Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2229 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 2229 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CANDIA COGNOME
Data pubblicazione: 22/01/2024
REGISTRO ENUNCIAZIONE
sul ricorso iscritto al n. 5536/2022 del ruolo generale, proposto
DA
RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE), in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa, ex lege , dall’RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE), domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO.
– RICORRENTE –
CONTRO
COGNOME NOME (codice fiscale CODICE_FISCALE), difeso da se medesimo, nonché, rappresentato e difeso, in forza di procura speciale e nomina poste in calce al controricorso, dall’AVV_NOTAIO (codice fiscale CODICE_FISCALE), elettivamente domiciliato presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, con studio in Roma (RM), alla INDIRIZZO.
– CONTRORICORRENTE -RICORRENTE INCIDENTALE –
per la cassazione della sentenza n. 1071/9/2021 della RAGIONE_SOCIALE tributaria regionale dell’Emilia Romagna, depositata il 31 agosto 2021;
UDITA la relazione della causa svolta dal consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del 26 settembre 2023;
RILEVATO CHE:
oggetto del contendere è l’imposta di registro liquidata dall’Ufficio relativamente alla sentenza n. 33/2018 del Tribunale di Forlì, che aveva condannato tale NOME COGNOME, cliente dell’AVV_NOTAIO, al pagamento in favore di questi della somma di 8.240,03 € per l’attività di assistenza legale e difesa svolta in taluni procedimenti civili a favore del predetto assistito;
1.1. con detto avviso l’Ufficio liquidava la somma complessiva di 656,50 € (di cui 200,00 € per l’imposta di registro in misura fissa in relazione alla citata la sentenza, ulteriori 200,00 €, in misura fissa, per l’atto enunciato sottostante al provvedimento, costituito dal contratto di incarico professionale, nonché in misura proporzionale sulla base imponibile costituita dagli interessi moratori);
il contribuente impugnava l’avviso di liquidazione emesso dall’RAGIONE_SOCIALE nella parte in cui l’Ufficio aveva liquidato la somma di 200,00 € a titolo di imposta di registro in relazione al contratto di patrocinio legale, che, secondo l’RAGIONE_SOCIALE, risulterebbe essere stato enunciato nella menzionata sentenza;
la RAGIONE_SOCIALE tributaria provinciale di Forlì, premetteva che oggetto del ricorso era la « sola liquidazione dell’imposta di registro in misura fissa di € 400,00 sulla presunta esistenza di atti sottostanti cioè dei contratti (verbali o scritti) di mandato professionale » ed accoglieva la predetta impugnazione sul rilievo che « nella sentenza emessa non si riscontra alcun richiamo dei contraenti al negozio, contenuto in un atto scritto o un contratto verbale, dagli stessi posto in essere » (v. pagina n. 3 del controricorso) , rigettando, invece, la domanda di risarcimento
dei danni a titolo di responsabilità processuale aggravata per ‘lite temeraria’ ai sensi dell’art. 96 cod. proc. civ.;
la RAGIONE_SOCIALE tributaria regionale dell’Emilia Romagna, in parziale riforma della sentenza di primo grado, dichiarava che l’avviso impugnato era divenuto definitivo, per mancata impugnazione, relativamente alla pretesa fiscale inerente la debenza da parte del contribuente dell’imposta di registro nella misura fissa di 200,00 € e dell’imposta di registro in misura proporzionale con l’aliquota del 3% sulla base imponibile costituita dagli interessi moratori, confermando, per il resto, la sentenza appellata e compensando tra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio;
4.1. il Giudice d’appello, nello specifico, premetteva che l’avviso impugnato aveva un contenuto molteplice (dell’importo complessivo di 656,50 €, di cui 200,00 € per l’imposta fissa registro sul provvedimento giudiziario, 200,00 € ulteriori per l’imposta di registro fissa sul rapporto Iva enunciato e sottostante alla domanda giudiziale, oltre all’imposta di registro in misura proporzionale con l’aliquota del 3% sulla base imponibile costituita dagli interessi moratori, in uno alle spese di notifica), ma che l’oggetto del contendere riguardava (sin dal primo grado di giudizio) solo la problematica inerente l’imposta di registro sull’atto asseritamente enunciato, risultando, per il resto, l’avviso di liquidazione divenuto definitivo per mancata impugnazione;
4.2. la RAGIONE_SOCIALE regionale rigettava nel merito l’appello proposto dall’RAGIONE_SOCIALE, confermando la sentenza impugnata, ribadendo che « come già rilevato dalla RAGIONE_SOCIALE tributaria di Forlì -Cesena sul punto ‘nella sentenza emessa, non si riscontra alcun richiamo dei contraenti al negozio, contenuto in un atto scritto o un contratto verbale, dagli stessi posto in essere’. In altre parole, nella domanda giudiziale e nella sentenza del Tribunale di Forlì non vi sono sufficienti elementi identificativi dell’asserito negozio sottostante enunciato e conseguentemente l’RAGIONE_SOCIALE non poteva applicare un ulteriore imposta fissa di Euro 200,00
