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Tassazione atto enunciato: la Cassazione decide

Una società ha contestato un avviso di liquidazione per l’imposta di registro su un contratto menzionato in un decreto ingiuntivo. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando il principio della tassazione atto enunciato. Ha stabilito che quando un atto giudiziario menziona un contratto non registrato, anche quest’ultimo diventa soggetto a imposta di registro, chiarendo che ciò non viola il principio di alternatività con l’IVA se l’imposta è applicata in misura fissa.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Tassazione Atto Enunciato: la Cassazione fa chiarezza sull’imposta di registro

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 2339/2024, è tornata su un tema cruciale per imprese e professionisti: la tassazione atto enunciato. La pronuncia chiarisce quando e come un contratto non registrato, ma menzionato in un atto giudiziario come un decreto ingiuntivo, debba essere assoggettato all’imposta di registro. Analizziamo i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Una società creditrice otteneva un decreto ingiuntivo nei confronti di un cliente inadempiente per il mancato pagamento di una fornitura d’opera. Successivamente, l’Agenzia delle Entrate notificava alla società un avviso di liquidazione, richiedendo il pagamento dell’imposta di registro non solo per il decreto ingiuntivo, ma anche per il contratto di fornitura sottostante, che era stato semplicemente ‘enunciato’ nel ricorso per ingiunzione.
La società impugnava l’avviso, sostenendo che la pretesa fosse illegittima per diversi motivi: difetto di motivazione dell’atto impositivo, violazione del principio di alternatività tra IVA e imposta di registro e, infine, mancata prova dell’esistenza del contratto da parte dell’Ufficio.
Dopo la conferma della decisione di primo grado da parte della Commissione Tributaria Regionale, la società ricorreva in Cassazione.

L’Analisi della Cassazione sulla Tassazione Atto Enunciato

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso della contribuente, consolidando un orientamento giurisprudenziale di grande rilevanza pratica. Vediamo i punti salienti della decisione.

Il Principio dell’Enunciazione (Art. 22 TUR)

Il cuore della controversia risiede nell’interpretazione dell’art. 22 del Testo Unico sull’Imposta di Registro (d.P.R. 131/1986). La norma stabilisce che se in un atto vengono enunciate disposizioni contenute in altri atti non registrati, l’imposta si applica anche a queste ultime.
La Corte ha ribadito che questo principio si applica anche quando l’atto ‘enunciante’ è un provvedimento giudiziario. L’enunciazione stessa fa scattare l’obbligo fiscale per l’atto ‘enunciato’, a prescindere dal fatto che quest’ultimo fosse soggetto a registrazione solo in ‘caso d’uso’. La menzione nel decreto ingiuntivo rende il contratto sottostante rilevante ai fini fiscali, obbligando al pagamento dell’imposta.

Motivazione dell’Atto e Onere della Prova

La Cassazione ha respinto anche le censure di carattere procedurale. Per quanto riguarda il presunto difetto di motivazione, i giudici hanno ritenuto che l’avviso di liquidazione fosse sufficientemente chiaro, poiché la società contribuente era perfettamente a conoscenza sia del decreto ingiuntivo ottenuto, sia del contratto su cui si fondava la sua pretesa creditoria. Le informazioni fornite erano idonee a garantire il pieno esercizio del diritto di difesa.
In merito all’onere della prova, la Corte ha affermato che l’esistenza del contratto enunciato non necessitava di prove ulteriori (come l’allegazione del contratto stesso), in quanto la sua esistenza e i suoi elementi essenziali erano già dimostrati dal contenuto del decreto ingiuntivo, che si basava proprio su quel rapporto contrattuale.

Tassazione Atto Enunciato e Alternatività con l’IVA

Un altro punto cruciale affrontato è il rapporto con il principio di alternatività tra IVA e imposta di registro (art. 40 TUR). La società sosteneva che, essendo la fornitura d’opera soggetta a IVA, la tassazione del contratto enunciato costituisse una duplicazione d’imposta.
La Corte ha smentito questa tesi, chiarendo che il principio di alternatività non esclude la tassazione, ma ne determina la modalità. Per le operazioni soggette a IVA, l’imposta di registro si applica in misura fissa e non proporzionale. Nel caso di specie, l’imposta sul contratto enunciato era stata correttamente liquidata in misura fissa, rispettando pienamente la normativa vigente.

Le Motivazioni della Decisione

La decisione della Corte si fonda su un’interpretazione rigorosa dell’articolo 22 del TUR. La ratio della norma è quella di far emergere atti non registrati che acquisiscono rilevanza giuridica attraverso la loro menzione in altri atti formali. Secondo la Cassazione, l’enunciazione in un atto giudiziario costituisce una forma di ‘emersione’ che giustifica l’applicazione dell’imposta, anche per quegli atti, come i contratti verbali o le scritture private non autenticate relative a operazioni IVA, che sarebbero altrimenti soggetti a registrazione solo in caso d’uso. La Corte ha consolidato l’orientamento secondo cui l’enunciazione non costituisce un ‘caso d’uso’, ma un presupposto impositivo autonomo. Pertanto, la tassazione è dovuta a prescindere dall’uso successivo dell’atto enunciato.

Conclusioni

L’ordinanza 2339/2024 della Corte di Cassazione rappresenta un monito importante per tutte le imprese. Quando si agisce in giudizio per recuperare un credito basato su un contratto non registrato (scritto o verbale), bisogna tenere conto del potenziale costo fiscale. L’ottenimento di un decreto ingiuntivo comporterà, oltre alla tassazione del provvedimento stesso, anche l’applicazione dell’imposta di registro (generalmente in misura fissa se l’operazione è soggetta a IVA) sul contratto sottostante. È quindi fondamentale valutare questo aspetto nella gestione del contenzioso e nella redazione degli atti giudiziari.

Quando un contratto non registrato viene menzionato in un atto giudiziario, si deve pagare l’imposta di registro?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, la semplice menzione (enunciazione) di un contratto non registrato in un atto giudiziario, come un decreto ingiuntivo, fa sorgere l’obbligo di pagare l’imposta di registro anche su tale contratto, indipendentemente dal fatto che fosse soggetto a registrazione solo in caso d’uso.

La tassazione dell’atto enunciato viola il principio di alternatività tra IVA e imposta di registro?
No. La Corte ha chiarito che il principio di alternatività è rispettato. Per le operazioni soggette a IVA, come una fornitura di servizi, l’imposta di registro sul contratto enunciato si applica in misura fissa e non proporzionale, evitando così una duplicazione impositiva sostanziale.

L’Agenzia delle Entrate deve allegare il contratto enunciato all’avviso di liquidazione per provarne l’esistenza?
No. La Corte ha stabilito che la prova dell’esistenza e degli elementi essenziali del contratto è fornita dallo stesso atto giudiziario che lo menziona. Il decreto ingiuntivo, fondandosi proprio su quel rapporto contrattuale per accogliere la pretesa del creditore, ne dimostra implicitamente la sussistenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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