Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33468 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 33468 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 19/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23546/2017 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COMUNE LACCO AMENO, rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME (SCTFDN47T10F839D)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. CAMPANIA n. 1904/2017 depositata il 01/03/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Fatti di causa
La CTR in epigrafe indicata rigettava l’appello proposto dalla contribuente avverso la decisione di primo grado che aveva rigettato il ricorso introduttivo di impugnazione degli avvisi di accertamento per TARSU per gli anni di imposta dal 2009 al 2013, per un’area nel porto turistico del Comune di Lacco Ameno;
propone ricorso per cassazione la contribuente società, affidato a 5 motivi (1violazione dell’art. 57, d. lgs. 546 del 1992 e dell’art. 112, cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma n. 4, cod. proc. civ.; 2- violazione e falsa applicazione degli art. 62, quinto comma, d. lgs. n. 507 del 1993, 2 e 3, d. lgs. n. 182 del 2003, 39, d.P.R. n. 616 del 1997, 6, d. l. n. 400 del 1993, 8, d. l. n. 533 del 1966, 42, d. lgs. n. 96 del 1999, 1, DPCM 21 dicembre 1995, DM del 17 gennaio 2003 e dell’ar t. 45 del codice della navigazione, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.; 3 -violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 161 della l. n. 296 del 2006 e dell’art. 5, quarto comma, d. l. n. 102 del 2013, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.; 4 -violazione dell’art 12, d. lgs . n. 472 del 1997, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.; 5violazione dell’art. 115, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, del cod. proc. civ.).
il Comune ha depositato controricorso nel quale chiede di dichiarare inammissibile il ricorso o di rigettarlo;
la Procura Generale ha depositato conclusioni scritte di rigetto del ricorso.
Ragioni della decisione
Il ricorso è infondato e deve respingersi con la condanna al pagamento delle spese di legittimità e raddoppio del contributo unificato.
Sul primo motivo di ricorso, la sentenza impugnata ha rilevato la novità di alcuni dei motivi di appello, in quanto il ricorso introduttivo aveva solo due motivi (assenza della legittimazione passiva della contribuente in quanto non era concessionaria dell’area
demaniale oggetto di tassazione; prescrizione delle pretese: «la ricorrente contesta integralmente i sopradescritti provvedimenti di accertamento, rappresentando innanzitutto di non essere concessionaria dell’area demaniale in parola , bensì soltanto affidataria ex art. 45 bis del Cod. nav., di taluni servizi si eccepisce pertanto ed innanzitutto la carenza di legittimazione passiva della Marina di RAGIONE_SOCIALE che non poteva e non può in alcun modo essere soggetto passivo del presunto tributo, essendo per contratto ex art. 45bis cod. nav. -lo si ripete -solo affidataria di alcuni servizi, e non essendo mai stata trasferita in capo ad essa, né la proprietà né il possesso, né la detenzione di aree coperte o scoperte, la cui proprietà ed uso è sempre rimasta in capo al concessionario si eccepisce per quanto di ragione la maturata prescrizione di ogni diritto»).
Inoltre, la sentenza impugnata rileva l’assenza di motivi di appello sulla prescrizione.
L’appello cont eneva, in effetti, i seguenti motivi: 1- Mancanza di potestà impositiva del Comune per i periodi di imposta 20102013; 2- difetto di legittimazione del Comune su aree del demanio marittimo; 3- falsa ed erronea applicazione dell’art. 45 bis cod. nav., erronea interpretazione del contratto di affidamento, mancanza di presupposto impositivo Tarsu sulle superfici accertate; 4- violazione degli obblighi di motivazione degli avvisi impugnati, omessa pronuncia sulla erronea illegittima determinazione del quantum del tributo e delle sanzioni; 5- condanna alle spese.
Orbene, quand’anche si voglia attribuire ai generici richiami svolti nel ricorso introduttivo dalla contribuente il tenore di veri e propri motivi di opposizione all’atto impositivo, occorre pur sempre verificare , in ottica di affermata violazione dell’art. 112 cpc e dell’art. 57 d.lgs. 546/92 , se si tratti di motivi: – coltivati in sede di gravame; -in ipotesi decisi con rigetto implicito ovvero per effetto di assorbimento da parte del Collegio regionale; – decidibili in puro
diritto e senza necessità di accertamenti fattuali direttamente da questa Corte di legittimità.