sull’ulteriore rapporto IVA enunciato e sottostante alla domanda giudiziale » (v. pagina n. 3 della sentenza impugnata), così come confermava la pronuncia appellata anche con riferimento al rigetto della domanda di cui all’art. 96, terzo comma, cod. proc. civ., pur riconoscendo che sulla questione era caduto il giudicato (interno) per mancata impugnazione da parte del contribuente;
4.3. nondimeno, la RAGIONE_SOCIALE regionale riformava parzialmente la sentenza appellata nei termini sopra esposti, in quanto la stessa, nell’accogliere tout court il ricorso del contribuente, non aveva precisato che l’avviso di liquidazione impugnato era divenuto definitivo con riferimento alle suindicate parti della pretesa fiscale non oggetto di ricorso, compensando, infine, le spese processuali dell’intero giudizio, « stante la parziale soccombenza reciproca e la complessità della problematica» (v. pagina n. 4 della sentenza impugnata);
avverso tale sentenza l’RAGIONE_SOCIALE notificava ricorso per cassazione in data 25 febbraio 2022, formulando un unico motivo di impugnazione;
il contribuente ha resistito con controricorso notificato il 4 aprile 2022, proponendo, a sua volta, ricorso incidentale, articolato sulla base di tre motivi, successivamente illustrati con memoria ex art. 380bis. 1 cod. proc. civ.
CONSIDERATO CHE:
con l’unico motivo di impugnazione l’RAGIONE_SOCIALE ha dedotto, ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 3, 5, 22 e 40 d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, nonché degli artt. 1, lett. b, ed 8 della tariffa allegata al predetto d.P.R., parte II, osservando « che qualsiasi sentenza emessa per il pagamento di compensi professionali contiene in re ipsa il rapporto sottostante di contratto di prestazione professionale indicando le parti obbligate, l’importo del compenso richiesto nonchè la natura del rapporto di prestazione
professionale che è, appunto, quello di patrocinio legale » (così nel ricorso privo di numerazione);
1.1. la ricorrente ha, quindi, riprodotto integralmente il contenuto del provvedimento del Tribunale di Forlì, per assumere che esso conteneva tutti gli elementi identificativi del contratto sottostante enunciato e che « nel caso di azioni per ottenere il compenso di prestazioni professionali è insita l’allegazione di un contratto professionale presupposto che di certo non abbisogna di alcuna altra e non precisata specificazione per essere assoggettato a tassazione» (così nel ricorso privo di numerazione);
con il primo motivo di ricorso incidentale NOME COGNOME ha eccepito, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., nonché dell’art. 15 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 « in relazione alla compensazione RAGIONE_SOCIALE spese stante la dichiarata parziale soccombenza reciproca» (v. pagina n. 15 del controricorso), ponendo in evidenza che dalla chiara lettura della sentenza impugnata emerge che l’odierno controricorrente/ricorrente incidentale è stato totalmente vittorioso nel giudizio di appello, non avendo proposto appello incidentale avverso la pronuncia di primo grado, che aveva rigettato la domanda di cui all’art. 96, terzo comma, cod. proc. civ., aggiungendo che, in ogni caso, il rigetto della predetta domanda non poteva integrare, per consolidata giurisprudenza di legittimità, gli estremi della soccombenza reciproca;
con la seconda censura il contribuente ha denunciato, con riferimento al paradigma censorio di cui all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., nonché dell’art. 15 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 « in relazione alla compensazione RAGIONE_SOCIALE spese stante la complessità della problematica» (v. pagina n. 20 del controricorso) , rimproverando al Giudice di appello di aver offerto
una motivazione generica ed insufficiente, nonché contraria al dettato codicistico e legislativo;
con la terza doglianza NOME COGNOME ha eccepito, con riguardo al canone di cui all’art. 360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ. la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., nonché dell’art. 56 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 « in relazione al vizio del c.d. «ultrapetitum », osservando che dalla « lettura dell’atto di appello si evince come non vi sia stata, da parte dell’RAGIONE_SOCIALE, specifica richiesta in punto alla dichiarazione di definitività della debenza da parte del contribuente dell’imposta di € 200,00 quale imposta di registro sulla sentenza ed altresì alla debenza dell’imposta in misura proporzionale con aliquota al 3% sulla base imponibile costituita dagli interessi di mora, incentrandosi il motivo d’appello esclusivamente sulla presunta debenza dell’imposta di € 400,00 sull’enunciazione dei rapporti IVA sottostanti al provvedimento di condanna » (v. pagina n. 24 del ricorso incidentale);
