atti catastali, gli elementi necessari per effettuare la determinazione della superficie catastale, gli intestatari catastali provvedono, a richiesta del comune, a presentare all’ufficio provinciale dell’Agenzia del RAGIONE_SOCIALE la planimetria catastale del relativo immobile, secondo le modalità stabilite dal regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701, per l’eventuale conseguente modifica, presso il comune, della consistenza di riferimento. Per le altre unità immobiliari la superficie assoggettabile al tributo è costituita da quella calpestabile».
Quindi, ai fini TARES, rilevano le superfici già dichiarate ai fini TARSU/TIA ovvero accertate.
Come già chiarito da Cass., Sez. civ. 5, 28/02/2018, n. 4602, la finalità di questa disciplina è quella – da un lato – di fare salvo il diritto del contribuente di comunicare in ogni momento all’ente impositore la variazione delle condizioni di applicabilità della tariffa precedentemente emerse (variazioni che possono dipendere dal mutamento della situazione di fatto o di diritto, quale l’operatività di un diverso regime) e, dall’altro, di escludere che tale comunicazione possa esplicare efficacia retroattiva. Pur operando principio di generale emendabilità della dichiarazione fiscale nei dati di scienza, e non di natura volitivo negoziale in essa contenuti sussiste la necessità di indurre il contribuente alla sollecita presentazione della comunicazione di variazione e, al contempo, di preservare all’ente impositore la concreta possibilità di verificare tempestivamente, e sulla base dell’attualità di stato, il fondamento della variazione comunicata.
Tale disciplina nel prevedere che, per l’applicazione della TARES, si considerano le superfici dichiarate o accertate ai fini dei precedenti prelievi sui rifiuti, implicitamente esclude, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di appello, che l’esenzi one collegata alle superfici produttive di rifiuti speciali, al cui smaltimento sono tenuti a provvedere a proprie spese i relativi produttori, operi automaticamente, con l’entrata in vigore della nuova disciplina, imponendo al contribuente l’onere di una apposita dichiarazione finalizzata a variare le superficie precedentemente dichiarate ed ad indicare le superfici produttive dei rifiuti speciali, posto che l’operatività del nuovo regime giuridico presuppone dati fattuali la cui indicazione integra un onere del contribuente. Pure va ricordato che l’esclusione di efficacia retroattiva delle variazioni aventi ad oggetto la riduzione di superficie imponibile ai fini della fiscalità ambientale, secondo l’orientamento della giurisprudenza di
legittimità, integra un principio generale: v. Cass. n.15867/2004, secondo cui: “In tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, poiché la stessa, ai sensi dell’art. 62, comma primo, del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, che costituisce previsione di carattere generale, è dovuta unicamente per il fatto di occupare o detenere RAGIONE_SOCIALE ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti (ad esclusione delle aree scoperte pertinenziali o accessorie ad abitazioni), sia le deroghe alla tassazione indicate nel comma secondo del medesimo art. 62, sia le riduzioni delle superfici e tariffarie stabilite dal successivo art. 66 non operano in via automatica, in base alla mera sussistenza delle previste situazioni di fatto, dovendo, invece, i relativi presupposti essere di volta in volta dedotti nella denuncia originaria o in quella di variazione, con l’ulteriore precisazione che le riduzioni di cui al citato art. 66 hanno effetto soltanto dall’anno successivo, come prescritto dal comma quinto della norma medesima”. Ne discende che la istanza di ridefinizione del 2015 non poteva dispiegare alcun effetto retroattivo. Nel caso in esame, la Commissione Tributaria Regionale ha, pertanto, erroneamente ritenuto che essendo stata inviata l’istanza, unitamente alle allegate pla nimetrie nel 2015, a fronte di un avviso di accertamento notificato nel 2018, sarebbe stato onere del Comune farsi carico di valutare tale documentazione anche in relazione all’anno di imposizione 2013.
Anche il secondo motivo è fondato.
8.1. La normativa in tema di TARES di cui all’ art. 14 del d.l. n. 201 del 2011 (cosiddetto decreto Salva Italia), convertito con legge n. 214 del 2011, stabilisce che: ‘Nella determinazione della superficie assoggettabile al tributo non si tiene conto di quella parte di essa ove si formano di regola rifiuti speciali, a condizione che il produttore ne dimostri l’avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente’, ne discende che sarebbe stato onere dei giudici di merito individuare le esatte superfi ci ove risultavano prodotti ‘di regola’
rifiuti speciali non assimilati né assimilabili, indagine del tutto pretermessa dai giudici di appello.
