Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2660 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 2660 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/02/2025
Rimborso IRPEF – Ex dirigente RAGIONE_SOCIALE Fondo integrativo PIA
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2063/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-ricorrente –
contro
COGNOME, rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale a margine del controricorso, dall’Avv. NOME COGNOME
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Liguria, n. 1508/04/2016, depositata in data 5 dicembre 2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16 gennaio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
NOME COGNOME, ex dirigente RAGIONE_SOCIALE ( d’ora in avanti solo RAGIONE_SOCIALE, iscritto al Fondo pensione denominato ‘PIA’ (previdenza integrativa aziendale), in quiescenza dal 1997, presentò all’Amministrazione finanziaria istanza di rimborso IRPEF della
differenza tra quanto versato all’erario dal sostituto d’imposta Enel (nella misura del 34,61%) e quanto dovuto per effetto dell’applicazione dell’aliquota del 12,50%, prevista per i redditi di capitale dall’art. 42, comma 4, t.u.i.r., e dall’art. 6 l. 482/1985. Formatosi il silenzio-rifiuto, il contribuente impugnò il diniego chiedendo la condanna dell’erario al rimborso d ella suddetta differenza. La Commissione tributaria provinciale di Genova respinse il ricorso.
Interposto gravame dal contribuente, la Commissione tributaria regionale della Liguria confermava la decisione di primo grado ritenendo corretta l’applicazione, da parte dell’E nel, dell’aliquota prevista per la tassazione separata di cui agli artt. 16 e 17 t.u.i.r. atteso che , per effetto dell’esercizio del diritto di opzione, l’originario contratto riconducibile all’assicurazione sulla vita era stato sostituito con ‘una forma di previdenza complementare’ retroattiva a far data dal primo gennaio 1986, ‘per cui è da ritenere che la formula assicurativa non abbia mai avuto in realtà alcuna applicazione’ ; inoltre, le erogazioni per la costituzione del fondo erano in gran parte a carico dell’Enel .
Il contribuente proponeva, quindi, ricorso per cassazione affidato a due motivi, ovvero: a) la violazione degli artt. 42, 16, 17, t.u.i.r., 6 l. 482/1985, 1, comma 5, d.l. n. 669/1996 conv. con mod. dalla legge n. 30/1997, dovendo applicarsi l’aliquota del 12,50% ; b) il vizio di motivazione della sentenza.
Con l ‘ordinanza n. 9179/2012 questa Corte, accolto il ricorso del contribuente, cassò con rinvio la pronuncia di appello richiamando i principi statuiti dalle Sezioni Unite (in un ‘caso analogo a quello in esame’) nella sentenza n. 13642/2011, per la quale la ritenuta del 12,50%, prevista dall’art. 6 della legge n. 482 del 1985, va applicata solo sulle somme rinvenienti dalla liquidazione del cd. rendimento, dovendosi con tale espressione intendere «’il rendimento n etto’ imputabile alla gestione sul mercato da parte del Fondo del capitale accantonato».
Riassunto il giudizio dal contribuente, la Commissione tributaria regionale della Liguria, in diversa composizione, accoglieva parzialmente il ricorso originario del contribuente ‘dichiarando il diritto di quest’ultimo al rimborso degli importi maturati fino al 31 dicembre 2000 sulla differenza tra quanto versato all’erario e quanto dovuto a seguito dell’applicazione dell’aliquota del 12,50%, alle sole somme liquidate per il ‘rendimento netto’, accertate in € 141.480,83, oltre interessi’.
Avverso questa decisione propone ricorso per cassazione l’Ufficio , affidandosi a due motivi. Il contribuente resiste con controricorso eccependo, preliminarmente, l’inammissibilità dei motivi perché finalizzati ad una ‘revisione degli accertamenti di fatto operati dalla CTR Liguria’ (pag. 37 del controricorso).
È stata, quindi, fissata l’adunanza camerale per il 1 6/01/2025. Il Sostituto Procuratore Generale, nella persona del dr. NOME COGNOME in data 21-23 dicembre 2024 ha depositato memoria con cui ha chiesto accogliersi il ricorso.
Il contribuente ha depositato memoria con la quale ha ribadito le proprie difese e chiesto, in subordine, la rimessione della questione alle Sezioni Unite.
