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Tassazione rendimenti fondo pensione: la prova spetta a te

La Cassazione, in un caso sulla tassazione rendimenti fondo pensione, ha stabilito che l’aliquota agevolata del 12,5% si applica solo ai guadagni derivanti da effettivi investimenti sul mercato finanziario. Il contribuente, un ex dirigente, non ha fornito la prova di tale investimento, limitandosi a produrre una certificazione generica. Di conseguenza, la Corte ha annullato la decisione favorevole al contribuente e respinto la sua richiesta di rimborso, ribadendo che l’onere della prova spetta a chi chiede il rimborso.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Tassazione Rendimenti Fondo Pensione: La Prova dell’Investimento è Cruciale

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale in materia di tassazione rendimenti fondo pensione: l’applicazione dell’aliquota agevolata del 12,5% è subordinata alla prova, da parte del contribuente, che tali rendimenti derivino da un effettivo investimento del capitale sul mercato finanziario. Un semplice calcolo differenziale non è sufficiente.

Questo caso offre spunti cruciali per tutti i lavoratori iscritti a forme di previdenza complementare, chiarendo i confini tra reddito da capitale e reddito da lavoro dipendente ai fini fiscali e sottolineando l’importanza dell’onere probatorio.

I fatti del caso

La vicenda nasce dalla richiesta di rimborso presentata da un ex dirigente di una grande società energetica, iscritto prima a un fondo pensione aziendale (“PIA”) e successivamente a un altro (“Fondenel”). Il contribuente sosteneva di aver diritto a un rimborso fiscale, poiché il sostituto d’imposta aveva applicato alle somme erogate l’aliquota standard prevista per il TFR, anziché la più favorevole aliquota del 12,5% applicabile ai redditi di capitale.

Dopo un lungo iter giudiziario, che ha visto anche una precedente pronuncia della stessa Corte di Cassazione con rinvio, la Commissione Tributaria Regionale aveva dato ragione al contribuente. L’Agenzia delle Entrate, non condividendo tale decisione, ha proposto un nuovo ricorso in Cassazione, sostenendo che i giudici di merito non si fossero attenuti al principio di diritto precedentemente enunciato.

Il principio sulla tassazione agevolata dei rendimenti del fondo pensione

Il cuore della controversia risiede nella corretta interpretazione del concetto di “rendimento” ai fini fiscali. La giurisprudenza consolidata, richiamata anche in questa ordinanza, distingue nettamente tra due tipi di incremento del capitale versato in un fondo pensione:

1. Rendimento da investimento sul mercato: È il guadagno effettivo ottenuto dal gestore del fondo investendo il capitale accantonato sui mercati finanziari. Solo questa componente può beneficiare dell’aliquota agevolata del 12,5%, in quanto assimilabile a un reddito di capitale.
2. Rendimento nozionale o attuariale: È un incremento calcolato sulla base di riserve matematiche o sistemi tecnico-attuariali, non direttamente collegato a un’attività di investimento sul mercato. Questo tipo di rendimento non è considerato frutto di un impiego di capitale e, pertanto, non può godere della tassazione agevolata.

La Corte di Cassazione ha stabilito che la Commissione Tributaria Regionale, nel suo giudizio di rinvio, ha commesso un errore fondamentale: ha considerato “rendimento” la mera differenza tra il capitale erogato al pensionato e i premi da lui versati, senza indagare sulla reale provenienza di tale incremento.

L’onere della prova a carico del contribuente

Un altro punto cruciale dell’ordinanza riguarda l’onere probatorio. La Corte afferma con chiarezza che spetta al contribuente, in quanto attore in senso sostanziale che chiede un rimborso, dimostrare il fondamento della sua pretesa.

Nel caso specifico, il contribuente avrebbe dovuto provare quale parte della somma ricevuta fosse effettivamente “ascrivibile a rendimenti frutto d’investimento sui mercati di riferimento”. La semplice produzione di una “certificazione” che indica un importo calcolato per mera differenza è stata ritenuta inidonea a fornire tale prova. Questa certificazione, infatti, non specificava i criteri utilizzati per la quantificazione del rendimento, né chiariva se si trattasse di un incremento derivante da investimenti reali effettuati dal gestore del fondo sul mercato.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate basandosi su due motivi principali, strettamente connessi tra loro.

In primo luogo, ha riscontrato la nullità della sentenza impugnata per violazione del principio di diritto enunciato nella precedente sentenza di cassazione con rinvio. I giudici di merito avrebbero dovuto accertare la “natura e quantità del rendimento” derivante dall'”impiego da parte del Fondo sul mercato del capitale accantonato”. Non facendolo, e accontentandosi di un calcolo generico, hanno disatteso le precise indicazioni della Corte Suprema.

In secondo luogo, la Corte ha rilevato che i giudici d’appello hanno omesso di esaminare un fatto controverso e decisivo: la prova del conseguimento del rendimento da investimento. Hanno trascurato le eccezioni sollevate dall’Amministrazione finanziaria circa l’inidoneità della certificazione prodotta dal contribuente. La giurisprudenza consolidata, infatti, ha più volte affermato che tali certificazioni generiche non sono sufficienti a provare la quota di capitale effettivamente investita e il relativo rendimento di mercato.

Le conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza della Commissione Tributaria Regionale e, decidendo direttamente nel merito, ha rigettato l’originaria domanda di rimborso del contribuente.

Questa decisione consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro: chi richiede l’applicazione della tassazione agevolata sui rendimenti di un fondo pensione deve fornire una prova rigorosa e analitica che tali rendimenti provengano da un effettivo investimento sui mercati finanziari. Non basta dimostrare una differenza positiva tra quanto versato e quanto ricevuto. È necessario documentare l’origine di tale plusvalore, distinguendolo da incrementi di natura puramente attuariale o matematica. Il contribuente è stato quindi condannato al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.

Quando si applica la tassazione agevolata del 12,50% sui rendimenti di un fondo pensione?
L’aliquota agevolata del 12,50% si applica esclusivamente agli importi che derivano dall’effettivo investimento del capitale accantonato sul mercato finanziario da parte del gestore del fondo.

A chi spetta l’onere di provare che il rendimento deriva da un investimento sul mercato?
L’onere della prova spetta interamente al contribuente che richiede il rimborso o l’applicazione del regime fiscale agevolato. È lui che deve dimostrare quale parte dell’indennità ricevuta sia ascrivibile a rendimenti frutto di un effettivo investimento sui mercati.

Una semplice certificazione che indica la differenza tra capitale erogato e premi versati è una prova sufficiente?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che una certificazione che si limita a calcolare il rendimento come mera differenza tra capitale corrisposto e premi riscossi è inidonea. La prova deve specificare i criteri di calcolo e dimostrare che l’incremento deriva da investimenti reali effettuati dal gestore sul mercato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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