Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21191 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21191 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/07/2025
Avviso accertamento imposta registro -Terzo assuntore concordato fallimentare
ORDINANZA
sul ricorso 3838/2023 proposti da: RAGIONE_SOCIALE con sede in Catania, al INDIRIZZO (C.F.: P_IVA), in persona del legale rappresentante Dott. NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE, nato a Catania il 03/09/1965, elettivamente domiciliato in Catania, al INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME ( C.F.: CODICE_FISCALE; indirizzo di posta elettronica certificata: EMAIL) che lo rappresenta e difende, congiuntamente e disgiuntamente all’Avv. NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE; indirizzo di posta elettronica certificata: NUMERO_TELEFONO, EMAIL; fax: giusta procura speciale rilasciata su foglio separato, allegato al ricorso;
-ricorrente – contro
Agenzia delle Entrate (C.F.: 06363391001), in persona del Direttore Generale pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (C.F.: NUMERO_DOCUMENTO) e presso la stessa domiciliata in Roma alla INDIRIZZO
-controricorrente –
-avverso la sentenza n. 5995/2022 emessa dalla CTR Sicilia in data 29/06/2022 e non notificata;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Rilevato che
La RAGIONE_SOCIALE impugnava un avviso di accertamento di imposta di registro per euro 122.830,00 relativo alla registrazione di un decreto di omologazione del concordato fallimentare tassato con l’aliquota del 3%, rilevando che, a suo dire, andava applicata la tassazione ad importo fisso in quanto l’omologazione del concordato rientra nell’ipotesi di cui alla lett. g) dell’art. 8 del T.U. n. 131/1986, non essendovi trasferimento di beni.
La CTP di Catania accoglieva il ricorso, ritenendo applicabile la tassazione ad importo fisso come previsto dalla lett. g) del predetto testo unico.
Sull’impugnazione dell’Agenzia, la CTR della Sicilia accoglieva il gravame, affermando che il provvedimento soggetto all’imposta di registro in misura proporzionale trovava la sua ragione giuridica negli effetti immediatamente traslativi del provvedimento con il quale il terzo assuntore acquistava i beni fallimentari e che, nel caso in cui la sentenza di omologazione del concordato disponga la vendita di tutti i beni inventariati all’assuntore, rimettendo al giudice delegato di adottare eventuali provvedimenti di esecuzione, il trasferimento dei beni del fallimento nel patrimonio dell’assuntore trova il suo titolo, diretto ed immediato, esclusivamente nella sentenza di omologazione.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE sulla base di cinque motivi illustrati da memoria. L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
Considerato che
Preliminarmente, va disattesa l’istanza di riunione con il ricorso iscritto
al RG n. 18933/2023, atteso che la stessa è stata formulata a ridosso dell’adunanza camerale e si riferisce ad un ricorso per il quale, per quanto connesso a quello in esame, non risulta ancora fissata l’udienza/adunanza. 2. Con il primo motivo la ricorrente deduce la nullità della sentenza per omessa pronuncia e per violazione degli artt. 1, 7 e 36 d.lgs. n. 546/92, 112 c.p.c. e 2909 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., per non essersi la CTR pronunciata sulla sua eccezione preliminare con la quale aveva rilevato l’omessa impugnazione del capo (con conseguente passaggio in giudicato) della sentenza di primo grado inerente alla mancanza di trasferimento di diritti reali su beni immobili e alla mancata produzione del decreto di omologazione del concordato.
Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la nullità della sentenza per violazione degli artt. 7 d.lgs. n. 546/1992 e 2697 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., per non aver la CTR considerato che incombe sull’Amministrazione finanziaria l’onere di provare in giudizio la propria pretesa e che, pertanto, la stessa avrebbe dovuto produrre quantomeno l’atto oggetto di tassazione, ovvero il decreto di omologazione del concordato, anche al fine di poter desumere la correttezza o meno della tassazione.
I due motivi, da trattarsi congiuntamente, siccome strettamente connessi, sono destituiti di fondamento.
Invero, avuto riguardo al profilo della contestazione concernente l’efficacia traslativa o meno di diritti reali riconducibile alla omologazione del concordato fallimentare con terzo assuntore, l’Agenzia in termini inequivoci, con l’atto di appello (cfr. pag. 11 del ricorso), ha, tra l’altro, dedotto che <>.
Con riferimento al mancato deposito del decreto di omologazione del concordato, va rilevato che, come condivisibilmente evidenziato dall’Agenzia, nella sezione III, capo VIII, sez. II, rubricata ‘Del concordato’,
si prevede una serie di obblighi di pubblicazione e di notifica a tutte le parti coinvolte nel procedimento, nel corso delle fasi di concordato e di successiva omologa, sicché , trattandosi di un atto senz’altro già conosciuto dalla contribuente, nessun obbligo di allegazione sussisteva a carico dell’Amministrazione.
Nel momento in cui l’Agenzia, con l’appello, ha sostenuto che <> (cfr. pag. 11 del ricorso), è evidente che il problema era solo di carattere giuridico, restando sullo sfondo e, quindi, irrilevante il decreto di omologazione del concordato.
5. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 37 del d.p.r. n. 131/1986 e 8 parte prima della tariffa allegata allo stesso d.p.r., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per aver la CTR erroneamente, a suo dire, escluso l’applicazione del principio nominalistico ritenendo conseguentemente applicabile la tassazione in misura proporzionale, anziché in misura fissa.
5.1. Il motivo è infondato.
Questa Corte ha già avuto modo di rilevare che il decreto di omologa del concordato fallimentare, con intervento di terzo assuntore, deve essere tassato in misura proporzionale ai sensi dell’art. 8, lett. a), della tariffa, parte prima, allegata al d.p.r. n. 131 del 1986, in ragione degli effetti immediatamente traslativi del provvedimento, con il quale il terzo assuntore acquista i beni fallimentari, senza che assuma conseguentemente rilevanza il generico e nominalistico riferimento agli «atti di omologazione» contenuto nella lett. g) del detto articolo (Cass., Sez. 5^, 6 maggio 2021, n. 11925; Cass., Sez. 5^, 20 novembre 2020, n. 26441; Cass., 1 luglio 2020, n. 13352; Cass., 14 marzo 2018, n. 6207; Cass., 12 febbraio 2018, n. 3286). Il concordato fallimentare (r.d. n. 267 del 1942, art. 124) non ha natura contrattuale, posto che i relativi effetti – anche traslativi (v. ex plurimis , nella giurisprudenza civile della Corte, Cass., 15 marzo 2013, n. 6643; Cass., 1 marzo 2010, n. n. 4863) – non derivano dalla convenzione delle
parti ma dalla legge, che attribuisce alla omologazione l’effetto di sovrapporsi agli accordi tra le parti, che ne costituiscono soltanto il presupposto e che in essa sono trasfusi e rimangono assorbiti (così Cass., 19 gennaio 1984, n. 455; v., altresì, Cass., 5 luglio 2019, n. 18125; Cass., 15 marzo 2013, n. 6643; Cass., 17 marzo 2004, n. 5391; nonché Cass. n. del 15.11.2021, n. 34249, Cass. del 9 3.2021, n. 40913, Cass. del 21.07.2020, n. 13352, Cass. del 6.05.2021, n. 11925, tutte in motivazione); e tanto che la stessa disciplina della risoluzione del concordato prescinde dall’accertamento della non imputabilità della causa, il cui esame «è precluso dai limitati poteri spettanti al tribunale, il quale, non avendo altro compito che quello di accertare se il concordato sia stato eseguito o meno nei termini e con le modalità stabiliti dalla sentenza di omologazione, non gode di alcun margine di discrezionalità nella valutazione della gravità e dell’imputabilità dell’inadempimento» (Cass., 4 agosto 2017, n. 19604; Cass., 27 dicembre 1996, n. 11503; Cass., 10 gennaio 1996, n. 157).
Questa Corte, in particolare con l’ordinanza n. 3286/2018, ha altresì chiarito che <>. Un precedente di legittimità diffusamente argomentato giustifica la tassazione fissa in base al «criterio nominalistico» riveniente dall’art. 8 lett. g), cioè per il generico e nominale riferimento di questa disposizione agli atti «di omologazione» (Cass. 11585/2007), ma detto precedente concerne un concordato senza immediato effetto traslativo ( id est , concordato con garanzia), del quale pertanto la Corte ha dovuto constatare l’estraneità alla previsione dell’art. 8, lett. a). Definendo il criterio nominalistico in senso residuale, ovvero facendone applicazione solo qualora all’atto nominato come «omologazione» non si correlino effetti traslativi autonomamente
inquadrabili, il richiamato precedente getta le basi per escludere dall’àmbito applicativo di quel criterio la fattispecie odierna, appunto perché caratterizzata da effetti traslativi propri; in linea, d’altronde, col principio generale che àncora l’imposizione di registro agli «effetti» dell’atto, piuttosto che al relativo «titolo» (art. 20 d.P.R. 131/1986, pur dopo la modifica di cui alla L. 205/2017).
