Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14542 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 14542 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: LIBERATI NOME
Data pubblicazione: 30/05/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 28032/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COMUNE DI COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del l’Abruzzo, L’AQUILA n. 74/2020 depositata il 04/02/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale e sentite le relative conclusioni rese in sede di udienza, Sentite le difese presenti, come da verbale,
FATTI DI CAUSA
Il Comune di Tortoreto ha notificato alla società contribuente un avviso di accertamento, riferito all’anno di imposta 2016, relativo a ll’ omesso versamento di IMU e TASI afferenti alla Piattaforma RAGIONE_SOCIALE, di proprietà di RAGIONE_SOCIALE, localizzata nell’ambito delle acque marine territoriali, nel limite delle 12 miglia della linea della costa, antistanti il Comune di Tortoreto.
L’imposta, trattandosi di immobili non iscritti al catasto, era stata determinata, quanto alla base imponibile, mediante i valori patrimoniali contabilmente indicati dalla stessa contribuente, adeguati in base al DM del 14/04/17 (MEF), applicando l’aliquota stabilita dal Comune di Tortoreto. A tale importo erano state poi sommate le sanzioni e gli interessi per un totale di € 198.279,34.
L’RAGIONE_SOCIALE ha impugnato l’avviso di accertamento innanzi alla CTP di Teramo, che con sentenza n.81/2019 ha respinto il ricorso, accogliendo solo la richiesta di annullamento della sanzione e riducendo quindi il tributo accertato al valore di € 144.378,40 (oltre interessi).
RAGIONE_SOCIALE ha impugnato la sentenza, riproducendo in secondo grado le medesime doglianze del ricorso introduttivo.
La Commissione Tributaria Regionale di L’Aquila, con sentenza n. 0074/V/2020 del 21/11/2019-04/02/2020, ha rigettato il ricorso, censurando tutte le motivazioni proposte.
Avverso la suddetta sentenza di gravame la società contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, cui ha resistito con controricorso il Comune impositore.
La Procura Generale ha depositato requisitoria scritta, chiedendo il rigetto del ricorso, con richiesta confermata in sede di udienza.
Parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
In via preliminare, quanto alla istanza di riunione con giudizi su altre controversie aventi ad oggetto diversi anni di imposta ed in trattazione anch’ess i alla odierna udienza, si rammenta come la riunione delle impugnazioni, che è obbligatoria, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., ove investano lo stesso provvedimento, può essere facoltativamente disposta, anche in sede di legittimità, ove esse siano proposte contro provvedimenti diversi ma fra loro connessi, quando la loro trattazione separata prospetti l’e ventualità di soluzioni contrastanti, siano ravvisabili ragioni di economia processuale ovvero siano configurabili profili di unitarietà sostanziale e processuale delle controversie (Cass. 20/01/2022, n. 1704). La riferibilità del contenzioso a diversi anni di imposta, così come la opportunità di non unificare il copioso materiale (atti processuali dei precedenti gradi di giudizio e relativi documenti) con cui la parte ha scelto di svolgere le proprie difese rende tuttavia preferibile, nel caso di specie, non procedere alla riunione. Del resto, la auspicata funzione della riunione viene di fatto raggiunta con la trattazione contestuale di tutte le cause interessate nell’ambito della medesima udienza.
Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione dell’art. 1, commi 21 e ss. della legge n. 208/2015, che esclude da tassazione gli impianti funzionali alla attività produttiva, in relazione all’art. 360, co. 1^ n. 3, c.p.c..
Il disposto dell’art. 1, commi 21 e ss. della legge n. 208/2015 prevede che -a partire dal 1° gennaio 2016 -siano esclusi da tassazione gli impianti funzionali alla attività produttiva, anche a prescindere dalla loro natura immobiliare (cfr. le ord. Cass. nn. 20726,
20727, 20728, 21287 del 2020). Secondo la sentenza di appello impugnata, detta norma si applicherebbe solo agli immobili già accatastati con assegnazione di rendita, mentre la contribuente ritiene che si applichi a tutti gli immobili suscettibili di accatastamento, tra cui figurerebbero anche le piattaforme marine.
