Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 11955 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 11955 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 07/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30004/2020 R.G. proposto da :
AGENZIA DELLE ENTRATE, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato
-ricorrente-
contro
NOME COGNOME NOME COGNOME con gli Avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME
-controricorrenti- avverso la Sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia n. 692/2020 depositata il 02/03/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
In data 25 febbraio 2011 NOME COGNOME e NOME COGNOME cedevano alla RAGIONE_SOCIALE rispettivamente, il 15,55% ed il 15,56% del capitale sociale della RAGIONE_SOCIALE, convenendo un prezzo di cessione costituito: i) da un prezzo base; ii) un aggiustamento prezzo; iii) un earn-out , da pagarsi negli anni 2012 e 2013, collegato ai risultati economici che RAGIONE_SOCIALE avrebbe conseguito negli anni 2011 e 2012.
Il prezzo base e l’aggiustamento venivano incassati nel 2011 e sottoposti a tassazione nel corrispondente periodo di imposta, vigente l’aliquota del 12,50%.
La verifica dei risultati economici conseguiti da RAGIONE_SOCIALE comportava la determinazione: per il signor NOME COGNOME di un earn-out di euro 966.331,00, incassato nel 2012, e di un earn-out di euro 1.477.764,00 incassato nel 2013; per il signor NOME COGNOME di un earn-out di euro 966.745,00, incassato nel 2012, e di un earn-out di euro 1.478.398,00 incassato nel 2013.
Entrambi gli importi venivano dichiarati dai contribuenti in relazione ai periodi di imposta 2012 e 2013, con l’applicazione della aliquota del 20%, e regolarmente versati.
Successivamente i contribuenti, ritenendo che le imposte dovessero essere quantificate con applicazione della inferiore aliquota (12,5%) vigente nel 2011, al momento della cessione della partecipazione, presentavano – in data 24.10.2016 – istanza di rimborso per un importo pari alla differenza tra l’imposta versata e quella che ritenevano dovuta.
Formatosi il silenzio rifiuto, NOME COGNOME e NOME COGNOME proponevano ricorso avanti alla CTP di Milano, che veniva rigettato. Quindi, la CTR della Lombardia, con la sentenza indicata in epigrafe, accoglieva gli appelli riuniti dei contribuenti.
Avverso la predetta sentenza ricorre l’Agenzia delle entrate con due motivi e resistono i contribuenti con controricorso, illustrato dal deposito di memoria difensiva ex art. 380-bis.1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la «Violazione e falsa applicazione dell’articolo 68 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR) anche in combinato disposto con l’articolo 2, comma 9, del d.l. n. 138/2011».
1.2. La CTR della Lombardia ha ritenuto fondata la tesi dei contribuenti così motivando: «questa Commissione ritiene vada condiviso quanto evidenziato dai Contribuenti nell’atto di appello e che vada accolta la richiesta di applicabilità al conguaglio del prezzo al medesimo regime fiscale della parte di prezzo dal quale deriva, e ciò anche in applicazione del principio di continuazione dell’imposizione come previsto dalla circolare 13/2006 della Assonime. Parimenti va considerata la circolare 11/E del 28.03.2012, citata dagli appellanti, che ha indicato come rilevante il momento in cu si perfeziona la cessione a titolo oneroso della partecipazione e non sull’eventuale diverso momento in cui viene liquidato il corrispettivo della cessione».
1.3. Sostiene la ricorrente che, invece, nel caso in esame non avrebbe rilevanza la data di perfezionamento del contratto di cessione, considerato che, al tempo della conclusione del contratto, non sarebbe ancora sorto il diritto stesso dei cedenti alla percezione del cd. earn-out , diritto venuto ad esistenza soltanto in un momento successivo (nel 2012, per la prima tranche , e nel 2013, per la seconda).
Il motivo è infondato, richiamandosi a conforto l’ordinanza n. 17792 del 21/06/2023 di questa Corte, pronunciata in relazione alla coeva cessione della partecipazione, effettuata con le medesime modalità, da altro socio della RAGIONE_SOCIALE
2.1. L’art. 67, comma 1, lettera c -bis), del D.P.R. n. 917/1986 stabilisce che costituiscono redditi diversi le ‘plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di azioni e di ogni altra partecipazione al capitale o al patrimonio di società di cui all’articolo 5 … e dei soggetti di cui all’articolo 73’.
La quantificazione della plusvalenza è, a norma dell’art. 68 del D.P.R. n. 917/1986, determinata, per la generalità dei casi, dalla differenza tra il corrispettivo percepito -e quindi ‘per cassa’ e il
costo di acquisto della partecipazione, aumentato di ogni onere inerente alla produzione.
