Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2294 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 2294 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
AVV_NOTAIO: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso 20124-2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, presso lo «RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE», rappresentata e dife sa dall’AVV_NOTAIO giusta procura speciale allegata al ricorso
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, presso l’RAGIONE_SOCIALE, che la rappresenta e difende ope legis
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 1102/2022 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 28/1/2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 18/1/2024 dal AVV_NOTAIO
COGNOME‘COGNOME
RILEVATO CHE
RAGIONE_SOCIALE propone ricorso, affidato a cinque motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la RAGIONE_SOCIALE tributaria regionale della Campania aveva respinto l’appello della contribuente avverso la sentenza n. 1844/2020, emessa dalla RAGIONE_SOCIALE tributaria provinciale di Salerno in rigetto del ricorso avverso avviso di liquidazione di imposta di registro , emesso dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, relativamente a decreto ingiuntivo n. 1097/2016, emesso dal Giudice di Pace di Nocera Inferiore a favore della ricorrente per credito vantato nei confronti di terzi («contratto di fideiussione»);
l ‘RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso
CONSIDERATO CHE
1. va preliminarmente evidenziato che l’erronea indicazione RAGIONE_SOCIALE generalità della controricorrente (RAGIONE_SOCIALE, in luogo di RAGIONE_SOCIALE) nell’epigrafe del ricorso per cassazione non ne comporta l’inammissibilità, atteso che l’effettiva identità della parte risulta individuabile in maniera non equivoca attraverso altre indicazioni, pur non risultanti dalla parte dell’atto destinata a contenerle e, segnatamente, mediante elementi desumibili dalla sentenza impugnata nonché dalla relata di notifica, con conseguente idoneità dell’impugnazione al raggiungimento del suo scopo (cfr. Cass. n. 27567 del 02/12/2020; Cass. n. 16861 del 26/06/2018);
2.1. a seguire, con il primo motivo la ricorrente denuncia, in rubrica, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., «error in procedendo – nullità della sentenza impugnata per omessa pronunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ e 36 d.Lgs. 546/1992» e lamenta che la RAGIONE_SOCIALE tributaria regionale abbia omesso di «pronunziarsi sulla censura di nullità dell’avviso di liquidazione per difetto di motivazione, il cui accertamento costituiva il fulcro della decisione di primo grado, e la cui contestazione era stata reiterata dalla società ricorrente nell’ambito RAGIONE_SOCIALE proprie difese»;
2.2. con il secondo motivo la ricorrente denuncia, in rubrica, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., « error in procedendo -nullità della sentenza impugnata per insufficiente ed apparente motivazione – violazione e falsa applicazione dell’art. 132 cod. proc. civ e 36 d.l.gs. 546/1992» e lamenta con riguardo alla sentenza impugnata la «assoluta insufficienza del corredo motivazionale» non essendo possibile individuare «le premesse in fatto e in diritto del decisum , risultando enucleato, con affermazioni meramente assertive, il solo giudizio conclusivo»;
2.3. con il terzo motivo la ricorrente denuncia, in rubrica ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., «violazione e falsa applicazione degli artt. 7 comma 1° L. n. 212/2000 e 52 comma 2 bis DPR n. 131/1986» e lamenta che la RAGIONE_SOCIALE tributaria regionale abbia erroneamente escluso la carenza motivazionale dell’avviso di liquidazione impugnato «per omessa allegazione degli atti sottoposti a tassazione»;