E dalla ricostruzione ‘integrata’ delle risultanze processuali a tal fine rilevanti emerge come le questioni fondamentali siano state dalla parte dedotte (non sempre nel rispetto delle preclusioni processuali) intorno ai seguenti profili: – carenza di legittimazione passiva della ricorrente perché non concessionaria ma solo affidataria (di servizi) ex art. 45 bis cod nav; – carenza di legittimazione attiva del Comune, trattandosi di aree di spettanza di regione o autorità portuale; – prescrizione della pretesa impositiva; – decadenza ex art. 1 co. 161 l.296/06; – inapplicabilità della Tarsu dopo il 2009; – mancata produzione di rifiuti e mancata prestazione del servizio di raccolta; – carenza di motivazione avvisi su quantum e sanzioni.
Ed in proposito va subito ribadito, salvo tra breve tornare sull’argomento siccome dedotto in specifico motivo di ricorso per cassazione, come l’eccezione di prescrizione non sia stata dedotta in sede di gravame, e come nuove si rivelassero in effetti le questioni in ordine alla decadenza ex art. 1 co. 161 l. 296/06, al l’inapplicabilità della Tarsu dopo il 2009, alla mancata produzione di rifiuti ed alla mancata erogazione del servizio.
Ciò posto, il presente motivo di ricorso va rigettato sulla scorta sia di quanto si è appena osservato, sia delle considerazioni che saranno di seguito svolte nella disamina e nella decisione in diritto di quelle eccezioni che si assumono pretermesse nei gradi di merito e che risultino qui ancora delibabili.
Il secondo motivo di ricorso risulta infondato, sia in quanto non mirato ed aspecifico (non si confronta con la motivazione della decisione impugnata), sia perchè la sentenza ha compiuto accertamenti di fatto con motivazione adeguata, insindacabile, quindi, in questa sede.
La sentenza evidenzia (al fine della legittimazione passiva della ricorrente e della legittimazione attiva del Comune per l’imposizione) come con la l. 82 del 2001 la gestione dei porti è passata dalle Capitanerie di porto alle Regioni, e con la delibera della Giunta regionale della Campania (n. 3744 del 14 luglio 2000) la gestione veniva trasferita al Comune di Lacco Ameno. Inoltre, veniva anche stabilito nella conferenza di servizi che ‘il Demanio marittimo del Comune di Lacco Ameno non sia da considerars i area portuale’.
Il Comune e la società ricorrente sottoscrivevano un contratto di affidamento con il quale veniva concesso ‘il servizio di ormeggio, accoglienza ed assistenza a pagamento di unità di navigazione da diporto’, relativo all’area oggetto degli avvisi di accert amento impugnati. Per la sentenza impugnata, la valutazione delle prove, comportava la certezza che l’esercizio del servizio affidato «non possa essere disgiunto dalla disponibilità dell’area sul quale esso deve essere effettuato e che tale disponibilità sia oggetto del contratto di affidamento quale presupposto per l’esercizio del servizio». Con questi accertamenti di fatto la decisione impugnata ha ritenuto legittimato il Comune a esigere il tributo dalla ricorrente che di fatto, in base al contratto di affidamento, aveva la disponibilità dell’area oggetto della tassazione.
Quanto alla (contestata) legittimità di questa conclusione, che appunto attribuisce al Comune la potestà impositiva in questione, soccorre il costante indirizzo di questa Corte (v. da ultimo Cass. n. 7665/24, con richiami a Cass.nn. 23583/09, 10104/12, 31058/18, 17030/21, 17092/21, 34251/21, 5667/23) per cui, in tanto il regime ordinario e generale di privativa comunale Tarsu può essere superato, in quanto risulti istituita nell’area di interesse un’autorità portuale (artt. 2 co. 2^ e 6 legge 84/1994), come tale investita ex lege dalla competenza in materia di rifiuti; per contro, nessuna competenza di questo tipo e, pertanto, nessuna deroga dal suddetto regime di privativa, può affermarsi in presenza di sola autorità
marittima (art.2 co. 3, 14 legge 84/1994 ed art. 16 cod.nav.); e nel caso di specie non risulta istituita un’Autorità portuale investita ex lege del servizio.
3 Il terzo motivo di ricorso (attinente alla prescrizione ed alla decadenza) è parimenti infondato e, in parte, anche inammissibile.