4.1. il contribuente ha, quindi, sostenuto che la RAGIONE_SOCIALE Tributaria Regionale dell’Emilia -Romagna sia incorsa nella violazione ex art. 112 cod. proc. civ. nel momento in cui ha ritenuto di « riformare la sentenza di primo grado in merito alla specifica debenza di € 200,00 quale imposta di registro sulla sentenza, nonché in merito all’imposta di registro in misura proporzionale con l’aliquota al 3% sulla base imponibile costituita dagli interessi di mora, in quanto tale statuizione non era richiesta da alcuna RAGIONE_SOCIALE parti in giudizio » (v. pagina n. 24 del ricorso incidentale);
5. il ricorso principale va dichiarato inammissibile;
5.1. la RAGIONE_SOCIALE tributaria regionale ha correttamente richiamato il principio di diritto applicabile alla fattispecie in rassegna, con cui l’Ufficio ha recuperato a tassazione, a mente degli artt. 22 e 40 d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 e 11 della tariffa allegata, l’atto (il conferimento di incarico professionale o contratto di patrocinio) asseritamente enunciato nella citata sentenza, secondo
cui « ‘la tassazione per l’enunciazione non può operare se nell’atto soggetto a registrazione siano menzionate circostanze dalle quali possa solo dedursi che esiste tra le parti il rapporto giuridico non denunciato, essendo necessario ai fini della tassazione per enunciazione, che le circostanze enunciate siano idonee di per sé stesse a dare certezza del rapporto giuridico enunciato, senza necessità di ricorrere ad elementi non contenuti nell’atto’ (Cass. N° 481/2018, N° 28559/2017; N° 25706/2020) » (v. pagina n. 3 della sentenza impugnata);
5.2. tale principio è stato costantemente affermato da questa Corte, che ha avuto, altresì, modo di precisare che « per potersi configurare la enunciazione, è necessario che nell’atto sottoposto a registrazione vi sia espresso richiamo al negozio posto in essere, sia che si tratti di atto scritto o di contratto verbale, con specifica menzione di tutti gli elementi costitutivi di esso che servono ad identificarne la natura ed il contenuto in modo tale che lo stesso potrebbe essere registrato come atto a sé stante » (così Cass., Sez. T, 6 novembre 2019, n. 28559, richiamata da Cass., Sez. T., 8 luglio 2021, n. 19408, nonché le pronunce citate dal Giudice regionale e da ultimo, tra le stesse parti, Cass., Sez. T, 2 ottobre 2023, n. 27755 e 27760);
5.3. anche di recente, le Sezioni Unite di questa Corte hanno ribadito che la tassazione per enunciazione di cui all’art. 22 d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 presuppone « l’autonomia giuridica oggettuale dell’enunciazione (RAGIONE_SOCIALE disposizioni enunciate) » e, in particolare, che l’atto enunciato sia apprezzabile « ab intrinseco, senza ulteriori accertamenti di fatto o comunque extratestuali né valutazioni di particolare complessità giuridica » (cfr. Cass., Sez. U., 24 maggio 2023, n. 14432), con ciò, quindi, confermando il principio della necessaria autorefenzialità dell’atto, capace cioè di offrire diretta ed immediata contezza degli elementi costitutivi dell’atto enunciato, non essendo sufficiente l’individuazione RAGIONE_SOCIALE stesso per logica deduzione o implicita presupposizione della sua esistenza, il che vale ad escludere la tassabilità del contratto d’opera
professionale qualora esso costituisca « solamente un implicito presupposto logico» (v. Sez. T., 6 novembre 2019, n. 28559, richiamata da Cass., Sez. T., 8 luglio 2021, n. 19408) della menzionata domanda o -come sostiene la difesa erariale, sia insita in essa, tale da far considerare l’allegazione di tale contratto in re ipsa, sia pure senza una puntuale specificazione del rapporto;
5.4. l’attività interpretativa dell’atto enunciante, volta a stabilire se in esso sia stato o meno, secondo i citati criteri, enunciato altro atto non tassato, è certamente questione di merito, che involge un apprezzamento di fatto riservato al relativo giudice (cfr., ex multis , Cass., Sez. III, 4 novembre 2020, n. 24480, Cass., Sez. L., 31 maggio 2013, n, 13811), che risulta sindacabile in sede di legittimità solo per il tramite della violazione dei criteri che presiedono all’interpretazione del titolo, nella specie non dedotti;
5.5. a tal riguardo, il Giudice dell’appello ha ritenuto, sulla scorta dei corretti principi di diritto sopra menzionati, che nella domanda giudiziale e nella citata sentenza del Tribunale di Forlì non vi fosse una chiara allegazione degli elementi identificativi del o dei contratti professionali sottostanti enunciati e tale giudizio, come detto di natura fattuale, non può nella presente sede essere rimesso in discussione sotto il dedotto profilo della violazione di legge;
5.6. va, infatti, ricordato che « In tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste in un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante le risultanze di causa, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito la cui censura é possibile, in sede di legittimità, attraverso il vizio di motivazione» (ex multis Cass., n. 26110 del 2015)» (così, ex multis, Cass. Sez. V, 22 giugno 2021, n. 17707 e, nello stesso senso, tra le stesse parti, Cass., Sez. T, 2 ottobre 2023, n. 27755 e 27760, che richiama Cass., 27 luglio 2023, n. 22938; Cass., Sez. I, 5 febbraio
2019, n. 3340; Cass., Sez. I, 13 ottobre 2017, n. 24155; Cass., Sez. L., 11 gennaio 2016, n. 195; Cass., Sez. I, 2 febbraio 2007, n. 4178; Cass. Sez. U., 5 maggio 2006, n. 10313; Cass., Sez. I, 11 agosto 2004, n. 15499);
5.7. in tali termini, il motivo di impugnazione disvela un uso improprio del paradigma censorio di cui all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., essendo la censura, nella sua concretezza, volta ad ottenere dalla Corte una rinnovata interpretazione dell’atto enunciante e, in tali termini, un inammissibile riesame di merito;
il ricorso incidentale va dichiarato inefficace, ai sensi dell’art. 334, secondo comma, cod. proc. civ., perché tardivamente proposto;
6.1. detta impugnazione, infatti, è stata avanzata con atto notificato il 4 aprile 2022, dopo che era decorso il termine di sei mesi dal deposito della sentenza impugnata, avvenuto in data 31 agosto 2021 ed è, quindi, da considerarsi tardivo;
6.2. ai sensi dell’art. 334 cod. proc. civ. « Le parti, contro le quali è stata proposta impugnazione possono proporre impugnazione incidentale anche quando per esse è decorso il termine o hanno fatto acquiescenza alla sentenza. In tal caso, se l’impugnazione principale è dichiarata inammissibile, l’impugnazione incidentale perde efficacia »;
6.3. questa Corte ha chiarito che «In tema di giudizio di cassazione, il ricorso incidentale tardivo, proposto oltre i termini di cui agli artt. 325, secondo comma, ovvero 327, primo comma, cod. proc. civ., è inefficace qualora il ricorso principale per cassazione sia inammissibile, senza che, in senso contrario rilevi che lo stesso sia stato proposto nel rispetto del termine di cui all’art. 371, secondo comma, cod. proc. civ. (quaranta giorni dalla notificazione del ricorso principale (Cass. n. 6077 del 26/03/2015, Rv. 634913 – 01)» (così, Cass., Sez. V, 22 giugno 2021, n. 17707);
alla stregua RAGIONE_SOCIALE considerazioni svolte, il ricorso principale va dichiarato inammissibile, mentre quello incidentale va dichiarato inefficace;
le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo (nell’importo minimo, considerato che dalla questione in esame è derivato un contenzioso seriale tra le medesime parti), seguono la soccombenza di parte ricorrente;
8.1. va solo aggiunto sul punto che l’inefficacia ricorso incidentale comporta che la Corte di cassazione non procede all’esame dell’impugnazione incidentale e, dunque, l’applicazione del principio di causalità con riferimento al decisum va riferita soltanto alla parte ricorrente principale, restando irrilevante se sul ricorso incidentale vi sarebbe stata soccombenza del controricorrente (cfr. Cass., Sez. T, 2 ottobre 2023, n. 27755 e 27760 ed anche Cass., Sez. III, 12 giugno 2018, 15220 Cass., Sez. III, 20 febbraio 2014, n. 4074, Cass. Sez. VI/II, 4 novembre 2014, n. 23469); ciò spiega il perché non vengono liquidate le relative spese;
la natura pubblica della ricorrente esime dall’attestazione di cui all’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 2015, mentre va dichiarato che nei confronti del ricorrente incidentale non sussistono i presupposti della citata disposizione, la quale contempla sanzione – come tale di stretta interpretazione – conseguente alle sole declaratorie di infondatezza nel merito ovvero di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione (cfr., tra le tante, Cass., Sez. III, 5 dicembre 2023, n. 34025, Cass., Sez. T., 18 gennaio 2019, n. 1343; Cass., Sez. VI/II, 25 luglio 2017, n. 18348).
P.Q.M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso principale ed inefficace quello incidentale.
Condanna l’RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in favore del controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida
nella somma di 380,00 € per compensi professionali e 200,00 € per esborsi, oltre accessori.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 26 settembre