2.4. con il quarto motivo la ricorrente denuncia, in rubrica ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., «violazione e falsa applicazione degli artt. 22 e 40 del D.P.R. 131/1986» e lamenta che la RAGIONE_SOCIALE tributaria regionale abbia confermato la fondatezza della pretesa fiscale sebbene l’Ufficio avesse «erroneamente determinato l’imposta di registro applicando, oltre all’importo fisso dell’imposta di registro sugli atti giudiziari, l’ ulteriore somma calcolata su un … diverso rapporto» negoziale sottostante, intercorso tra le parti, e che aveva,
quindi, «originato i presupposti per la richiesta ed ottenimento del decreto ingiuntivo»;
2.5. con il quinto motivo la ricorrente denuncia, in rubrica ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., «violazione e falsa applicazione dell’art. 115 cod. proc. civ. e degli artt. 115 e 2697 cod. civ.» per avere la RAGIONE_SOCIALE tributaria regionale ritenuto legittima la tassazione del rapporto negoziale relativo ad un atto asseritamente enunciato, non individuato, neppure allegato all’avviso di liquidazione o acquisito al fascicolo processuale del provvedimento monitorio;
3.1. il primo motivo va disatteso, con assorbimento del terzo motivo;
3.2. occorre in primo luogo richiamare l’insegnamento di questa Corte secondo cui, alla luce dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo come costituzionalizzato nell’art. 111, comma secondo, Cost., nonché di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 c.p.c. ispirata a tali principi, una volta verificata l’omessa pronuncia su un motivo di appello, la Corte di cassazione può omettere la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito allorquando la questione di diritto posta con il suddetto motivo risulti infondata, di modo che la pronuncia da rendere viene a confermare il dispositivo della sentenza di appello (determinando l’inutilità di un ritorno della causa in fase di merito), sempre che si tratti di questione che non richiede ulteriori accertamenti di fatto (cfr. Cass. nn. 16171/2017, 2313/2010);
3.3. la questione posta con il primo motivo dell’odierno ricorso va quindi esaminata per verificare se possa essere decisa in astratto, prescindendo da riscontri fattuali, in quanto ove la risposta alla questione, posta nei motivi che si assumono non esaminati dal Giudice d’appello, sia negativa, si potrebbe pervenire senz’altro alla definizione del giudizio in sede di legittimità, mentre la risposta positiva dovrebbe invece portare alla cassazione con rinvio, affinché il Giudice di merito verifichi in primo luogo la sussistenza o meno RAGIONE_SOCIALE indicazioni necessarie a pena di nullità;
3.4. nella specie, la questione va risolta nel primo dei due sensi sulla base RAGIONE_SOCIALE considerazioni che seguono;
3.5. la contribuente lamenta, in particolare, il mancato esame della doglianza circa il difetto di motivazione dell’atto impugnato, che non avrebbe consentito alla contribuente «di comprendere le effettive ragioni della pretesa tributaria»;
3.6. come già affermato da questa Corte, in tema di imposta di registro su atti giudiziari, l’obbligo di motivazione dell’avviso di liquidazione, gravante sull’Amministrazione, è assolto con l’indicazione della data e del numero della sentenza civile o del decreto ingiuntivo, senza necessità di allegazione dell’atto, purché i riferimenti forniti lo rendano agevolmente individuabile, e conseguentemente conoscibile senza la necessità di un’attività di ricerca complessa, realizzandosi in tal caso un adeguato bilanciamento tra le esigenze di economia dell’azione amministrativa ed il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente (cfr. Cass. n. 11283 del 07/04/2022, Cass. n. 30084 del 26/10/2021);
3.7. in particolare, oltre a contenere una chiara e precisa indicazione del provvedimento oggetto di tassazione, è stato anche ribadito che è necessaria l’indicazione dei criteri per il calcolo dell’imposta di registro, oltre che dei riferimenti normativi e tar iffari, la base imponibile, l’aliquota e l’imposta (cfr. Cass. n. 30084/2021 cit.);
3.8. in termini più generali, la Corte ha, infatti, rilevato l’imprescindibilità dell’indicazione della base imponibile oggetto di recupero a tassazione, e RAGIONE_SOCIALE relative aliquote applicate (v., ex plurimis , Cass., 12 luglio 2018, n. 18389; Cass., 20 febbraio 2009, n. 4187; Cass., 11 giugno 2008, n. 15381);
