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Tassazione per enunciazione: la Cassazione chiarisce

Una società di capitali ha impugnato un avviso di liquidazione dell’imposta di registro relativo a un decreto ingiuntivo, contestando la doppia tassazione (per il decreto e per il contratto di prestazione d’opera in esso menzionato). La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che la tassazione per enunciazione si applica anche agli atti soggetti a registrazione solo in caso d’uso, a prescindere dal verificarsi di tale uso. La Corte ha chiarito che non si tratta di doppia imposizione, in quanto l’imposta di registro è un’imposta d’atto che colpisce distintamente sia il provvedimento giudiziario sia il negozio giuridico in esso enunciato.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Tassazione per enunciazione: la Cassazione fa luce sull’imposta di registro

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 2311/2024, ha fornito un’importante chiarificazione in materia di imposta di registro, specificando l’ambito di applicazione della tassazione per enunciazione. Questa pronuncia affronta il caso di un decreto ingiuntivo che menziona un contratto di prestazione d’opera non registrato, stabilendo principi chiari sulla debenza dell’imposta per entrambi gli atti. Analizziamo insieme la vicenda e le conclusioni dei giudici.

I fatti di causa

Una società di capitali otteneva un decreto ingiuntivo per il mancato pagamento di una fattura relativa a una prestazione professionale. Successivamente, l’Amministrazione Finanziaria notificava un avviso di liquidazione con cui richiedeva il pagamento di una doppia imposta di registro in misura fissa: una per la registrazione del decreto ingiuntivo e un’altra per il contratto di prestazione d’opera menzionato (enunciato) nel ricorso monitorio. La società contribuente impugnava l’avviso, sostenendo che l’atto enunciato non dovesse essere tassato e lamentando la carenza di motivazione dell’atto impositivo. Dopo il rigetto in primo e secondo grado, la questione è giunta all’attenzione della Corte di Cassazione.

L’analisi della Corte e la tassazione per enunciazione

Il fulcro della controversia verte sull’interpretazione dell’art. 22 del D.P.R. n. 131/1986 (Testo Unico dell’Imposta di Registro). La società ricorrente sosteneva che, essendo il contratto di prestazione d’opera soggetto a registrazione solo in caso d’uso, la sua semplice menzione in un altro atto non fosse sufficiente a far scattare l’obbligo fiscale. La Corte di Cassazione ha respinto questa tesi, offrendo una lettura rigorosa della normativa.

I giudici hanno distinto nettamente i concetti di “caso d’uso” (art. 6 del D.P.R. 131/1986) e di “enunciazione” (art. 22). Il “caso d’uso” si verifica quando un atto viene depositato presso determinate sedi (es. cancellerie giudiziarie) per essere acquisito agli atti. L'”enunciazione”, invece, è il mero richiamo, in un atto da registrare, di un altro negozio giuridico non registrato. Secondo la Suprema Corte, queste sono due ipotesi distinte e alternative che generano l’obbligo impositivo.

Il principio di diritto sulla tassazione per enunciazione

La Corte ha affermato un principio cruciale: la tassazione per enunciazione si applica anche agli atti che, di per sé, sarebbero soggetti a registrazione solo in “caso d’uso”. Il tenore letterale dell’art. 22, che prevede sanzioni solo per l’enunciazione di atti soggetti a registrazione in termine fisso, implica a contrario che anche gli altri atti enunciati (come quelli da registrare in caso d’uso) siano comunque soggetti a imposta, sebbene senza sanzioni. Pertanto, la sola enunciazione è un presupposto impositivo autonomo, che prescinde dal verificarsi di un “caso d’uso”.

Motivazioni della Decisione

La Corte ha motivato la sua decisione evidenziando diversi punti. In primo luogo, ha ritenuto infondate le censure sulla motivazione dell’avviso di liquidazione, poiché questo conteneva tutti gli elementi necessari (estremi dell’atto tassato, base imponibile, aliquote e riferimenti normativi) per consentire al contribuente di comprendere la pretesa fiscale e difendersi adeguatamente. In secondo luogo, ha escluso che si trattasse di una duplicazione d’imposta. L’imposta di registro è un'”imposta d’atto”, il che significa che colpisce ogni singolo atto giuridico previsto dalla legge. Il decreto ingiuntivo e il contratto di prestazione d’opera sono due atti giuridici distinti: il primo è un provvedimento giurisdizionale, il secondo un negozio privato. Entrambi, secondo la Corte, sono autonomamente soggetti a tassazione quando ricorrono i presupposti di legge, come in questo caso, dove uno (il decreto) è stato registrato e l’altro (il contratto) è stato in esso enunciato.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

La pronuncia della Cassazione consolida un orientamento rigoroso in materia di imposta di registro. Le imprese e i professionisti devono prestare massima attenzione quando, in atti giudiziari o altri documenti da registrare, menzionano accordi o contratti pregressi (anche verbali) non registrati. La semplice enunciazione di tali negozi può far sorgere un autonomo obbligo tributario, indipendentemente dal fatto che l’atto enunciato sia soggetto a registrazione solo in caso d’uso. Questa decisione ribadisce la natura dell’imposta di registro come tributo formale legato al singolo atto, con conseguenze pratiche significative per la redazione di documenti legali e la gestione dei relativi oneri fiscali.

Quando si applica la tassazione per enunciazione?
Si applica quando in un atto sottoposto a registrazione (come un decreto ingiuntivo) vengono menzionate le disposizioni di un altro atto scritto o contratto verbale non registrato. La sola menzione è sufficiente a far sorgere l’obbligo di pagare l’imposta di registro anche sull’atto enunciato.

La menzione (enunciazione) di un atto in un documento registrato è considerata un “caso d’uso” che fa scattare l’imposta di registro?
No. La Corte di Cassazione chiarisce che l’enunciazione e il “caso d’uso” sono due presupposti impositivi distinti e autonomi. L’obbligo di pagare l’imposta per un atto enunciato sorge a prescindere dal verificarsi di un “caso d’uso” ai sensi dell’art. 6 del D.P.R. 131/1986.

Tassare sia l’atto che enuncia (es. decreto ingiuntivo) sia l’atto enunciato (es. contratto) costituisce una doppia imposizione illegittima?
No. Secondo la Corte, non si tratta di doppia imposizione perché l’imposta di registro è un'”imposta d’atto”. Essa colpisce atti giuridici diversi e distinti: nel caso specifico, il provvedimento giurisdizionale (il decreto) e il rapporto negoziale sottostante (il contratto). Entrambi sono autonomamente soggetti a imposta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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