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Tassazione per enunciazione: stop da Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 2633/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso dell’Agenzia delle Entrate in un caso di tassazione per enunciazione. L’Agenzia voleva tassare un contratto di prestazione professionale menzionato in un decreto ingiuntivo. La Corte ha confermato che, per applicare l’imposta, l’atto enunciato deve essere identificabile con certezza dal solo contenuto dell’atto registrato, senza indagini esterne. La valutazione del giudice di merito su questo punto è un accertamento di fatto, non sindacabile in sede di legittimità.

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Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Tassazione per Enunciazione: la Cassazione fissa i paletti per i Decreti Ingiuntivi

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 2633 del 29 gennaio 2024, è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale per professionisti e imprese: la tassazione per enunciazione in relazione a un decreto ingiuntivo. Questa decisione chiarisce i limiti del potere impositivo dell’Agenzia delle Entrate, stabilendo che la semplice menzione di un rapporto contrattuale in un atto giudiziario non è sufficiente per far scattare l’imposta di registro. Analizziamo i dettagli di questa importante pronuncia.

Il Caso: un Decreto Ingiuntivo nel mirino del Fisco

La vicenda trae origine da avvisi di liquidazione notificati a un professionista. L’Agenzia delle Entrate, dopo la registrazione di un decreto ingiuntivo ottenuto dal professionista per il pagamento dei suoi compensi, pretendeva il pagamento dell’imposta di registro non solo sull’atto giudiziario, ma anche sul sottostante contratto di prestazione d’opera professionale. Secondo l’Amministrazione Finanziaria, il decreto ingiuntivo ‘enunciava’ il contratto, rendendo quest’ultimo soggetto a tassazione autonoma.

Il professionista si è opposto, e sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale gli hanno dato ragione. I giudici di merito hanno stabilito che il decreto ingiuntivo non conteneva ‘sufficienti elementi identificativi’ del contratto sottostante. Per questo motivo, non poteva trovare applicazione la tassazione per enunciazione. L’Agenzia delle Entrate, non soddisfatta, ha presentato ricorso per cassazione.

La Questione della Tassazione per Enunciazione

L’articolo 22 del Testo Unico sull’Imposta di Registro (D.P.R. 131/1986) prevede che se in un atto presentato per la registrazione sono enunciate disposizioni contenute in atti scritti o contratti verbali non registrati, si applica l’imposta anche su tali disposizioni. L’obiettivo è recuperare a tassazione negozi giuridici che altrimenti sfuggirebbero al Fisco.

Tuttavia, la giurisprudenza ha da tempo chiarito che non basta un semplice riferimento. Per la tassazione per enunciazione, è necessario che l’atto da registrare contenga tutti gli elementi essenziali del negozio enunciato, in modo da poterlo identificare con certezza ab intrinseco, cioè dal solo contenuto dell’atto stesso, senza necessità di ulteriori indagini o elementi esterni.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate inammissibile, basando la sua decisione su due pilastri fondamentali.

In primo luogo, ha sottolineato che la valutazione compiuta dai giudici di merito sulla sufficienza o meno degli elementi identificativi del contratto nel decreto ingiuntivo costituisce un accertamento di fatto. Tale accertamento non può essere messo in discussione in sede di legittimità, se non per vizi specifici che non erano stati correttamente dedotti dall’Agenzia. Il ricorso, pur presentato come violazione di legge, mirava in realtà a ottenere un riesame dei fatti, compito precluso alla Cassazione.

In secondo luogo, l’Agenzia aveva introdotto nel suo ricorso una nuova questione di diritto, relativa al nesso processuale tra la domanda di decreto ingiuntivo e il decreto stesso. La Corte ha ribadito il principio secondo cui nel giudizio di cassazione non possono essere sollevate questioni nuove, che non siano state oggetto di dibattito nei precedenti gradi di giudizio e che richiedano accertamenti di fatto.

Le Conclusioni della Corte

In conclusione, la Corte di Cassazione ha rigettato le pretese del Fisco e ha condannato l’Agenzia al pagamento delle spese legali. Con questa ordinanza, si rafforza un principio fondamentale a tutela del contribuente: la tassazione per enunciazione non può essere applicata in modo estensivo o presuntivo. È onere dell’Amministrazione Finanziaria dimostrare che l’atto registrato contiene una descrizione chiara, completa e autosufficiente del contratto non registrato.

Questa decisione offre maggiore certezza giuridica ai professionisti e a tutte le parti che utilizzano lo strumento del decreto ingiuntivo per il recupero dei crediti. Un semplice provvedimento monitorio, che si limita a liquidare una somma sulla base di prove scritte, non comporta automaticamente la tassazione del rapporto che ne è alla base, se i suoi elementi costitutivi non sono esplicitamente e compiutamente riportati al suo interno.

Quando un atto è soggetto a tassazione per enunciazione?
Un atto è soggetto a tassazione per enunciazione quando menziona un contratto non registrato e ne riporta tutti gli elementi costitutivi essenziali. Questi elementi devono essere identificabili ‘ab intrinseco’, cioè direttamente dal contenuto dell’atto registrato, senza la necessità di ricorrere a elementi o indagini esterne.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso dell’Agenzia delle Entrate?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile principalmente perché contestava un accertamento di fatto (la mancanza di elementi identificativi del contratto nel decreto ingiuntivo), che non può essere riesaminato in sede di legittimità. Inoltre, l’Agenzia ha introdotto una questione giuridica nuova, non discussa nei precedenti gradi di giudizio.

Cosa succede al ricorso incidentale se quello principale viene dichiarato inammissibile?
Secondo l’articolo 334 del codice di procedura civile, se il ricorso principale è dichiarato inammissibile, il ricorso incidentale tardivo (cioè presentato oltre i termini ordinari) perde la sua efficacia e non viene esaminato nel merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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