Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 13793 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 13793 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 23/05/2025
ICI IMU Accertamento
ORDINANZA Interlocutoria
sul ricorso iscritto al n. 23687/2023 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE (00484960588), in persona del suo legale rappresentante p.t. , rappresentata e difesa dalla prof. avvocato NOME COGNOMECODICE_FISCALE EMAIL e dall’avv ocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE; EMAIL;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (P_IVA), in persona del suo legale rappresentante p.t. , rappresentata e difesa dall’avv ocato NOME COGNOMECODICE_FISCALE; EMAIL e dall’avv ocato NOME COGNOMECODICE_FISCALE; EMAIL);
-controricorrente – avverso la sentenza n. 934/2023, depositata il 10 ottobre 2023, della Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia -Romagna;
udita la relazione della causa, svolta nella pubblica udienza del 12 marzo 2025, dal Consigliere dott. NOME COGNOME uditi gli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME per parte ricorrente, l’avvocato NOME COGNOME per la controricorrente; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott.ssa NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che la Corte , disattesa l’istanza di rinvio, respinga il ricorso.
Rilevato che:
RAGIONE_SOCIALE sulla base di diciotto motivi, ricorre per la cassazione della sentenza n. 934/2023, depositata il 10 ottobre 2023, con la quale la Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia -Romagna ha disatteso, previa riunione, gli appelli proposti avverso le (quattro) decisioni di prime cure che, a loro volta, avevano rigettato le impugnazioni di venti avvisi di accertamento emessi per il recupero a tassazione dell’IMU dovuta dalla contribuente, per gli anni 2016 e 2017, in relazione al possesso di piattaforme marine site nel mare territoriale Adriatico per la coltivazione di giacimenti di idrocarburi che si trovano nel sottofondo dello stesso mare;
RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso;
le parti hanno depositato memorie con congiunta richiesta di rinvio della trattazione del ricorso.
Considerato che:
– il complesso, e articolato, ordine logico delle censure ne consiglia una preliminare suddivisione per aggregazione delle questioni che ne formano oggetto, così come, del resto, operato dalla stessa ricorrente;
-quanto, dunque, alla sussistenza del potere impositivo e della legittimazione attiva «ai fini IMU in relazione alle piattaforme marine, in capo al Comune e-o allo Stato», la ricorrente denuncia:
2.1 -ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione di legge con riferimento al d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, art. 8, alla l. 5 maggio 2009, n. 42, art. 12, lett. a ), alla l. 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 639, al d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 4, alla l. 27 dicembre 2019, n. 160, art. 1, comma 742, (ancora) alla l. n. 42 del 2009, cit., art. 2, comma 2, lettere e ), p ), hh ), nonché art. 10, lett. d );
si assume, in sintesi, che -venendo in considerazione «un ‘tributo proprio’ degli enti locali » – la titolarità del potere impositivo deve correlarsi alla circoscrizione territoriale del Comune nel cui territorio « si trova (in toto, o nella sua parte prevalente) l’immobile il cui possesso costituisce presupposto d’imposta in base alla legge », così che laddove l’unità immobiliare venga a trovarsi al di fuori del territorio comunale l’Ente ne riuscirebbe privo di potere impositivo;
si soggiunge, quindi, che -spettando il potere impositivo al Comune, non anche allo Stato, e pur a riguardo degli «immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D» -dalle disposizioni di legge che ne identificano la titolarità – «anche per via della loro connessione con il territorio comunale prevista dai principi di correlazione e del beneficio recati dall’art. 2, comma 2, lettere e), p) hh), nonché art. 10, lett. d), l. n. 42/2009» – consegue che deve escludersi che i Comuni abbiano una qualche potestà impositiva al di fuori della loro circoscrizione territoriale (che non ricomprende il mare) e che il presupposto del tributo locale possa configurarsi rispetto alle piattaforme marine;
2.2 -ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione di legge in relazione al d. lgs. n. 23 del 2011, art. 8, alla l. n. 42 del 2009, art. 12 lett. a ), alla l. n. 147 del 2013, art. 1, comma 639, al d.lgs. n. 504 del 1992, art. 4, alla l. n.