Il terzo motivo in forza del quale l’ente impositore ha censurato la sentenza nella parte in cui i giudici di appello avevano ritenuto che non era possibile l’assimilazione dei rifiuti speciali a quelli urbani per il superamento dei limiti quantitativi previsti dal regolamento comunale assumendo che la contribuente non avrebbe offerto prova della quantità di rifiuti prodotti non coglie nel segno è privo di fondamento.
9.1. Va sottolineato che la RAGIONE_SOCIALE, con motivazione congrua ed adeguata, ha ritenuto comprovato il superamento dei limiti fissati dal Comune per quanto concerne lo smaltimento dei rifiuti speciali assimilabili muovendo dalla disamina dei formulari prodotti dalla società non oggetto di contestazione secondo quanto ricostruito dai giudici del merito.
Orbene il comune ricorrente, nell’affermare l’erroneità di una tale conclusione non ricorrendo, a suo dire, i presupposti per ritenere accertato detto superamento in ragione delle prove in concreto offerte dalla contribuente pur deducendo, apparentemente, una violazione di norme di legge, mira, in realtà, alla rivalutazione delle prove operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, giudizio di merito. Oggetto del giudizio che il ricorrente vorrebbe demandare a questa Corte non è l’analisi e l’applicazione delle norme, bensì l’apprezzamento delle prove, rimesso alla valutazione del giudice di merito (Cass. 13/05/2022, n. 17744, Cass. 05/02/2019, n. 3340; Cass. 14/01/ 2019, n. 640; Cass. 13/10/ 2017, n. 24155; Cass. 04/04/ 2013, n. 8315).
Il quarto motivo è fondato.
10.1. La giurisprudenza di questa Corte è consolidata nell’affermare che la tassa sui rifiuti è doppiamente strutturata: a. in una parte variabile, non dovuta allorquando il contribuente provi di produrre
esclusivamente rifiuti speciali non assimilabili o comunque non assimilati e smaltiti autonomamente a mezzo di ditte esterne autorizzate; b. in una parte fissa, sempre dovuta invece dovuta per intero, sulla base del mero presupposto del possesso o detenzione di superfici nel RAGIONE_SOCIALE comunale astrattamente idonee alla produzione di rifiuti, in quanto astrattamente idonee ad ospitare attività antropiche inquinanti e, dunque, a costituire un carico per il gestore del servizio, essendo essa destinata a finanziare i costi essenziali e generali di investimento e servizio nell’interesse dell’intera collettività e dunque indipendentemente dalla qualità e quantità dei rifiuti prodotti, così come dall’oggettiva volontaria fruizione del servizio comunale, purché effettivamente apprestato e messo a disposizione della collettività (v. Cass., Sez. T., 14 marzo 2022, nn. 8205 e 8222, che richiama Cass. 15 marzo 2021, n. 7187; Cass. 23 maggio 2019, n. 14038 e Cass., Sez. T., 27 febbraio 2020, n. 5360).
Del resto la TARES, come anche TARSU e la TARI, sono caratterizzate, indipendentemente dal nomen iuris utilizzato dalla normativa che le disciplina, da una struttura autoritativa e non sinallagmatica della prestazione, con la conseguente doverosità della prestazione, caratterizzata da una forte impronta pubblicistica; i servizi concernenti lo smaltimento dei rifiuti devono essere obbligatoriamente istituiti dai Comuni, che li gestiscono, in regime di privativa, sulla base di una disciplina regolamentare da essi stessi unilateralmente fissata, ed i soggetti tenuti al pagamento dei relativi prelievi (salve tassative ipotesi di esclusione o di agevolazione) non possono sottrarsi a tale obbligo adducendo di non volersi avvalere dei suddetti servizi, in quanto la legge non dà alcun sostanziale rilievo, genetico o funzionale, alla volontà delle parti nel rapporto tra gestore ed utente del servizio, avendo il tributo la funzione di coprire anche le pubbliche spese afferenti a un servizio indivisibile, reso a favore della collettività e, quindi, non riconducibile a un rapporto
sinallagmatico con il singolo utente (cfr. in tema di TARSU Corte cost.