2.1. Il motivo non può essere accolto. Lo stesso presuppone, in realtà, che il bene sia stato iscritto al catasto, sicché in tale sede potrebbe operarsi la eventuale decurtazione dei c.d. impianti ‘ imbullonati ‘ . Tuttavia, nel caso di specie è stato adottato un criterio diverso per la quantificazione dell’imposta, sicché la norma in questione non può trovare applicazione.
2.2. L’art. 1, commi da 21 a 23, della l. 28 dicembre 2015, n. 208, così dispone:
’21. A decorrere dal 1° gennaio 2016, la determinazione della rendita catastale degli immobili a destinazione speciale e particolare, censibili nelle categorie catastali dei gruppi D ed E, è effettuata, tramite stima diretta, tenendo conto del suolo e delle costruzioni, nonché degli elementi ad essi strutturalmente connessi che ne accrescono la qualità e l’utilità, nei limiti dell’ordinario apprezzamento. Sono esclusi dalla stessa stima diretta macchinari, congegni, attrezzature ed altri impianti, funzionali allo specifico processo produttivo.
A decorrere dal 1° gennaio 2016, gli intestatari catastali degli immobili di cui al comma 21 possono presentare atti di aggiornamento ai sensi del regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701, per la rideterminazione della rendita catastale degli immobili già censiti nel rispetto dei criteri di cui al medesimo comma 21.
Limitatamente all’anno di imposizione 2016, in deroga all’articolo 13, comma 4, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, per gli atti di
aggiornamento di cui al comma 22 presentati entro il 15 giugno 2016 le rendite catastali rideterminate hanno effetto dal 1° gennaio 2016′.
2.3. Parte contribuente ritiene che la disposizione si applichi a tutti gli immobili suscettibili di accatastamento, tra cui figurerebbero anche le piattaforme marine.
2.4. Dirimente è però il dato letterale di cui al comma 22, che dispone che i contribuenti possono ‘presentare atti di aggiornamento ai sensi del regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701, per la rideterminazione della rendita catastale degli immobili già censiti’. La locuzione ‘rideterminazione della rendita catastale’ esclude ex se la possibilità di una applicazione della disposizione agli immobili che non siano stati ancora accatastati.
Né, sotto tale profilo, la società contribuente ha dato conto della (eventuale) presentazione di istanza di aggiornamento per nuovo accatastamento, che per quanto appena detto costituisce un presupposto per l’applicazione della disposizione invocata, quand’anche la si volesse riferire agli immobili non ancora accatastati.
2.5. Deve quindi concludersi che l’art. 1, commi da 21 a 23, della l. 28 dicembre 2015, n. 208, nella parte in cui prevede che, a decorrere dal 1° gennaio 2016, la determinazione della rendita catastale degli immobili a destinazione speciale e particolare, censibili nelle categorie catastali dei gruppi D ed E, è effettuata, tramite stima diretta, tenendo conto del suolo e delle costruzioni, nonché degli elementi ad essi strutturalmente connessi che ne accrescono la qualità e l’utilità, nei limiti dell’ordinario apprezzamento, e che sono esclusi dalla stessa stima diretta macchinari, congegni, attrezzature ed altri impianti, funzionali allo specifico processo produttivo, presuppone, ai sensi del successivo comma 22, che il contribuente presenti una richiesta di aggiornamento dei dati catastali di immobile iscritto.
2.6. Non assume neanche rilievo la circostanza che la esclusione dei c.d. imbullonati, con riferimento alla piattaforma in questione, sia
stata disposta con sentenze passate in giudicato in parte qua, atteso che, , indipendentemente dalla diversa annualità impositiva, si tratterebbe comunque di un giudicato esterno relativo alla interpretazione della norma, come tale privo di effetto preclusivo in altri giudizi.