Considerato che:
Con il primo motivo l’Agenzia delle entrate lamenta la «violazione dell’art. 384, comma 2, c.p.c., per mancata attuazione del principio di diritto sancito nella sentenza di cassazione con rinvio e comunque di quanto ivi statuito».
Con il secondo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la «violazione e falsa applicazione del D. Lgs. n. 124 del 1993, art. 13, del D.L. n. 669 del 1996, art. 1, del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 16, 17 e 42 (ora 45), della L. n. 482 del 1985, art. 6 e dell’art. 2697, c.c. ».
L’Ufficio assume che, a seguito del rinvio disposto da questa Corte, la CTR era stata chiamata ad accertare la provenienza del rendimento netto e se questo fosse frutto di un investimento sul
mercato del capitale accantonato. Lamenta, tuttavia, che tale indagine sia mancata in quanto la CTR ha ritenuto corretta la quantificazione proposta dal contribuente sulla scorta del principio di non contestazione e ha posto l’onere probatorio a carico dell’Ufficio, invece che sul contribuente stesso il quale, invece, non poteva liberarsene con una semplice perizia di parte. Aggiunge che quest’ultima aveva determinato il preteso rendimento sulla base della riserva matematica operata dall’Enel, ovvero sottra endo dai contributi versati l’indennità finale liquidata dal Fondo e che nella certificazione, proveniente dall’Enel e non dal Fondo, non emergeva né il quantum dell’investimento né la tipologia e, dunque, nemmeno l’eventuale rendimento netto come individuato dalle Sezioni Unite. Precisa che la CTR non avrebbe dovuto operare alcun distinguo in relazione alla qualificazione del rendimento come proveniente da Fondenel o dal sistema PIA.
I motivi , subito superando l’eccezione di inammissibilità sollevata dal controricorrente, atteso che non sono finalizzati ad un nuovo accertamento di fatto della vicenda, vanno esaminati congiuntamente in quanto connessi e sono fondati.
3.1. Per chiarire i termini della questione di diritto in esame occorre innanzitutto ricordare la fondamentale pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. Sez. U. 22/06/2011, n. 13645; conforme la coeva n. 13642), secondo cui «in tema di fondi previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma di capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all’entrata in vigore del d.lgs. 21 aprile 1993, n. 124, ad un Fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a) per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, la prestazione è assoggettata al regime di tassazione separata di cui agli artt. 16, comma 1, lett. a), e 17 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, solo per quanto riguarda la ‘sorte capitale’, corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del
rapporto di lavoro, mentre alle somme provenienti dalla liquidazione del cd. rendimento si applica la ritenuta del 12,50%, prevista dall’art. 6 della l. 26 settembre 1985, n. 482; b) per gli importi maturati a decorrere dal 1° gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui agli artt. 16, comma 1, lett. a) e 17 del d.P.R. n. 917 cit.».
3.2. Con specifico riferimento al Fondo PIA (e all’analogo strumento finanziario RAGIONE_SOCIALE, cui sono stati trasferiti i fondi di PIA a partire dal 1998), questa Corte, anche di recente ( ex multis , Cass. 06/03/2019, n. 6514, da ultimo consolidata, tra le altre, da Cass. 13/05/2021, n. 12860; Cass. 19/07/2021, n. 20617; Cass. 21/10/2021, n. 29479; Cass. 19/07/2022, n. 22670; Cass. 14/07/2023, n. 20332), ha puntualizzato come la ritenuta del 12,50%, prevista dall’art. 6, della legge n. 482 del 1985, sulle somme provenienti dalla liquidazione del cd. rendimento, possa applicarsi solo agli importi derivanti dall’effettivo investimento del capitale accantonato sul mercato, dovendo invece escludersi tale più favorevole tassazione rispetto alle somme versate dal contribuente ad un Fondo PIA che non abbia mai investito sul mercato finanziario (Cass. 29/12/2011, n. 29583; Cass. 12/01/2012, n. 280; Cass. 04/04/2012, n. 5376; Cass. 25/05/2012, n. 8320; Cass. 27/03/2013, nn. 7724-7728; Cass. 22/05/2013, nn. 12491-12496; Cass. 02/10/2013, n. 22492; Cass. 09/10/2013, n. 22950; Cass. 12/02/2014, n. 3132; Cass. 19/03/2014, n. 6380; Cass. 09/04/2014, n. 8310; Cass. 04/02/2015, n. 1977; Cass. 22/05/2015, n. 10604; Cass. 13/01/2017, n. 720; Cass. 15/06/2018, n. 15853; Cass. 19/06/2018, n. 16116).
