Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21973 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21973 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 36774/2018
R.G., proposto DA
‘ RAGIONE_SOCIALE, con sede in Capannori (LU), in persona del presidente del consiglio di amministrazione pro tempore , nella qualità di affidataria del servizio di gestione dei rifiuti urbani per conto del Comune di Capannori (LU), rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME con studio in Roma, ove elettivamente domiciliata, giusta procura in calce al ricorso introduttivo del presente procedimento;
RICORRENTE
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE con sede in Capannori (LU), in persona del socio amministratore pro tempore ;
INTIMATA
avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per la Toscana il 9 novembre 2017, n. 2371/08/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del l’11 giugno 2 025 dal Dott. NOME COGNOME
TARSU TIA TARES ACCERTAMENTO
IMBALLAGGI
RILEVATO CHE:
1. La ‘ RAGIONE_SOCIALE, nella qualità di affidataria del servizio di gestione dei rifiuti urbani per conto del Comune di Capannori (LU), ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per la Toscana il 9 novembre 2017, n. 2371/08/2017, la quale, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione di cinque avvisi di accertamento nn. 4909, 4910, NUMERO_CARTA, NUMERO_CARTA e 6304, notificati il 22 luglio 2005, nei confronti della ‘ F.lli COGNOME RAGIONE_SOCIALE, con riguardo alla TIA relativa agli anni 2001, 2002, 2003, 2004 e 2005, nella misura complessiva di € 26.714,09 (compresi IVA ed altri accessori), in riferimento ad uno stabilimento ubicato nel medesimo Comune, dopo l ‘apertura con istanza del 29 luglio 2005 e la chiusura con verbale negativo del 27 ottobre 2005 del procedimento di accertamento con adesione, a seguito della cassazione con rinvio della sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per la Toscana il 7 febbraio 2011, n. 18/05/2011, da parte della sentenza depositata da questa Sezione della Corte Suprema di Cassazione il 20 maggio 2015, n. 10360, nel giudizio riassunto per la prosecuzione dalla ‘ RAGIONE_SOCIALE , ha accolto l’appello proposto dalla ‘ RAGIONE_SOCIALE nei confronti della ‘ RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Lucca il 15 ottobre 2008, n. 63/03/2008, con compensazione delle spese giudiziali.
Il giudice di appello ha riformato la decisione di prime cure -che aveva dichiarato l’inammissibilità per tardiva proposizione del ricorso originario della contribuente -con l’annullamento degli atti impositivi, sul presupposto che: a) il ricorso originario era stato tempestivo; b) che la revoca del
regolamento comunale non aveva efficacia retroattiva; c) che l’omesso riferimento alle planimetrie catastali e la carenza di preavviso non inficiassero gli atti impositivi; d) che le aree destinate alla produzione di rifiuti speciali erano state denunciate e non erano mai variate; e) che i rifiuti speciali erano stati smaltiti mediante l’ausilio di impresa specializzata, superando le relative quantità il limite dell’assimilabilità ai rifiuti urbani; f) che l’IVA non era computabile sulla TIA.
La ‘ RAGIONE_SOCIALE‘ è rimasta intimata.
La ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
CONSIDERATO CHE:
Il ricorso è affidato a cinque motivi.
Con il primo motivo, si denuncia: « I . Violazione dell’art. 394 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ. ».
Con il secondo motivo, si denuncia: « II. Violazione degli artt. 21 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, 6, comma 3, del d.lgs. 19 giugno 1997, n. 218, art. 1 della legge 7 ottobre 1969, n. 742, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ .».
I predetti motivi -la cui stretta ed intima connessione consiglia la trattazione congiunta per la comune attinenza all ‘esatta portata del dictum enunciato dal giudice di legittimità in sede di rinvio al giudice di appello – sono inammissibili.
4.1 Secondo la ricorrente, il ricorso originario sarebbe tardivo, e quindi inammissibile, giacché il principio enunciato dalla Cassazione si riferirebbe soltanto alla non equiparabilità del mancato accordo al rigetto dell’istanza, valendo per il resto come mero obiter dictum . A suo dire: « Il principio di diritto enunciato da codesta Corte (…) può valere solo per la questione della non equiparabilità del mancato accordo al rigetto
dell’istanza, op erando, ogni altra considerazione, esclusivamente come obiter dictum non vincolante ».