n. 238 del 2009, richiamata da Cass. n. 7647 e n. 1981 del 2018). Condivisibilmente, pertanto, è stato sottolineato e ribadito che «in presenza di RAGIONE_SOCIALE destinati alla produzione di rifiuti speciali non assimilati, per lo smaltimento dei quali il contribuente deve necessariamente provvedere in proprio tramite un operatore qualificato, l’esenzione dal pagamento della quota variabile della tariffa è totale, fermo restando, tuttavia, l’obbligo del pagamento della quota fissa, che non è parametrata alla quantità dei rifiuti gestiti dal servizio pubblico e ai costi di erogazione di tale servizio, ma è destinata per legge alla “copertura” dei costi di investimento ai quali debbono partecipare tutti i possessori di RAGIONE_SOCIALE all’interno del RAGIONE_SOCIALE comunale, in quanto astrattamente idonei ad ospitare attività antropiche inquinanti e, dunque, a costituire un carico per il gestore del servizio (Cass. Sez. 5^, 23 maggio 2019, n. 14038; Cass., Sez. 5^, 13 agosto 2020, nn. 16994 e 16995; Cass., Sez. 5^, 27 febbraio 2020, n. 5360; Cass., Sez. 5^, 12 agosto 2021, nn. 22772 e 22773; Cass., Sez. 6^-5, 22 ottobre 2021, n. 29542; Cass., Sez. 5^, 9 novembre 2021, nn. 32603 e 32604; Cass., Sez. 5^, 22 aprile 2022, n. 12850)» (così Cass., Sez. T., 21 febbraio 2023, n. 5429).
Non appare, dunque, ammissibile l’esclusione della superficie del centro commerciale e dell’ ipermercato con riferimento al computo della parte fissa della tassa in questione, trattandosi di superficie potenzialmente idonea alla produzione di rifiuti urbani, e ciò a prescindere dalla mancata produzione in concreto degli stessi e dalla mancata fruizione del servizio pubblico ad essi dedicato e che, viceversa, è ammissibile l’esclusione del versamento della parte variabile ogniqualvolta in cui il contribuente sia in grado di dimostrare la mancata produzione su quella determinata superficie di rifiuti conferibili a smaltimento o la produzione esclusiva di rifiuti
speciali, non assimilati o assimilabili. Anche sul punto, pertanto, si impone l’ annullamento della sentenza impugnata.
11. Il quinto motivo è, anch’ esso, fondato.
Per quanto concerne la TARES – cui sono estensibili gli orientamenti di legittimità formatisi per i tributi omologhi che l’hanno preceduta, quali la TARSU e la TIA (cfr. in Cass. del 18.04.2019, n. 12979; Cass del 26/01/2018, n. 1963; Cass. 15.03.2017, n. 22130)- va precisato l’ art. 14 del d.l. n. 201 del 2011, commi 3 e 4, stabilisce quanto segue ‘….
In materia di TARSU è stato affermato che le esclusioni dal pagamento del tributo, ai sensi dell’art. 62, comma 2, del d. lgs. n. 507 del 1993, dipendono dalla sussistenza di condizioni oggettive che impediscono la presunzione di rifiuti, quali la natura o il particolare uso delle superfici, la loro oggettiva condizione di non utilizzabilità immediata, e siffatta prova contraria, atta a dimostrare la inidoneità del bene a produrre rifiuti, che legittima l’esenzione dal pagamento della TARSU, è ad esclusivo carico del contribuente, che deve fornire all’Amministrazione tutti gli elementi all’uopo necessari. Costituisce, infatti, principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte quello secondo cui, in tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, grava sul contribuente l’onere di provare la sussistenza delle condizioni per beneficiare delle esenzioni previste dal d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 62, commi 2 e 3, per alcune aree detenute od occupate aventi specifiche caratteristiche strutturali e di destinazione (e cioè che le stesse siano inidonee alla produzione di rifiuti o che vi si formino rifiuti speciali al cui smaltimento provveda il produttore a proprie spese), atteso che, pur