160 del 2019, art. 1, comma 742, (ancora) alla l. n. art. 2, comma 2, lettere e), p), hh), nonché art. 10, lett. d);
deduce la ricorrente che -così come può desumersi dallo stesso Statuto comunale, e dal « Regolamento per l’Istituzione e il funzionamento dei consigli territoriali» (approvato con deliberazione del Consiglio Comunale n. 104/2012, e modificato con deliberazione n. 74/2015) -il mare non fa parte del territorio comunale e (piuttosto) ne rappresenta un confine;
-non sussiste, dunque, un «mare comunale» sul quale l’Ente locale possa esercitare il proprio potere impositivo e la stessa sussistenza di specifici poteri amministrativi, in capo ad altra autorità (la Capitaneria di Porto), relativamente alle piattaforme marine «non permette in alcun modo di dedurre che anche il Comune di Ravenna abbia (altri) poteri in relazioni alle stesse»;
non può, pertanto, ritenersi legittimo il riferimento al criterio dell’antistanza (seguito nella sentenza impugnata) «in quanto non previsto dalla legge» e solo a seguito del l’introduzione dell’IMPi (d.l. 26 ottobre 2019, n. 124, art. 38, conv. in l. 19 dicembre 2019, n. 157) la relativa disciplina attuativa (d.m. 28 aprile 2022) ha individuato « un’area marina di competenza comunale »;
2.3 -ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione dei principi di correlazione e del beneficio recati dall’art. 2, comma 2, lettere e ), p ) hh ), nonché art. 10, lett. d ), l. n. 42/2009;
assume la ricorrente che la connotazione di imposta locale dell’IMU « rende consustanziale al tributo la relazione esistente tra la collocazione fisica dell’immobile e il territorio comunale, nel senso che tale collocazione costituisce la giustificazione dell’attribuzione del gettito al relativo Comune e segna il limite inva licabile all’esercizio del potere impositivo del Comune stesso.», e ciò nel senso che
l’imposizione « si giustifica in quanto i soggetti passivi risultano immediati beneficiari dei servizi e delle attività gestionali dei comuni.»; – così come, del resto, confermato dalle disposizioni della l. n. 42 del 2009, cit., sussiste una «inscindibile connessione tra imposizione locale e soggetto passivo dell’imposizione/beneficiario dei servizi », connessione che, dunque, difetta non costituendo il fondale marino e il sovrastante mare parte del territorio del Comune;
2.4 -ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione «dei principi recati da Corte Cost. n. 21/1968 e Cass. SS.UU., n. 18574/2016» nonché delle disposizioni di legge di cui all’art. 118 Cost., al d.lgs. n. 504 del 1992, art. 4, alla l. n. 160 del 2019, art. 1, comma 742;
– nel ribadire che il territorio degli enti locali non ricomprende anche il mare, assume, in sintesi, la ricorrente che «per tassare le piattaforme marine bisogna operare in via analogica, ‘come se’ esse fossero sul territorio del Comune, o ‘come se’ il mare fosse territorio del Comune, andando così a colpire ex novo beni (quelli siti in mare) che altrimenti sarebbero rimasti non incisi», con una conseguente applicazione analogica della normativa del tutto «inammissibile per una duplice ragione: perché ‘ contra legem ‘ e quindi non vi è alcuna lacuna da colmare (in quanto l’art. 4, d. lgs. n. 504/1992, e il comma 742 dell’art. 1, l. n. 160/2019, come detto, non permettono la tassazione da parte dei Comuni ai fini ICI e IMU al di fuori del loro territorio); e perché codesta ecc.ma Corte, in termini più generali, ha già avuto modo di negare l’analogia in ambito tributario .»; e tanto che «per istituire un mare di competenza Comunale che permetta di individuare l’ente accertatore di ciascuna piattaforma marina, si è reso necessario un intervento normativo (il DM 28 aprile 2022, attuativo dell’IMPI di cui all’art.38, d.l. n. 124/2019). »;
ragioni, queste, che non consentirebbero di convenire con il rilievo secondo il quale «non può che esserci coincidenza fra sovranità dello Stato e concorrente esercizio dei poteri degli Enti regionali e locali, sarebbero comunque inconcepibili delle zone franche nelle quali mentre sussiste il potere dello Stato non sussiste il concorrente potere ai fini amministrativi degli Enti locali e regionali» (Cass., 27 giugno 2005, n. 13794);
2.5 -ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione di legge con riferimento all’art. 118 Cost., al d.lgs. n. 504 del 1992, artt. 3 e 4, alla l. n. 160 del 2019, art. 1, comma 742;
premesso che in tanto può parlarsi di demanio in quanto vengano in considerazione beni propri dello Stato -così che alle piattaforme marine non sarebbero estensibili le disposizioni del codice della navigazione, e del relativo regolamento, che hanno riguardo alle opere insistenti (anche) nel mare territoriale -assume, in sintesi, la ricorrente che -diversamente da quanto ritenuto dalla Corte (Cass., 24 febbraio 2016, n. 3618), e così come confermato dalla giurisprudenziale costituzionale (Corte Cost., 17 aprile 1968, n. 21) l’esercizio del potere impositiv o non può essere genericamente ricondotto all’esercizio della sovranità statuale (sul mare territoriale) correlandosi il potere impositivo dell’Ente locale alle specifiche disposizioni di legge che lo conformano e non derivando i poteri dei Comuni ex se « dal fatto di essere ‘una porzione dello Stato sovrano’ »;
dalla sovranità dello Stato sul mare territoriale, pertanto, non può discendere « in automatico la legittimazione e l’esistenza in capo ai Comuni del potere di accertare ai fini ICI (e poi IMU) ciò che si trova in mare»;
2.6 -ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione di legge con riferimento all’art. 2697
cod. civ., ed al d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 7, comma 5 bis , 53, comma 1;
premesso che essa esponente aveva specificamente contestato con l’appello la legittimazione attiva del Comune di Ravenna a riguardo delle piattaforme marine riprese a tassazione, deduce la ricorrente che -in disparte lo stesso difetto di regole volte a correlare il mare territoriale ad uno specifico Ente locale -non poteva essa stessa ritenersi tenuta ad indicare «un diverso Comune eventualmente competente all’accertamento » laddove era onere di controparte di provare detta propria legittimazione;
2.7 -ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. o, in subordine, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione di legge con riferimento a d. lgs. n. 23 del 2011, art. 8, alla l. n. 42 del 2009, art. 12 lett. a ), alla l. n. 147 del 2013, art. 1, comma 639, al d.lgs. n. 504 del 1992, artt. 3 e 4, alla l. n. 160 del 2019, art. 1, comma 742, (ancora) alla l. n. 42 del 2009, art. 2, comma 2, lettere e), p), hh), nonché art. 10, lett. d) , all’ art. 118 Cost.;
con la censura in esame -in via di subordine articolata sul parametro della violazione di legge – la ricorrente deduce che la gravata sentenza -nel fraintendere le stesse ragioni poste a fondamento del gravame relativamente all’insussistenza del potere impositivo comunale al di fuori del relativo territorio di competenza -aveva finito per non pronunciare sui corrispondenti motivi di appello, «affermando che le piattaforme si trovano sul territorio (marino) dello Stato quindi sono state correttamente tassate» e così incorrendo nella violazione dell’art. 112 cod. civ. ;
-con riferimento, ora, ai motivi di ricorso che involgono la dedotta carenza del presupposto oggettivo per l’applicazione dell’imposta , la ricorrente denuncia:
3.1 -ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione di legge con riferimento al d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, art. 8, al d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 13, comma 2, conv. in l. 22 dicembre 2011, n. 214, al d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, artt. 1 e 2, in combinato disposto col r.d.l. 13 aprile 1939, n. 652, art. 4, ed il d.m. 2 gennaio 1998, n. 28, art. 3;
-assume, in sintesi, la ricorrente che il presupposto d’imposta, con riferimento tanto all’ICI quanto all’IMU, si correla al possesso di un fabbricato che sia effettivamente iscritto in catasto, o che almeno sia suscettibile di iscrizione, con conseguente stretta correlazione tra imponibilità e accatastabilità;
-non riuscirebbe, pertanto, legittima l’imposizione di immobili che, pur esistenti nel territorio dello Stato, non siano suscettibili di accatastamento laddove la stessa nozione di territorio dello Stato, ai fini ICI-IMU, fa riferimento alla sola terraferma;
3.2 -ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione di legge in relazione al d.lgs. n. 23 del 2011, art. 8, al d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 13, comma 2, conv. in l. 22 dicembre 2011, n. 214, al d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, artt. 1 e 2, in combinato disposto col r.d.l. 13 aprile 1939, n. 652, art. 4, ed il d.m. 2 gennaio 1998, n. 28, art. 3, art. 812 cod. civ.;
deduce la ricorrente che la legislazione esclude la rilevanza catastale dei beni siti in mare considerato (anche) che, secondo la stessa disposizione di cui all’art. 812 cod. civ., le piattaforme marine saldamente ancorate al fondale marino -non possono considerarsi beni immobili;
