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Tassazione per enunciazione: la Cassazione chiarisce

Una società ha impugnato un avviso di liquidazione che applicava l’imposta di registro non solo a un decreto ingiuntivo ma anche al contratto di prestazione professionale in esso menzionato. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 2289/2024, ha respinto il ricorso, chiarendo i principi della tassazione per enunciazione. La Corte ha stabilito che la menzione di un atto non registrato in un atto da registrare è sufficiente a far scattare l’imposta anche sul primo, a prescindere dal fatto che si configuri un ‘caso d’uso’.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Tassazione per enunciazione: quando un atto ne tassa un altro?

La tassazione per enunciazione è un meccanismo del diritto tributario che può generare obblighi fiscali inaspettati. Si verifica quando un atto, che deve essere registrato, fa riferimento a un altro accordo o contratto non registrato, facendo scattare l’imposta di registro anche per quest’ultimo. La Corte di Cassazione, con la recente ordinanza n. 2289 del 23 gennaio 2024, è tornata su questo tema, fornendo chiarimenti cruciali sulle condizioni di applicabilità di tale imposta. La decisione analizza il caso di una società che si è vista recapitare un avviso di liquidazione per l’imposta di registro relativa non solo al decreto ingiuntivo ottenuto, ma anche al contratto di prestazione d’opera in esso menzionato.

I Fatti di Causa

Una società, per recuperare un credito derivante da una prestazione professionale non pagata, aveva ottenuto un decreto ingiuntivo. Successivamente, l’Agenzia delle Entrate notificava alla società un avviso di liquidazione per l’imposta di registro. La pretesa fiscale non riguardava solo il decreto ingiuntivo (atto giudiziario soggetto a registrazione), ma anche il sottostante contratto di prestazione d’opera, che era stato semplicemente ‘enunciato’ nel ricorso per decreto ingiuntivo. La società ha impugnato l’avviso, sostenendo, tra le altre cose, la carenza di motivazione e l’errata applicazione della normativa fiscale. Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale avevano respinto le doglianze della contribuente, portando il caso dinanzi alla Corte di Cassazione.

Analisi della Corte sulla tassazione per enunciazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso della società, confermando la legittimità dell’operato dell’Agenzia delle Entrate. Il fulcro della decisione risiede nell’interpretazione dell’art. 22 del D.P.R. n. 131/1986 (Testo Unico dell’Imposta di Registro). Secondo questa norma, se in un atto sono enunciate disposizioni contenute in altri atti non registrati, l’imposta si applica anche a queste ultime. I giudici hanno chiarito un punto fondamentale: per far scattare la tassazione per enunciazione, è sufficiente che l’atto registrato (il decreto ingiuntivo) contenga elementi tali da identificare con certezza il rapporto giuridico sottostante non registrato, sia nei soggetti che nel contenuto oggettivo. Nel caso di specie, il ricorso monitorio faceva esplicito riferimento alla ‘fatturazione per l’opera professionale non pagata’, elemento ritenuto sufficiente per individuare il contratto di prestazione d’opera e sottoporlo a tassazione.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha smontato punto per punto i motivi di ricorso della società. In primo luogo, ha escluso il vizio di omessa pronuncia e di motivazione apparente da parte dei giudici di merito, ritenendo che avessero adeguatamente affrontato le censure della contribuente. Il cuore della motivazione si concentra sulla distinzione tra ‘enunciazione’ e ‘caso d’uso’ (art. 6, D.P.R. n. 131/1986). La Corte ha stabilito che l’assoggettamento a imposta degli atti enunciati prescinde dalla configurabilità di un ‘caso d’uso’. La sola enunciazione di un atto, anche se soggetto a registrazione solo in caso d’uso, in un atto da registrare in termine fisso è di per sé presupposto sufficiente per l’applicazione dell’imposta. Inoltre, è stato chiarito che non si tratta di una duplicazione di imposta sullo stesso rapporto, ma di due imposte distinte su due atti diversi: l’atto enunciante (il decreto ingiuntivo) e l’atto enunciato (il contratto di prestazione). Entrambi sono stati correttamente assoggettati a imposta in misura fissa, come previsto dalla normativa.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

La pronuncia della Cassazione consolida un principio importante con notevoli implicazioni pratiche per professionisti e imprese. Bisogna prestare massima attenzione quando si redigono atti giudiziari o altri documenti da registrare. La menzione di accordi, contratti verbali o scritture private non registrate può innescare la tassazione per enunciazione, con conseguenti oneri fiscali. La decisione ribadisce che il Fisco può legittimamente tassare un rapporto giuridico non registrato basandosi sulla sua semplice menzione in un altro documento, a condizione che tale menzione sia sufficientemente dettagliata da identificarne gli elementi essenziali. Pertanto, è fondamentale valutare preventivamente le possibili conseguenze fiscali derivanti dal contenuto degli atti destinati alla registrazione.

Cos’è la tassazione per enunciazione?
È un principio fiscale per cui, se un atto soggetto a registrazione (es. un atto giudiziario) menziona le disposizioni di un altro atto non registrato (es. un contratto verbale), anche quest’ultimo diventa soggetto a imposta di registro.

La tassazione per enunciazione si applica anche agli atti registrabili solo in ‘caso d’uso’?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che la sola enunciazione di un atto in un documento da registrare è sufficiente a renderlo tassabile, a prescindere dal fatto che l’atto enunciato sia soggetto a registrazione solo in caso d’uso. L’enunciazione stessa è il presupposto per l’imposta.

Tassare sia l’atto che enuncia sia l’atto enunciato costituisce una doppia imposizione?
No. Secondo la Corte, non si tratta di una doppia imposizione sullo stesso rapporto giuridico. L’imposta di registro è un’imposta d’atto, quindi si applica distintamente a ciascun atto previsto dalla legge: una volta per l’atto enunciante (es. il decreto ingiuntivo) e una volta per l’atto enunciato (es. il contratto sottostante).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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