3 .9. nella fattispecie, dunque, l’avviso di liquidazione, prodotto dalla ricorrente in allegato al ricorso in cassazione, recava precisa indicazione degli estremi dell’atto tassato (decreto ingiuntivo) nonché della base imponibile incisa e RAGIONE_SOCIALE aliquote applicate, con indicazione dei criteri tariffari di applicazione dell’imposta di registro, con conseguente infondatezza della censura della contribuente circa la carenza di motivazione dell’atto impositivo;
4.1. il secondo motivo va parimenti disatteso;
4.2. in tema di motivazione meramente apparente della sentenza, questa Corte ha più volte affermato che il vizio ricorre allorquando il giudice, in violazione di un preciso obbligo di legge, costituzionalmente imposto (Cost., art. 111, sesto comma), e cioè dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. (in materia di processo civile ordinario) e dell’omologo art. 36, comma 2, n. 4, d.lgs. n. 546 del 1992 (in materia di processo tributario), omette di esporre concisamente i motivi in fatto e diritto della decisione, di specificare o illustrare le ragioni e l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, e cioè di chiarire su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione, in tal modo consentendo anche di verificare se abbia effettivamente giudicato iuxta alligata et probata ;
4.3. l’obbligo del giudice «di specificare le ragioni del suo convincimento», quale «elemento essenziale di ogni decisione di carattere giurisdizionale» è affermazione che ha origine lontane nella giurisprudenza di questa Corte e precisamente alla sentenza RAGIONE_SOCIALE Sezioni Unite n. 1093 del 1947, in cui la Corte precisò che «l’omissione di qualsiasi motivazione in fatto e in diritto costituisce una violazione di legge di particolare gravità» e che «le decisioni di carattere giurisdizionale senza motivazione alcuna sono da considerarsi come non esistenti» (in termini, Cass. n. 2876 del 2017; v. anche Cass., Sez. U., n. 16599 e n. 22232 del 2016 e n. 7667 del 2017 nonché la giurisprudenza ivi richiamata);
4.4. alla stregua di tali principi consegue che la sanzione di nullità colpisce non solo le sentenze che siano del tutto prive di motivazione dal punto di vista grafico (che sembra potersi ritenere mera ipotesi di scuola) o quelle che presentano un «contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili» e che presentano una «motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile» (cfr. Cass. S.U. n. 8053 del 2014; conf. Cass. n. 21257 del 2014), ma anche quelle che contengono una motivazione meramente apparente, del tutto equiparabile alla prima più grave forma di vizio, perché dietro la parvenza di una giustificazione della decisione assunta, la motivazione addotta dal giudice è tale da non
consentire «di comprendere le ragioni e, quindi, le basi della sua genesi e l’iter logico seguito per pervenire da essi al risultato enunciato» (cfr. Cass. n. 4448 del 2014), venendo quindi meno alla finalità sua propria, che è quella di esternare un «ragionamento che, partendo da determinate premesse pervenga con un certo procedimento enunciativo», logico e consequenziale, «a spiegare il risultato cui si perviene sulla res decidendi » (cfr. Cass. cit.; v. anche Cass., Sez. Un., n. 22232 del 2016 e la giurisprudenza ivi richiamata);
4.5. deve quindi ribadirsi il principio più volte affermato da questa Corte secondo cui la motivazione è solo apparente – e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo – quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (cfr. Cass., Sez. U, n. 22232 del 2016; conf. Cass. n. 14927 del 2017);
4.6. in tale grave forma di vizio non incorre, dunque, la sentenza impugnata laddove i giudici di appello, statuendo sui motivi di appello incentrati sulla fondatezza della pretesa fiscale, hanno affermato che l’atto enunciato nel ricorso monitorio era stato correttamente tassato «a mente dell’art. 22 dpr 131/86, per il quale “se in un atto sono enunciate disposizioni contenute in atti scritti o contratti verbali non registrati e posti in essere tra le stesse parti intervenute nell’atto che contiene le enunciazioni, l’imposta si applica anche alle disposizioni enunciate”» e che «… i requisiti previsti dalla norma testé citata si rinven(ivano)… nel caso di specie, trattandosi di contratto intercorso fra le stesse parti del giudizio monitorio e di specifica fonte dell’obbligo pecuniario oggetto della relativa intimazione»;
