Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14544 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 14544 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: LIBERATI NOME
Data pubblicazione: 30/05/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 18071/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa da ll’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COMUNE DI COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo, sede L’AQUILA n. 263/2022 depositata il 27/04/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale e sentite le relative conclusioni rese in sede di udienza,
Sentite le difese presenti, come da verbale,
FATTI DI CAUSA
Il Comune di Tortoreto ha notificato un avviso di accertamento riferito all’anno di imposta 2017, per l’omesso versamento delle imposte IMU e Tasi afferenti la Piattaforma Eleonora di proprietà della ENI S.p.ARAGIONE_SOCIALE e localizzata nell’ambito delle acque marine territoriali, nel limite delle 12 miglia della linea della costa, antistanti il Comune; per la cui determinazione dell’imposta, trattandosi di immobili non iscritti al catasto, aveva proceduto alla individuazione della base imponibile, mediante i valori patrimoniali contabilmente indicati dalla stessa contribuente, adeguati in base al DM del 14/04/17 (MEF), sommando poi le sanzioni e gli interessi per un totale di € 198.579,48.
La società contribuente ha impugnato l’avviso di accertamento, contestandolo sotto i profili della carenza di motivazione, carenza di legittimazione attiva del Comune, carenza del presupposto oggettivo dell’imposta, esenzione delle piattaforme, insussistenza del presupposto della Tasi.
Con sentenza 179/2020 la CTP di Teramo ha accolto parzialmente il ricorso, limitatamente alla non debenza delle sanzioni irrogate con l’atto impugnato, che è stato confermato per il resto.
La società contribuente ha indi formulato appello.
La CTR, con la sentenza in epigrafe indicata, ha accolto parzialmente l’appello della contribuente, dichiarando tassabili ai fini IMU e TASI la ‘piattaforma NOME a 8 gambe’, le varie cabine elettriche, il ‘modulo alloggi piattaforma NOME‘, sulla base dei valori di stima indicati nell’avviso di accertamento impugnato e dichiarando
non tassabili, ex art. 1 co. 21 legge 208/15, gli altri macchinari e impianti indicati nell’avviso di accertamento.
Avverso la suddetta sentenza la società contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a sei motivi, cui ha resistito con controricorso il comune.
La Procura Generale ha depositato requisitoria scritta, chiedendo il rigetto del ricorso.
Parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
In via preliminare, quanto alla istanza di riunione con giudizi su altre controversie aventi ad oggetto diversi anni di imposta e in trattazione anch’ess i alla odierna udienza, si rammenta come la riunione delle impugnazioni, che è obbligatoria, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., ove investano lo stesso provvedimento, può essere facoltativamente disposta, anche in sede di legittimità, ove esse siano proposte contro provvedimenti diversi ma fra loro connessi, quando la loro trattazione separata prospetti l’eventualità di soluzioni contrastanti, siano ravvisabili ragioni di economia processuale ovvero siano configurabili profili di unitarietà sostanziale e processuale delle controversie (Cass. 20/01/2022, n. 1704). La riferibilità del contenzioso a diversi anni di imposta, così come la opportunità di non unificare il copioso materiale (atti processuali dei precedenti gradi di giudizio e relativi documenti) con cui la parte ha scelto di svolgere le proprie difese, rende tuttavia preferibile, nel caso di specie, non procedere alla riunione. Del resto, la auspicata funzione pratica della invocata riunione viene di fatto raggiunta con la trattazione contestuale di tutte le cause interessate nell’ambito della medesima udienza.
Con il primo motivo di ricorso, parte ricorrente contesta, in relazione all’art. 360, co. 1 n. 3 c.p.c., la violazione del combinato disposto dell’art. 4, D.lgs. n. 504/1992, art. 3 A del Regolamento IUC del Comune di Tortoreto approvato con Del. Cons. Com. n. 30 del 6
luglio 2015, art. 3 dello Statuto del Comune di Tortoreto; nonché dell’art. 12 delle disp. prel. c.c. e 23 Cost. .