Costituiscono, quindi, il ‘rendimento netto’, come ha ulteriormente precisato questa Corte, le «somme derivanti dall’effettivo investimento del capitale accantonato sul mercato, non anche quelle calcolate attraverso l’adozione di riserve matematiche e di sistemi tecnico-attuariali di capitalizzazione, al fine di garantire
la copertura richiesta dalle prestazioni previdenziali concordate» (Cass. 28/02/2020, n. 5487; Cass. 18/10/2017, n. 24525).
3.3. Nella prospettiva che qui rileva, pertanto, si deve escludere che possa considerarsi quale ‘rendimento’ ottenuto quello corrispondente alla redditività sul mercato dell’intero patrimonio Enel, poiché tale fattore costituisce il risultato di una mera operazione matematica e non effettivamente il frutto dell’investimento di quegli accantonamenti sul libero mercato (Cass. 07/03/2018, n. 5436; Cass. 21/02/2018, n. 4941). Si è anche rimarcato (come ampiamente argomentato in motivazione da Cass. n. 16116/201 8 cit.) quale sia l’àmbito dell’indagine fattuale pertinente il principio di diritto affermato dalle Sezioni unite (sent. n. 13642/2011), che impone la necessità di una «ricostruzione dell’impiego delle somme sul mercato finanziario», con apposita verifica se vi sia stato «l’impiego da parte del Fondo sul mercato del capitale accantonato», e quale sia stato «il rendimento di gestione conseguito in relazione a tale impiego, giustificandosi solo rispetto a quest’ultimo rendimento l’affermata tassazione al 12, 50%». Inoltre, spetta al contribuente, che impugna il rigetto di un’istanza di rimborso, quale attore in senso sostanziale, provare il fondamento della sua pretesa; l’interessato, pertanto, è tenuto a dimostrare quale sia la parte dell’indennità ricevuta ascrivi bile a rendimenti frutto d’investimento sui mercati di riferimento, senza che detto onere probatorio possa ritenersi sufficientemente assolto tramite il mero rinvio al «conteggio proveniente dall’Enel, prodotto dal contribuente, che non contiene alcuna specificazione sui criteri utilizzati per la quantificazione della voce rendimento, così da chiarire se si tratta effettivamente di incremento della quota individuale del Fondo attribuita al dipendente in forza di investimenti effettuati dal gestore sul mercato» (Cass. 21/12/2016, n. 720; Cass. 15/03/2017, n. 13278; Cass. 16/03/2017, n. 13281).
3.4. Così schematizzato il tema della causa, venendo ora all’esame congiunto dei motivi di ricorso, è evidente che la sentenza
impugnata non ha fatto corretta applicazione dei principi ora enunciati, né delle prescrizioni dell ‘ordina nza di rinvio: l ‘errore commesso dalla CTR sta nell’avere dato per non contestato , in aderenza alla tesi dell’attore sostanziale, che esistesse un rendimento del capitale accantonato nel Fondo PIA, senza verificare, da un lato, l’ an dell’investimento, ossia l’effettivo impiego sul mercato (finanziario o dei valori mobiliari) del capitale accantonato (nel Fondo PIA), dall’altro, ove appurata una simile destinazione del capitale, il quantum del rendimento, visto che soltanto tale importo era assoggettabile alla tassazione ridotta del 12,50%.
3.5. Con particolare riferimento al profilo probatorio, secondo il costante orientamento sezionale (del quale in parte si è dato conto in precedenza) va escluso che la prova del rendimento del capitale accantonato possa consistere nella certificazione Enel della redditività, sul mercato, dell’intero patrimonio netto dell’impresa, poiché tale evidenza esprime una mera operazione matematica e non è il frutto dell’investimento di quegli accantonamenti sul libero mercato. Pertanto, nel solco della giurisprudenza di questa Corte, si rileva che dalla certificazione RAGIONE_SOCIALE non è possibile trarre elementi probatori idonei a dimostrare che il capitale accantonato tramite i versamenti del contribuente ha costituito una ‘posizione individuale’ ed è stato investito sul mercato di riferimento (finanziario, mobiliare, o altro mercato).