Va infatti ricordato l’orientamento, più volte espresso da questa Corte, secondo cui il giudicato può formarsi ed essere invocato solo sulle circostanze che hanno costituito oggetto di apprezzamenti di fatto e non anche su questioni giuridiche, giacchè l’attività interpretativa delle norme giuridiche compiuta da un giudice, in quanto consustanziale allo stesso esercizio della funzione giurisdizionale, non può mai costituire limite all’attività esegetica esercitata da un altro giudice, con la conseguenza che l’interpretazione e l’individuazione della norma giuridica posta a fondamento della pronuncia sulla domanda/eccezione non limita il giudice dell’impugnazione nell’esercizio del suo potere di individuare ed interpretare la disposizione applicabile al caso controverso e non sono, quindi, suscettibili di passare in giudicato autonomamente dalla domanda o dal capo di essa cui si riferiscono, assolvendo ad una funzione meramente strumentale rispetto alla decisione (cfr. Cass. Sez. V, 7 aprile 2022, n. 11331, che richiama Cass. I sez. 29 aprile 1976 n 1531; Cass., Sez. L., 23 dicembre 2003, n. 19679; Cass. Sez. III, 20 ottobre 2010, n, 216561; Cass., Sez. V, 21 ottobre 2013, n. 23723; nello stesso senso, Cass., Sez. T., 1° giugno 2021, n. 15215 e Cass. Sez. T. 23 marzo 2023, n. 8417).
2.7. In conclusione , la disposizione dell’art. 1, commi 21 ss., l. n. 208/15 non può essere applicata al caso di specie, in quanto il bene non risulta ancora iscritto in catasto e, quindi, non vi è alcuna rendita, ma solo il computo su una rendita stimata o presunta secondo il metodo dei valori contabili (come qui forniti dalla stessa società contribuente) secondo quanto previsto, per gli immobili non accatastati
di categoria D, dall’art. 5 co. 3^ d.lvo 504/92 richiamato anche per l’Imu . La norma invocata non può dunque trovare applicazione perché nella specie si tratta di stima in base ai valori contabili, e non di rendita. Ulteriore ragione confermativa della non escludibilità, dalla determinazione della base imponibile, della parte impiantistica, emerge anche dall’art. 38, comma 1, del decreto legge n. 124 del 2019 conv. in legge 157/19, in materia di IMPI, come correttamente interpretato dalla risoluzione del Ministero dell’economia e delle finanze n. 8/DF del 16 dicembre 2020.
2.8. Il motivo va quindi rigettato.
Con il secondo motivo di ricorso, parte ricorrente contesta la carenza del potere di imposizione del Comune di Tortoreto sulla piattaforma NOME con violazione, in relazione all’art. 360, co 1^ n. 3 c.p.c., del combinato disposto dell’art. 8 D.lgs. n. 23/2011; art. 13 d.l. n. 201/2011; art. 4, D.lgs. n. 504/1992; art. 6 del Regolamento IMU del Comune di Tortoreto; nonché violazione del principio di correlazione posto dall’art. 2, comma 2, lett. p) l. n. 42/2009.
I comuni sarebbero privi di legittimazione attiva ai fini dell’imposizione IMU e TASI, in relazione a beni dislocati in mare.
3.1. Il motivo è infondato.
3.2. In tema di TASI, la circostanza che una piattaforma situata entro 12 miglia dalla costa -in cui tra l’altro ha alloggio il personale si trovi dislocata in mare, non esclude che ivi si svolgano attività che determinan o l’utilizzo dei servizi pubblici offerti dal comune, al quale invece, per vicinanza, almeno in via presuntiva, fanno finale riferimento territoriale sia le attività correlate alle persone che vi vivono e lavorano, sia i servizi e le attività ivi poste in essere, con la conseguente soggezione della stessa alle suddette imposte.
3.3. La TASI è del resto un tributo per i servizi indivisibili erogati alla generalità dal comune e necessariamente deve ritenersi dovuta
sulle piattaforme, usufruendo anche queste ultime di quei servizi indivisibili forniti dal comune costiero.
3.4. Invero, pur non essendo collocate nel territorio comunale, le piattaforme petrolifere traggono vantaggio da una rete di servizi e infrastrutture che il comune mette a disposizione per la gestione della costa e delle aree limitrofe, e per tale ragione devono essere considerate soggette ai tributi in questione, come forma di contribuzione per i costi sostenuti dal comune, quali ad esempio -a titolo meramente esemplificativo – le infrastrutture portuali e logistiche di cui si si avvalgono per il trasporto di materiali, attrezzature e personale ed a cui il comune costiero garantisce l’accesso (ed eventualmente ne gestisce la manutenzione e il funzionamento), i servizi connessi alla sicurezza e protezione civile (per la parte di connessa competenza dell’en te locale), le strade e le altre vie di comunicazione gestite dal comune, che consentono il movimento di mezzi pesanti e del personale necessario per (tutte) le operazioni offshore, o, ancora, i servizi amministrativi ed autorizzativi di competenza.
