Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15929 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15929 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
AVV_NOTAIO: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 14914-2017 R.G. proposto da:
COMUNE RAGIONE_SOCIALE , in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO giusta procura speciale in calce al ricorso
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, presso lo studio
dell’AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende giusta procura speciale estesa in calce al controricorso
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3560/6/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della RAGIONE_SOCIALE, depositata il 14/12/2016, non notificata; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 28/5/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
RILEVATO CHE
la Commissione tributaria regionale della Calabria, con la sentenza indicata in epigrafe, accoglieva l’appello di RAGIONE_SOCIALE avverso la pronuncia n. 5367/2014 della Commissione tributaria provinciale di RAGIONE_SOCIALE Calabria con cui era stato parzialmente accolto il ricorso proposto avverso avviso di pagamento TARSU/TIA 2009 e 2012 emesso dal RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Calabria;
avverso la pronuncia della Commissione tributaria regionale il RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi;
la società contribuente resiste con controricorso ed ha da ultimo depositato memoria difensiva;
CONSIDERATO CHE
preliminarmente va dato atto che, a seguito della sospensione del giudizio, disposta, con ordinanza depositata in data 27/3/2023, su richiesta della società controricorrente al fine di consentire alla medesima di attendere le determinazioni dell’Ente comunale, così da poter valutare l’opportunità o meno di aderire alla definizione agevolata della presente controversia avvalendosi di quanto previsto dall’art. 1, comma 190, legge 29 dicembre 2022, n. 197, l’odierna controricorrente non ha poi dedotto né documentato di aver presentato domanda di definizione agevolata;
2.1. con il primo motivo il RAGIONE_SOCIALE denuncia ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione di norme di diritto (artt. 62, commi 1, 2 e 3 63, d.lgs. n. 15 novembre 1993, n. 507, art. 8, comma 2, Regolamento Comunale, art. 2697 cod. civ.) e lamenta che la
Commissione tributaria regionale abbia erroneamente annullato integralmente l’atto impositivo per mancanza della delibera comunale di assimilazione dei rifiuti urbani a quelli speciali, prodotti dalla contribuente, senza prevedere, al contrario, unicamente una riduzione dell’imposta applicata;
2.2. con il secondo motivo il RAGIONE_SOCIALE denuncia ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, in relazione alla circostanza che il RAGIONE_SOCIALE aveva tassato esclusivamente la superficie indicata dalla stessa società nella denuncia originaria Tarsu, con cui era stata chiesta una riduzione del tributo a causa di interventi tecnico-organizzativi comportanti una minore riduzione dei tributi, e non l’esenzione dal tributo, lamentando inoltre che la Commissione tributaria regionale aveva omesso di valutare che i rifiuti speciali in oggetto non erano solo quelli prodotti dalla contribuente ma comprendevano anche quelli delle singole attività site nei locali del centro commerciale, oggetto di tassazione, il cui costo di smaltimento dei relativi rifiuti ricadeva su soggetto diverso (RAGIONE_SOCIALE Commerciale);
preliminarmente deve essere disattesa l’eccezione di non autosufficienza del ricorso per violazione RAGIONE_SOCIALE artt. 366, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., posto che a differenza di quanto si sostiene nel controricorso la sentenza è stata sottoposta a specifica impugnazione nel rispetto dell’art. 366, primo comma, cod. proc. civ. ed avendo il ricorrente corredato l’atto RAGIONE_SOCIALE elementi essenziali, descrittivi tanto della vicenda fattuale, quanto della vicenda processuale (pagg. 1-5 del ricorso), volti a riassumere ed illustrare le ragioni ed i presupposti della pretesa tributaria, con la conseguenza che il ricorso per cassazione si palesa adeguato a consentire alla Corte di comprendere le censure prospettate fornendo una conoscenza del «fatto», sostanziale e processuale, sufficiente per intendere correttamente il significato e la portata delle critiche rivolte alla pronuncia oggetto di impugnazione, oggetto dei motivi di ricorso di seguito illustrati;
4.1. il primo motivo è fondato;
4.2. il d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 21, comma 2, lett. g), come è noto, ha attribuito ai Comuni la facoltà di assimilare o meno ai rifiuti urbani quelli derivanti dalle attività economiche;
4.3. con riferimento alle annualità di imposta dal 1997 in poi, assumono quindi decisivo rilievo le indicazioni dei regolamenti comunali circa l’assimilazione dei rifiuti provenienti dalle attività economiche ai rifiuti urbani ordinari (cfr. Cass. n. 21342 del 2008; Cass. n. 14816 del 2010 e Cass. n. 22223 del 2016), in quanto con l’entrata in vigore del d.lgs. n. 22 del 1997, è stato restituito ai Comuni (cfr. Cass. n. 18303 e n. 18382 del 2004) il potere di assimilare ai rifiuti urbani ordinari alcune categorie di rifiuti speciali, fra cui quelli prodotti da imprese commerciali, anche «per qualità e quantità» (art. 21, comma 2, lett. g);
