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Tassazione NFT: redditi da criptovalute e arte digitale

Un artista digitale, accusato di evasione fiscale per non aver dichiarato i proventi dalla vendita di NFT pagati in criptovaluta, ha visto il suo ricorso respinto dalla Corte di Cassazione. La sentenza stabilisce che la vendita di NFT costituisce sfruttamento economico di opere dell’ingegno e che i pagamenti in criptovalute sono considerati redditi in natura, soggetti a tassazione NFT. L’ignoranza della norma fiscale non è stata ritenuta una valida scusante.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Tassazione NFT e Criptovalute: La Cassazione Fa Chiarezza

Con l’ascesa dell’arte digitale e delle transazioni basate su blockchain, una delle questioni più dibattute è stata la tassazione NFT. I guadagni derivanti dalla vendita di opere digitali tramite token non fungibili e pagati in criptovalute costituiscono reddito imponibile? Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fornito una risposta chiara e inequivocabile, stabilendo principi fondamentali per artisti, collezionisti e operatori del settore.

I Fatti del Caso: Arte Digitale e Pagamenti in Criptovaluta

Il caso riguarda un artista digitale che creava e vendeva le proprie opere d’arte sotto forma di NFT. I pagamenti per queste transazioni venivano effettuati tramite una nota criptovaluta su una specifica piattaforma blockchain. L’artista, convinto che tali proventi non costituissero reddito imponibile in assenza di una conversione in valuta corrente (come l’euro), ometteva di dichiararli al Fisco per gli anni d’imposta 2021 e 2022. L’Agenzia delle Entrate contestava un’evasione per una somma complessiva di oltre 800.000 euro, disponendo un sequestro preventivo. L’artista ricorreva contro tale misura, portando la questione fino alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte sulla Tassazione NFT

La Corte Suprema ha rigettato il ricorso dell’artista, confermando la legittimità del sequestro e stabilendo due principi cardine per la tassazione NFT.

NFT come Sfruttamento di Opere dell’Ingegno

Il primo punto cruciale riguarda la natura del reddito. La Corte ha stabilito che i proventi derivanti dalla vendita di NFT, che incorporano opere d’arte digitali, rientrano a pieno titolo nella categoria dei redditi da lavoro autonomo derivanti dall’utilizzazione economica di opere dell’ingegno, come previsto dall’art. 53 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (Tuir). Non rileva il fatto che l’oggetto della transazione non sia l’opera fisica, ma il certificato digitale (NFT) che ne attesta proprietà e autenticità. L’NFT è lo strumento attraverso cui l’opera viene commercializzata e, di conseguenza, il reddito generato è direttamente collegato allo sfruttamento economico della creazione artistica.

Criptovalute come Reddito “in Natura”

Il secondo principio fondamentale riguarda la forma del pagamento. L’artista sosteneva che, essendo i corrispettivi ricevuti in criptovaluta e non in moneta tradizionale, non si potesse parlare di reddito imponibile. La Cassazione ha respinto questa tesi, qualificando le criptovalute come un provento in natura. Anche se non si tratta di denaro contante, le valute virtuali possiedono un valore economico reale, sono scambiate su mercati specifici e possono essere convertite in valuta corrente. Pertanto, costituiscono un arricchimento patrimoniale per chi le riceve e, come tali, devono essere dichiarate. Il loro valore imponibile viene determinato al momento della percezione, secondo il loro valore normale di mercato.

L’Elemento Soggettivo: Non è Ammessa l’Ignoranza

La difesa ha tentato di sostenere la mancanza di dolo, affermando che l’artista avesse agito in buona fede, convinto della non tassabilità di tali redditi a causa dell’incertezza normativa. Anche questo motivo è stato respinto. La Corte ha ribadito un principio consolidato: l’errore sulla norma tributaria, che è extra-penale ma integra il precetto penale, non esclude la consapevolezza e volontà di evadere le imposte. L’ignoranza della legge fiscale non è una scusante, a meno che non si dimostri che l’errore sia stato assolutamente inevitabile, circostanza non ravvisata nel caso di specie.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si fondano su un’interpretazione sostanziale e non formalistica delle norme fiscali. I giudici hanno sottolineato che qualsiasi forma di arricchimento patrimoniale derivante da un’attività economica, indipendentemente dal mezzo tecnico utilizzato (NFT) o dalla forma del corrispettivo (criptovaluta), costituisce reddito. L’NFT non è altro che il veicolo per la commercializzazione dell’opera d’ingegno, e la criptovaluta è un bene in natura con un valore economico quantificabile. Di conseguenza, negarne la rilevanza fiscale significherebbe creare una zona franca ingiustificata, contraria ai principi di capacità contributiva sanciti dalla Costituzione. La Corte ha inoltre precisato che la normativa fiscale preesistente era già sufficiente a inquadrare il fenomeno, senza la necessità di attendere circolari esplicative successive, che hanno avuto solo una funzione di chiarimento e non innovativa.

Le Conclusioni: Implicazioni per Artisti e Investitori

Questa sentenza rappresenta un punto di riferimento per chiunque operi nel mercato dell’arte digitale e delle criptovalute. Le conclusioni sono nette: i proventi derivanti dalla vendita di NFT sono tassabili come redditi da lavoro autonomo. I pagamenti ricevuti in criptovaluta sono considerati redditi in natura e devono essere dichiarati al loro valore di mercato. La presunta incertezza normativa non può essere invocata come scusa per omettere la dichiarazione. Artisti, creatori digitali, e investitori devono quindi agire con la massima diligenza, tracciando le proprie operazioni e affidandosi a consulenti esperti per adempiere correttamente agli obblighi fiscali, evitando così di incorrere in pesanti sanzioni e procedimenti penali.

I guadagni derivanti dalla vendita di NFT sono tassabili in Italia?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che i proventi dalla commercializzazione di NFT che incorporano opere d’arte digitali rientrano nei “redditi derivanti dalla utilizzazione economica di opere dell’ingegno” e sono quindi tassabili come reddito da lavoro autonomo.

Se vengo pagato in criptovaluta anziché in euro, devo comunque pagare le tasse?
Sì. La sentenza chiarisce che il pagamento in criptovaluta costituisce un “provento in natura”. Questo tipo di reddito, sebbene non monetario, ha un valore economico convertibile in moneta corrente e, come tale, deve essere dichiarato ai fini fiscali.

Posso evitare una condanna per evasione fiscale sostenendo di non sapere che i redditi da NFT fossero tassabili?
No. La Corte ha ritenuto che l’errore sulla norma tributaria non esclude il dolo, cioè la volontà di evadere. L’ignoranza della legge fiscale, in questo contesto, non è considerata una scusante valida, a meno che l’errore non sia dimostrato come assolutamente inevitabile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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