Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 27341 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 27341 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/10/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 5904/2024 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del direttore generale pro tempore , elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’Avvocatura AVV_NOTAIO dello Stato, che la rappresenta e difende.
-ricorrente – contro
NOME COGNOME.
-intimata – avverso la sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia n. 3794/2023, depositata in data 22 dicembre 2023 e notificata in data 10 gennaio 2024.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 2 ottobre 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
Udite le conclusioni del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
Udito l’AVV_NOTAIO per l’Avvocatura RAGIONE_SOCIALE dello Stato .
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME presentò istanza di rimborso all’RAGIONE_SOCIALE per ottenere la restituzione di € 6.463,49, oltre interessi, versate a titolo di I rpef, deducendo che si trattava di maggior imposte indebitamente trattenute sulla liquidazione dell’indennità di fine rapporto erogata le dal RAGIONE_SOCIALE
Assumeva la contribuente che l’indennità supplementare erogata le dal RAGIONE_SOCIALE, all’atto della cessazione del rapporto di lavoro, avesse funzione esclusivamente previdenziale e fosse assimilabile alle ‘indennità equipollenti’, previste negli articoli 17, comma 1, e 19, comma 2 bis, del T.U.I.R. Pertanto, il relativo importo non andava assoggettate a tassazione ordinaria, ma a tassazione separata, con gli abbattimenti previsti dalle norme richiamate.
All’esito del silenzio -rifiuto dell’Amministrazione, la contribuente propose ricorso, affermando che, in ragione della richiamata normativa, l’imponibile liquidato dovesse essere determinato, riducendo il suo ammontare netto di una somma pari ad € 309,87 per ciascuno anno preso a base di commisurazione, previa detrazione di una somma pari alla percentuale dell’indennità̀ corrispondente al rapporto tra l’aliquota del contributo previdenziale posto a carico del lavoratore dipendente e assimilati e l’aliquota complessiva del contributo stesso versato, con un abbattimento ulteriore d’imponibile del 26,04%, percentuale quest’ultima derivante dal rapporto tra l’aliquota di contribuzione a carico del lavoratore e quella complessiva.
L’adita Commissione tributaria provinciale di Como accolse il ricorso.
2. Proposto appello dall’Ufficio, nel corso del giudizio quest’ultimo ha dato atto che la stessa RAGIONE_SOCIALE, a seguito di interpello interpretativo, con risposta n. 425 del 2023, aveva riconosciuto che l’ indennit à̀ erogata agli iscritti RAGIONE_SOCIALE al momento della cessazione dal servizio dovesse essere assoggettata a tassazione separata, ai sensi dell’art. 17, comma 1, lettera a), del T.U.I.R. e fosse imponibile, ai sensi dell’art. 19, comma 2 bis , del T.U.I.R., per un importo che si determina riducendo l’ammontare netto di una somma pari a 309,87 euro per ciascun anno di servizio.
In particolare, la risposta all’interpello, mutando l’orientamento di prassi dell’Amministrazione alla luce RAGIONE_SOCIALE indicazioni ricavabili dalla giurisprudenza di
legittimit à̀ , aveva precisato che, ai fini della determinazione della base imponibile da assoggettare a tassazione separata, ‘il fondo ha natura composita, ma non riviene direttamente da contributi versati dai lavoratori, e dunque non va applicato il criterio di riduzione del calcolo dell’imponibile previsto dall’art. 19, comma 2 bis, ultimo periodo, del T.U.I.R., (stante, per l’appunto, l’assenza di quote contributive a carico del dipendente) mentre va riconosciuta la deduzione forfettaria di cui al primo periodo del citato art. 19, comma 2bis del T.U.I.R.’. Dunque, la stessa risposta aveva confermato la non applicabilit à̀ dell’ulteriore riduzione dell’imponibile, pari al 26,04%, prevista nell’ultimo periodo dello stesso art. 19, comma 2 bis, del T.U.I.R., ‘in quanto non è previsto il versamento di contributi a carico dei RAGIONE_SOCIALE‘. Pertanto, l’Ufficio, alla luce RAGIONE_SOCIALE nuove indicazioni di prassi, ha riconosciuto parzialmente dovuto il rimborso per la parte relativa alla detrazione forfettaria annuale di € 309,87, ribadendo, invece, l’i napplicabilit à̀ dell’ulteriore riduzione dell’imponibile, pari al 26,04%, prevista nell’ultimo periodo dell’art. 19, comma 2 bis , del T.U.I.R., con il conseguente riconoscimento, nel caso di specie, di un rimborso parziale, pari ad € 2.522,83.
