Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25748 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 25748 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/09/2024
PREVIDENZA INTEGRATIVA
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19593/2016 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO in virtù di procura speciale in calce al ricorso ed elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore in Roma, INDIRIZZO;
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-controricorrente – avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. del Piemonte n. 29/31/2016 depositata il 14/01/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio delll’11 settembre 2024 dal consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che:
NOME COGNOME presentò istanza di rimborso RAGIONE_SOCIALE somme pagate in adempimento dell’avviso bonario relativo all’Irpef sulle somme percepite, nell’anno d’imposta 2006, a titolo di prestazioni di previdenza integrativa in forma capitale erogategli dai RAGIONE_SOCIALE. Il versamento per il quale il contribuente chiese il rimborso era stato, quindi, effettuato a seguito della
riliquidazione operata dall’RAGIONE_SOCIALE con avviso bonario del 2010 (all’esito del controllo automatizzato effettuato sulle somme percepite dal contribuente e dichiarate dal sostituto d’imposta), e per effetto dell’erronea, secondo la prospettazione del COGNOME, applicazione dell’abrogato art. 20 t.u.i.r. , sull’altrettanto erroneo presupposto che in tal senso disponesse l’art. 23 del d.lgs. 05/12/2005, n. 252.
Successivamente il contribuente impugnò il silenzio rifiuto dell’amministrazione innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Torino che, con la sentenza 77/10/2013 del 30/05/2013 respinse il ricorso.
NOME COGNOME ha impugnato la sentenza di primo grado innanzi alla Commissione tributaria regionale del Piemonte che ha respinto il gravame.
Avverso tale decisione ha proposto ricorso il contribuente, affidandolo ad un solo motivo. L’RAGIONE_SOCIALE si è costituita con controricorso concludendo per il rigetto dell’impugnazione.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso il contribuente deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 20 t.u.i.r. e dell’art. 23 d.lgs 05/12/2005, n. 252, in connessione al principio tempus regit actum di cui all’art. 11 RAGIONE_SOCIALE disposizioni sulla legge in generale. In sintesi, il contribuente sostiene che la tassazione non sarebbe potuta avvenire a norma dell’art. 20 t.u.i.r., norma che era stata già abrogata al momento (2006) in cui la prestazione è stata erogata, e tanto più al momento (2010) in cui l’Amministrazione ha riliquidato l’importo dovuto con l’avviso bonario. Il motivo è infondato. Il contribuente, sin dall’istanza di rimborso in atti, contesta la riliquidazione che assume disposta dall’Ufficio, atteso che l’abrogazione dell’art. 20 t.u.i.r. avrebbe privato l’Amministrazione del relativo potere. Il ricorrente deduce che tale
potere sarebbe vieppiù escluso in ragione dell’applicazione dell’art. 23, comma 5, del d.lgs. n. 252 del 2005, il quale così recita: «Per i soggetti che risultino iscritti a forme pensionistiche complementari alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo le disposizioni concernenti la deducibilità dei premi e contributi versati e il regime di tassazione RAGIONE_SOCIALE prestazioni si rendono applicabili a decorrere dal 1° gennaio 2007. Per i medesimi soggetti, relativamente ai montanti RAGIONE_SOCIALE prestazioni accumulate fino a tale data, continuano ad applicarsi le disposizioni previgenti ad eccezione dell’articolo 20, comma 1, secondo periodo, del TUIR. Per le prestazioni erogate anteriormente alla suddetta data per le quali gli uffici finanziari non hanno provveduto a tale data, all’iscrizione a ruolo per le maggiori imposte dovute ai sensi dell’articolo 20, comma 1, secondo periodo, del predetto testo unico, non si dà luogo all’attività di riliquidazione prevista dal medesimo secondo periodo del comma 1 dell’articolo 20 del medesimo testo unico». In particolare, il ricorrente sostiene che dal terzo periodo del comma 5 appena riprodotto deriverebbe l’inibizione all’attività di riliquidazione effettuata dall’Amministrazione con l’avviso bonario in questione, senza che sia avvenuta, entro il primo gennaio 2007, l’iscrizione a ruolo per le maggiori imposte dovute ai sensi dell’articolo 20, comma 1, secondo periodo, del TUIR.
