Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14404 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 14404 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 23/05/2024
SENTENZA
sul ricorso 6827-2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO giusta procura speciale estesa a margine del ricorso
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore COMUNE DI CASERTA , in persona del Sindaco pro tempore
-intimati-
avverso la sentenza n. 5900/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della CAMPANIA, depositata il il 5/07/2019
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 30 APRILE 2024 dal AVV_NOTAIO Relatore AVV_NOTAIO NOME COGNOME
Il P.G. ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
FATTI DI CAUSA
1.RAGIONE_SOCIALE propone ricorso, affidato a tre motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Campania aveva accolto l’appello di RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza n. 256/2014 della Commissione Tributaria Provinciale di Caserta, in accoglimento del ricorso proposto dalla società contribuente nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, quale concessionaria della riscossione per il Comune di Caserta, avverso avviso di pagamento per la Tarsu relativa all’annualità di imposta 2007, in relazione ad una area scoperta adibita a parcheggio scoperto, per la quale il Comune aveva applicato la tariffa relativa ad immobili disomogenei per tipologia e destinazione.
La Concessionaria ed il Comune RAGIONE_SOCIALE Caserta sono rimasti intimati.
La Corte con ordinanza del 19.10.2023 ha rimesso la causa alla pubblica udienza.
La ricorrente ha depositato memorie difensive in prossimità dell’udienza.
Il P.G. ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
MOTIVI DI DIRITTO
1.1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia, in rubrica, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., «violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1 L. 27.12.2013 n. 147 e 68 d.l.gs. n. 507/93, per avere la Commissione tributaria regionale
erroneamente equiparato, mediante applicazione della medesima misura tariffaria, utenze del tutto diverse («aree scoperte adibite a parcheggio pubblico» e «depositi, magazzini, autorimesse, autolavaggi, garages»), non considerando il fatto che, il regolamento comunale deve prevedere, in conformità al diritto unionale, una apposita sottocategoria per le aree in controversia, avendo queste una propria peculiare potenzialità alla produzione di rifiuti.
1.2. Si deduce in particolare che la discrezionalità dell’ente territoriale nell’assumere le determinazioni per stimare in astratto la capacità media di produzione di rifiuti per tipologia ha natura meramente tecnica e non politica, dovendo osservare quindi nell’esercizio di siffatta discrezionalità tecnica, il principio dell’adeguatezza e della necessarietà (cita Cass. 16686/2019).
Con la seconda censura, si deduce, in relazione all’art. 360, n.4, c.p.c., la nullità della sentenza per difetto assoluto di motivazione e violazione degli artt. 1 e 36 Dlgs. 546/92 e artt. 112 e 132, n.4 c.p.c., per essersi la CTR limitata a sostenere una omogenea potenzialità di rifiuti, relativa a diverse tipologie immobiliari, omettendo di esplicitare le fonti del proprio convincimento e i necessari sviluppi argomentativi.
La terza doglianza prospetta la violazione dell’art. 7 d.lgs. 542/1992, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c.; per avere la CTR affermato che non rientrerebbe nella giurisdizione del giudice tributari la disapplicazione dei regolamenti comunali, se non allorquando siano affetti da vizi di legittimità dell’atto, quale l’incompetenza, la violazione di legge o l’eccesso di potere, mentre il giudice tributario non può svolgere accertamenti e valutazione che rientrano nelle attribuzione dell’ente locale, versandosi in detta ultima ipotesi in un inammissibile sindacato sul merito riservato all’amministrazione.
Occorre premettere che questa Corte ha già definito con ordinanze camerali identiche controversie tra le medesime parti e per diverse annualità (cfr. Cass. n. 5744 del 24/2/2023, Cass. n. 14385 dell’08/07/2020, Cass. n. 16686 del 21/6/2019).
5.In via preliminare va disattesa la seconda censura del ricorso. Per costante giurisprudenza di questa Corte (cfr., tra le molte, Cass. sez. 6-5, ord. 26 giugno 2017, n. 15883; Cass. sez. 6-5, ord. 7 aprile 2017, n. 9105; Cass. sez. unite 3 novembre 2016, n.22232; Cass. sez. 5, 6 giugno 2012, n. 9113; Cass. sez. 5, 27 luglio 2007, n. 16736), ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorché il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento, ovvero li indichi senza un’approfondita disamina logica o giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento; nella fattispecie in esame la sentenza impugnata, come dianzi illustrato, esplicita in maniera sufficiente la ratio decidendi , consentendo il controllo del percorso logico -giuridico che ha portato alla decisione, tant’è che, con i restanti motivi, la contribuente ha potuto censurare compiutamente gli errori di diritto che, secondo la ricorrente, giustificano comunque la richiesta cassazione dell’impugnata sentenza.
La prima e l’ultima censura in quanto involgenti questioni correlate vanno scrutinate congiuntamente.
Esse non meritano accoglimento.