L’adita Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, con la sentenza qui impugnata, ha dichiarato cessata la materia del contendere in ordine alla somma di € 2.522,83 , conseguente al riconoscimento, da parte dell’Amministrazione, della detrazione forfettaria annuale di € 309,87 , ed ha rigettato per il resto l’appello , confermando la sentenza impugnata.
Avverso tale decisione ha proposto ricorso l’RAGIONE_SOCIALE, affidandolo ad un motivo, mentre la contribuente è rimasta intimata
Il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO NOME COGNOME, con requisitoria scritta, ha chiesto accogliersi il ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso, la ricorrente deduce ‘ Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 19, comma 2 bis, ultimo periodo, del T.U.I.R., in relazione all’articolo 360, comma 1, n. 3, c.p.c., con riferimento alla non spettanza dell’ulteriore abbattimento percentuale dell’imponibile.’.
Assume l’Amministrazione che il RAGIONE_SOCIALE in questione, in base a ll’art. . 2 del d.P.R. n. 1034 del 1984, è alimentato:
-dalle quote dei proventi derivati dall’applicazione degli articoli 5 (‘Tributi speciali per servizi resi dal RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘) e 6 (‘proventi contravvenzionali, le pene pecuniarie e le somme ricavate dalla vendita di beni confiscati e di corpi di reato e dal recupero dei crediti dello Stato’) della legge 15 novembre 1973, n. 734;
dai proventi degli investimenti effettuati con le disponibilità del fondo di riserva;
-dai proventi RAGIONE_SOCIALE sanzioni pecuniarie di cui all’art. 70 del d .P.R. 29 settembre 1973, n. 600, come integrato dall’art. 3 del d .P.R.;
dai proventi RAGIONE_SOCIALE sanzioni pecuniarie di cui al d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, modificato dal d.P.R. 23 dicembre 1974, n. 687;
dai proventi di cui all’art. 7 della legge 25 luglio 1971, n. 545 (rubricato: ‘Tariffa RAGIONE_SOCIALE tasse ipotecarie. Scritturazione di documenti’) e successive modificazioni;
-dai proventi della trattenuta dell’1 per cento sulle vincite al gioco del lotto, ai sensi dell’art. 23 della legge 2 agosto 1982, n. 528;
da sovvenzioni, contributi, oblazioni, lasciti, donazioni ed altri proventi vari ed eventuali (volontari e spontanei).
Pertanto, deduce l’ Ufficio, il RAGIONE_SOCIALE non è alimentato da contributi versati dal lavoratore nel corso della sua attività lavorativa, in quanto, per espresso disposto legislativo, le somme da esso corrisposte non provengono da contributi a carico del percipiente finale. Dunque, prosegue la ricorrente, le somme erogate dal fondo non sono pienamente assimilabili alle ‘indennità equipollenti’, di cui all’ art. 17, comma 1, del T.U.I.R., quanto meno ai fini dell’ applicazione della disciplina sulla determinazione della base imponibile, di cui a ll’ultimo periodo dello stesso art. 19, comma 2 bis, del T.U.I.R. Ne consegue che, sulle prestazioni erogate, il contribuente non può invocare la riduzione dell’imponibile nella misura del 26,04% prevista da quest’ultima fonte .
Le somme in contestazione, secondo la ricorrente, rientrano invece tra le ‘altre indennità’ e somme percepite una volta tanto, in dipendenza della cessazione dei rapporti di lavoro dipendente, come indicate alla lettera a) del comma 1 dell’art. 17 del T.U.I.R.
A sostegno di tale conclusione, l’RAGIONE_SOCIALE cita una recente pronuncia di questa Corte, nella cui motivazione si legge che «ad alimentare il RAGIONE_SOCIALE, dal quale vengono tratte le risorse poi tradotte in integrazione della retribuzione e
corrisposte in forma di indennità di liquidazione all’atto della cessazione del rapporto, sono le voci indicate dall’articolo 2, lettera c), d), ed e) del citato regolamento, n. 1034/84, di natura palesemente pubblicistica. Voci rappresentate da: proventi dalla vendita di beni confiscati; proventi RAGIONE_SOCIALE sanzioni pecuniarie; proventi da tasse ipotecarie, proventi dalla trattenuta sulle vincite al gioco del lotto ed altre di identica natura.
Né contraddice tale affermazione la circostanza che tra le RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE siano annoverati, sub c), d), e d) del suindicato articolo 2, anche i proventi RAGIONE_SOCIALE sanzioni pecuniarie, comminate e riscosse dall’Amministrazione finanziaria a seguito dell’atti vità accertativa del suo RAGIONE_SOCIALE. Ed infatti, lo stesso RAGIONE_SOCIALE beneficia di una ricaduta retributiva tratta dai proventi di tale attività accertativa e sanzionatoria, ma solo indirettamente, attraverso l’iniziale afflusso complessivo di detti proventi al RAGIONE_SOCIALE, costituendone una sua entrata, e solo successivamente si traducono in una RAGIONE_SOCIALE componenti dell’indennità integrativa di liquidazione dei RAGIONE_SOCIALE, erogata dal RAGIONE_SOCIALE medesimo. Tal che non può dirsi che quel flusso di risorse all’ente scaturiscano da un contributo “diretto” dei RAGIONE_SOCIALE e quindi non può sostenersi che l’indennità poi da essi percetta sia autofinanziata» (Cass. n . 1006/2022, in motivazione) .