5.1. il quarto ed il quinto motivo vanno esaminati congiuntamente, in quanto strettamente connessi;
5.2. richiamando i principi di diritto affermati da questa Corte (cfr. Cass. n. 28559 del 6/11/2019), occorre evidenziare che è incontestato che
il decreto ingiuntivo sia stato emesso sulla base del credito, soggetto ad IVA, riveniente da contratto di fideiussione;
5 .3. l’art. 22 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 recita come segue: «Se in un atto sono enunciate disposizioni contenute in atti scritti o contratti verbali non registrati e posti in essere fra le stesse parti intervenute nell’atto che contiene la enunciazione, l’imposta si applica anche alle disposizioni enunciate. Se l’atto enunciato era soggetto a registrazione in termine fisso è dovuta anche la pena pecuniaria di cui all’art. 69. L’enunciazione di contratti verbali non soggetti a registrazione in termine fisso non dà luogo all’applicazione dell’imposta quando gli effetti RAGIONE_SOCIALE disposizioni enunciate sono già cessati o cessano in virtù dell’atto che contiene l’enunciazione. Se l’enunciazione di un atto non soggetto a registrazione in termine fisso è contenuta in uno degli atti dell’autorità giudiziaria indicati nell’art. 37, l’imposta si applica sulla parte dell’atto enunciato non ancora eseguita»;
5 .4. ciò posto, per potersi configurare l’enunciazione, è necessario che nell’atto sottoposto a registrazione vi sia espresso richiamo al negozio posto in essere, sia che si tratti di atto scritto o di contratto verbale, con specifica menzione di tutti gli elementi costitutivi di esso che servono ad identificarne la natura ed il contenuto in modo tale che lo stesso potrebbe essere registrato come atto a sé stante;
5.5. la tassazione per enunciazione, dunque, non può operare se nell’atto soggetto a registrazione siano menzionate circostanze dalle quali possa solo dedursi che esiste tra le parti il rapporto giuridico non denunciato, essendo sempre necessario che le circostanze enunciate siano idonee di per sé stesse, e quindi senza necessità di ricorrere ad elementi non contenuti nell’atto, a dare certezza di quel rapporto giuridico;
5 .6. ciò posto, è indubbio che nell’atto enunciante (decreto monitorio) erano indicati elementi tali da consentire di identificare l’operazione negoziale enunciata sia in ordine ai soggetti che al suo contenuto oggettivo e alla sua reale portata in modo da fornire non solo la prova della sua esistenza ma da costituirne il titolo, essendo stato richiesto dalla stessa società ricorrente, nel ricorso monitorio, il pagamento di somme relative al
contratto di fideiussione in questione, come riportato nella sentenza impugnata e non contestato dalla contribuente;
5.7. ne consegue, ai fini che qui rilevano, che la contribuente ben sapeva, sin dal ricorso proposto dinanzi alla RAGIONE_SOCIALE tributaria provinciale, che la doppia tassa di registro fissa pretesa dall’ufficio riguardava il decreto ingiuntivo emesso dall’autorità giudiziaria e il contratto di prestazione d’opera professionale in esso enunciato, sicché anche la motivazione dell’avviso di liquidazione è congrua ed idonea a rappresentare al contribuente le ragioni della ripresa a tassazione;
5 .8. a seguire, richiamato il dettato dell’art. 22, dianzi trascritto, va altresì evidenziato che ai sensi, poi, del d.P.R. n. 131 del 1986, art. 6, dianzi indicato, si ha caso d’uso quando un atto si deposita, presso le cancellerie giudiziarie, nell’esplicazione di attività amministrative, o presso le amministrazioni dello Stato o degli enti pubblici territoriali e i rispettivi organi di controllo, per essere acquisito agli atti, salvo che il deposito avvenga ai fini dell’adempimento di un’obbligazione RAGIONE_SOCIALE suddette amministrazioni, enti o organi, ovvero sia obbligatorio per legge o regolamento;