Il comune sarebbe privo di legittimazione attiva ai fini dell’imposizione IMU e TASI, in relazione a beni dislocati in mare. Infatti, la piattaforma si trova a 22 km dalla costa, ben oltre i confini del Comune di Tortoreto, definiti dallo Statuto Comunale e dalla cartografia ufficiale dell’ISTAT e, sul punto, l’art. 4 del D.Lgs. n. 504/1992 e l’art. 3A del Regolamento IUC del Comune di Tortoreto stabiliscono che l’IMU e la TASI si applicano solo ai beni situati all’interno del territorio comunale, sicché l’ applicare tali tributi a beni in mare equivarrebbe a violare il principio di legalità tributaria (art. 23 Cost.) e ad effettuare un’interpretazione analogica in assenza di lacune legislative, in violazione dell’art. 12 delle disposizioni preliminari al codice civile. Il mare non può essere riferito al territorio comunale e i beni infissi nel mare non sarebbero paragonabili a quelli del demanio marittimo, anche perché la piattaforma NOME è di proprietà privata. Inoltre, le competenze su mare e sottofondo marino sono attribuite allo Stato, non alle Regioni o ai Comuni.
2.1. Il motivo è infondato.
2.2. Non può essere invero condivisa la tesi dell’assenza del potere impositivo comunale, in quanto l’IMU è un tributo proprio derivato ovvero un tributo istituito dallo Stato, ma gestito dai comuni, ai quali peraltro è attribuito il gettito. Non possono dunque esistere zone non assoggettata potere impositivo pena la violazione dei principi di cui agli articoli 3 e 53 della Costituzione, tenuto conto che l’evoluzione della tecnica, consente la costruzione di isole artificiali, ristoranti, abitazioni piattaforme sul mare.
2.3. La questione è stata già affrontata dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass. 30/09/2016, n.19510), la quale ha affermato che: ‘Questa corte di legittimità ha già affrontato, decidendola in senso affermativo, la questione della imponibilità Ici
delle piattaforme petrolifere/estrattive; e ciò in una fattispecie del tutto sovrapponibile alla presente, caratterizzata da piattaforme marine oggetto di provvedimenti statuali di concessione di coltivazione mineraria in specchio acqueo frontistante la costa e ricompreso in un determinato territorio comunale.
Ciò è avvenuto con la recente sentenza n. 3618 del 24 febbraio 2016 (Rv.Ced n. 639035), la quale ha, in primo luogo, fatto applicazione del principio di diritto – che non pare confliggere con la sovranità assegnata allo Stato sulle acque territoriali dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare stipulata a Montego Bay, non escludendo quest’ultima che tale sovranità possa esprimersi, a limitati effetti amministrativi, anche mediante attribuzione di potestà impositiva ai comuni costieri – già stabilito da Cass. 13794/05, secondo cui “in tema di ICI, sono sottoposte all’imposta le piattaforme petrolifere per l’estrazione di idrocarburi di proprietà della società contribuente (nella specie, l’RAGIONE_SOCIALE quale concessionaria dello Stato) situate nel tratto di mare, facente parte del demanio statale, antistante il Comune interessato. Infatti, sull’intero territorio dello Stato, ivi compreso il mare territoriale, convivono e si esercitano i poteri dello Stato contestualmente ai poteri dell’Ente regione e degli Enti locali e, in assenza di un autonomo criterio di determinazione dei limiti del territorio comunale, valgono le stesse regole dettate in materia di demarcazione del territorio nazionale, atteso che non sussistono elementi che possono far ritenere che il territorio comunale sia un’entità diversa, dal punto di vista qualitativo, dal territorio nazionale”.