operando il principio secondo il quale è l’Amministrazione a dover fornire la prova della fonte dell’obbligazione tributaria, tale principio non può operare con riferimento al diritto ad ottenere una riduzione della superficie tassabile, costituendo l’esenzione, anche parziale, un’eccezione alla regola generale del pagamento del tributo da parte di tutti coloro che occupano o detengono immobili nelle zone dei RAGIONE_SOCIALE comunale (Cass. n. 17703/2004, n. 13086/2006, n. 17599/2009, n. 775/2011, n. 17623/2016). I giudici di appello, nel ritenere fondata la tesi della contribuente della non tassabilità dell’ area de qua , ha omesso di considerare che per legge la tassa è dovuta per l’occupazione o la detenzione di RAGIONE_SOCIALE ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti, ad esclusione delle aree scoperte pertinenziali o accessorie di civili abitazioni diverse alle aree a verde, esistenti nelle zone del RAGIONE_SOCIALE comunale in cui il servizio è istituito ed attivato o comunque reso in maniera continuativa nei modi previsti ed in conseguenza avrebbe dovuto dimostrare i presupposti fattuali per poter beneficiare citate esclusioni dall’assoggettamento al tributo non essendo sufficiente la mera affermazione di una asserita natura pertinenziale del parcheggio in questione. Questa Corte, a tale proposito, ha evidenziato che le deroghe di cui sopra non sono automatiche, ma devono essere di volta in volta dedotte ed accertate con un procedimento amministrativo, la cui conclusione deve essere basata su elementi obiettivi direttamente rilevabili o su idonea documentazione” (Cass. n. 14770/2000), e nella fattispecie in esame non viene individuata alcuna ipotesi di esonero ex lege dall’imposizione e neppure viene indicata alcuna disposizione regolamentare, adottata dal Comune, contenente la previsione di una particolare deroga a favore della contribuente, altrimenti la tassa in questione è certamente dovuta, in quanto si tratta di spazi frequentati da persone, quindi in via presuntiva produttivi di rifiuti solidi urbani. In forza della normativa primaria innanzi esaminata, invero, per le aree scoperte il contribuente è tenuto a pagare la
tassa, quando si tratta di aree frequentate da persone e, quindi, produttive in via presuntiva di rifiuti, rimanendo a suo carico l’onere di provare con apposita denuncia, ed idonea documentazione, la sussistenza dei presupposti per l’esenzione della quale più volte si è detto in precedenza (Cass. n. 5047/2015, n. 18500/2017).
Ne deriva che la società contribuente è tenuta a pagare la tassa per i parcheggi in quanto essi sono aree frequentate da persone e, quindi, produttive di rifiuti in via presuntiva, rimanendo a suo carico l’onere di provare con apposita denuncia ed idonea documentazione la sussistenza dei presupposti per l’esenzione (Cass. del 13/03/2015, n. 5047). Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, dal quale questo Collegio non ha motivo di discostarsi invero « i parcheggi sono aree frequentate da persone e, quindi, presuntivamente produttive di rifiuti» (cfr. Cass del 13.03.2015,n. 5047; Cass. del 26.06.2017, n. 17311; Cass. del 18.07.2019, n. 19328; Cass. del 31.08.2022, n. 25630, in motiv.). In questa prospettiva il presupposto impositivo è costituito dal solo fatto oggettivo della occupazione o della detenzione del locale o dell’area scoperta, e prescinde, quindi, del tutto dal titolo, giuridico o di fatto, in base al quale l’area o il locale sono occupati o detenuti. Spetta quindi, al contribuente, in ossequio alla regola generale, dedurre e provare il presupposto dell’esenzione e cioè la concreta inidoneità dell’area alla produzione dei rifiuti (ad esempio la mancata utilizzazione e/o utilizzabilità dell’area; cfr. Cass. 14/09/2016, n. 18054) nella specie in alcun modo dimostrati.
Il sesto motivo rimane assorbito dovendosi precisare che il riferimento alla ‘eccessività’ della relativa imposizione non ha autonoma valenza decisoria ma costituisce un mero inciso a fronte della statuizione a monte relativa alla ritenuta ‘non tassabi lità del parcheggio’.
In ragione dell’ accoglimento del primo, del secondo, del quarto e del quinto motivo la sentenza impugnata deve essere cassata con
rinvio alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, la quale, uniformandosi ai principi di diritto sopra esposti, procederà alle valutazioni sopra indicate, nonché a regolare le spese anche del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il primo, il secondo, il quarto e del quinto motivo di ricorso, assorbito il sesto; rigetta il terzo; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese di questo giudizio, alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia in diversa composizione. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione