Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6157 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 6157 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22904 -2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME COGNOME NOME
rappresentati e difesi da ll’ Avvocato NOME COGNOME giusta procura speciale in calce al controricorso
-controricorrenti –
avverso la sentenza n. 2445/2023 della CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI SECONDO GRADO della CAMPANIA, depositata il 18/4/2023; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 28/2/2025 dal Consigliere Relatore Dott.ssa NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Agenzia delle entrate propone ricorso, affidato ad unico motivo, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania aveva respinto l’appello erariale avverso la sentenza n. 8260/37/2021 emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di Napoli, con la quale era stato accolto il ricorso proposto da NOME e NOME COGNOME (succeduti al padre, NOME COGNOME) avverso l’avviso di liquidazione con il quale era stato richiesto il pagamento dell’imposta di registro relativa alla sentenza civile n. 1669/2017, emessa dal Tribunale di Napoli in data 9.2.2017, relativamente ad una cessione costitutiva di diritto immobiliare equiparata a una divisione ereditaria.
I contribuenti resistono con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. Preliminarmente deve essere disattesa l’eccezione di non autosufficienza del ricorso per violazione degli artt. 366, comma 1, n. 3, c.p.c., posto che a differenza di quanto si sostiene nel controricorso la sentenza è stata sottoposta a specifica impugnazione nel rispetto dell’art. 366, 1 comma c.p.c. ed avendo la ricorrente corredato l’atto degli elementi essenziali, descrittivi tanto della vicenda fattuale, quanto della vicenda processuale (pagg. 2-7 del ricorso), volti a riassumere ed illustrare le ragioni ed i presupposti della pretesa tributaria, con la conseguenza che il ricorso per cassazione si palesa adeguato a consentire alla Corte di comprendere le censure prospettate fornendo una conoscenza del «fatto», sostanziale e processuale, sufficiente per intendere correttamente il significato e la portata delle critiche rivolte alla pronuncia oggetto di impugnazione, oggetto del motivo di ricorso di seguito illustrato.
2.1. Con unico motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate denuncia , ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., violazione degli artt. 20, 21, 34 e 37 del d.P.R. n. 131/1986 ( c.d. TUR) e dell’art. 1, comma 1, e 3 della
parte I della tariffa allegata, anche con riferimento all’art. 713 c.c., per avere la Corte di giustizia tributaria di secondo grado erroneamente ritenuto di dover applicare alla vicenda in esame le norme relative alla tassazione della divisione (ereditaria) e dunque l’art. 34 del TUR e l’art. 3 della I parte della tariffa, anziché l’art. 1, comma 1 della parte I della Tariffa, che disciplina la tassazione degli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili in genere, ed in particolare degli atti di trasferimento aventi per oggetto terreni agricoli e relative pertinenze a favore di soggetti diversi dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali.
2.2. La doglianza è infondata.
2.3. Come leggesi nella sentenza impugnata e negli scritti difensivi delle parti , la vicenda che ha dato luogo all’adozione dell’avviso di accertamento impugnato, è la seguente: con sentenza n. 1669/2017, emessa dal Tribunale di Napoli in data 9.2.2017, veniva disposta, ex art. 2932 c.c., l’esecuzione in forma specifica di una scrittura privata inerente lo scioglimento di una comunione tra i germani NOME e NOME COGNOME -comprensiva di un appartamento, sito in Napoli, INDIRIZZO e di un appezzamento di terreno sito in Chiaiano (NA), località INDIRIZZO -, sorta a seguito del l’accordo divisionale dell’ 11.5.1989, cui aveva partecipato anche la sorella NOME COGNOME con il quale i tre germani avevano proceduto allo scioglimento della comunione ereditaria venutasi a creare in ragione della successione dei genitori (NOME COGNOME e NOME COGNOME), nelle cui masse rientravano i beni immobili siti in Napoli, al INDIRIZZO; all’esito di detto accordo, l’originario appartamento unico, spettante ai genitori e cui erano succeduti i figli, era stato frazionato in due unità, di cui una attribuita in proprietà esclusiva a NOME COGNOME e l’altra attribuita in proprietà esclusiva, seppur in comunione (50% ciascuno), ai fratelli NOME COGNOME e NOME COGNOME, assieme al terreno sito in Chiaiano (NA); con la sentenza del Tribunale di Napoli dianzi citata fu quindi disposto, in favore di NOME COGNOME, il trasferimento delle quote di comproprietà vantate da NOME COGNOME (in proprio e quale erede di NOME COGNOME), NOME COGNOME e NOME COGNOME (quali eredi di NOME COGNOME) sull’appezzamento di terreno, sito in Chiaiano, ed in favore di NOME COGNOME, NOME e NOME
COGNOME, quali eredi testamentari di NOME COGNOME, il trasferimento dell’intera quota di comproprietà vantata da NOME COGNOME sull’appartamento sito in Napoli al INDIRIZZO; con l’avviso di liquidazione impugnato l’Agenzia delle entrate chiese a NOME COGNOME genitore e dante causa degli odierni controricorrenti , l’importo della somma dovuta «ai sensi …(dell’) … articolo 1, comma 1, Tariffa Parte Prima – aliquota 15 %» per la registrazione della sentenza del Tribunale civile di Napoli n. 1669 del 2017, in quanto portante il trasferimento reciproco di beni immobili da una parte all’altra .