4.4. il d.lgs. n. 22/1997, emanato in attuazione delle Dir. 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio, ha previsto, nel Titolo I (Gestione dei rifiuti), che: a) la gestione dei rifiuti costituisce attività di pubblico interesse ed è disciplinata al fine di assicurare un’elevata protezione dell’ambiente e controlli efficaci; i rifiuti devono essere recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente (art. 2, commi 1 e 2); b) le autorità competenti favoriscono il recupero dei rifiuti, nelle varie forme previste (reimpiego, riciclaggio, ecc.), allo scopo di ridurre lo smaltimento dei rifiuti, che costituisce la fase residuale della ‘gestione’ RAGIONE_SOCIALE stessi, la quale comprende le operazioni di raccolta, trasporto, recupero e smaltimento (artt. 4 e 5, e art. 6, comma 1, lett. d); c) sono rifiuti «urbani», tra l’altro, quelli non pericolosi provenienti d a locali e luoghi adibiti ad usi diversi da quello di civile abitazione, assimilati ai rifiuti urbani per qualità e quantità, ai sensi dell’art. 21, comma 2, lett. g), mentre sono rifiuti «speciali», tra l’altro, quelli «da attività commerciali» (art. 7, comma 2, lett. b, e comma 3, lett. e); d) i comuni «effettuano la gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento in regime di privativa»; con appositi regolamenti stabiliscono, fra l’altro, «le
disposizioni necessarie a ottimizzare le forme di conferimento, raccolta e trasporto dei rifiuti primari di imballaggio», nonché «l’assimilazione per qualità e quantità dei rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani ai fini della raccolta e dello smaltimento»; la privativa suddetta «non si applica (….) alle attività di recupero dei rifiuti assimilati’ (dal 1 gennaio 2003, ‘alle attività di recupero dei rifiuti urbani o assimilati», ai sensi della legge n. 179 del 2002, art. 23) (art. 21, comma 1, comma 2, lett. e) e g), e comma 7);
4.5. lo stesso decreto, art. 49, ha istituito la «tariffa per la gestione dei rifiuti urbani» (usualmente denominata TIA, «tariffa di igiene ambientale»), in sostituzione della soppressa TARSU, prevedendo, in particolare, nella modulazione della tariffa, agevolazioni per la raccolta differenziata, «ad eccezione della raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio, che resta a carico dei produttori e RAGIONE_SOCIALE utilizzatori» (comma 10), e disponendo altresì che «sulla tariffa è applicato un coefficiente di riduzione proporzionale alle quantità di rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua» detta attività (comma 14);
4.6. dalla lettura organica di tali disposizioni si evince che costituisce regola generale quella secondo cui la privativa comunale opera sempre in presenza di rifiuti urbani e assimilati; che tuttavia, per i rifiuti assimilati, in caso di comprovato avviamento al recupero ai sensi del decreto Ronchi, art. 21, comma 7, sussiste la possibilità di un esonero dalla privativa comunale che determina, non già la riduzione della superficie tassabile, prevista dal d.lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3, istitutivo della TARSU, per il solo caso di produzione di rifiuti speciali (non assimilabili o non assimilati), bensì il diritto ad una riduzione tariffaria determinata in concreto -a consuntivo -in base a criteri di proporzionalità rispetto alla quantità effettivamente avviata al recupero (in virtù di quanto previsto, in generale, già dal d.lgs. n. 507 del 1993, art. 67, comma 2, e poi, più specificamente, dal decreto Ronchi, art. 49, comma 14, e dal d.P.R. n. 158 del 1999, art. 7, comma 2) (cfr. Cass. n. 9731 del 2015);
4.7. il d.P.R. n. 158 del 1999, art. 7, che nella fase transitoria può essere applicato dai comuni anche ai fini della TARSU, nell’approvare il «metodo normalizzato per la determinazione della tariffa di riferimento per la gestione dei rifiuti urbani», prevede, infatti, non già l’esenzione dall’imposta, ma soltanto una sua riduzione nel caso in cui i rifiuti speciali assimilati a quelli urbani vengano avviati a recupero direttamente dal produttore, purché il servizio sia istituito e sussista la possibilità dell’utilizzazione;
4.8. ai produttori di rifiuti assimilati che dimostrino di aver avviato al recupero i rifiuti stessi, è riconosciuta, dunque, a norma del d.lgs. n. 22 del 1997, la possibilità di sottrarsi entro certi limiti alla privativa comunale, e presupposto dell’esonero, e della conseguente riduzione proporzionale del tributo, è la qualificazione del rifiuto come assimilabile all’urbano;
4.9. poste tali premesse, nell’ipotesi in cui l’assimilazione non sia stata disposta dall’ente locale, non si rientra nel campo di operatività del d.lgs. n. 22 del 1997, art. 21, ma deve trovare applicazione solo la pregressa disciplina che in tema di rifiuti speciali prevedeva al d.lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3, la possibilità di un’esenzione o riduzione delle superfici tassabili;