La conclusione non è destinata a mutare ove pure si tenga conto che il concordato fallimentare non preveda alcun trasferimento di beni mobili o immobili a favore del terzo assuntore, consistendo magari le attività trasferite, come implicitamente dedotto da lla contribuente, in ‘liquidità disponibile del Fallimento” o “crediti nei confronti dell’Erario” e crediti derivanti da “azioni giudiziali che risultano tuttora pendenti. Invero, questa Corte ha avuto modo di chiarire che l’imposta di registro in misura proporzionale deve essere applicata al concordato fallimentare con terzo assuntore anche in assenza di trasferimento di beni mobili o immobili, dovendo tenersi conto degli “effetti” dell’atto, piuttosto che del relativo “titolo” (art. 20 del D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131, quale modificato dall’art. 1, comma 87, della Legge 27 dicembre 2017 n. 205 e dall’art. 1, comma 1084, della Legge 30 dicembre 2018 n. 145), per cui, ove la massa attiva di una società soggetta a procedura concorsuale comprenda soltanto crediti, si deve applicare l’aliquota prevista per la cessione dei crediti (art. 6 della tariffa – parte prima allegata al D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131) (in termini: Cass., Sez. 6^-5, 11 luglio 2020, n. 13352 – vedasi anche, incidenter tantum : Cass., Sez. 5^, 6 maggio 2021, n. 11925; Cass. del 15.11.2021, 34249).
6. Con il quarto motivo la ricorrente si duole della nullità della sentenza per motivazione apparente e violazione degli artt. 36 d.lgs. n. 546/1992, 132 c.p.c. e 111 Cost., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., per essere, a suo dire, la motivazione resa dalla CTR inesistente o meramente apparente, avendo il giudice di secondo grado semplicemente ed astrattamente riportato i principi di diritto ricavabili dalle motivazioni delle sentenze della Corte di Cassazione n. 3286/2018 e n. 13352/2020 (con
richiamo alle sentenze n. 19141/2010, 19956/2015 e 11585/2007), in ordine all’applicabilità dell’imposta di registro in misura proporzionale al decreto di omologa del concordato fallimentare (in ragione degli effetti immediatamente traslativi del provvedimento con il quale il terzo assuntore acquista i beni fallimentari), senza però dare conto di averne fatto effettiva applicazione al caso di specie, avendo integralmente omesso qualsiasi riferimento alla circostanza che nella fattispecie non esistesse alcun attivo immobiliare trasferito con il decreto di omologa, né avrebbe esaminato le eccezioni, espressamente da essa riproposte anche in secondo grado, e riguardanti l’erroneità della base imponibile determinata dall’Agenzia e delle aliquote applicate da que st’ultima.
6.1. Il motivo è infondato.
Avuto riguardo al profilo dell’assenza, nell’attivo ceduto all’assuntore, di beni immobili, si rinvia a quanto esposto nell’analisi del precedente motivo. Per quanto concerne l’asserito difetto assoluto della motivazione resa dalla CTR, la stessa si pone senz’altro al di sopra del cd. minimo costituzionale, avendo i giudici di secondo grado affermato, sia pure in modo sintetico, che il provvedimento soggetto all’imposta di registro in misura proporzionale trovava la sua ragione giuridica negli effetti immediatamente traslativi del provvedimento con il quale il terzo assuntore acquistava i beni fallimentari e che, nel caso in cui la sentenza di omologazione del concordato disponga la vendita di tutti i beni inventariati all’assuntore, rimettendo al giudice delegato di adottare eventuali provvedimenti di esecuzione, il trasferimento dei beni del fallimento nel patrimonio dell’assuntore trova il suo titolo, diretto ed immediato, esclusivamente nella sentenza di omologazione.