3.5. Quanto, in special modo all’Imu (ma con considerazioni che valgono anche per la Tasi) non è condivisibile la tesi dell’assenza del potere impositivo comunale, in quanto l’IMU è un tributo proprio derivato ovvero un tributo istituito dallo Stato, ma gestito dai comuni, ai quali peraltro è attribuito il gettito. Non possono quindi esistere zone non assoggettate al potere impositivo, pena la violazione dei principi di cui agli articoli 3 e 53 della Costituzione, tenuto conto che l’evoluzione della tecnica consente la costruzione di isole artificiali, ristoranti, abitazioni e piattaforme sul mare. D’altra parte, il presupposto del tributo è dato dal possesso di immobili sul territorio ‘ dello Stato ‘ , rientrando nella discrezionalità di questo la scelta di riferirne il gettito al Comune di assegnazione territoriale.
3.6. Con riferimento ai presupposti per l’inventariazione nel catasto urbano, l’art. 3 del R.D.L. 13 aprile 1939 n. 652, convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 agosto 1939 n. 1239, concernente l’accertamento generale dei fabbricati urbani, rivalutazione del relativo reddito e formazione del nuovo catasto edilizio urbano, stabilisce che l’accertamento generale degli immobili urbani è fatto per «unità immobiliare». Ai sensi dell’art. 4 del R.D.L. 13 aprile 1939 n. 652, convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 agosto 1939 n. 1239, si considerano come «immobili urbani i fabbricati e le costruzioni stabili di qualunque materiale costituite, diversi dai fabbricati rurali», ivi compresi «gli edifici sospesi o galleggianti, stabilmente assicurati al suol o». L’art. 5 del R.D.L. 13 aprile 1939 n. 652, convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 agosto 1939 n. 1239, prevede che costituisce «unità immobiliare urbana» «ogni parte di immobile che, nello stato in cui si trova, è di per sé stessa utile ed atta a produrre un reddito proprio». L’art. 1 del D.M. 2 gennaio 1998 n. 28 (‘Regolamento recante norme in tema di costituzione del catasto dei fabbricati e modalità di produzione ed adeguamento della nuova cartografia catastale’) stabilisce al comma 1 che: «Il catasto dei fabbricati rappresenta l’inventario del patrimonio edilizio nazionale»; e al comma 2 che: «Il minimo modulo inventariale è l’unità immobiliare». A mente dell’art. 2 del D.M. 2 gennaio 1998 n. 28: «L’unità immobiliare è costituita da una porzione di fabbricato, o da un fabbricato, o da un insieme di fabbricati ovvero da un’area, che, nello stato in cui si trova e secondo l’uso locale, presenta potenzialità di autonomia funzionale e reddituale». Sulla base di tali disposizioni, questa Corte ha affermato che l’accatastamento viene dalla normativa riferito non al fabbricato in quanto tale, bensì alla nozione di unità immobiliare urbana (UIU), a sua volta rapportata ad una componente immobiliare (rilevante ex art. 812 cod. civ.) suscettibile di autonoma funzionalità e redditività (Cass., Sez. 5^, 23 maggio 2018, n. 12741; Cass., Sez. 5^, 18 gennaio 2022,
1404). Tali caratteristiche sono state valorizzate dalla giurisprudenza proprio ai fini dell’accertamento dei presupposti di accatastabilità anche con specifico riguardo agli immobili aventi destinazione industriale o di produzione energetica (per le discariche pubbliche: Cass., Sez. 5^, 23 maggio 2018, n. 12741; per le centrali elettriche: Cass.,, Sez. 5^, 11 febbraio 2015, n. 2621; Cass., Sez. 6^5, 20 febbraio 2015, n. 3500; per i parchi eolici: Cass., Sez. 5^, 14 marzo 2012, n. 4028; Cass., Sez. 5^, 21 novembre 2014, n. 24815; Cass., Sez. 6′ -5, 23 febbraio 2015, n. 3354; per le centrali telefoniche: Cass., Sez. 5^, 6 dicembre 2016, n. 24924; per le piattaforme petrolifere: Cass., Sez. 5^, 24 febbraio 2016, n. 3618), sicché l’accatastabilità di tali un ità immobiliari è sempre stata riconosciuta (cfr. Cass. n. 2280/23, n. 27194/22, n. 22300/22 in materia di cave).
