Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15944 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15944 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 14/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26447/2020 R.G. proposto da :
COGNOME NOMECOGNOME con gli Avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME
-ricorrente-
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato
-controricorrente-
avverso la Sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia n. 948/2020 depositata il 08/06/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
In data 25 febbraio 2011 NOME COGNOME cedeva alla RAGIONE_SOCIALE l’11,6 7% del capitale sociale della RAGIONE_SOCIALE, convenendo un prezzo di cessione costituito: i) da un prezzo base; ii) un aggiustamento prezzo; iii) un earn-out , da pagarsi negli anni 2012 e 2013, collegato ai risultati economici che RAGIONE_SOCIALE avrebbe conseguito negli anni 2011 e 2012.
Il prezzo base e l’aggiustamento venivano incassati nel 2011 e sottoposti a tassazione nel corrispondente periodo di imposta, vigente l’aliquota del 12,50% .
La verifica dei risultati economici conseguiti da RAGIONE_SOCIALE comportava la determinazione di un earn-out di euro 724.852,00, incassato dal ricorrente nel 2012, e di un earn-out di euro 1.108.482,00, incassato nel 2013.
Entrambi gli importi venivano dichiarati dal contribuente in relazione ai periodi di imposta 2012 e 2013, con l’applicazione della aliquota del 20%, e regolarmente versati.
Successivamente il contribuente, ritenendo che le imposte dovessero essere quantificate con applicazione della inferiore aliquota (12,5%) vigente nel 2011, al momento della cessione della partecipazione, presentava – in data 24.10.2016 – istanza di rimborso per l’importo di € 98.744,00 oltre interessi, pari alla differenza tra l’imposta versata e quella ritenuta dovuta.
Formatosi il silenzio rifiuto, il signor COGNOME proponeva ricorso avanti alla CTP di Milano, che veniva rigettato, con sentenza confermata in grado di appello dalla CTR della Lombardia.
Avverso tale sentenza il contribuente ha proposto ricorso per cassazione, sorretto da due motivi.
L’Amministrazione ha resistito con controricorso ed il ricorrente ha depositato memoria ex art. 380.1 bis cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, il contribuente denuncia la « Nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 111, comma 6, Cost., dell’art. 132, comma 2, n. 4) c.p.c. e degli artt. 36 e 62 del D. Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c.»
Afferma in particolare che la sentenza impugnata presenterebbe un ‘contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili’, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico -giuridico posto a base della decisione.
1.1. Il motivo non è fondato.
Va ricordato che per motivazione apparente o contraddittoria deve intendersi quella motivazione che, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche, congetture.
Nella specie invece i giudici d’appello, si condividano o meno le loro conclusioni, hanno chiaramente ritenuto che agli importi percepiti dal contribuente negli anni 2012 e 2013, in presenza della clausola di earn-out si dovesse applicare il principio generale sancito dall’art. 68 DPR n. 917/1986, secondo cui la plusvalenze da cessione di partecipazioni e strumenti finanziari assimilati sono fiscalmente rilevanti secondo il criterio di cassa, non ritenendo la maturazione del corrispettivo variabile assimilabile ad una mera dilazione del pagamento e dunque ricollegabile al momento genetico della cessione della partecipazione, ma piuttosto al sorgere -ex novo – del diritto alla percezione di quei determinati corrispettivi.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la «Violazione e falsa applicazione dell’art. 67 D.P.R. n. 917/1986, dell’art. 5, comma 2, D. Lgs. 21/11/1997, n. 461 e dell’art. 2, commi 6 e 9, del D.L. 13/08/2011 n. 138, convertito con modificazioni nella L. n. 148/2011, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c. ».
Lamenta in particolare il contribuente che i giudici del merito avrebbero confuso il momento di perfezionamento del trasferimento della proprietà della partecipazione, rilevante per individuare l’aliquota di imposta applicabile, dall’incasso del corrispettivo.
2.1. Il motivo è fondato, richiamandosi a conforto l’ordinanza n. 17792 del 21/06/2023 di questa Corte, pronunciata in relazione alla coeva cessione della partecipazione, effettuata con le medesime modalità, da altro socio della RAGIONE_SOCIALE
2.2. L’art. 67, comma 1, lettera c -bis), del D.P.R. n. 917/1986 stabilisce che costituiscono redditi diversi le ‘plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di azioni e di ogni altra partecipazione al capitale o al patrimonio di società di cui all’articolo 5 … e dei soggetti di cui all’articolo 73’.
La quantificazione della plusvalenza è, a norma dell’art. 68 del D.P.R. n. 917/1986, determinata, per la generalità dei casi, dalla differenza tra il corrispettivo percepito -e quindi ‘per cassa’ e il costo di acquisto della partecipazione, aumentato di ogni onere inerente alla produzione.