Se dunque difetta, tra le RAGIONE_SOCIALE che alimentano il RAGIONE_SOCIALE, una contribuzione diretta del lavoratore, (fatto pacifico e non controverso in giudizio), non sarebbe neppure possibile determinare l’aliquota da applicare ai fini dell’ ulteriore abbattimento dell’imponibile richiesto dalla controparte, ex art. 19, comma 2 bis , ultimo periodo, nella misura percentuale del 26,04%.
Infatti, tale disposizione prevede che, ai fini della detrazione, la percentuale da applicare deve essere determinata dal rapporto ‘fra l’aliquota del contributo previdenziale posto a carico dei lavoratori RAGIONE_SOCIALE e assimilati e l’aliquota complessiva del contributo stesso versat o all’ente, cassa o fondo di RAGIONE_SOCIALE‘.
La percentuale indicata dalla ricorrente (pari al 26,04%), ai fini dell’ulteriore abbattimento dell’imponibile richiesto , e confermata dalla sentenza impugnata, sarebbe stata quindi riconosciuta e determinata in maniera impropria, in ragione del fatto che, in mancanza di un contributo posto a carico del lavoratore, non è possibile determinare l’aliquota ‘base’, richiesta dal legislatore ai fini del calcolo ; al contempo, non essendo previsti neppure contributi a carico del datore di lavoro,
a favore del RAGIONE_SOCIALE, non è possibile determinare in alcun modo l’aliquota da applicare.
2. Il motivo è fondato.
Occorre muovere dalla premessa che è pacifico -secondo la sentenza impugnata, a detta della medesima ricorrente e della già citata prassi (risposta ad interpello interpretativo n. 425 del 2023, seguita da risposta n. 91 del 2024, relativa ad altro RAGIONE_SOCIALE di analoga natura) ed in conformità a consolidato orientamento di legittimità ( ex plurimis Cass. 5.10.2016, n. 19859; Cass. 31.01.2017, n. 2458; Cass. 25.10.2017, n. 25396; Cass. n. 5330 del 2019; Cass. n. 27804 del 2019; Cass. 17.01.2020, n. 917; Cass. n. 1228 del 2020; Cass. 10.09.2020, n. 1875; Cass. 15.11.2021, n. 34231; Cass. 14.01.2022, n. 1006)- che la prestazione erogata dal RAGIONE_SOCIALE in questione non è esente da Irpef, ma deve essere sottoposta a tassazione separata (non ordinaria) ai sensi art. 17 T.U.I.R. In tal senso questa Corte, in tema di IRPEF, ha affermato quindi che l’indennità supplementare corrisposta, all’atto della cessazione dal servizio, dal RAGIONE_SOCIALE, ha funzione esclusivamente previdenziale ed è assimilabile alle “indennità equipollenti” di cui all’art. 17, comma 1, del D.P.R. n. 917 del 1986, sicché rappresenta una forma di retribuzione differita con applicazione di tassazione separata e non integrale, essendo la composizione del fondo costituito in massima parte da premi di produttività o da incentivi da parte dell’istituto (Cass. nn. 19859 del 2016, 25396 del 2017 e 5330 del 2019). Va dunque applicata la tassazione separata prevista dal l’art. 17 del T.U.I.R., escludendo che si tratti di contributi diretti a carico del dipendente, da questi interamente versati al fondo previdenziale ed esclusi, tout court, dalla tassazione (come invece sostenuto dalla isolata Cass. 12.06.2003, n. 9430).
Continua invece ad essere tuttora controverso in questa sede se, in ragione dell’ assimilazione (diffusa nel costante orientamento giurisprudenziale di legittimità richiamato) dell’indennità erogata dal RAGIONE_SOCIALE de quo alle “indennità equipollenti” di cui all’art. 17, comma 1, del D.P.R. n. 917 del 1986, debba applicarsi l’art. 19, comma 2 bis, del T.U.I.R. non solo (come è pacifico) per quanto riguarda la ridu zione dell’importo di 309,87 euro per ciascun anno preso a base di commisurazione, con esclusione dei periodi di anzianità convenzionale; ma anche quella ulteriore dettata dall’ultimo perio do dello stesso comma, secondo cui
«L’ammontare netto RAGIONE_SOCIALE indennità, alla cui formazione concorrono contributi previdenziali posti a carico dei lavoratori RAGIONE_SOCIALE e assimilati, è computato previa detrazione di una somma pari alla percentuale di tali indennità corrispondente al rapporto, alla data del collocamento a riposo o alla data in cui è maturato il diritto alla percezione, fra l’aliquota del contributo previdenziale posto a carico dei lavoratori RAGIONE_SOCIALE e assimilati e l’aliquota complessiva del contributo stesso versato all’ente, cassa o fondo di RAGIONE_SOCIALE.».