Inoltre, la sospensione feriale non sarebbe applicabile al procedimento di accertamento con adesione, anche alla luce dell’art. 7quater , comma 18, del d.l. 22 ottobre 2016, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 1 dicembre 2016, n. 225.
4.2 A ben vedere, però, il giudice di legittimità (par. 4) aveva espressamente affermato « che, computando la ripresa dei termini dalla data di cessazione del periodo di sospensione di giorni 90 per la definizione del procedimento di accertamento con adesione, avuto riguardo anche alla sospensione feriale dei termini per la proposizione dell’impugnazione (1 agosto – 15 settembre 2005) il ricorso avverso gli atti impositivi notificato il 23 gennaio 2006 risulta proposto nel rispetto del termine di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21. (…) Il ricorso qui proposto dalla contribuente va dunque accolto, restando assorbiti gli ulteriori motivi ».
4.3 Per cui, la tempestività del ricorso originario della contribuente, anche in forza del computo della sospensione feriale, era stata positivamente accertata in fase rescindente e non poteva essere conseguentemente riproposta in fase rescissoria.
Ciò in conformità al consolidato principio per cui, in caso di ricorso per cassazione avverso la sentenza del giudice di rinvio fondato sulla deduzione della infedele esecuzione dei compiti affidatigli con la precedente pronuncia di annullamento, il sindacato del giudice di legittimità si risolve nel controllo dei poteri propri del giudice di rinvio, per effetto di tale affidamento e dell’osservanza dei relativi limiti, la cui estensione varia a seconda che l’annullamento stesso sia avvenuto per violazione
di norme di diritto ovvero per vizi della motivazione, in quanto, nella prima ipotesi, egli è tenuto soltanto ad uniformarsi al principio di diritto enunciato nella sentenza di cassazione, senza possibilità di modificare l’accertamento e la valutazione dei fatti, già acquisiti al processo, mentre, nel secondo caso, la sentenza rescindente – indicando i punti specifici di carenza o di contraddittorietà della motivazione – conserva al giudice stesso tutte le facoltà che gli competevano originariamente quale giudice di merito, relative ai poteri di indagine e di valutazione della prova, nell’ambito dello specifico capo della sentenza di annullamento (tra le tante: Cass., Sez. 6^-5, 2 febbraio 2018, n. 2652; Cass., Sez. 5^, 5 dicembre 2019, n. 31795; Cass., Sez. Un., 3 settembre 2020, n. 18303; Cass., Sez. 5^, 10 novembre 2020, n. 25116; Cass., Sez. 6^-5, 22 ottobre 2021, n. 29540; Cass., Sez. 5^, 24 gennaio 2022, n. 1954; 13 dicembre 2023, n. 34900; Cass., Sez. 5^, 25 marzo 2024, n. 8000; Cass., Sez. Lav., 17 febbraio 2025, n. 4075; Cass., Sez. Trib., 27 febbraio 2025, n. 5235).
4.4 Ed invero, nella vicenda in disamina, il motivo accolto da questa Corte concerneva (par. 1) in modo specifico «error in iudicando : violazione art. 7 del Comune di Capannori approvato con Delib. C. C. 9 novembre 2004, n. 78 recante la disciplina dell’istituto dell’accertamento con adesione con riferimento ai tributi locali; violazione D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 52, comma 1 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) », col quale si lamentava « l’erroneità in diritto dell’impugnata pronuncia, che ha ritenuto inammissibile il ricorso della contribuente, computando la ripresa dei termini per la proposizione dell’impugnativa giurisdizionale degli atti impositivi dal verbale di mancato accordo, in pendenza del periodo di sospensione di giorni novanta, previsto sia dalla
disciplina nazionale, sia da quella regolamentare locale in materia, equiparando illegittimamente l’ipotesi del mancato accordo a quella del diniego dell’istanza di accertamento con adesione »
Con il terzo motivo, si denuncia: « III. Nullità della sentenza per contrasto tra motivazione e dispositivo o, comunque, mancanza di motivazione sul punto dell’esclusione da tassazione delle aree assoggettate alla tariffa negli avvisi di accertamento e non soltanto delle aree produttive e dei magazzini, in riferimento agli artt. 111 Cost., 132 cod. proc. civ., 118 disp. att. cod. proc. civ., 36, comma 2, n. 4), del d.lgs. 31 d icembre 1992, n. 546, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3) e 4), cod. proc. civ. ».