3.7. Le prospettate difficoltà tecniche per procedere all’operazione di accatastamento non possono comportare l’esenzione dall’imposta in difetto degli specifici presupposti, tassativamente previsti dalla legge, che non ricorrono nel caso della piattaforma in questione, e pertanto sono irrilevanti le indicazioni fornite dalla citata Risoluzione 3DF dell’1 giugno 2016 del MEF e delle precedenti prassi dell’Agenzia del Territorio.
3.8. Resta quindi confermata la riferibilità dell’imposta al territorio del comune controricorrente e la debenza delle stesse.
3.9. La censura va dunque respinta.
Con il terzo motivo di ricorso, si lamenta la carenza del presupposto oggettivo per l’applicazione dell’imposta, con violazione e falsa applicazione, in relazione all’art. 360, co. 1^ n. 3 c.p.c., dell’art. 8 D.lgs. n. 23/2011; dell’ art. 13 d.l. n. 201/2011 e dell’ art. 1 comma 2 d.lgs. n. 504/92 in tema di ‘presupposto di IMU e TASI’, tra loro in combinato disposto.
Il possesso di una piattaforma estrattiva sita in mare non costituirebbe un presupposto d’imposta ai fini IMU e TASI. Il
presupposto di imposta presumerebbe difatti il possesso di un fabbricato che sia suscettibile di essere accatastato, mentre le piattaforme, al pari di altri beni, in base alla legislazione catastale, non sarebbero accatastabili.
Con il quarto motivo di ricorso, si deduce la violazione, in relazione all’art. 360, co. 1^ n. 3 c.p.c., dell’art. 13 D.L. n. 201 del 2011 e dell’art. 7 lett. b) d.lgs. n. 504/92, nonché degli artt. 32 R.D. 1443/27, 31 L. 613/67, 23 L. 136/53 e 14 D.L. 333/92.
Le piattaforme, pure se fossero accatastabili e soggette ad IMU e TASI, comunque dovrebbero dirsi esenti, perché accatastabili in categoria E/3, in quanto strumentali al servizio pubblico di approvvigionamento e di distribuzione degli idrocarburi.
Il terzo e quarto motivo vanno trattati congiuntamente, in quanto strettamente connessi.
6.1. Va innanzitutto ribadito quanto osservato nel motivo che precede.
La questione, in ogni caso, è stata già affrontata dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass. 30/09/2016, n.19510), la quale ha affermato che: ‘Questa corte di legittimità ha già affrontato, decidendola in senso affermativo, la questione della imponibilità ICI delle piattaforme petrolifere/estrattive; e ciò in una fattispecie del tutto sovrapponibile alla presente, caratterizzata da piattaforme marine oggetto di provvedimenti statuali di concessione di coltivazione mineraria in specchio acqueo frontistante la costa e ricompreso in un determinato territorio comunale.
Ciò è avvenuto con la recente sentenza n. 3618 del 24 febbraio 2016 (Rv.Ced n. 639035), la quale ha, in primo luogo, fatto applicazione del principio di diritto – che non pare confliggere con la sovranità assegnata allo Stato sulle acque territoriali dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare stipulata a Montego Bay, non escludendo quest’ultima che tale sovranità possa esprimersi, a limitati effetti
amministrativi, anche mediante attribuzione di potestà impositiva ai comuni costieri – già stabilito da Cass. 13794/05, secondo cui “in tema di ICI, sono sottoposte all’imposta le piattaforme petrolifere per l’estrazione di idrocarburi di proprietà della società contribuente (nella specie, l’RAGIONE_SOCIALE quale concessionaria dello Stato) situate nel tratto di mare, facente parte del demanio statale, antistante il Comune interessato. Infatti, sull’intero territorio dello Stato, ivi compreso il mare territoriale, convivono e si esercitano i poteri dello Stato contestualmente ai poteri dell’Ente regione e degli Enti locali e, in assenza di un autonomo criterio di determinazione dei limiti del territorio comunale, valgono le stesse regole dettate in materia di demarcazione del territorio nazionale, atteso che non sussistono elementi che possono far ritenere che il territorio comunale sia un’entità diversa, dal punto di vista qualitativo, dal territorio nazionale”.
Ed ha affermato, in secondo luogo, la sottoposizione ad Ici delle piattaforme petrolifere in ragione della loro classificazione catastale in categoria D7 – rilevando le speciali esigenze di un’attività industriale che, per quanto produttiva di indubbi e fondamentali riflessi sull’economia generale e sulle scelte energetiche nazionali, risponde purtuttavia ai criteri tipici dell’imprenditoria privata – in base al principio per cui: “in tema d’ICI, sono sottoposte all’imposta e classificabili nella cat. D/7, attesa la loro riconducibilità al concetto d’immobile ai fini civili e fiscali, suscettibilità di accatastamento e idoneità a produrre reddito proprio, le piattaforme petrolifere, la cui base imponibile, in mancanza di rendita catastale, è costituita, secondo i criteri stabiliti nel D.L. n. 333 del 1992, art. 7, comma 3, penultimo periodo, convertito in L. n. 359 del 1992, dall’ammontare, al lordo delle quote di ammortamento, che risulta dalle scritture contabili” (Cass. 30/09/2016), n.19510).
‘ Orbene, quanto affermato nella sentenza in oggetto – richiamata anche in altro ricorso per cassazione tra le stesse parti (n. 25602/13) relativo a precedenti annualità Ici e chiamato alla stessa udienza del presente – dà conto di tutte le problematiche e contestazioni dedotte nei motivi in esame dal Comune di Termoli, accogliendone le tesi; con la conseguenza che si ritiene sufficiente richiamare la motivazione delle suddette sentenze nn. 13794/05 e 3618/16, da aversi qui per intero recepite ‘ (Cass. 30/09/ 2016, n.19510).
6.2. Non è vero, dunque, da un lato che il Comune non avrebbe rispettato le previsioni del suo Regolamento al fine di determinare la base imponibile ai fini della TASI e, dall’altro , che la CTR avrebbe errato nell’applicare il metodo contabile alla TASI.
La stima delle piattaforme petrolifere, prive di un mercato di riferimento, non può, infatti, avvenire in forma diretta-comparativa, ma esclusivamente in base ai valori contabili. Di talchè, fino al momento della richiesta dell’attribuzione della rendita catastale, il valore è determinato: alla data di inizio di ciascun anno solare ovvero, se successiva, alla data di acquisizione; sulla base dell’ammontare (costo storico di acquisto o di costruzione), al lordo delle quote di ammortamento, che risulta dalle scritture contabili, secondo i criteri stabiliti nell’art. 3, comma 3, penultimo periodo del decreto -legge n. 333 del 1992, convertito in legge n. 359 del 1992; applicando per ciascun anno di formazione gli appositi coefficienti di adeguamento, aggiornati ogni anno con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze. Il costo di acquisto o di costruzione rilevante va inteso come valore iscritto in bilancio ovvero: il costo originario di acquisto o di costruzione, comprensivo del costo del terreno; i costi incrementativi sostenuti; le rivalutazioni previste da specifiche disposizioni di legge; le rivalutazioni effettuate dalle imprese di assicurazione (art. 36 della legge 10 giugno 1978 n. 295); le rivalutazioni economiche comunque effettuate; delle valutazioni effettuate in sede di fusione. Tutto ciò
come risultante dalle scritture contabili al 1° gennaio dell’anno in riferimento per il quale è dovuta l’IMU.
6.3. Alla luce dei precedenti giurisprudenziali sopra menzionati, che si intende richiamare e rispetto ai quali non vi è ragione di discostarsi (anche con riferimento al ricorso al criterio contabile per la determinazione della base d’imposta), tutti e tre i motivi dedotti risultano quindi infondati.
6.4. Né a tal fine rilevano la circostanza che la piattaforma si trovi a 22 km dalla costa cioè, a dire del ricorrente, oltre i confini del Comune di Tortoreto, definiti dallo Statuto Comunale e dalla cartografia ufficiale dell’ISTAT, o la deduzione, pur suggestiva, che il mare non può essere riferito al territorio comunale (anche per la riserva di competenza in favore dello Stato) e i beni infissi nel mare non sarebbero paragonabili a quelli del demanio marittimo, anche perché la piattaforma NOME è di proprietà privata.
Sul punto vanno infatti richiamati i principi già espressi da questa Corte, la quale ha evidenziato (Cass. 27/06/2005, n. 13794) che: ‘Sull’intero territorio dello Stato, ivi compreso il mare territoriale, convivono e si esercitano i poteri dello Stato contestualmente ai poteri dell’Ente regione e degli Enti locali. Non è configurabile, quindi, che su una porzione “del territorio inteso in senso lato su cui si esercita la sovranità dello Stato” non convivano i poteri delle autorità regionali e locali. Se infatti, per assurdo, su parte di questo territorio, ricoperto dal mare territoriale, non venissero esercitati i poteri amministrativi della Regione e del Comune, ne deriverebbe la necessaria conseguenza che, nell’ipotesi di costruzione su palafitte nel mare territoriale, i Comuni non avrebbero nessuna possibilità di esercitare le funzioni amministrative loro proprie.
Fermo restando che concettualmente è sempre esistita una potestà dell’esercizio dei poteri degli Enti locali nell’ambito del mare territoriale perché non può che esserci coincidenza fra sovranità dello Stato e
concorrente esercizio dei poteri degli Enti regionali e locali, sarebbero comunque inconcepibili delle zone franche nelle quali mentre sussiste il potere dello Stato non sussiste il concorrente potere ai fini amministrativi degli Enti locali e regionali.
L’art. 118 della Costituzione recita: “I Comuni, le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze”.
Il territorio nazionale – intesa tale espressione come spazio nell’ambito del quale si esercita la potestà d’imperio dello Stato – comprende, oltre la terraferma, anche il mare territoriale. Non si può quindi negare che, in assenza di un autonomo criterio di determinazione dei limiti del territorio comunale, debbono valere al riguardo le stesse regole dettate in materia di demarcazione del territorio nazionale, atteso che non sussistono elementi che possono far pensare che il territorio comunale sia un’entità diversa, dal punto di vista qualitativo, dal territorio nazionale. Nè, d’altra parte, il fatto che siano stati espressamente conferiti allo Stato determinati poteri autoritativi aventi ad oggetto attività che si svolgono sul mare territoriale può significare che si sia voluto impedire ad altre autorità amministrative di esercitare il loro potere sul medesimo bene.
È incontrovertibile che nella stessa circoscrizione territoriale statuale agisce anche il Comune, quale ente pubblico autonomo e autarchico, e che tutto il territorio della Repubblica è diviso in Comuni, per cui non possono sussistere parti di territorio dello Stato italiano, e aggregati di persone viventi sullo Stato italiano, che non appartengano ad un Comune.
Ulteriore conferma la troviamo nelle autorizzazioni che debbono essere rilasciate dalla Capitaneria di porto, nelle quali si precisa che le concessioni comunali relative alle strutture che insistono sul lidi demaniali vengono individuate nel Comune di appartenenza, e quindi
l’ambito del territorio comunale, per i poteri di sua competenza, deve essere necessariamente esteso anche al mare territoriale che lambisce detto territorio.
Qualsivoglia provvedimento amministrativo, per l’indicazione dell’ubicazione di un bene, deve infatti darsi carico di indicare il Comune in cui detto bene si trova, non potendo esistere beni immobili non facenti parte di alcun Comune’ .
Ai fini fiscali, la piattaforma marina è quindi pur sempre riferibile, quanto ai servizi, all’amministrazione comunale, con la conseguenza che l’ambito territoriale su cui questa esplica il proprio potere, per quanto sopra detto, coinvolge anche l’area occupata dalle piattaforme, che, in conseguenza, sono soggette ai relativi tributi (nella fattispecie IMU e TASI).
6.5. Del resto, la giurisprudenza, ai fini dell’applicazione dell’imposta , ha già chiarito, ad esempio, che sono tassabili anche gli specchi d’acqua destinati ad ormeggio e nautica da diporto (Cass.n. 11669/21 ed altre), dovendosi fare riferimento ad un concetto esteso di immobile, comprensivo anche degli edifici galleggianti ancorati, ex art. 812 c.c.