Ebbene, il dato letterale di tale ultima previsione è inequivoco, riferendosi alle «indennità, alla cui formazione concorrono contributi previdenziali posti a carico dei lavoratori RAGIONE_SOCIALE e assimilati» ed individuando la contribuzione da parte dei lavoratori non solo come presupposto dell’ an della riduzione, ma anche quale elemento che concorre alla quantificazione di quest’ultima, attraverso il rapporto, appunto, fra « l’aliquota del contributo previdenziale posto a carico dei lavoratori RAGIONE_SOCIALE e assimilati e l’aliquota complessiva del contributo stesso versato all’ente, cassa o fondo di RAGIONE_SOCIALE».
Nel caso di specie, tuttavia, nello stesso consolidato orientamento posto a base della tassazione solo separata dell’indennità erogata dal RAGIONE_SOCIALE , è stato già rilevato da questa Corte che ad alimentare il RAGIONE_SOCIALE– dal quale vengono tratte le risorse poi tradotte in integrazione della retribuzione e corrisposte in forma di indennit à̀ di liquidazione all’atto della cessazione del rapporto- sono le voci indicate dall’art. 2, lettere c), d), ed e) del citato regolamento, n. 1034/84, di natura palesemente pubblicistica. Voci rappresentate da: proventi dalla vendita di beni confiscati; proventi RAGIONE_SOCIALE sanzioni pecuniarie; proventi da tasse ipotecarie, proventi dalla trattenuta sulle vincite al gioco del lotto ed altre di identica natura. N é contraddice tale affermazione la circostanza che tra le RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE siano annoverati, sub c), d), e d) del suindicato articolo 2, anche i proventi RAGIONE_SOCIALE sanzioni pecuniarie, comminate e riscosse dall’Amministrazione finanziaria a seguito dell’attività̀ accertativa del suo RAGIONE_SOCIALE. Ed infatti, lo stesso RAGIONE_SOCIALE beneficia di una ricaduta retributiva tratta dai proventi di tale attivit à̀ accertativa e sanzionatoria, ma solo indirettamente, attraverso l’iniziale afflusso complessivo di detti proventi al RAGIONE_SOCIALE, costituendo un’ entrata di quest’ultimo, e solo successivamente si traducono in una RAGIONE_SOCIALE componenti dell’indennit à̀ integrativa di liquidazione dei RAGIONE_SOCIALE, erogata dal RAGIONE_SOCIALE medesimo. Tal che non pu ò̀ dirsi che quel flusso di
risorse all’ente scaturiscano da un contributo “diretto” dei RAGIONE_SOCIALE e quindi non pu ò̀ sostenersi che l’indennit à̀ poi da essi percetta sia autofinanziata (così la citata Cass. 14.01.2022, n. 1006, in motivazione).
Se dunque deve ritenersi, in conformità all’orientamento giurisprudenziale appena richiamato, che il RAGIONE_SOCIALE non è alimentato da un contributo “diretto” dei RAGIONE_SOCIALE, ne consegue che viene meno il presupposto dell’applicazione (e della quantificazione) di cui al ridetto ultimo periodo dell’art. 19, comma 2 bis, del T.U.I.R., ovvero il concorso di contributi previdenziali posti a carico dei lavoratori RAGIONE_SOCIALE.
Il ricorso va quindi accolto, in applicazione del principio di diritto secondo cui «Alla tassazione separata sulla liquidazione dell’indennità di fine rapporto erogata dal RAGIONE_SOCIALE, che non è alimentato da un contributo previdenziale posto direttamente a carico dei lavoratori RAGIONE_SOCIALE, non si applica la detrazione di cui all’ ultimo periodo dell’art. 19, comma 2 -bis , T.U.I.R.».
Va pertanto cassata, in parte qua , la sentenza impugnata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, va respinto, nei limiti qui controversi, il ricorso introduttivo della contribuente.
Le spese di legittimità seguono la soccombenza e quelle dei gradi di merito si compensano.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata nei limiti di cui al motivo accolto e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente, compensando le spese di merito e condannando l ‘intimata al pagamento, in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.200,00, oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 2 ottobre 2024.