Ed ha affermato, in secondo luogo, la sottoposizione ad Ici delle piattaforme petrolifere in ragione della loro classificazione catastale in categoria D7 – rilevando le speciali esigenze di un’attività industriale che, per quanto produttiva di indubbi e fondamentali riflessi sull’economia generale e sulle scelte energetiche nazionali, risponde
purtuttavia ai criteri tipici dell’imprenditoria privata – in base al principio per cui: “in tema d’ICI, sono sottoposte all’imposta e classificabili nella cat. D/7, attesa la loro riconducibilità al concetto d’immobile ai fini civili e fiscali, suscettibilità di accatastamento e idoneità a produrre reddito proprio, le piattaforme petrolifere, la cui base imponibile, in mancanza di rendita catastale, è costituita, secondo i criteri stabiliti nel D.L. n. 333 del 1992, art. 7, comma 3, penultimo periodo, convertito in L. n. 359 del 1992, dall’ammontare, al lordo delle quote di ammortamento, che risulta dalle scritture contabili” (Cass. 30/09/2016), n.19510).
Orbene, quanto affermato nella sentenza in oggetto – richiamata anche in altro ricorso per cassazione tra le stesse parti (n. 25602/13) relativo a precedenti annualità Ici e chiamato alla stessa udienza del presente – dà conto di tutte le problematiche e contestazioni dedotte nei motivi in esame dal Comune di Termoli, accogliendone le tesi; con la conseguenza che si ritiene sufficiente richiamare la motivazione delle suddette sentenze nn. 13794/05 e 3618/16, da aversi qui per intero recepite ‘ (Cass. 30/09/2016, n.19510).
2.4. Alla luce di tali precedenti, che si intende richiamare e riguardo ai quali non vi è ragione di discostarsi (anche con riferimento al ricorso al criterio contabile per la determinazione della base d’imposta), tutti e tre i motivi dedotti risultano inf ondati.
Né a tal fine rileva la circostanza che la piattaforma si trovi a 22 km dalla costa, che sarebbe a dire del ricorrente oltre i confini del Comune di Tortoreto, definiti dallo Statuto Comunale e dalla cartografia ufficiale dell’ISTAT, o la deduzione, pur suggestiva, che il mare non può essere riferito al territorio comunale (anche per la riserva di competenza in favore dello Stato) e i beni infissi nel mare non sarebbero paragonabili a quelli del demanio marittimo, anche perché la piattaforma NOME è di proprietà privata.
Sul punto vanno richiamati i principi già espressi da questa Corte, che ha evidenziato (Cass. 27/06/2005, n. 13794) che: ‘Sull’intero territorio dello Stato, ivi compreso il mare territoriale, convivono e si esercitano i poteri dello Stato contestualmente ai poteri dell’Ente regione e degli Enti locali. Non è configurabile, quindi, che su una porzione “del territorio inteso in senso lato su cui si esercita la sovranità dello Stato” non convivano i poteri delle autorità regionali e locali. Se infatti, per assurdo, su parte di questo territorio, ricoperto dal mare territoriale, non venissero esercitati i poteri amministrativi della Regione e del Comune, ne deriverebbe la necessaria conseguenza che, nell’ipotesi di costruzione su palafitte nel mare territoriale, i Comuni non avrebbero nessuna possibilità di esercitare le funzioni amministrative loro proprie.
Fermo restando che concettualmente è sempre esistita una potestà dell’esercizio dei poteri degli Enti locali nell’ambito del mare territoriale perché non può che esserci coincidenza fra sovranità dello Stato e concorrente esercizio dei poteri degli Enti regionali e locali, sarebbero comunque inconcepibili delle zone franche nelle quali mentre sussiste il potere dello Stato non sussiste il concorrente potere ai fini amministrativi degli Enti locali e regionali.
L’art. 118 della Costituzione recita: “I Comuni, le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze”.
Il territorio nazionale – intesa tale espressione come spazio nell’ambito del quale si esercita la potestà d’imperio dello Stato – comprende, oltre la terraferma, anche il mare territoriale. Non si può quindi negare che, in assenza di un autonomo criterio di determinazione dei limiti del territorio comunale, debbono valere al riguardo le stesse regole dettate in materia di demarcazione del territorio nazionale, atteso che non sussistono elementi che possono far pensare che il territorio comunale
sia un’entità diversa, dal punto di vista qualitativo, dal territorio nazionale. Nè, d’altra parte, il fatto che siano stati espressamente conferiti allo Stato determinati poteri autoritativi aventi ad oggetto attività che si svolgono sul mare territoriale può significare che si sia voluto impedire ad altre autorità amministrative di esercitare il loro potere sul medesimo bene.