4.10. con riguardo al mancato esercizio del potere di assimilazione dei rifiuti speciali ai rifiuti solidi urbani da parte del RAGIONE_SOCIALE si è già affermato da questa Corte che ciò «non comporta che detti rifiuti siano, di per sé, esenti dalla tassa, in quanto essi sono soggetti alla disciplina stabilita per i rifiuti speciali dal d.lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3 (applicabile ratione temporis ), che rapporta la stessa alle superfici dei locali occupati o detenuti, con la sola esclusione della parte della superficie in cui, per struttura e destinazione, si formano esclusivamente i rifiuti speciali non assimilati» (cfr. Cass. n. 1975/2018);
4.11. il d.lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3, prevede che «nella determinazione della superficie tassabile non si tiene conto di quella parte di essa ove per specifiche caratteristiche strutturali e per destinazione si formano, di regola, rifiuti speciali, tossici o nocivi, allo smaltimento dei
quali sono tenuti a provvedere a proprie spese i produttori stessi in base alle norme vigenti. Ai fini della determinazione della predetta superficie non tassabile il RAGIONE_SOCIALE può individuare nel regolamento categorie di attività produttive di rifiuti speciali tossici o nocivi alle quali applicare una percentuale di riduzione rispetto alla intera superficie su cui l’attività viene svolta»;
4.12. va infine ricordato che l’esonero da tassazione previsto dal citato art. 62, comma 3, per le superfici di formazione di rifiuti speciali smaltiti in proprio integra comunque un’eccezione, i cui presupposti spetterà al contribuente allegare e provare (cfr. Cass. 9 marzo 2004, n. 4766; Cass. 14 gennaio 2011, n. 775; Cass. 31 luglio 2015, n. 16235), e che la facoltà di individuare categorie di attività produttive di rifiuti speciali cui applicare una percentuale di riduzione, attribuita ai Comuni dalla stessa norma, esige uno specifico esercizio regolamentare, restando, in difetto, le superfici esenti da tassazione (cfr. Cass., Sez. un., 30 marzo 2009, n. 7581; Cass. n. 9630 del 2012; Cass. n. 10548 del 2017);
4.13. nella specie risulta pacifico che il RAGIONE_SOCIALE non abbia mai provveduto ad assumere una delibera di assimilazione, al che consegue, tuttavia, come dianzi illustrato, non l’inapplicabilità del tributo, ma l’esenzione della tassazione, ai sensi del d.lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3, nella sola parte dei locali in cui si formano in via esclusiva rifiuti speciali non assimilati, esenzione che è stata invece erroneamente applicata dalla Commissione Tributaria Regionale sul solo presupposto che il RAGIONE_SOCIALE non aveva «previsto nel proprio Regolamento Comunale alcuna assimilazione tra i rifiuti urbani e speciali»;
5.1. va parzialmente accolto il secondo motivo;
5.2. come emerge dalla sentenza di primo grado e dall’atto di appello (ritualmente trascritti in parte qua nel ricorso) la contribuente risulta aver richiesto, con denuncia delle aree tassabili ai fini TARSU, «non l’esenzione, bensì la riduzione per interventi di carattere tecnico organizzativo, accordata in seguito dal RAGIONE_SOCIALE»;
5.3. la Commissione tributaria regionale, pertanto, non ha preso in considerazione tali puntuali doglianze dell’appellante RAGIONE_SOCIALE, ed ha omesso di motivare, eventualmente previ gli accertamenti e le valutazioni in ipotesi ritenuti opportuni, in ordine ad un fatto certamente decisivo, ossia la mancata richiesta di esenzione ai fini TARSU/TIA da parte della contribuente;
5.4. va invece respinta la doglianza relativa alla circostanza che i rifiuti speciali, oggetto di tassazione, non sarebbero quelli prodotti dalla contribuente ma proverrebbero dalle singole attività che insistono nei locali del centro commerciale;
5.5. trattasi di un apprezzamento di fatto, censurabile sotto il profilo del vizio di motivazione, che non può essere proposto per la prima volta nel giudizio di legittimità, occorrendo indicare, proprio a tal fine, l’atto del giudizio di merito in cui la contestazione sia stata tempestivamente formulata, adempimento a cui, come eccepito anche dalla controricorrente, il RAGIONE_SOCIALE si è del tutto sottratto;
5.6. qualora, infatti, con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, come nel caso in esame, è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di specificità del ricorso stesso, di indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Suprema Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione (cfr. Cass. nn. 2038/2019, 20694/2018, 15430/2018, 23675/2013);
sulla scorta di quanto sin qui illustrato, il ricorso va accolto nei limiti dianzi illustrati, con conseguente cassazione dell’impugnata sentenza e rinvio per nuovo esame, anche delle eventuali questioni rimaste assorbite, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria in diversa composizione, cui resta demandata anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità;
P.Q.M.
la Corte accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria, in diversa composizione, cui demanda di pronunciare anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, della Corte di Cassazione,