L’art. 5, comma 2, del D. Lgs. n. 461/1997 vigente ratione temporis disponeva che ‘I redditi di cui alle lettere da c -bis) a cquinquies) del comma 1 dell’art. 81, del testo unico delle imposte sui redditi , approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 ( … ) sono soggetti ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi con l’aliquota del 12,50 per cento’.
L’aliquota del 12,50% è stata elevata al 20% dal D.L. 138/2011, convertito con modificazioni nella L. 148/2011, che, per quanto qui maggiormente rileva, ha disposto all’art. 2, comma 6 che: ‘Le ritenute, le imposte sostitutive sugli interessi, premi e ogni altro provento di cui all’articolo 44 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 e sui redditi diversi di cui all’articolo 67, comma 1, lettere da c-bis a c-quinquies del medesimo decreto, ovunque ricorrano, sono stabilite nella misura del 20 per cento’ e al comma 9 che ‘La misura dell’aliquota di cui al comma 6 si applica agli interessi, ai premi e ad ogni altro provento di cui all’articolo 44 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, divenuti esigibili e ai redditi diversi realizzati a decorrere dal 1° gennaio 2012’
2.3. Ai fini della individuazione del momento di realizzo, le plusvalenze si intendono realizzate nel momento in cui si
perfeziona la cessione a titolo oneroso delle partecipazioni piuttosto che nell’eventuale diverso momento in cui viene liquidato il corrispettivo della cessione.
Detto principio trova conferma, oltre che nella prassi richiamata dal ricorrente e dai giudici di appello (a partire dalla Circolare 24 giugno 1998 n. 165/E), anche nella giurisprudenza di questa Corte, che ha affermato che «in tema di imposte sui redditi, la plusvalenza fiscalmente rilevante si realizza al momento della conclusione del contratto, mentre non hanno rilievo alcuno le vicende successive relative all’adempimento degli obblighi contrattuali, quali l’omessa percezione del prezzo o la sua eventuale rateizzazione, o l’estinzione dell’obbligazione successivamente intervenuta» (Cass. 07/06/2018, n. 14848; negli stessi termini Cass. 03/05/2019, n. 11635).
2.4. L’affermazione di tale principio consente di distinguere, pertanto, il momento di perfezionamento del trasferimento del titolo da quello relativo all’incasso del corrispettivo.
Il momento di realizzo della plusvalenza, conseguentemente, consente di determinare il regime di tassazione applicabile, mentre quello in cui il corrispettivo viene percepito determina, sulla base del principio di cassa, il periodo d’imposta in cui il reddito deve essere assoggettato a tassazione.
2.5. In presenza di una clausola di earn-out , al momento del perfezionamento del trasferimento, in capo al cedente si realizza un reddito diverso derivante dall’incasso della parte fissa del corrispettivo e, successivamente, al verificarsi delle condizioni previste dalla clausola, si realizza, secondo il principio di cassa, un reddito diverso della medesima natura di quello realizzato al momento della cessione della partecipazione (così la Risoluzione n. 74/E del 20.12.2021).
Tale reddito costituisce comunque parte del corrispettivo della cessione della partecipazione, e viene liquidato nel rispetto di criteri
che, sebbene dipendenti anche da fatti anche esterni alla volontà delle parti, quali l’andamento economico della società, sono predeterminati nel contratto che trasferisce le partecipazioni; è dunque al momento della conclusione di tale contratto che si deve fare riferimento per quanto attiene alla determinazione del regime di tassazione applicabile, ivi compresa l’aliquota di imposta.
2.6. Deve, pertanto, formularsi il seguente principio di diritto: «In materia di cessione di partecipazioni sociali, il criterio per cui le plusvalenze si intendono realizzate nel momento in cui si perfeziona la cessione a titolo oneroso, piuttosto che nell’eventuale diverso momento in cui viene liquidato il corrispettivo della cessione, si applica anche in presenza di una clausola di earn-out , che prevede, al momento del perfezionamento del trasferimento, il pagamento di una parte fissa del corrispettivo e, successivamente, al verificarsi delle condizioni previste dalla clausola, collegate ai risultati economici della società, il pagamento di una ulteriore parte del corrispettivo».
In conclusione, in accoglimento del secondo motivo di appello, la sentenza impugnata deve essere cassata e la causa, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, può essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 384, comma 2, cod. proc. civ., con l’accoglimento dell’originario ricorso del contribuente.
Si compensano le spese dei gradi di merito, stante la peculiarità delle questioni trattate.
Le spese relative al presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, accoglie il ricorso originario del contribuente. Compensa le spese dei gradi di merito.
Condanna la resistente Amministrazione al pagamento delle spese che liquida in euro 5.600,00, oltre rimborso forfettario nella misura del 15 % dell’onorario, anticipazioni per € 200,00, accessori per IVA e CPA, se dovuti.
Così deciso in Roma, il 15/04/2025.