3.6. Questa Corte ha, infatti, ripetutamente affermato che né la certificazione Enel né la consulenza di parte assolvono all’onere probatorio, gravante sul contribuente che agisca per vedere riconosciuto il suo diritto al rimborso, poiché non recano alcuna specificazione dei criteri utilizzati per la quantificazione della voce ‘rendimento’, s ì da chiarire se si tratti effettivamente di incremento della quota individuale del Fondo attribuita al dipendente in forza di investimenti effettuati dal gestore sul mercato (Cass. nn. 13278/2021 e 13281/2017 cit.; Cass. 03/04/2019, n. 9246; Cass. 28/04/2021, n. 11171; Cass. 04/05/2011 nn. 11611 e 11612; Cass.
28/03/2022, n. 9959). Il prospetto Enel certifica esclusivamente la differenza tra il totale del capitale lordo da liquidare e la somma di dotazione iniziale. Quello indicato nella certificazione Enel, giova ricordarlo, è il rendimento ottenuto corrispondente alla redditività conseguita sul mercato dell’intero patrimonio dell’Enel. D’altronde, la relazione attuariale, prodotta nel giudizio di merito e più volte menzionata nel ricorso (in disparte la considerazione che essa non è un mezzo di prova, ma mera allegazione difensiva), nulla dice circa l’incremento della quota individuale del Fondo attribuita al dipendente in forza di investimenti effettuati dal gestore sul mercato. In relazione a questo aspetto della lite è decisiva la sottolineatura di Cass. 21/10/2021, n. 29479, che ricorda come, con estrema chiarezza «nella nota del 28 aprile 2014 dell’Enel si afferma che la PIA ‘non ha potuto né, tantomeno, avrebbe potuto svolgere quale Fondo interno con accantonamento a bilancio Enel -un’attività di investimento sui mercati finanziari. Pertanto, nessun rendimento derivante dall’investimento, da parte del Fondo PIA, sui mercati finanziari è ipotizzabile’. La configurabilità di un ‘rendimento netto’ , imputabile alla gestione sul mercato da parte del Fondo del capitale accantonato risulta incompatibile con il tenore dell’accordo Enel/Fndai del 16 aprile 1986 , in quanto l’importo della prestazione spettante al dirigente era predeterminato in anticipo sulla base del rapporto tra l’ultima retribuzione e la pensione . Il rendimento altro non è che la mera differenza da quanto affluito nel Fondo PIA e quanto erogato in concreto ai dirigenti». Simili conclusioni, del resto, sono asseverate dalla relazione n. 32/1999 della Corte dei conti -sezione del controllo sugli enti -proprio sul bilancio consuntivo di Enel, relativo all’esercizio finanziario 1997 (Cass. n. 16116/2018 cit.; Cass. 23/11/2020, n. 26543).
3.7. I suddetti principi sono stati ribaditi da questa Corte in fattispecie perfettamente speculare a quella per cui è l’odierno giudizio (16/06/2023, n. 17417) e sono ormai oggetto di una giurisprudenza consolidata, cui il Collegio intende dare continuità,
non ravvisandosi, pertanto, i presupposti per il rinvio alle Sezioni Unite della Corte sollecitato dal contribuente con la memoria.
In conclusione, accolto il ricorso, la sentenza va cassata; non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, poiché la vicenda fiscale è stata sviscerata anche sul piano dell’apprezzamento del materiale probatorio, e in ossequio al principio di ragionevole durata del processo, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art 384, secondo comma, cod. proc. civ., con il rigetto dell’originario ricorso introduttivo.
La particolarità della fattispecie che ha reso necessario l’intervento delle Sezioni Unite di questa Corte e di successive pronunce chiarificatrici, induce a compensare integralmente tra le parti le spese dei gradi di merito e del primo giudizio di legittimità.
Le spese relative a questo giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso del contribuente.
Compensa integralmente tra le parti le spese dei gradi di merito e del primo giudizio di legittimità.
Condanna il controricorrente a l pagamento, in favore dell’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore , delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.600,00, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 16 gennaio 2025.