L’art. 5, comma 2, del D. Lgs. n. 461/1997 vigente ratione temporis disponeva ‘I redditi di cui alle lettere da c -bis) a cquinquies) del comma 1 dell’art. 81, del testo unico delle imposte sui redditi , approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, ( … ) sono soggetti ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi con l’aliquota del 12,50 per cento’.
L’aliquota del 12,50% è stata elevata al 20% dal D.L. 138/2011, convertito con modificazioni nella L. 148/2011, che, per quanto qui maggiormente rileva, ha disposto all’art. 2, comma 6 che : ‘Le ritenute, le imposte sostitutive sugli interessi, premi e ogni altro provento di cui all’articolo 44 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 e sui redditi diversi di cui all’articolo 67, comma 1, lettere da c-bis a c-quinquies del medesimo decreto, ovunque ricorrano, sono stabilite nella misura del 20 per cento’ e al comma 9 che ‘La misura dell’aliquota di cui al comma 6 si applica agli interessi, ai premi e ad ogni altro provento di cui all’articolo 44 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, divenuti esigibili e ai redditi diversi realizzati a decorrere dal 1° gennaio 2012’
2.2. Ai fini della individuazione del momento di realizzo, le plusvalenze si intendono realizzate nel momento in cui si perfeziona la cessione a titolo oneroso delle partecipazioni piuttosto che nell’eventuale diverso momento in cui viene liquidato il corrispettivo della cessione.
Detto principio trova conferma, oltre che nella prassi richiamata dal ricorrente e dai giudici di appello (a partire dalla Circolare 24 giugno 1998 n. 165/E), anche nella giurisprudenza di questa Corte, che ha affermato che ‘in tema di imposte sui redditi, la plusvalenza fiscalmente rilevante si realizza al momento della conclusione del
contratto, mentre non hanno rilievo alcuno le vicende successive relative all’adempimento degli obblighi contrattuali, quali l’omessa percezione del prezzo o la sua eventuale rateizzazione, o l’estinzione dell’obbligazione successivamente intervenuta’ (Cass . 07/06/2018, n. 14848; negli stessi termini Cass. 03/05/2019, n. 11635).
2.3. L’affermazione di tale principio consente di distinguere, pertanto, il momento di perfezionamento del trasferimento del titolo da quello relativo all’incasso del corrispettivo.
Il momento di realizzo della plusvalenza, conseguentemente, consente di determinare il regime di tassazione applicabile, mentre quello in cui il corrispettivo viene percepito determina, sulla base del principio di cassa, il periodo d’imposta in cui il reddito deve essere assoggettato a tassazione.
2.4. In presenza di una clausola di earn-out , al momento del perfezionamento del trasferimento, in capo al cedente si realizza un reddito diverso derivante dall’incasso della parte fissa del corrispettivo e, successivamente, al verificarsi delle condizioni previste dalla clausola, si realizza, secondo il principio di cassa, un reddito diverso della medesima natura di quello realizzato al momento della cessione della partecipazione (così la Risoluzione n. 74/E del 20.12.2021).
Tale reddito costituisce comunque parte del corrispettivo della cessione della partecipazione, e viene liquidato nel rispetto di criteri che, sebbene dipendenti anche da fatti anche esterni alla volontà delle parti, quali l’andamento economico della società, sono predeterminati nel contratto che trasferisce le partecipazioni; è dunque al momento della conclusione di tale contratto che si deve fare riferimento per quanto attiene alla determinazione del regime di tassazione applicabile, ivi compresa l’aliquota di imposta.
Con il secondo strumento di impugnazione l’Amministrazione ricorrente denuncia, in relazione all’articolo 360, comma 1, n. 4)
с.р.с. la «Nullità in parte qua della sentenza per violazione dell’articolo 112 del codice di procedura civile e dell’articolo 69, comma 1, del d.lgs. n. 546/1992», per non avere la CTR provveduto in merito alla richiesta dell’Ufficio di prestazione di idonea garanzia ai sensi dell’art.69 D.Lgs. 546/1992.
3.1. La censura è inammissibile, dovendosi ravvisare, nella pronuncia della CTR, una statuizione implicita di rigetto, e potendo pertanto al riguardo limitarsi a dare seguito al principio di diritto secondo cui «Non ricorre il vizio di omessa pronuncia, nonostante la mancata decisione su un punto specifico, quando la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto sul medesimo» (v. in tal senso, tra le molte, Cass. n. 29191 del 06/12/2017, Rv. 646290 01).
Ulteriore profilo di inammissibilità del motivo discende dalla sopravvenuta carenza di interesse al suo accoglimento, in conseguenza di quanto statuito in merito al primo motivo di ricorso.
4. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna della ricorrente al rimborso, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano come in dispositivo.
Rilevato che risulta soccombente l’Agenzia delle Entrate, ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. n. 30 maggio n. 115, art. 13 comma 1quater (Cass. 29/01/2016, n. 1778).
P.Q.M .
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 7.800,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per
cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 15/04/2025.