È incontrovertibile che nella stessa circoscrizione territoriale statuale agisce anche il Comune, quale ente pubblico autonomo e autarchico, e che tutto il territorio della Repubblica è diviso in Comuni, per cui non possono sussistere parti di territorio dello Stato italiano, e aggregati di persone viventi sullo Stato italiano, che non appartengano ad un Comune.
Ulteriore conferma la troviamo nelle autorizzazioni che debbono essere rilasciate dalla Capitaneria di porto, nelle quali si precisa che le concessioni comunali relative alle strutture che insistono sul lidi demaniali vengono individuate nel Comune di appartenenza, e quindi l’ambito del territorio comunale, per i poteri di sua competenza, deve essere necessariamente esteso anche al mare territoriale che lambisce detto territorio.
Qualsivoglia provvedimento amministrativo, per l’indicazione dell’ubicazione di un bene, deve infatti darsi carico di indicare il Comune in cui detto bene si trova, non potendo esistere beni immobili non facenti parte di alcun Comune’ .
D’altra parte, il presupposto del tributo è dato dal possesso di immobili sul territorio ‘dello Stato’, rientrando nella discrezionalità di questo la scelta di riferirne il gettito al Comune di assegnazione territoriale.
2.5. Con più specifico riferimento alla TASI, non può non rilevarsi che si tratta di un tributo per i servizi indivisibili erogati alla generalità dal comune e la stessa necessariamente deve ritenersi dovuta sulle
piattaforme, usufruendo anche queste ultime di quei servizi indivisibili forniti dal comune costiero.
2.6. Invero, pur non essendo collocate nel territorio comunale, le piattaforme petrolifere traggono vantaggio da una rete di servizi e infrastrutture che il comune mette a disposizione per la gestione della costa e delle aree limitrofe, e per tale ragione devono essere considerate soggette ai tributi in questione, come forma di contribuzione per compensare i costi sostenuti dal comune, quali ad esempio -a titolo meramente esemplificativo – le infrastrutture portuali e logistiche di cui si si avvalgono per il trasporto di materiali, attrezzature e personale ed a cui il comune costiero garantisce l’accesso (ed eventualmente ne gestisce la manutenzione e il funzionamento), i servizi connessi alla sicurezza e protezione civile (per la parte di connessa compete nza dell’ente locale), le strade e le altre vie di comunicazione gestite dal comune, che consentono il movimento di mezzi pesanti e del personale necessario per (tutte) le operazioni offshore, o, ancora, i servizi amministrativi ed autorizzativi.
2.7. Ai fini fiscali, la piattaforma marina è pur sempre riferibile, quanto ai servizi, all’amministrazione comunale, con la conseguenza che l’ambito territoriale su cui esplica il proprio potere amministrativo, per quanto sopra detto, coinvolge anche l’ar ea occupata dalle piattaforme, che, in conseguenza, sono soggette ai relativi tributi (nella fattispecie IMU e TASI).
I profili di competenza statale attengono invece a profili del tutto diversi ed estranei alla presente fattispecie di imposta.
2.8. Non è vero, dunque, da un lato che il Comune non ha rispettato le previsioni del suo Regolamento al fine di determinare la base imponibile ai fini della TASI e dall’altro che la CTR ha errato nell’applicare il metodo contabile alla TASI. La stima delle piattaforme petrolifere, prive di un mercato di riferimento, non può, infatti, avvenire in forma diretta-comparativa, ma esclusivamente in base ai
valori contabili. Di talchè, fino al momento della richiesta dell’attribuzione della rendita catastale, il valore è determinato: alla data di inizio di ciascun anno solare ovvero, se successiva, alla data di acquisizione; sulla base dell’ammontare (costo storico di acquisto o di costruzione), al lordo delle quote di ammortamento, che risulta dalle scritture contabili, secondo i criteri stabiliti nell’art. 3, comma 3, penultimo periodo del decreto-legge n. 333 del 1992, convertito in legge n. 359 del 1992; applicando per ciascun anno di formazione gli appositi coefficienti di adeguamento, aggiornati ogni anno con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze. In base alla circolare del Ministero dell’economia e delle finanze del 28 marzo 2013, n. 6/DF. Il costo di acquisto o di costruzione rilevante va inteso come valore iscritto in bilancio ovvero: il costo originario di acquisto o di costruzione, comprensivo del costo del terreno; i costi incrementativi sostenuti; le rivalutazioni previste da specifiche disposizioni di legge; le rivalutazioni effettuate dalle imprese di assicurazione (art. 36 della legge 10 giugno 1978 n. 295); le rivalutazioni economiche comunque effettuate; delle valutazioni effettuate in sede di fusione. Tutto ciò come risultante dal le scritture contabili al 1° gennaio dell’anno in riferimento al quale è dovuta l’IMU.
2.9. Va rammentato anche che la giurisprudenza, ai fini dell’applicazione dell’imposta, ha già chiarito, ad esempio, che sono tassabili anche gli specchi d’acqua destinati ad ormeggio e nautica da diporto (Cass.n. 11669/21 ed altre), dovendosi fare riferimento ad un concetto esteso di immobile, comprensivo anche degli edifici galleggianti ancorati, ex art. 812 c.c.
2.10. Il motivo è dunque infondato.
Con il secondo motivo di ricorso, parte ricorrente contesta, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione del principio del beneficio e dell’art. 2, comma 2, lett. p) l. n. 42/2009. Non vi sarebbe correlazione tra tributo e astratta fruibilità dei servizi comunali: la
piattaforma si trova in mare aperto e non beneficerebbe di alcun servizio comunale, come illuminazione, pulizia delle strade o altri servizi offerti sul territorio del Comune di Tortoreto.
3.1. Il motivo è infondato.
3.2. Come già accennato, in tema di IMU e di TASI, la circostanza che una piattaforma marina -in cui tra l’altro ha alloggio il personale -si trovi dislocata in mare, non esclude che ivi si svolgano attività che determino l’utilizzo dei servizi pubblici off erti dal comune, al quale invece, per vicinanza, almeno in via presuntiva, fanno finale riferimento territoriale sia le attività correlate alle persone che vi vivono e lavorano, sia i servizi e le attività ivi poste in essere, con la conseguente soggezione della stessa alle suddette imposte.
3.3. La TASI è del resto un tributo per i servizi indivisibili erogati alla generalità dal comune e necessariamente deve ritenersi dovuta sulle piattaforme, usufruendo anche queste ultime di quei servizi indivisibili forniti dal comune costiero.
3.4. Invero, le piattaforme petrolifere traggono vantaggio da una rete di servizi e infrastrutture che il comune mette a disposizione per la gestione della costa e delle aree limitrofe, e per tale ragione devono essere considerate soggette ai tributi in questione, come forma di contribuzione per compensare i costi sostenuti dal comune, quali ad esempio -a titolo meramente esemplificativo – le infrastrutture portuali e logistiche di cui si si avvalgono per il trasporto di materiali, attrezzature e personale ed a cui il comune costiero garantisce l’accesso (ed eventualmente ne gestisce la manutenzione e il funzionamento), i servizi connessi alla sicurezza e protezione civile (per la parte di connessa competenza dell’ente locale), le strade e le altre vie di comunicazione gestite dal comune, che consentono il movimento di mezzi pesanti e del personale necessario per (tutte) le operazioni offshore, o, ancora, i servizi amministrativi ed autorizzativi.
3.5 . Resta quindi confermata la riferibilità dell’imposta al territorio del comune controricorrente.
3.6. La censura va dunque respinta.
Con il terzo motivo di ricorso, si lamenta, in relazione all’art. 360, co. 1 n. 3 c.p.c., la violazione dell’art. 2679 c.c. (in ordine alla carenza di prova della potestà impositiva del Comune) e delle norme sulla legittimazione attiva ai fini IMU e TASI (art. 3 A del Regolamento IUC di Tortoreto, art. 4 D. lgs. n. 504/1992), in ogni caso riferibile al comune di Giulianova e non di Tortoreto (ai sensi del DM 28 aprile 2022); nonché, in relazione all’art. 360, co 1 n. 4 c.p.c., l’omesso esame di un motivo di appello, in violazione dell’art. 112 c.p.c. Vi sarebbe carenza di prova da parte del Comune di Tortoreto in merito alla propria potestà impositiva sulla piattaforma NOME e, più in generale, la violazione delle norme sulla legittimazione attiva ai fini IMU e TASI, anche in considerazione del fatto che il successivo D.M. 28 aprile 2022 ha stabilito la competenza del Comune di Giulianova, e non di Tortoreto, sull’accertamento della piattaforma.
Con il quarto motivo di ricorso, si deduce, in relazione all’art. 360, co 1 n. 3 c.p.c., la violazione dell’art. 38, d.l. n. 124/2019 , anche in combinato disposto con il sopravvenuto DM 28 aprile 2022, in tema di competenza dei Comuni ai fini dell’accertamento dell’IMPI: il Comune competente ad accertare la piattaforma NOME sarebbe comunque Giulianova, e non Tortoreto. La ricorrente ritiene che l’art. 38 cit. confermi implicitamente la non tassabilità delle piattaforme ai fini ICI, IMU e TASI fino a l 2019 e, comunque, la riferibilità dell’imposta al diverso comune di Giulianova.
I motivi tre e quattro vanno trattati congiuntamente, stante la connessione delle questioni proposte.
6.1. Come già osservato con riferimento al primo ed al secondo motivo di ricorso, la riferibilità territoriale delle piattaforme è correlata ai servizi, anche amministrativi, resi in favore della piattaforma (al di
fuori della fattispecie di imposta). Nella fattispecie non è mai stato contestato dalla società contribuente che gli stessi fossero riferibili all’attività amministrativa del comune di Giulianova e non a quello di Tortoreto.
6.2. La circostanza che un successivo decreto ministeriale abbia stabilito normativamente una diversa riferibilità territoriale non esclude dunque che, sino alla applicazione della nuova norma, i servizi siano stati resi dal comune di Tortoreto, che, pertanto, va considerato il legittimo impositore.
6.3. Del resto, il DM 28 aprile 2022 è stato emanato in attuazione dell’art. 38 del D.L. n. 124/2019, che ha istituito l’IMPI, che è imposta sostitutiva rispetto ai tributi oggi in contestazione, la cui disciplina non ha nessun valore ricognitivo o rettificativo rispetto ai confini territoriali ed ai servizi amministrativi resi con riferimento alle imposte dapprima in vigore.
6.4. Nessun rilievo può poi essere attribuito alle considerazioni espresse da qualsivoglia tecnico in sede di audizione parlamentare, citate dalla ricorrente come conferma dell’estraneità del mare al catasto e al territorio comunale.
6.6. L’omesso esame del correlato motivo di appello, in violazione dell’art. 112 c.p.c., è quindi anch’esso del tutto irrilevante, alla luce di quanto appena detto.
6.7. I motivi vanno dunque respinti.
Con il quinto motivo di ricorso, la società contribuente contesta, in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c., la violazione dell’art. 1, comma 728, l. n. 205/2017, in combinato disposto con le norme in tema di presupposto dell’IMU (art. 1 e 2, d. lgs. n. 5 04/1992).
La ricorrente sostiene che la norma sui rigassificatori, seppur non direttamente applicabile alle piattaforme, confermi implicitamente la loro non accatastabilità e non tassabilità fino al 2019.
