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Tassazione factoring: registro fisso per la risoluzione

La Corte di Cassazione ha stabilito che la risoluzione consensuale di una cessione di crediti, inserita in un’operazione di factoring pro solvendo, rientra nel campo di applicazione dell’IVA come prestazione di servizi finanziari. Di conseguenza, in virtù del principio di alternatività IVA/Registro, l’atto sconta l’imposta di registro in misura fissa e non proporzionale. Questa sentenza chiarisce un importante aspetto della tassazione factoring, favorendo i contribuenti contro la pretesa dell’Agenzia delle Entrate di applicare un’imposta proporzionale.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Tassazione Factoring: la Cassazione sceglie l’imposta fissa per la risoluzione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha posto un punto fermo su un tema cruciale per le imprese che utilizzano il factoring: la corretta tassazione factoring in caso di risoluzione consensuale della cessione dei crediti. Con la sentenza in commento, i Giudici Supremi hanno stabilito che tale operazione, essendo parte integrante di un’operazione finanziaria complessa, rientra nel campo IVA e, pertanto, deve essere assoggettata a imposta di registro in misura fissa, e non proporzionale come sostenuto dall’Agenzia delle Entrate.

I Fatti di Causa

La controversia nasce da un avviso di liquidazione notificato dall’Agenzia delle Entrate a un notaio, con cui si richiedeva il pagamento dell’imposta di registro in misura proporzionale (0,50%) su un atto di risoluzione consensuale parziale di una cessione di crediti. Tale cessione era avvenuta nell’ambito di un’operazione di factoring pro solvendo tra una società e un istituto di credito specializzato.

Il notaio, e parallelamente la società coinvolta in un procedimento analogo, contestavano tale pretesa, sostenendo che l’operazione di retrocessione dei crediti fosse strettamente connessa al contratto di factoring, un’operazione di natura finanziaria soggetta al regime IVA (seppur esente). Di conseguenza, in base al principio di alternatività IVA/Registro, l’imposta di registro avrebbe dovuto essere applicata in misura fissa.

Mentre le Commissioni Tributarie di merito avevano dato parzialmente ragione ai contribuenti, riducendo la base imponibile ma confermando l’applicazione dell’imposta proporzionale, la questione è approdata in Cassazione.

La Questione Giuridica: Imposta Fissa o Proporzionale?

Il cuore del dibattito legale era stabilire la corretta natura fiscale della risoluzione di una cessione del credito all’interno di un contratto di factoring. L’Agenzia delle Entrate la considerava un’operazione autonoma, da tassare proporzionalmente in base al valore. I contribuenti, invece, la qualificavano come un momento funzionale di un’unica operazione finanziaria più ampia, rilevante ai fini IVA.

La risoluzione della questione dipendeva dall’interpretazione del rapporto tra l’atto di risoluzione e il contratto di factoring originario e dalla conseguente applicazione o meno del principio di alternatività sancito dall’art. 40 del D.P.R. 131/1986.

Tassazione Factoring: La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, accogliendo i ricorsi dei contribuenti, ha ribaltato le decisioni dei giudici di merito, affermando principi chiari sulla tassazione factoring.

Il Factoring come Operazione Finanziaria IVA

I Giudici hanno innanzitutto qualificato il contratto di factoring pro solvendo con anticipazione come una vera e propria operazione di finanziamento. La retrocessione dei crediti non è un atto isolato, ma una fase eventuale e connaturata al rapporto stesso, con un contenuto uguale e contrario a quello della cessione iniziale. L’intera operazione, nella sua complessità, costituisce una ‘prestazione di servizi’ di natura finanziaria ai sensi dell’art. 3 del D.P.R. 633/1972, che rientra nel campo di applicazione dell’IVA, anche se in regime di esenzione (art. 10).

L’Applicazione del Principio di Alternatività

Una volta stabilito che l’operazione è rilevante ai fini IVA, scatta automaticamente il principio di alternatività. La Corte ha ribadito che, per l’applicazione di tale principio, non è necessario l’effettivo assoggettamento ad imposta, ma è sufficiente che l’atto rientri astrattamente nel campo di applicazione dell’IVA. Essendo la retrocessione dei crediti parte di un’unica prestazione economica indissociabile (il factoring), essa sconta il regime fiscale del contratto principale. Pertanto, l’imposta di registro deve essere applicata in misura fissa.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che un’analisi ‘atomistica’ degli atti, che scompone l’operazione di factoring nelle sue singole componenti, porterebbe a una ricostruzione artificiosa e non rispondente alla realtà economica. Il factoring, specialmente nella forma pro solvendo, non è una semplice cessione di crediti, ma un contratto complesso con una causa finanziaria. La risoluzione della cessione è un evento che si inserisce in questa dinamica, partecipando della stessa natura finanziaria del contratto originario. Valutarla separatamente significherebbe ignorare la volontà delle parti e la funzione economica dell’intera operazione. La Corte, richiamando anche la giurisprudenza europea, ha affermato la necessità di guardare all’operazione come a una ‘unica prestazione economica indissociabile’, la cui scomposizione avrebbe carattere artificiale.

Le Conclusioni

La sentenza rappresenta una vittoria importante per le imprese e i professionisti che operano con contratti di factoring. Le conclusioni pratiche sono significative: la risoluzione consensuale di una cessione di crediti, se inserita in un contratto di factoring, deve essere assoggettata a imposta di registro in misura fissa. Questo orientamento garantisce certezza giuridica e un trattamento fiscale più favorevole, coerente con la natura finanziaria dell’operazione, evitando l’applicazione di un’imposta proporzionale che risulterebbe ingiustificatamente onerosa.

Come deve essere tassata la risoluzione di una cessione di crediti in un contratto di factoring pro solvendo?
Deve essere assoggettata all’imposta di registro in misura fissa, in quanto considerata parte di un’operazione finanziaria complessiva rilevante ai fini IVA.

Perché si applica l’imposta fissa e non quella proporzionale?
Si applica l’imposta fissa a causa del principio di alternatività IVA/Registro. Poiché l’operazione di factoring è una prestazione di servizi che rientra nel campo di applicazione dell’IVA (anche se esente), l’imposta di registro non può essere proporzionale.

Il fatto che l’operazione di factoring sia esente da IVA cambia qualcosa ai fini dell’imposta di registro?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che per l’applicazione del principio di alternatività è sufficiente che l’operazione rientri astrattamente nel campo applicativo dell’IVA, non essendo necessario il suo effettivo assoggettamento a imposta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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