2.4. Ciò posto, il legislatore, ai fini dell’imposta di registro, considera la divisione come atto avente natura dichiarativa, sottoponendola alla relativa aliquota dettata in tariffa.
2.5. Ai fini della base imponibile, il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 34, comma 1, detta i criteri per determinare la c.d. massa comune, e all’uopo distingue tra comunione derivante da successione mortis causa e comunione derivante da titolo diverso.
2.6. In base alla norma dianzi citata si desume che conta il nesso tra l’oggetto della comunione e il titolo da cui esso deriva: nella comunione ereditaria, la massa dividenda è costituita dal valore, riferito alla data della divisione, dell’asse ereditario netto; nella comunione ordinaria, la massa comune è costituita dai beni risultanti dal precedente atto che abbia scontato l’imposta dei trasferimenti.
2.7. Il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 34, comma 4, disciplina, invece, il fenomeno delle c.d. masse plurime, che ricorre quando gli stessi soggetti risultano comproprietari di più beni derivanti da titoli diversi.
2.8. Questo generalmente accade quando i condividenti siano comproprietari di beni acquistati, in comunione pro indiviso e per quote uguali, con distinti atti negoziali.
2.9. In tal caso, ogni titolo di acquisto genera una comunione in rapporto al bene che ne è oggetto, sicché può dirsi infine che ogni bene è oggetto di un’autonoma comunione.
2.10. Qualora si proceda alla divisione di questi beni non si ha fiscalmente un unico negozio, ma tanti quanti sono i titoli di acquisto.
2.11. Non costituiscono autonomo titolo di acquisto gli atti afferenti quote ideali degli stessi beni della massa divisionale.
2.12. La regola di cui all’art. 34, comma 4, nell’ambito della disciplina complessiva, pone difatti un’eccezione finalizzata ad affermare che ove l’ultimo acquisto di beni sia avvenuto per successione mortis causa (nell’esempio fatto, i comproprietari di beni ereditano, in comunione pro indiviso e per quote uguali, un ultimo immobile), le comunioni, sebbene derivanti da titoli diversi, sono considerate come una sola comunione.
2.13. In questa prospettiva l’eccezione appunto prevista dal citato comma 4 considera come riferibile (ai fini dell’imposta di registro) a una sola massa la divisione, finanche relativa a masse plurime, se l’ultimo titolo di acquisto di quote (in ordine di tempo) sia costituito da una successione mortis causa , perché appunto la norma presuppone sempre il rapporto tra il titolo e i beni di cui si compone la massa.
2.14. Nel caso di specie se è vero che l’ultimo acquisto di quota era quello per atto inter vivos , tuttavia, pur sempre trattavasi di acquisto di una quota ideale dei medesimi beni già compresi nella massa ereditaria.
2.15. Dunque, nel rapporto tra il titolo e la massa dei beni, la comunione era sempre quella causalmente ancorata al titolo successorio.
2.16. Nelle condizioni date, la reciproca cessione di quota da un coerede all’altro, non avendo determinato in sé alcuna alterazione dell’oggetto della comunione, aveva rappresentato una variazione di tipo meramente soggettivo, a cui può essere applicato il principio di diritto, già affermato da questa Corte (cfr. Cass. n. 27075 del 2014) secondo cui, in tema di imposta di registro (nonché di imposte ipotecaria e catastale), il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 34, comma 4, suppone doversi tener conto, ai fini della tassazione della divisione tra coeredi, del rapporto genetico tra il titolo e la massa dividenda , al che consegue che la cessione di una quota da un coerede a un altro, non determinando acquisizione di nuovi beni alla massa dividenda , va intesa come semplice variazione di tipo soggettivo, e questo, inalterato l’oggetto della comunione, postula che, fiscalmente, la comunione sia infine considerata pur sempre unica e di origine successoria.
2.17. Non sussistono, dunque, plurime comunioni, vantando ciascun compartecipe, sulla totalità dei beni , in virtù dell’ultimo dell’art. 34 cit., un diritto corrispondente alla somma delle singole frazioni che gli derivano da ciascun titolo, e non tanti diritti, ciascuno per la quota corrispondente ad ogni titolo e relativo ai beni con lo stesso acquistati , operazione quest’ultima che implicherebbe, invece, necessariamente, la presenza di transazioni, che possono tradursi, a seconda dei casi, in permute (quando la proprietà corrisponde in ogni caso al pro quota del singolo) o compravendite (quando il passaggio genera al condividente una plusvalenza ovvero una porzione eccedente la parte di diritto).
2.18. Erroneamente, dunque, l’Erario ha richiesto l’imposta relativa ai due trasferimenti di quote ereditarie qualificando l’operazione come esecuzione specifica di un contratto di permuta (art. 21 T.U-Legge di Registro 131/1986), come correttamente rilevato nella sentenza impugnata.
Sulla scorta di quanto sin qui illustrato il ricorso va integralmente respinto.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento della spese di lite che liquida in euro 3.500,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge, se dovuti.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi in modalità da