Secondo la ricorrente, a fronte del petitum originario (rideterminazione della TIA dovuta in base all’area effettivamente tassabile), il dispositivo sarebbe difforme dalla motivazione della sentenza impugnata, che aveva annullato in toto gli atti impositivi.
Con il quarto motivo, si denuncia (in via subordinata): « IV. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 21 e 49 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, 5 e 23 del regolamento comunale TIA approvato con delibera consiliare del 13 aprile 2004, n. 26, 2697 e 2712 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ. ».
Secondo la ricorrente, la sentenza impugnata avrebbe illegittimamente riconosciuto l’esenzione totale dal pagamento della TIA per le superfici destinate al ciclo produttivo ed a magazzino.
I predetti motivi -la cui stretta ed intima connessione consiglia la trattazione congiunta per la comune attinenza all’effettiva portata dell’esenzione per le superfici generatrici di
rifiuti speciali e per la rideterminazione del tributo per le superfici generatrici di rifiuti urbani – sono fondati.
7.1 Il giudice di appello si è concentrato sull’esame « delle aree produttive e dei magazzini », che ha ritenuto non essere soggette a tassazione, ma non ha argomentato sulla tassazione delle aree non esenti. Peraltro, la domanda della contribuente era diretta all’annullamento in toto degli atti impositivi e, solo in subordine, alla rideterminazione del tributo dovuto.
Come è stato già osservato in altre controversie riguardanti la TIA pretesa dal Comune di Capannori (LU), l’art. 62, comma 3, del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, prevede che: « Nella determinazione della superficie tassabile non si tiene conto di quella parte di essa ove per specifiche caratteristiche strutturali e per destinazione si formano, di regola, rifiuti speciali, tossici o nocivi, allo smaltimento dei quali sono tenuti a provvedere a proprie spese i produttori stessi in base alle norme vigenti. Ai fini della determinazione della predetta superficie non tassabile il Comune può individuare nel regolamento categorie di attività produttive di rifiuti speciali tossici o nocivi alle quali applicare una percentuale di riduzione rispetto alla intera superficie su cui l’attività viene svolta ».
Va, infine, ricordato che l’esonero da tassazione previsto dal citato art. 62, comma 3, del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, per le superfici di formazione di rifiuti speciali smaltiti in proprio integra comunque un’eccezione, i cui presupposti spetterà al contribuente allegare e provare (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 31 luglio 2015, n. 16235; Cass., Sez. 6^-5, 5 settembre 2016, n. 17662; Cass., Sez. 5^, 14 settembre 2016, n. 18054; Cass., Sez. 5^, 3 novembre 2016, n. 22223; Cass., Sez. 5^, 23 settembre 2017, n. 21250; Cass., Sez. 5^, 15 maggio 2019, n. 12979; Cass., Sez. 5^, 9 novembre 2021, n. 32603; Cass.,
Sez. 5^, 5 maggio 2022, n. 14302; Cass., Sez. Trib., 29 agosto 2023, n. 25435; Cass., Sez. Trib., 26 novembre 2024, n. 30505; Cass., Sez. Trib., 31 maggio 2025, n. 14665), e che la facoltà di individuare categorie di attività produttive di rifiuti speciali cui applicare una percentuale di riduzione, attribuita ai Comuni dalla stessa norma, esige uno specifico esercizio regolamentare, restando, in difetto, le superfici esenti da tassazione (Cass., Sez. Un., 30 marzo 2009, n. 7581; Cass., Sez. 5^, 13 giugno 2012, n. 9630; Cass., Sez. 5^, 28 aprile 2017, n. 10548; Cass., Sez. 5^, 26 gennaio 2018, n. 1975; Cass., Sez. 5^, 19 aprile 2019, n. 11035; Cass., Sez. 5^, 9 novembre 2021, nn. 32603 e 32604; Cass., Sez. 5^, 22 aprile 2022, nn. 12848 e 12850; Cass., Sez. Trib., 3 maggio 2024, n. 12039).
Premesso ed incontroverso, come si è detto, che la TIA è una mera variante della TARSU (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 13 maggio 2016, n. 9859; Cass., Sez. 5^, 16 settembre 2016, n. 18226; Cass., Sez. 5^, 27 febbraio 2020, n. 5360; Cass., Sez. 5^, 11 dicembre 2020, n. 28254; Cass., Sez. 5^, 28 febbraio 2022, nn. 6603, 6604 e 6606; Cass., Sez. Trib., 16 gennaio 2023, n. 1041; Cass., Sez. Trib., 17 giugno 2024, n. 16727), si deve evidenziare che l’art. 49, comma 3, del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, dispone che: « La tariffa deve essere applicata nei confronti di chiunque occupi oppure conduca locali, o aree scoperte ad uso privato non costituenti accessorio o pertinenza dei locali medesimi, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale ».
Ne consegue che la regola è quella dell’assoggettabilità a TIA di tutti i ” locali ” esistenti sul territorio comunale, in quanto potenzialmente idonei a produrre rifiuti. A sua volta, l’art. 49, comma 14, del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, dispone che « sulla
tariffa è applicato un coefficiente di riduzione proporzionale alle quantità di rifiuti assimilati che il produttore dimostri di avere avviato al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l’attività di recupero dei rifiuti stessi ». D’altro canto, l’art. 62, comma 3, del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, ritenuto applicabile anche alla TIA (Cass., Sez. 5^, 13 maggio 2016, n. 9859: Cass., Sez. 5^, 27 febbraio 2020, n. 5360; Cass., Sez. 5^, 28 febbraio 2022, nn. 6603, 6604 e 6606; Cass., Sez. Trib., 16 gennaio 2023, n. 1041; Cass., Sez. Trib., 17 giugno 2024, n. 16727), dispone che « nella determinazione della superficie tassabile non si tiene conto di quella parte di essa ove per specifiche caratteristiche strutturali e per destinazione si formano, di regola, rifiuti speciali ».
Da questa rapida ricognizione delle norme rilevanti ai fini della decisione cui la Corte è chiamata, emerge il carattere ” universale ” della TIA: ad essa, per quel che in questa sede rileva, sono soggetti tutti i locali siti nel territorio dell’ente comunale impositore. La disposizione eccettuativa del citato art. 62, comma 3, del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, infatti, non riguarda tipologie di locali, bensì ” parti di superfici “. Ogni edificio che si trovi sul territorio comunale, cioè, è normativamente considerato come potenzialmente idoneo, per le attività che vi si potrebbero svolgere, a produrre rifiuti urbani. Nondimeno, qualora al suo interno si svolgano attività che generano rifiuti speciali non assimilati, le superfici interessate da tale attività sono escluse dal computo della complessiva superficie tassabile. Nel passaggio dall’imposizione basata sul tributo (TARSU) a quella basata sulla tariffa (TIA), il legislatore (art. 49 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22) ha stabilito che: « La tariffa è composta da una quota determinata in relazione alle componenti essenziali del
costo del servizio, riferite in particolare agli investimenti per le opere e dai relativi ammortamenti, e da una quota rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito, e all’entità dei costi di gestione, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio ».
Fermo restando, dunque, il principio che tutti i ” locali ” esistenti sul territorio comunale devono essere assoggettati a TIA, il meccanismo di esenzione si è spostato dal computo della superficie tassabile, dal quale erano escluse le parti di superfici in cui si formano di regola rifiuti speciali (art. 62, comma 3, del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507), alla determinazione dell’importo da corrispondere in base alle diversi componenti della tariffa, con la conseguenza che se in un determinato locale si producono rifiuti speciali non assimilati a quelli urbani, l’esonero riguarda la sola quota variabile della tariffa (Cass., Sez. 5^, 27 febbraio 2020, n. 5360; Cass., Sez. 5^, 28 febbraio 2022, nn. 6603, 6604 e 6606; Cass., Sez. Trib., 28 marzo 2023, n. 8753; Cass., Sez. Trib., 15 maggio 2024, n. 13455).