In punto prescrizione, il motivo è inammissibile perché la relativa eccezione non era stata dalla società coltivata in appello, dove era stata invece dedotta la diversa questione della decadenza ex art. 1 co. 161 l.296/06 (questione che non poteva avere ingresso perché nuova). Quanto poi alla tesi, come anticipato ammissibile nei limiti in cui si risolva, non in una eccezione in senso stretto, ma in una mera difesa, sempre proponibile, sul diritto applicabile ( iura novit curia ), secondo la quale la Tarsu non poteva essere applicata dopo il 2009, la doglianza è infondata secondo quanto più volte affermato da questa Corte di legittimità circa la perdurante applicabilità della Tarsu fino al 2013 (Cass. 20971/19 con richiami, e molte altre).
In ordine al quarto motivo di ricorso, appare decisivo il fatto che il difetto di motivazione dell’avviso non fosse stato oggetto di uno specifico motivo in primo grado, quanto soltanto di un generico richiamo, per giunta privo dei necessari e concreti riferimenti fattuali. Né, in assenza di un vero e proprio motivo iniziale, questi aspetti potevano essere legittimamente dedotti, con la dovuta precisione e specificità, per la prima volta in appello. Ciò deve valere anche per le sanzioni. Se è vero che di esse si faceva menzione già nel ricorso introduttivo, altrettanto indubbio è che tale deduzione risultava parimenti del tutto generica (riferita ad un apodittico difetto di motivazione dell’avviso sul punto) e, soprattutto, priva della allegazione dei presupposti fattuali che avrebbero dovuto indurre ab origine (con eventuale applicazione del cumulo giuridico) la rivisitazione del regime sanzionatorio concretamente applicato,
presupposti fattuali di certo non allegabili né rivedibili nella presente sede di legittimità.
Il quinto motivo di ricorso, proposto ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. è inammissibile ed in parte infondato (violazione dell’art. 115 cod. proc. civ.) , in quanto nessuna violazione di legge risulta compiuta dalla sentenza impugnata, poichè, come detto, la CTR con accertamenti in fatto, insindacabili in sede di legittimità, accertava la gestione del Comune dell’area oggetto di tassazione e la sussistenza del possesso dell’area da parte della ricorrente, con conseguente corretta conclusione nel senso della legittimazione tributaria passiva di quest’ultima.
Inoltre, il principio di non contestazione, invocato dalla ricorrente (per la mancata costituzione del Comune nei due gradi di merito), assume in materia tributaria un rilievo particolare («Nel processo tributario, caratterizzato dall’impugnazione di una pretesa fiscale fatta valere mediante l’emanazione dell’atto impositivo nel quale i fatti costitutivi della richiesta sono già stati allegati, il principio di non contestazione non implica a carico dell’Amministrazione finanziaria, a fronte dei motivi di impugnazione proposti, un onere di allegazione ulteriore rispetto a quanto contestato nell’atto impugnato» Sez. 5 – , Sentenza n. 16984 del 14/06/2023, Rv. 668258 -01; vedi pure Sez. 5 – , Ordinanza n. 29063 del 06/10/2022, Rv. 666094 -01 e Sez. 5 – , Ordinanza n. 19806 del 23/07/2019, Rv. 654953 – 01).
In definitiva il motivo in esame, relativo a violazione della legge sostanziale e processuale in tema di valutazione probatoria, appare inaccoglibile per almeno due ragioni: – per un primo aspetto, esso invoca la violazione del principio di mancata contestazione in una fattispecie di mancata (ovvero tardiva) costituzione in giudizio dell’ente impositore, là dove d alla mancata partecipazione al giudizio non poteva di per sé derivare l’effetto tipico qui invocato ex art. 115 cod. proc. civ., relativo ai fatti non specificatamente contestati dalla
parte regolarmente costituita, con conseguente necessità di prova a carico della società; – per un secondo e dirimente aspetto, gli effetti della mancata contestazione (asserita tale) vengono allegati dalla ricorrente con riguardo ad aspetti fattuali (mancata produzione di rifiuti in loco ; mancata effettuazione del servizio da parte del Comune) che, come detto, sono stati introdotti in giudizio in violazione del divieto di novità ed in ordine ai quali, di conseguenza, nessuna valutazione probatoria era dovuta dal giudice di merito.
Ne segue il rigetto del ricorso, con condanna della ricorrente alla rifusione delle spese di lite, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.800,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 19/09/2024 .