-l’art. 812 cit. individua tassativamente gli immobili – e tra essi il suolo -senza però ricomprendervi il mare e il relativo fondale; « né possono essere ‘reputati’ immobili le piattaforme saldamente connesse al fondale marino, poiché l’art. 812 comma 2 c.c. attribuisce
la natura immobiliare alle costruzioni che -benché non incorporate nel suolo -siano galleggianti o sospese (e le piattaforme non sono né galleggianti né sospese, ma ‘infisse’ nel fondale marino) e saldamente connesse in modo permanente per la loro utilizzazione a specifici elementi della terraferma (l’alveo o la riva) diversi dal fondale marino.»;
in definitiva, le piattaforme marine «sono impianti industriali trasferiti con atti di cessione di ramo d’azienda, o con atti di conferimento, senza tuttavia che a ciò consegua alcuna trascrizione sul pubblico registro immobiliare ‘contro’ il dante causa, e ‘a favore’ dell’avente causa: si tratta di beni non iscritti e non iscrivibili nei pubblici registri immobiliari, e sono soggetti ad un differente regime di pubblicità.»;
soggiunge la ricorrente che il Catasto dei terreni, il NCEU e il Catasto dei fabbricati non comprendono il mare ed il relativo fondale ed il «territorio di rilevanza catastale coincide con la somma dei territori dei Comuni (che non ricomprende il mare) e con il territorio dello Stato (inteso in senso proprio, come terraferma)»;
fogli e particelle catastali -che costituiscono il fondamento della cartografia catastale di terreni, e fabbricati, – non hanno mai compreso il mare, e il relativo fondale, così che hanno riguardato la sola terraferma;
3.3 -ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione delle istruzioni per l’accatastamento degli opifici di cui alla circolare n. 6/T del 2012, legificata dal comma 244 dell’art. 1 della L. n. 190 del 29 dicembre 2014 ;
nel ribadire il difetto di inventariazione catastale delle piattaforme marine, deduce la ricorrente che (proprio) dalla citata circolare, così come oggetto di codificazione normativa, può desumersi che le condotte petrolifere (indicate a titolo meramente esemplificativo)
debbano essere censite in catasto «quando insistono sulla terraferma, ma non devono esserlo quando si trovano sul fondo del mare.»; ne consegue che «lo stesso bene, normalmente accatastabile se posto sulla terraferma, non lo è più dal momento in cui si trova sul fondale marino, sicché esso non concorre alla determinazione della rendita catastale dell’opificio »;
3.4 -ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione della l. 2 febbraio 1960, n. 68, in particolare, degli artt. 1, 8 e 12, in combinato disposto con la Risoluzione n. 3/DF del 1° giugno 2016;
premesso che nessuna delle (pur) numerose piattaforme in disponibilità di essa esponente era mai stata accatastata -né, in relazione alle stesse, era stato avviato da un qualche Comune il procedimento finalizzato alla relativa iscrizione coattiva in catasto (l. 30 dicembre 2004 n. 311, art. 1, commi 336 e s.) -assume la ricorrente che la non accatastabilità delle piattaforme marine aveva formato oggetto di (plurime) indicazione in atti di prassi dell’amministrazione, essendo stata ribadita nella risoluz ione 3/DF del 1° giugno 2016 , e nella risoluzione 8/DF, del 16 dicembre 2000 ( ove si era, per l’appunto, esclusa l’applicabilità alle piattaforme marine, in quanto insuscettibili di
accatastamento, delle peculiari regole di determinazione della rendita catastale poste dalla l. 28 dicembre 2015, n. 208, art. 1, comma 21), oltrechè in più risalenti atti di prassi (nota del 18 novembre 2008, dell’Agenzia del Territorio , comunicazione del Dipartimento del Territorio n. C3/18221 del 9 maggio 2000 e Nota dell’ Agenzia del Territorio n. 15131/05 del dicembre 2005);
3.5 -ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione della l. 27 dicembre 2017, n. 205, art. 1, comma 728;
assume la ricorrente che (anche) dalla disposizione normativa in esame (volta a definire i limiti della tassazione di rigassificatori, e con riferimento alla «nozione di fabbricato assoggettabile ad imposizione») possono trarsi indicazioni a conferma della non accatastabilità (e tassabilità) dei beni siti in mare, in quanto dal relativo dibattito parlamentare (risposta scritta del governo a interrogazione 5-00481 COGNOME: Assoggettamento all’imposta municipale unica delle piattaforme di rigassificazione ubicate in acque territoriali) era emerso che il governo aveva precisato che «1) la norma in esame è eccezionale e riguarda solo i rigassificatori ( rectius , la porzione abitativa dei rigassificatori) e non le piattaforme marine; 2) le piattaforme marine non sono accatastabili e non sono tassabili ai fini IMU; 3) comunque detto art. 1, comma 728 si applicherà ai rigassificatori ma solo in futuro, dopo che saranno emanate le norme tecniche per il relativo accatastamento, attualmente inesistenti.»;
3.6 -ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione del r.d.l. 13 aprile 1939, n. 652, art. 5;
assume la ricorrente che, ad ogni modo, le piattaforme marine -deputate alla coltivazione del giacimento marino ed al relativo conferimento degli idrocarburi estratti (a centrali di trattamento a terra, cui sono collegate mediante condutture sottomarine) -in quanto sprovviste di autonomia funzionale e reddituale, non risulterebbero
legittimamente accatastabili perchè ex se inidonee a produrre un reddito proprio;
3.7 -ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione del r.d.l. 13 aprile 1939, n. 652, artt. 4 e 5 e del d.m. 2 gennaio 1998, n. 28, art. 2;
nel reiterare le deduzioni già svolte a riguardo tanto dei limiti territoriali di impianto del catasto quanto di presupposto impositivo del tributo, la ricorrente assume, per l’appunto, che le piattaforme marine non possono considerarsi alla stregua di unità immobiliari urbane e che il cennato presupposto di imposta implica il possesso di un fabbricato accatastato o, ad ogni modo, suscettibile di accatastamento, e non già «il possesso di un qualunque immobile a prescindere dal requisito – per il fabbricato – della accatastabilità.»;
-con riferimento, ora, alle censure che hanno ad oggetto le interrelazioni regolative, e le conseguenti ricadute interpretative, correlate alla sopravvenuta introduzione dell’ Imposta immobiliare sulle piattaforme marine (IMPi), la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione del d.l. 26 ottobre 2019, n. 124, art. 38, conv. in l. 19 dicembre 2019, n. 157, e del d.m. 28 aprile 2022;
premesso che alla nuova imposizione (così) delineata con riferimento al possesso di piattaforme marine non possono ascriversi effetti retroattivi, – né contenuti di interpretazione autentica di (insussistenti) previgenti disposizioni normative, – assume, in sintesi, la ricorrente che -come reso esplicito dalla stessa relazione di accompagnamento del d.l. n. 124/2019 (ed anche da un’audizione parlamentare) -le nuove disposizioni hanno inteso «superare i due elementi (la carenza di presupposto impositivo, e la carenza di legittimazione attiva oltre la propria circoscrizione) che precludevano la tassazione (ICI e IMU) delle piattaforme marine, beni, questi, che,
pertanto, vengono (così) per la prima volta presi in considerazione a fini impositivi;
non sussiste, dunque, alcuna continuità regolativa tra le discipline previgenti, in tema di imposizione immobiliare locale ordinaria, e quella di nuovo conio che, per l’appunto, delinea, in termini innovativi, il presupposto del tributo (correlato al mero possesso di una piattaforma marina sita nel mare territoriale, indipendentemente dal requisito della sua accatastabilità) nonché i criteri di determinazione di potestà impositiva e legittimazione attiva all’accertamento (individuati dal d.m. 28 aprile 2022 sulla base «dei Poligoni di Thiessen» cui, per il passato, le amministrazioni comunali non avevano mai fatto riferimento, diversamente ricorrendo ai più vari criteri di identificazione della propria potestà impositiva);
-a riguardo, ora, dei criteri di determinazione della base imponibile del tributo liquidato, – e con specifico riferimento alla tassazione di impianti e macchinari -la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione della l. 28 dicembre 2015, n. 208, art. 1, commi 21 e ss.;
si assume, in sintesi, che -in ragione della portata sostanziale delle nuove disposizioni di perimetrazione degli elementi rilevanti ai fini della determinazione della rendita catastale, tale, dunque, da importar ne l’applicazione (anche) laddove difetti una dichiarazione di variazione docfa (a fronte di un preesistente classamento operato senz’alcuna considerazione degli elementi ex novo sottratti alla determinazione della rendita catastale) ovvero difetti (del tutto) lo stesso accatastamento -la base i mponibile dell’IMU non poteva, nella fattispecie, determinarsi secondo il valore intero delle piattaforme marine rispese a tassazione, in quanto:
la stessa piattaforma, nella sua integrale composizione ( id est la struttura costituita dal Jacket e dal Deck , ossia, rispettivamente, i pali
poggianti sul fondale marino e il piano di lavoro sorretto dai pali), risponde alla nozione di impianto non tassabile, secondo dicta della giurisprudenza di legittimità a detta nozione dovendosi ricondurre (anche) le componenti immobiliari (quali pali e tralicci che sorreggono gli aerogeneratori delle pale eoliche) funzionali allo specifico processo produttivo;
andava quantomeno rideterminato l ‘elenco delle voci contabili tassate -così come utilizzato dall’Ente impositore su documentazione messa a disposizione da essa esponente – per escludere dalla tassazione quelle voci relative a macchinari e impianti (quali, esempio, separatore gas, serbatoio Comec, gruppi elettrici emergenza, ecc.) distinti e ulteriori dalle piattaforme in senso proprio (Jacket e Deck);
6. -con riferimento, poi, alla dedotta esenzione delle piattaforme, a fini IMU, la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione del d.lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. b ), assumendo, in sintesi, che -avuto riguardo alla immediata e diretta strumentalità delle piattaforme al servizio pubblico di approvvigionamento e di distribuzione degli idrocarburi (così come espressamente riconosciuto, con riferimento alle opere necessarie per la ricerca, la coltivazione e la raccolta degli idrocarburi, nella nota prot. n. C3/18221 del 9 maggio 2000 del Ministero delle Finanze, Compartimento del Territorio -Direzione Centrale del Catasto) -andava fatta applicazione, nella fattispecie, della causale di esenzione prevista con riferimento a fabbricato classificabile in categoria E/3 (piuttosto che in quella tassabile D/7);
-con riferimento, da ultimo, alla pur sollecitata disapplicazione delle sanzioni, la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 6, comma 2, deducendo che -secondo dicta della stessa giurisprudenza di legittimità -sussisteva, nella fattispecie, obiettiva
incertezza normativa tenuto conto della difficoltà di confezione della formula dichiarativa della norma giuridica e di determinazione del significato della formula dichiarativa individuata nonché per la ricorrenza di orientamenti giurisprudenziali contrastanti oltrechè di un contrasto tanto tra prassi amministrativa e orientamento giurisprudenziale quanto tra opinioni dottrinali;
d ifatti, nonostante l’orientamento interpretativo inaugurato dalla Corte nell’anno 2016, in sede amministrativa si era in più occasioni ribadito che le piattaforme marine non potevano ritenersi né accatastabili né tassabili; e, per di più, lo ius superveniens recante rideterminazione dei criteri di determinazione della rendita catastale (l. n. 208 del 2015, art. 1, comma 21, cit.) integrava un profilo giuridico della tassazione delle piattaforme marine che non era mai stato affrontato dalla Suprema Corte;
-come anticipato, le parti hanno depositato memorie con congiunta richiesta di rinvio della trattazione del ricorso, in particolare segnalando che «nelle more dei fatti di causa … si è sviluppato un generale riassetto dei rapporti intercorrenti tra RAGIONE_SOCIALE e il Comune di Ravenna orientato ad un loro miglioramento, per effetto del quale gli stessi, ad oggi, risultano avere una nuova e diversa composizione -attualmente in corso di definizione e formalizzazione -rispetto al momento in cui il ricorso per cassazione è stato notificato» nonché che «sebbene lo stato di definizione dei rapporti reciproci tra ENI e Comune di Ravenna sia in stato avanzato, la complessità delle questioni trattate e dell’iter di approvazione e autorizzazione di ciascuna parte comporta che, verosimilmente, le procedure non si saranno concluse alla data del 12 marzo 2025 per cui è prevista la predetta udienza pubblica»;
gli stessi (sopra) ripercorsi motivi di ricorso danno conto della (particolare) articolazione, e della stessa complessità, delle questioni che si intendono definire in via stragiudiziale (v. Cass., 30 gennaio
2024, n. 2797 quanto alla inammissibilità di un’istanza di conciliazione in udienza), soluzione, questa, che lo stesso dato legislativo prende in considerazione con riferimento (anche) «alle controversie pendenti davanti alla Corte di Cassazione» ;
le questioni devolute al giudizio, ed i dati esposti nella congiunta richiesta delle parti, rendono, pertanto, opportuno il rinvio a nuovo ruolo della trattazione del ricorso per consentire alle parti il pieno svolgimento delle attività necessarie alla prospettata composizione stragiudiziale della controversia.
P.Q.M.
La Corte, rinvia la trattazione del ricorso a nuovo ruolo per consentire alle parti il perfezionamento del prospettato accordo stragiudiziale. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 12 marzo 2025.