6.6. Né può ritenersi che il bene immobile in questione vada esente da imposta perché, a detta del ricorrente, sarebbe accatastabile in categoria E/3, in quanto attività strumentale al servizio pubblico di approvvigionamento e di distribuzione degli idrocarburi. Da un lato, infatti, trattasi di immobili funzionali allo svolgimento di attività, svolta in regime imprenditoriale e produttiva di reddito, dall’altro , non si tratta di beni privi di autonomia funzionale e reddituale, né essi risultano immediatamente destinati ad un servizio pubblico (sui limiti residuali di riconoscibilità della categoria catastale E, si rinvia all’ampia giurisprudenza in materia: Cass.n.27544/24; n. 5070/19; n. 12741/18 e molte altre).
6.7. Il motivo è dunque infondato.
Con il quinto motivo di ricorso, la società ricorrente contesta, con specifico riguardo alla TASI, la violazione dell’articolo 52 del d.lgs. n. 446 del 1997, anche in combinato disposto con l’art. 5 comma 3 del Regolamento IUC del Comune di Tortoreto, in relazione all’art. 360, co 1^ n. 3 c.p.c.. In via di subordine, parte ricorrente ha denunciato profili di illegittimità costituzionale della Tasi con richiesta di incidente di costituzionalità.
La TASI presuppone, in base alla sua disciplina, la fruizione da parte del contribuente – almeno a livello potenziale – dei servizi indivisibili comunali in relazione all’immobile sito nel territorio e tale tributo, pertanto, non può essere applicato a chi possiede un bene al di fuori di quel territorio (trovandosi la piattaforma ad oltre 24 chilometri dalla costa, in alto mare), e che dunque non godrebbe nemmeno a livello potenziale di tali servizi.
7.1. Anche tale motivo è infondato
7.2. Sul punto va ribadito quanto già osservato con riferimento al secondo motivo di ricorso: anche in tema di TASI, la circostanza che una piattaforma marina si trovi dislocata in mare non esclude che ivi si svolgano attività che determino l’utilizzo dei servizi pubblici offerti dal comune, al quale invece, per vicinanza, almeno in via presuntiva, fanno finale riferimento territoriale sia le attività correlate alle persone che vi vivono e lavorano, sia i servizi e le attività ivi poste in essere, con la conseguente soggezione della stessa alle suddette imposte. Anche le piattaforme usufruiscono dei servizi indivisibili forniti dal comune costiero.
7.3. Anche tale motivo deve perciò essere respinto.
7.4. Gli invocati profili di legittimità costituzionale per contrasto con gli artt. 3 e 53 Cost., individuati da parte ricorrente nel fatto che il presupposto di imposta ‘non risiede nel riscontro della capacità contributiva costituita dal possesso di un’immobile, bensì nel finanziamento di servizi resi alla comunità territoriale (come attestato
in particolare dall’art. 1, comma 682 della legge n. 147/2013) e nel conseguente beneficio per la comunità medesima, il comma 669 dell’art. 1 della l. n. 147/2013, recante l’individuazione del presupposto del tributo, è in contrasto con gli artt. 3 e 53 Cost. nella parte in cui non prevede che è escluso da TASI il soggetto passivo che nemmeno a livello potenziale ed in astratto è in grado di fruire dei servizi resi dal Comune a beneficio della comunità territoriale (come è, nel caso di specie, per una piattaforma petrolifera sita a 24 km dalla costa e dal territorio in cui il Comune fornisce i servizi medesimi) ‘ , è dunque sconfessata dalle considerazioni che precedono: anche se a distanza dalla costa le piattaforme petrolifere, pur sempre collocate sul territorio statale anche se fiscalmente riferito al comune costiero, beneficiano dei servizi offerti dai comuni. Il che rende manifestamente infondato il dubbio rassegnato di legittimità costituzionale, tanto con riguardo all’art. 3 Cost. (diseguaglianza ravvisandosi, se mai, nella opposta ipotesi di esclusione dal tributo), quanto con riguardo all’art. 53 Cost. (sussistendo la menzionata correlazione funzionale tra il tributo ed i servizi indivisibili offerti e fruibili).
Il ricorso va dunque rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza, e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.
In conseguenza dell’esito del giudizio ricorrono i presupposti processuali per dichiarare la sussistenza dei presupposti per il pagamento di una somma pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, com ma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 6.500,00 per compensi oltre alle spese
forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 12/03/2025 .