5.9. occorre dunque stabilire se un atto soggetto a registrazione solo in caso d’uso, quale è l’atto in questione, è assoggettabile ad imposizione solo ed esclusivamente in tale ipotesi ovvero anche quando sia enunciato in altro atto registrato, ovvero ancora se tale enunciazione configuri o meno un caso d’uso;
5.10. rileva al riguardo la Corte che, alla stregua della stessa testuale dizione del richiamato d.P.R. n. 131 del 1986, art. 6, deve escludersi nell’ipotesi di specie che il mero richiamo dell’atto non registrato in atto registrato possa configurare un’ipotesi d’uso (cfr. Cass. n. 5946/2007 in motivazione);
5 .11. è d’uopo allora verificare se il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 22, richiamato si riferisca anche all’enunciazione di atti soggetti a registrazione solo in caso d’uso;
5.12. il tenore letterale della norma in esame impone una risposta positiva al quesito atteso che, se il legislatore ha specificato, nella parte
finale del comma 1, che «se l’atto enunciato era soggetto a registrazione in termine fisso è dovuta anche la pena pecuniaria di cui al d.P.R. n. 131 del 1986, art. 69», è evidente che ha inteso includere anche gli atti soggetti a registrazione in caso d’uso e poiché l’enunciazione da tali ultimi atti non configura, ai sensi dello stesso d.P.R. n. 131 del 1986, art. 6, come innanzi rilevato, un «uso», deve concludersi per l’assoggettamento di tali atti all’imposta a prescindere dall’«uso» di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, ex art. 6, cit. dei medesimi e sulla base della sola enunciazione;
5.13. in caso contrario, invero, come già precisato da questa Corte (cfr. Cass. n. 5956/2007 cit.), sarebbe da considerare inutiliter data la specificazione che assoggetta a pena pecuniaria solo gli atti soggetti a registrazione in termine fisso, in quanto, non concretando l’enunciazione un «uso», sarebbero stati imponibili solo gli atti soggetti a registrazione a termine fisso enunciati nell’atto registrato e quindi sarebbe stato superfluo specificare che solo per tali atti è dovuta oltre all’imposta anche la pena pecuniaria;
5.14. con riguardo, poi, alla doglianza circa una pretesa errata doppia imposizione per lo stesso rapporto giuridico con riguardo all’atto enunciante ed a quello enunciato (decreto ingiuntivo ed contratto sotteso alla fattura di cui era stato richiesto il pagamento), va evidenziato che l”imposta di registro è una imposta d’atto, e dunque si applica a tutti gli atti previsti dalla legge come ad essa soggetti;
5.15. la circostanza che il decreto ingiuntivo sia stato emesso sulla base di un contratto di fideiussione non esclude la tassazione di quest’ultimo, nel caso in cui esso sia stato enunciato nel contesto del provvedimento giurisdizionale, in quanto tale eventualità è contemplata proprio nel terzo comma dell’art. 22 del d.P.R. n. 131 del 1986;
5 .16. infine, è d’uopo evidenziare che, come indicato nell’avviso di accertamento impugnato riportato dalla stessa ricorrente, fu correttamente applicata la tassazione in misura fissa, e non proporzionale, sia con riguardo all’atto enunciante, che a quello enunciato;
6. sulla scorta di quanto sin qui illustrato, il ricorso va, dunque, integralmente respinto, affermando i seguenti principi di diritto: «Ai fini
dell’imposta di registro, ai sensi del d.P.R. n. 131 del 1986, art. 6, deve escludersi che il mero richiamo dell’atto non registrato in atto registrato possa configurare un’ipotesi d’uso; la sola enunciazione degli atti, soggetti a registrazione in caso d’uso, è tuttavia assoggettata all’imposta di registro a prescindere dall’«uso», di cui al d.P.R. n. 131 del 1986, ex art. 6, cit., dei medesimi»;
6. le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore dell’RAGIONE_SOCIALE controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 650,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito. Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi in modalità da