Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18081 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18081 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 03/07/2025
Istanza rimborso -irpef -contributi previdenziali
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20562/2022 R.G. proposto da:
AGENZIA RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dal l’Avvocatura generale dello Stato,
-ricorrente –
contro
NOMECOGNOME quali eredi di NOMECOGNOME rappresentati e difeso dall’Avv. NOME COGNOME
-controricorrenti – avverso la sentenza della COMM. TRIB. REG. SICILIA, SEZIONE STACCATA CATANIA n. 896/2022, depositata il 03/02/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20 maggio 2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME impugnava innanzi alla CTP di Catania il silenzio rifiuto formatosi sull’istanza di rimborso presentata all’Agenzia delle Entrate della somma di euro 9.208,25, oltre interessi di legge, quale importo che assumeva tassato «in eccesso e per errore», in relazione all’erogazione di una somma lorda di € 98.018,10 da parte del Fondo Pensioni per il personale della Banca Commerciale Italiana.
In particolare il contribuente opponeva: 1) che dall’imponibile non erano stati dedotti i contributi versati in costanza di rapporto di lavoro nei limiti del 4 per cento della retribuzione annua ai sensi dell’art. 17, comma 2, t.u.i.r., nella versione applicabile ratione temporis ; 2) che dall’imponibile non era stato dedotto l’importo corrispondente al 12,50 per cento ai sensi dell’art. art.48, comma 7 -bis t.u.i.r. nella versione applicabile ratione temporis .
La CTP rigettava la domanda con riferimento ad entrambe le pretese. La CTR, invece, con la sentenza di cui all’epigrafe, accoglieva parzialmente l’appello del contribuente, al quale nel corso del processo erano succeduti i suoi eredi, NOME, COGNOME Cesare Maria limitatamente alla prima doglianza relativa alla richiesta di deduzione del 4 per cento.
Avverso detta sentenza ricorre l ‘Agenzia delle Entrate e gli eredi del contribuente resistono con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo l’Agenzia delle entrate denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. , violazione e falsa applicazione degli art. 7 17, 19 e 51 t.u.i.r.
Censura la sentenza nella parte in cui ha ritenuto deducibile dalla base imponibile utile al calcolo del carico fiscale, i contributi
previdenziali obbligatori versati dal datore di lavoro e dal lavoratore. Evidenzia che i Giudici dell’appello, pur riconoscendo indirettamente che le somme versate a titolo di contributi previdenziali di cui si chiedeva la deduzione fossero state versate in parte dal datore di lavoro e, in parte, dal lavoratore, giungevano alla conclusione che le stesse fossero interamente deducibili indipendentemente dal considerare su chi fosse stato addossato il relativo onere.
Il motivo è fondato.
2.1. La questione dei presupposti per l’esenzione pro quota di cui all’art. 17, comma 2, t.u.i.r. vigente ratione temporis attiene, sì, all’individuazione del soggetto che ha effettivamente pagato i contributi al Fondo, ma si innesta inevitabilmente anche sulla natura obbligatoria o facoltativa dei contributi erogati al fondo di previdenza complementare.
2.2. Questa Corte, con orientamento consolidato, (Cass. 07/06/2024, n. 15981, Cass. 19/07/2023, n. 19515, Cass. 26/01/2021 n. 1594, Cass. 1/7/2020 n. 13353, Cass. 10/12/2020 n. 28125 e Cass. 19/12/2019 n. 33828) ha ritenuto che la prestazione di capitale in Fondo di previdenza complementare per il personale di un istituto bancario (nella specie, il Fondo di previdenza complementare per il personale della Banca Commerciale Italiana), effettuata in favore di un ex dipendente, in forza di accordo risolutivo di ogni rapporto inerente al trattamento pensionistico integrativo in godimento (c.d. zainetto), costituisce, ai sensi dell’ art. 6, comma 2, t.u.i.r. reddito della stessa categoria della pensione integrativa cui il dipendente ha rinunciato e va, quindi, assoggettato al medesimo regime fiscale cui sarebbe stata sottoposta la predetta forma di pensione. Ne consegue che la base imponibile su cui calcolare l’imposta è costituita dall’intera somma versata dal Fondo, senza che sia possibile defalcare da essa i contributi versati, in quanto, ai sensi del l’art. 48 lett. a) t.u.i.r. , nel testo in vigore
fino al 31 dicembre 2003, gli unici contributi previdenziali e/o assistenziali che non concorrono a formare il reddito sono quelli versati in ottemperanza a disposizioni di legge (Cass. n. 15981 del 2024 cit.).
L’imponibile delle prestazioni erogate dei fondi di previdenza complementare per il personale degli istituti bancari include, pertanto, anche i contributi versati dal dipendente, attesa la natura facoltativa degli stessi ((cfr. Cass. 28/12/2016 n. 27078, là dove si afferma che «il Fondo pensione RAGIONE_SOCIALE, in quanto iscritto all’Albo dei fondi presso la Covip e assoggettato alla sua vigilanza, una forma di previdenza complementare, concretizzandosi in una prestazione in forma di rendita realizzata in modo volontario, con lo scopo di integrare la pensione pubblica»).
2.3. La sentenza impugnata, in contrasto con i richiamati principi, va, quindi, cassata e, non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ex art. 384, secondo comma, cod. proc. civ., con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente.
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo, mentre vanno compensate le spese dei giudizi di merito, essendosi la giurisprudenza consolidata solo nelle more di quei giudizi.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso del contribuente . Condanna i controricorrenti, in solido tra loro, al pagamento in favore dell’Agenzia delle Entrate delle spese processuali del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.300,00 oltre alle spese prenotate a debito; compensa le spese dei giudizi di merito.
Così deciso in Roma, il 20 maggio 2025.