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Tassazione rifiuti attività: conta l’attività svolta

La Corte di Cassazione ha stabilito che la tassazione rifiuti attività (TARES) deve basarsi sulla tipologia di attività concretamente svolta e sulla sua potenziale produzione di rifiuti. In un caso riguardante un poliambulatorio gestito da un’impresa sociale, la Corte ha annullato la decisione che lo classificava come ‘associazione’ per il suo scopo solidaristico, affermando che la forma giuridica o le finalità non profit sono irrilevanti. La classificazione corretta deve riflettere la natura oggettiva dell’attività, in linea con il principio ‘chi inquina paga’, e non le caratteristiche soggettive dell’ente.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Tassazione rifiuti attività: conta l’attività svolta, non la forma giuridica

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito un punto fondamentale in materia di tassazione rifiuti attività: la categoria tributaria applicabile dipende esclusivamente dalla natura dell’attività concretamente esercitata e dalla sua capacità di produrre rifiuti, e non dalla forma giuridica o dallo scopo sociale dell’ente che la gestisce. Questa decisione offre importanti spunti di riflessione per tutte le imprese, in particolare quelle del terzo settore.

I Fatti di Causa

Il caso vedeva contrapposti un Comune e un’impresa sociale che gestiva un poliambulatorio. Il Comune aveva emesso un avviso di accertamento per la tassa sui rifiuti (TARES), classificando l’attività del poliambulatorio nella categoria degli ‘studi professionali’, caratterizzata da una tariffa più elevata. L’impresa sociale ha impugnato l’atto, sostenendo di dover essere inquadrata nella categoria delle ‘associazioni’, con una tassazione più favorevole. La sua tesi si basava sulla natura solidaristica dell’attività, dimostrata dall’applicazione di tariffe calmierate e dal reinvestimento degli utili, oltre che da una precedente classificazione risalente a diversi anni prima, quando i locali erano utilizzati da un’associazione di volontariato.
La Commissione Tributaria Regionale aveva dato ragione all’impresa, ritenendo prevalenti le caratteristiche di solidarietà. Il Comune ha quindi presentato ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte e la tassazione rifiuti attività

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del Comune, cassando la sentenza impugnata e rinviando la causa alla Corte di giustizia tributaria per un nuovo esame. Gli Ermellini hanno stabilito che il giudice di merito ha commesso un errore nel fondare la propria decisione sulla ridotta economicità delle prestazioni e sullo scopo solidaristico dell’ente. Per una corretta tassazione rifiuti attività, questi elementi sono irrilevanti.

Le Motivazioni

Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione della normativa sulla tassa rifiuti, dalla TARSU alla TARES. La Corte ha ribadito un principio consolidato: la tariffa deve essere commisurata alla quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione alla tipologia di attività svolta. Questo si collega direttamente al principio europeo ‘chi inquina paga’.
La classificazione delle utenze in categorie serve a raggruppare attività con una omogenea potenzialità di produzione di rifiuti. Di conseguenza, ciò che conta è l’analisi oggettiva dell’attività esercitata (nel caso di specie, quella di un poliambulatorio con numerosi medici e pazienti) e non le caratteristiche soggettive di chi la esercita (impresa sociale, associazione, società commerciale) o le finalità perseguite (lucro, solidarietà).
La Corte ha specificato che soffermarsi su aspetti come le tariffe calmierate o lo scopo non profit per assimilare un poliambulatorio a un’associazione è un errore, perché non si valuta il parametro oggettivo richiesto dalla legge: la produttività di rifiuti in rapporto alla tipologia di attività.

Le Conclusioni

Questa ordinanza traccia una linea netta per la classificazione ai fini della tassa rifiuti. Le amministrazioni comunali devono basare le loro valutazioni sull’attività effettivamente svolta nei locali, indipendentemente dalla natura giuridica del contribuente. Allo stesso modo, le imprese, incluse quelle del terzo settore, non possono invocare il proprio status non-profit per ottenere una categoria tariffaria più vantaggiosa se la loro attività è, oggettivamente, assimilabile a quella di un’impresa commerciale per potenziale di produzione di rifiuti. La decisione rafforza un approccio oggettivo e pragmatico alla tassazione ambientale, ancorato alla reale capacità di un’attività di impattare sull’ambiente e sui servizi di gestione dei rifiuti.

Come viene determinata la categoria per la tassa sui rifiuti di un’attività?
La categoria viene determinata in base alla tipologia di attività effettivamente svolta e alla sua potenziale capacità di produrre rifiuti, in termini di quantità e qualità. La legge richiede una valutazione oggettiva e astratta, non basata sul caso concreto.

Lo scopo non-profit o solidaristico di un’impresa può giustificare una tariffa dei rifiuti più bassa?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la finalità per cui l’attività è svolta (ad esempio, scopo solidaristico o applicazione di tariffe calmierate) è irrilevante ai fini della classificazione per la tassa sui rifiuti. Ciò che conta è solo la tipologia di attività.

La forma giuridica di un’azienda (es. Srl, associazione) influisce sulla sua classificazione ai fini della tassa rifiuti?
No. La Corte ha chiarito che la forma giuridica assunta dal soggetto che svolge l’attività è ininfluente. La classificazione si basa sull’uso dei locali e sull’attività che vi si svolge, non sulla veste soggettiva del contribuente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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