7.L’art. 68, comma 1, lett, a), del d.lgs. n. 507 del 1993, dispone che “per l’applicazione della tassa i comuni sono tenuti ad adottare apposito regolamento che deve contenere: a) la classificazione delle categorie ed eventuali sottocategorie di locali ed aree con omogenea potenzialità di rifiuti e tassabili con la medesima misura tariffaria”. A sua volta, il comma 2 dell’articolo citato dispone: “L’articolazione delle categorie e delle eventuali sottocategorie è effettuata, ai fini della determinazione comparativa delle tariffe,
tenendo conto, in via di massima, dei seguenti gruppi di attività o di utilizzazione: a) locali ed aree adibiti a musei, archivi, biblioteche, ad attività di istituzioni culturali, politiche e religiose, sale teatrali e cinematografiche, scuole pubbliche e private, palestre, autonomi depositi di stoccaggio e depositi di macchine e materiale militari; b) complessi commerciali all’ingrosso o con superfici espositive, nonché aree ricreativo-turistiche, quali campeggi, stabilimenti balneari, ed analoghi complessi attrezzati; c) locali ed aree ad uso abitativo per nuclei familiari, collettività e convivenze, esercizi alberghieri…”.
7.1.Dunque, la fonte normativa statale demanda al comune l’adozione di un regolamento che, in materia di TARSU, contenga una classificazione degli immobili per gruppi (e, eventualmente, sottogruppi) omogenei, in base alla loro attitudine a produrre rifiuti e, dunque, ad incidere sui costi del servizio. Tale classificazione costituisce la base per differenziare le tariffe tra le varie categorie o sottocategorie di immobili, previste nel regolamento e presenti sul territorio comunale. A sua volta, l’art. 42 del testo unico sugli enti locali, approvato con d.lgs. n. 267 del RAGIONE_SOCIALE, con riferimento alle attribuzioni del consiglio comunale, prevede, al comma 2, lett. f), che il consiglio ha competenza limitatamente a determinati atti fondamentali, tra cui (lettera f) vi sono l’istituzione e l’ordinamento dei tributi, con esclusione della determinazione delle relative aliquote.
7.2.Il legislatore accomuna nella medesima categoria o sottocategoria «gruppi di attività appartenenti alla medesima area di potenzialità di rifiuti» ma le relative previsioni non assumono carattere di tassatività assumendo all’uopo rilievo l’inciso «di massima»( (cfr. Cass. n. 1003/2023; Cass. n. 5504/2023). In tal modo viene lasciato ai singoli Comuni il potere di discostarsene, ad esempio, prevedendo ulteriori tipologie di utenze (come caserme, carceri, ospedali, stazioni ferroviarie, distributori di carburante,
ecc.); così come può prevedere diverse sottocategorie nell’ambito della medesima tipologia di utenza (ad esempio, per la tipologia degli alberghi possono essere previste le sottocategorie di alberghi con ristorante, alberghi senza ristorante). Infine, è possibile tenere distinti, ai fini della misura delle tariffe, utenze (abitazioni ed alberghi) che l’art. 68, comma 2, cit. ha ricondotto allo stesso «gruppo di attività o di utilizzazione». L’esercizio di tale facoltà è esercizio di una scelta che rientra nell’ambito della discrezionalità tecnica di orientamento politico-amministrativo, insindacabile in sede giudiziaria» (così Cass., Sez. T, 4 marzo 2015, n. 4321 e nel medesimo senso, tra le tante, Cass., Sez. T, 6 agosto 2019, nn. 20964, 20965, 20966 e la giurisprudenza ivi richiamata). Si pensi, ad esempio, alla scelta del Comune, nella ripartizione dei costi del servizio, di tenere più basse le tariffe per le abitazioni in virtù del loro essere un “bene primario”, da tutelare maggiormente rispetto ad altre categorie di utenza. In sostanza, e per quanto attiene al caso in esame, il testo letterale della norma dato dall’assimilazione dei locali ed aree ‘ad uso abitativo’ con quelli destinati ad ‘esercizi alberghieri’ è previsto solo in via di massima e come indirizzo programmatico, senza escludere, pertanto, una diversità applicativa, cosi come avvenuto, per le due categorie sulla base di specifiche caratteristiche che ne comportino un diverso trattamento ai fini dell’imposizione della tassa in questione.
8. Non ignora questo collegio che in taluni precedenti di legittimità si è esclusa la legittimità del regolamento comunale sul presupposto che la discrezionalità dell’ente territoriale, nello stimare in astratto la capacità media di produzione di rifiuti per tipologie, ha natura eminentemente tecnica e non “politica”. Come tale, si deve basare su una stima realistica in ragione della caratteristiche proprie dell’imposizione; deve insomma concretamente rispettare, nell’esercizio di siffatta discrezionalità tecnica, il fondamentale e immanente principio di proporzionalità,
incluse adeguatezza e necessarietà; di talchè l’area scoperta adibita a parcheggio, pur potendo essere qualificata come rimessa di autoveicoli, con rapporto di “species” a “genus” e dovendosi escludere l’esimente di cui all’art. 62, comma 2, del d.P.R. 15 novembre 1993, n. 507 per inidoneità dell’area a produrre rifiuti, essendo la stessa luogo frequentato da veicoli e persone, potenzialmente idonea alla produzione di rifiuti (Cass. 2754/2012), non può essere totalmente equiparata all’area coperta (Cass. n. 25244/20; Cass. n. 14385/2020; Cass. n. 5744/2023).