7.1. Il dato normativo supporta in realtà l’opposta conclusione.
Questo il dato testuale: ‘728. Le disposizioni di cui al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, all’articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, nonché all’articolo 1, commi 639 e seguenti, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, si interpretano, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 1, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, nel senso che per i manufatti ubicati nel mare territoriale destinati all’esercizio dell’attività di rigassificazione del gas naturale liquefatto, di cui all’articolo 46 del decreto-legge 1º ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, aventi una propria autonomia funzionale e reddituale che non dipende dallo sfruttamento del sottofondo marino, rientra nella nozione di fabbricato assoggettabile ad imposizione la sola porzione del manufatto destinata ad uso abitativo e di servizi civili ‘.
7.2. La norma conferma dunque la assoggettabilità alle imposte in questione anche per i rigassificatori, qualificandoli come fabbricati, ma, solo per essi, esclude le parti che non siano destinate ad uso abitativo e servizi civili. Ne esce dunque confermato quanto sinora argomentato in ordine alla generale configurabilità di immobili imponibili collocati nel mare territoriale.
7.3. La censura non può essere accolta.
Con il sesto motivo, parte ricorrente lamenta la carenza del presupposto oggettivo per l’applicazione dell’imposta, con violazione e falsa applicazione, in relazione all’art. 360, co 1 n. 3 c.p.c., dell’art. 8 D. lgs. n. 23/2011; art. 13 d.l. n. 201/2011; art. 1 comma 2 e 2 comma 1 d. lgs. n. 504/92, 4 e 5, R.D.L. 652/1939; art. 2 del D.M. Finanze n. 28/1998; comma 244 dell’art. 1 della legge di stabilità per il 2015 (L. n. 190 del 29 dicembre 2014) in combinato disposto con la circolare 6/T-2012. Ad avviso della ricorrente le piattaforme marine non sarebbero immobili, né tantomeno fabbricati, che presuppongono l’ancoraggio al “suolo”, inteso come terraferma, mentre la piattaforma
è ancorata al fondale marino, mentre l’accatastabilità sarebbe un requisito essenziale per l’applicazione dell’IMU, che risulterebbe invece precluso per le piattaforme marine (ai sensi della Circolare n. 6/T del 2012 dell’Agenzia del Territorio, del comma 244 dell’art. 1 della Legge di Stabilità 2015, che ha elevato a rango di legge la Circolare n. 6/T, e della Risoluzione n. 3/DF del 1° giugno 2016 del Ministero dell’Economia e delle Finanze).
8.1. Va richiamato in proposito quanto già detto con riferimento agli altri motivi di ricorso.
Non vi è dubbio, alla luce delle considerazioni che precedono, che anche le piattaforme marine vadano considerate, ai fini fiscali, come immobili soggetti ad IMU e a TASI: la avversa tesi è smentita dalla circostanza che sono considerati immobili, ai fini dell’IMU e dell’ICI, anche gli edifici galleggianti e financo gli specchi d’acqua antistanti i porti ( ex multis : Cass. 08/05/2024, n.12638) e i posti barca (Cass. 20/04/2016, n. 7868), laddove espressivi di capacità reddituale.
8.2. Quanto al diverso profilo della asserita non accatastabilità, anche laddove fosse condivisibile la detta affermazione -che va invece disattesa per quanto già rilevato – essa sarebbe comunque irrilevante: la medesima legge in tema di imposta IMU prevede una disciplina alternativa per la determinazione dell’imposta, nel caso in cui non vi sia accatastamento, come, ad esempio, il c.d. criterio contabile, che è stato avallato dalla stessa Corte Costituzionale (Corte Cost. 24/02/2006, n.67). Ciò dimostra che la mancanza di accatastamento e relativa rendita non costituisce un presupposto insuperabile ai fini della tassazione.