7.2 Tale conclusione, peraltro, è coerente con la norma regolamentare statale di cui all’art. 7, n. 2), del d.P.R. 27 aprile 1999, n. 158, secondo cui alla quota variabile della tariffa per le utenze non domestiche si applica una riduzione proporzionale alle quantità di rifiuti assimilati che il produttore dimostri di avere avviato a recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l’attività di recupero dei rifiuti stessi. Dunque, in presenza di locali destinati alla produzione di rifiuti speciali assimilati a quelli urbani, smaltiti ” in proprio ” dal contribuente, il gestore del servizio, o il suo agente della riscossione, può riconoscere una riduzione della sola quota variabile della TIA, senza, tuttavia, arrivare al punto
di escludere dal pagamento dell’imposta l’intera quota variabile (Cass., Sez. 5^, 27 febbraio 2020, n. 5360; Cass., Sez. 5^, 28 febbraio 2022, nn. 6603, 6604 e 6606; Cass., Sez. Trib., 21 febbraio 2023, n. 5429; Cass., Sez. Trib., 10 giugno 2024, n. 16096).
7.3 Di converso, in presenza di locali destinati alla produzione di rifiuti speciali non assimilati, per lo smaltimento dei quali il contribuente deve necessariamente provvedere in proprio tramite un operatore qualificato, l’esenzione dal pagamento della quota variabile della tariffa è totale, fermo restando, tuttavia, l’obbligo del pagamento della quota fissa, che non è parametrata alla quantità dei rifiuti gestiti dal servizio pubblico e ai costi di erogazione di tale servizio, ma è destinata per legge alla ” copertura ” dei costi di investimento ai quali debbono partecipare tutti i possessori di locali all’interno del territorio comunale, in quanto astrattamente idonei ad ospitare attività antropiche inquinanti e, dunque, a costituire un carico per il gestore del servizio (Cass., Sez. 5^, 23 maggio 2019, n. 14038; Cass., Sez. 5^, 13 agosto 2020, nn. 16994 e 16995; Cass., Sez. 5^, 27 febbraio 2020, n. 5360; Cass., Sez. 5^, 12 agosto 2021, nn. 22772 e 22773; Cass., Sez. 6^-5, 22 ottobre 2021, n. 29542; Cass., Sez. 5^, 9 novembre 2021, nn. 32603 e 32604; Cass., Sez. Trib., 24 settembre 2024, n. 25520; Cass., Sez. Trib., 1 aprile 2025, n. 8609).
7.4 Ne discende che la quota fissa della TIA era dovuta anche sulle superfici destinate alla produzione di rifiuti speciali, che erano solo esentate dalla quota variabile, mentre la sentenza impugnata non ha motivato in ordine al tributo dovuto (per quota fissa e quota variabile) sulle superfici non esentate.
8. Con il quinto motivo, si denuncia: « V. violazione e/o falsa applicazione degli artt. 7 del D.L.vo 31 dicembre 1992 n. 456
e 5 della Legge 20 marzo 1865 n. 2248, allegato ‘E’, con riferimento alla disapplicazione del regolamento TIA del Comune di Capannori (LU), nonché violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ. ».
8.1 Il predetto motivo è assorbito dall’accoglimento dei precedenti, essendo stato proposto in via subordinata, per cui se ne rende superfluo ed ultroneo lo scrutinio.
In conclusione, alla stregua delle suesposte argomentazioni, valutandosi l ‘ infondatezza del primo motivo e del secondo motivo, la fondatezza del terzo motivo e del quarto motivo, nonché l’assorbimento del quinto motivo, il ricorso può trovare accoglimento entro tali limiti e la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione ai motivi accolti con rinvio della causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana (ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. a), della legge 31 agosto 2022, n. 130), in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo ed il quarto motivo, rigetta il primo motivo ed il secondo motivo, dichiara l’assorbimento del quinto motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio del l’11 giugno