1.1. Tanto premesso, occorre rilevare che dalla sentenza impugnata (ed in particolare dalla parte relativa al c.d. svolgimento del processo) si ricava che l’Amministrazione ha sostenuto, sin dal primo grado di giudizio, che il contribuente non fosse più iscritto alle forme pensionistiche complementari alla data (1 gennaio 2007) di entrata in vigore del d.lgs. n. 252 del 2005, ciò che avrebbe collocato la sua posizione, ai fini fiscali, fuori dall’ambito applicativo dell’art. 23, comma 5, della medesima fonte, invocata invece dallo stesso contribuente al fine di sostenere l’inibizione del potere di
riliquidazione esercitato dall’Ufficio. Dalla medesima sentenza si ricava altresì che la CTR ha accolto la tesi dell’Amministrazione proprio sul presupposto che la cessazione dell’iscrizione al fondo del contribuente fosse antecedente al primo gennaio 2007. Tale dato (che presuppone il relativo accertamento in fatto) non è censurabile in questa sede di legittimità e, comunque, non risulta censurato specificamente nel ricorso. Ne consegue, pertanto, l’inapplicabilità del ridetto comma 5 dell’art. 23 del d.lgs. 252/2005 -il quale riguarda i ‘soggetti che risultino iscritti a forme pensionistiche complementari alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo’ -e quindi del terzo periodo di quest’ultimo, dal quale il ricorrente intende far derivare l’inibizione alla riliquidazione dalla quale è derivato il versamento del quale chiede il rimborso, sostenendo che il nucleo essenziale del motivo di ricorso è la censura di un’attività di riliquidazione compiuta in carenza di potere per totale assenza di una norma di diritto positivo che la consenta dopo il 01/01/2007. Deve peraltro rilevarsi che la stessa RAGIONE_SOCIALE, sin dalle controdeduzioni in primo grado, ha dato atto che il contribuente era iscritto al fondo prima del 29 aprile 1993 ovvero prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 124 del 1993. La fattispecie è dunque soggetta al regime tributario vigente in epoca anteriore al 31 dicembre 2006.
In tal senso, questa Corte intende dare continuità all’orientamento affermato, tra le altre, da Cass. 19/07/2022, n. 22665 e di seguito ribadito da Cass. 29.12.2023, n. 36471: deve, pertanto, affermarsi che per i cd. «vecchi iscritti» a «vecchi fondi» -fra i quali rientra, come detto, l’odierno ricorrente è senz’altro inapplicabile ratione temporis il nuovo sistema di tassazione agevolata introdotto dall’art. 11, comma 6, d.lgs. n. 252 del 2005, in vigore dal 1° gennaio 2007. Pertanto, ai fini della quantificazione dell’imposizione sulla prestazione di cui si discute, deve applicarsi piuttosto il comma 7 dell’art. 23 del d.lgs. n. 252 del 2005, secondo il principio
di diritto già dettato da questa Corte, per cui « In tema di fondi previdenziali integrativi, ai sensi dell’art. 23, comma 7, del d.lgs. n. 252 del 2005, per i lavoratori assunti antecedentemente al 29 aprile 1993, e che entro tale data risultino iscritti a forme pensionistiche complementari istituite alla data di entrata in vigore dalla l. n. 421 del 1992, ai montanti RAGIONE_SOCIALE prestazioni maturate entro il 31 dicembre 2006 si applica il regime tributario vigente alla predetta data; ne consegue che il nuovo sistema di tassazione agevolata, introdotto dall’art. 11, comma 6, del d.lgs. n. 252 del 2005, ed in vigore dal 1° gennaio 2007, è inapplicabile ratione temporis ai cd. vecchi iscritti a vecchi fondi» (Cass. 19/07/2022, n. 22665; Cass. 29/12/2023, n. 36471). Questa soluzione, peraltro, si pone su un piano di continuità con l’indirizzo della stessa giurisprudenza di legittimità che, a partire da Cass., Sez. U., 22/06/2011, nn. 13642 e 13645 (in senso conforme, a proposito dei criteri di tassazione dei diversi fondi integrativi, ex multis Cass. 27/01/2002, n. 2371; Cass.11/02/2021, n. 3453; Cass. 02/04/2020 n. 7653) -occupandosi di materia limitrofa a quella in esame, vale a dire del trattamento previdenziale degli ex dirigenti RAGIONE_SOCIALE iscritti ai fondi pensione denominati RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, e in particolare della questione, sovrapponibile al tema del decidere di questo giudizio, relativa al regime tributario applicabile in base al diritto intertemporale -ha chiarito che «in tema di fondi previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma di capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all’entrata in vigore del d.lgs. 21 aprile 1993, n. 124, ad un fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a) per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, la prestazione è assoggettata al regime di tassazione separata di cui agli artt. 16, comma 1, lett. a), e 17 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, solo per quanto riguarda la sorte
capitale, corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre alle somme provenienti dalla liquidazione del cd. rendimento si applica la ritenuta del 12,50%, prevista dall’art. 6 della l. 26 settembre 1985, n. 482; b) per gli importi maturati a decorrere dal 1° gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui agli artt. 16, comma 1, lett. a) e 17 del d.P.R. n. 917 cit.». È alla disciplina individuabile in base a tale criterio che la CTR ha fatto riferimento come a quella (di cui all’art. 20 t.u.i.r.) applicata in concreto dall’Amministrazione in sede di liquidazione.
1.2. Premessa l’individuazione del principio di diritto applicabile, la sentenza impugnata ne ha anche accertato in fatto l’applicazione nel caso concreto, con giudizio in fatto non sindacabile in questa sede. Peraltro, in ordine alla corretta applicazione del relativo criterio nell’avviso bonario, il motivo di ricorso (che gravita essenzialmente piuttosto sull’assunta carenza del potere di riliquidazione) appare generico e privo di specifici riferimenti al contenuto ed alla collocazione processuale dei relativi documenti, necessaria anche i sensi dell’art. 366, primo comma, n. 6 cod. proc. civ.
2. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente al pagamento, in favore dell’RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 1.400,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito;
ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell’11 settembre