8.3. Va rammentato che, con riferimento ai presupposti per l’inventariazione nel catasto urbano, l’art. 3 del R.D.L. 13 aprile 1939 n. 652, convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 agosto 1939 n. 1239, concernente l’accertamento generale dei fabbricati urbani, rivalutazione del relativo reddito e formazione del nuovo catasto
edilizio urbano, stabilisce che l’accertamento generale degli immobili urbani è fatto per «unità immobiliare». Ai sensi dell’art. 4 del R.D.L. 13 aprile 1939 n. 652, convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 agosto 1939 n. 1239, si considerano come «immobili urbani i fabbricati e le costruzioni stabili di qualunque materiale costituite, diversi dai fabbricati rurali», ivi compresi «gli edifici sospesi o galleggianti, stabilmente assicurati al suolo». L’art. 5 del R.D.L. 13 aprile 1939 n. 652, convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 agosto 1939 n. 1239, prevede che costituisce «unità immobiliare urbana» «ogni parte di immobile che, nello stato in cui si trova, è di per sé stessa utile ed atta a produrre un reddito proprio». L’art. 1 del D.M. 2 genna io 1998 n. 28 (‘Regolamento recante norme in tema di costituzione del catasto dei fabbricati e modalità di produzione ed adeguamento della nuova cartografia catastale’) stabilisce al comma 1 che: «Il catasto dei fabbricati rappresenta l’inventario del patr imonio edilizio nazionale»; e al comma 2 che: «Il minimo modulo inventariale è l’unità immobiliare». A mente dell’art. 2 del D.M. 2 gennaio 1998 n. 28: «L’unità immobiliare è costituita da una porzione di fabbricato, o da un fabbricato, o da un insieme di fabbricati ovvero da un’area, che, nello stato in cui si trova e secondo l’uso locale, presenta potenzialità di autonomia funzionale e reddituale». Sulla base di tali disposizioni, questa Corte ha affermato che l’accatastamento viene dalla normativa riferi to non al fabbricato in quanto tale, bensì alla nozione di unità immobiliare urbana (UIU), a sua volta rapportata ad una componente immobiliare (rilevante ex art. 812 cod. civ.) suscettibile di autonoma funzionalità e redditività (Cass., Sez. 5^, 23 maggio 2018, n. 12741; Cass., Sez. 5^, 18 gennaio 2022, n. 1404).
Tali caratteristiche sono state valorizzate dalla giurisprudenza proprio ai fini dell’accertamento dei presupposti di accatastabilità anche con specifico riguardo agli immobili aventi destinazione industriale o di produzione energetica (per le discariche pubbliche: Cass., Sez. 5^, 23
maggio 2018, n. 12741; per le centrali elettriche: Cass.,, Sez. 5^, 11 febbraio 2015, n. 2621; Cass., Sez. 6^-5, 20 febbraio 2015, n. 3500; per i parchi eolici: Cass., Sez. 5^, 14 marzo 2012, n. 4028; Cass., Sez. 5^, 21 novembre 2014, n. 24815; Cass., Sez. 6′ -5, 23 febbraio 2015, n. 3354; per le centrali telefoniche: Cass., Sez. 5^, 6 dicembre 2016, n. 24924; per le piattaforme petrolifere: Cass., Sez. 5^, 24 febbraio 2016, n. 3618), sicché l’accatastabilità di tali unità immobiliari è sempre stata riconosciuta (cfr. Cass. n. 2280/23, n. 27194/22, n. 22300/22 in materia di cave).
8.4. Le prospettate difficoltà tecniche per procedere all’operazione di accatastamento non possono comportare l’esenzione dall’imposta in difetto degli specifici presupposti, tassativamente previsti dalla legge, che non ricorrono nel caso della piattaforma in questione e pertanto sono irrilevanti le indicazioni fornite dalla citata Risoluzione 3DF dell’1 giugno 2016 del MEF e delle precedenti prassi dell’Agenzia del Territorio.
8.5. Anche tale motivo va respinto.
Il ricorso va dunque rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza, e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.
In conseguenza dell’esito del giudizio ricorrono i presupposti processuali per dichiarare la sussistenza dei presupposti per il pagamento di una somma pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 6.500,00 per compensi oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13. Così deciso in Roma, il 12/03/2025 .