Con il quinto motivo la ricorrente deduce la nullità della sentenza per omessa pronuncia e violazione degli artt. 1 e 36 d.lgs. n. 546/1992, 132 e 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., per aver la CTR omesso di pronunciarsi sulle questioni gradate da essa poste e concernenti, in primo luogo, la corretta determinazione della base imponibile (cui applicare l’imposta proporzionale del 3%) e, in secondo luogo, le aliquote da applicare come riproposte nelle proprie controdeduzioni di secondo
grado.
In particolare, afferma che: a) sarebbe stata utilizzata, quale base imponibile, la sommatoria del passivo dei tre fallimenti (RAGIONE_SOCIALE e personale dei soci COGNOME NOME e COGNOME NOME) senza tener conto che molti crediti ammessi al passivo dei fallimenti personali erano la duplicazione di domande di ammissione al fallimento della RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE; b) l’oggetto dell’accollo da parte dell’assuntore era stata solo la sorte capitale, e non anche gli interessi e le sanzioni delle domande di ammissione al passivo aventi ad oggetto tributi; c) era stato considerato il passivo fallimentare nella sua totalità, senza distinguere tra crediti privilegiati e chirografari, dei quali era stato assunto l’onere del pagamento nella percentuale del 60% (non tenendo, soprattutto, presente che, avendo l’assuntore offerto di pagare integralmente i creditori privilegiati e parzialmente i chirografari, sugli importi corrispondenti ai primi non si sarebbe dovuto pagare alcunché perché non era stato affatto modificato o sostituito il titolo originario, e che, per i crediti chirografari, in forza del principio di alternatività, non doveva essere corrisposta l’imposta di registro in misura proporzionale per i crediti discendenti da operazioni rientranti nel campo di applicaz ione dell’imposta sul valore aggiunto); d) non si sarebbero dovuti considerare i crediti derivanti da iscrizioni a ruolo.
Evidenzia, infine, che, quale terzo assuntore, aveva acquisito al proprio patrimonio l’attivo della società in fallimento che comprendeva un deposito bancario di € 1.903.728,81 (cui andava applicata l’aliquota di legge nella misura dello 0,50 %, come disposto dall’art. 6, Tariffa, Parte Prima, allegata al D.P.R. n. 131 del 1986) e la titolarità di un’azione giudiziaria pendente tra la curatela e il Comune di Catania relativa ad un procedimento di ottemperanza innanzi al TAR Sicilia, che tali cessioni avevano solo natura strumentale, non comportando alcuna cessione anticipata dei beni o diritti cui le stesse si riferivano, e che l’unico immobile non rientrava nella proposta di concordato fallimentare ed era stato espressamente escluso dall’attivo trasferito.
7.1. Il motivo è fondato.
Invero, sulle varie questioni debitamente riprodotte nel ricorso per cassazione la CTR ha del tutto omesso di pronunciarsi.
La causa va, pertanto, rimessa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado, la quale, qualora si aderisse all’orientamento riportato nell’analizzare il primo ricorso, dovrà tener presente che:
-in tema di imposta di registro, al decreto di omologazione del concordato fallimentare, con intervento di terzo assuntore, va applicata l’imposta di registro, in misura proporzionale, computata sul valore dei beni e dei diritti fallimentari trasferiti, mentre l’importo del debito accollato non partecipa al calcolo della base imponibile ai fini della liquidazione dell’imposta, risultando quest’ultima derivante esclusivamente dal calcolo delle aliquote sui beni oggetto di cessione (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 31530 del 13/11/2023; cfr. altresì Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 11925 del 06/05/2021; conf. Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 34249 del 15/11/2021);
-in ragione della connessione tra beni ceduti al terzo assuntore ed accollo dei debiti del fallimento, nella fattispecie deve, infatti, trovare applicazione la diversa disposizione di cui al d.p.r. n. 131 del 1986, art. 21, comma 3, alla cui stregua (v. già il d.p.r. n. 634 del 1972, art. 20, comma 3, come modificato dal d.l. 30 dicembre 1982, n. 953, art. 5, conv. in I. 28 gennaio 1984, n. 6) «Non sono soggetti ad imposta gli accolli di debiti ed oneri collegati e contestuali ad altre disposizioni».
Alla stregua delle considerazioni che precedono, in accoglimento del quinto motivo, la sentenza impugnata va cassata, con conseguente rinvio della causa, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia.
P.Q.M.
La Corte, accoglie il quinto motivo di ricorso e rigetta i residui motivi; cassa la sentenza impugnata con riferimento al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia in differente composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi in data 10.4.2025.