9.Tuttavia, l’applicazione di una determinata tariffa, da parte degli enti locali, è indipendente dalla destinazione d’uso dell’immobile, ma può essere ancorata all’attività che venga concretamente svolta al suo interno, come consentito dall’art. 62, comma 4, del d.lgs. n. 507 del 1993. Non è pertanto viziato da illegittimità, né può essere disapplicato, ai sensi dell’art. 7, comma 5, del d.lgs. n. 546 del 1992, il regolamento comunale che, con riferimento alla determinazione della tariffa da applicare ai fini TARSU, equipara l’area scoperta adibita a parcheggio all’area coperta adibita garage, poiché si tratta di una scelta discrezionale del Comune, effettuata nei limiti della potestà impositiva ad esso attribuita dall’ordinamento e non vietata da alcuna norma statale( v. Cass. n. 11545/2022, non massimata; Cass. n. 5358/2020; Cass. n. 5355/2020, massimata; Cass. n.. 33545 del 2019; Cass. 8308 del 2018; Cass. n. 16175 del 03/08/2016).
Tanto più che il regolamento comunale ha utilizzato i criteri stabiliti dal d.P.R. 27 aprile 1999, n. 158 (c.d. ‘metodo normalizzato’), nel rispetto del principio comunitario ‘chi inquina paga’, commisurando la tariffa alle quantità (e qualità) media ordinaria di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi ed alla tipologia dell’attività svolte, nonché al costo del servizio del ciclo integrato dei rifiuti; difatti, la tabella 4 del predetto d.P.R. individua una unica categoria per autorimesse e magazzini senza
vendita diretta(v. Cass. n. 6924/2024; Cass. 5504/23; Cas. n. 1003/2023).
9.1. L’applicazione di una determinata tariffa ai fini TARSU, infatti, è indipendente dalla destinazione d’uso dell’immobile, in quanto lo stesso legislatore, con l’art. 62, comma 4, del d.lgs. n. 507 del 1993, ha conferito agli enti locali il potere di applicare la tariffa in base all’attività economica concretamente svolta all’interno dell’immobile.
Si tratta di un indirizzo interpretativo che ha altresi’ vagliato la compatibilità sia costituzionale sia unionale della soluzione accolta, ed in ordine al quale si è aggiunto che gli ‘elementi di riscontro della legittimità della delibera non vanno, d’altronde, riferiti alla differenza tra le tariffe applicate a ciascuna categoria classificata, ma alla relazione tra le tariffe ed i costi del servizio discriminati in base alla loro classificazione economica” (Cass. ord. 11655/09; così Cass. ord. n. 15861/11). In definitiva, non si tratta qui di porre in discussione il potere-dovere del giudice tributario di disapplicare incidentalmente un atto amministrativo generale (come la delibera tariffaria) che si ritenga illegittimo quanto, più in radice, di escludere del tutto, sotto il profilo lamentato dalla società contribuente, l’illegittimità medesima.
9.2.Per cui, senza escludere le differenze incidenti sulla concreta produttività di rifiuti urbani, la riconduzione del parcheggio scoperto nella categoria tariffaria dei magazzini, depositi, garages, autolavaggi è coerente con la classificazione legislativa e regolamentare delle attività professionali e commerciali per genera comprendenti ad una varietà di species eterogenee accomunate da caratteristiche similari sul piano dell’utilizzo degli spazi tassabili (l’uso dell’area con veicoli, dove i garages producono normalmente più o meno la medesima quantità di rifiuti di un parcheggio scoperto).
9.3.Sicché, la previsione regolamentare in questione trova applicazione per categoria e non per analogia, ben potendo ricomprendere attività non espressamente classificate, ma comunque assimilabili a quelle tipizzate in relazione all’uso o alla destinazione degli spazi tassabili (in termini: Cass., Sez. 6^-5, 23 febbraio 2012, n. 2754; Cass., Sez. 6^-5, 16 giugno 2021, n. 17092; Cass. del 23.02.2023, n. 5687).
10.In considerazione dell’evoluzione giurisprudenziale, sussistono i presupposti per compensare le spese di lite.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, respinto il secondo motivo ed assorbito il terzo; compensa le spese di lite.
Si dà atto, ai sensi dell’art. 13 comma 1quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della legge n. 228 del 2012, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione, in data 30.04.2024
Il AVV_NOTAIO estensore
NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME