Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3218 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 3218 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/02/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 29410/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE A FAVORE DEI RAGIONIERI E PERITI COMMERCIALI, RAGIONE_SOCIALE PARIBAS RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (P_IVA) che lo rappresenta e difende -controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. Lazio n. 2143/2021 depositata il 23/04/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’ 11/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
udito il AVV_NOTAIO che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Uditi i difensori presenti.
FATTI DI CAUSA
§ 1. L’ RAGIONE_SOCIALE a favore dei Ragionieri e Periti Commerciali, RAGIONE_SOCIALE (già SGR del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE chiuso denominato ‘RAGIONE_SOCIALE‘), nonché RAGIONE_SOCIALE (attuale SGR del RAGIONE_SOCIALE medesimo quale cessionaria 27.1.2021 da RAGIONE_SOCIALE del relativo ramo aziendale), propongono unitario ricorso, articolato in due motivi, per la cassazione della sentenza in epigrafe indicata, con la quale la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, in riforma della prima decisione, ha ritenuto legittimo l’avviso di liquidazione notificato il 18.4.2016 dall’RAGIONE_SOCIALE in recupero d ell’ordinaria imposta proporzionale di registro (9% ex art. 1 Tariffa Parte Prima all. al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 ) sull’atto notarile del 25 marzo 2014 con il quale l’RAGIONE_SOCIALE aveva sottoscritto quote per oltre 20 milioni di euro del RAGIONE_SOCIALE, allora gestito dalla BNP-SGR, mediante apporto di un immobile; atto notarile che, per quanto qui rileva, le parti avevano assoggettato ad imposta autoliquidata di registro in misura fissa ai sensi dell’articolo 9 della l. 23 novembre 2001, n. 410 (legge di conversione del d.l. 25 settembre 2001, n. 351), con richiamo al combinato disposto di cui agli articoli 7 della Tabella ed 11 della Tariffa-Parte prima allegate al d.P.R. 131/86.
La RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, in particolare, ha osservato che:
-infondata era l’eccezione dei contribuenti di inammissibilità dell’appello dell’RAGIONE_SOCIALE per difetto di specificità dei motivi dal momento che, nel caso di specie, <>;
-era invece fondato l’appello dell’RAGIONE_SOCIALE, posto che l’articolo 9 del d.l. n. 351 del 2001 integrava una disciplina speciale di natura agevolativa per gli apporti ai fondi immobiliari, così da risultare abrogato ad opera dell’articolo 10, comma 4, d.lgs. n. 23 del 2011;
-gli effetti sostanziali dell’atto notarile in questione erano quelli di un trasferimento a titolo oneroso della proprietà degli immobili, con relativa trascrizione dell’atto di alienazione presso la Conservatoria RRII, il che confermava, anche secondo quanto stabilito dalla Corte di RAGIONE_SOCIALEzione con la sentenza n. 15319/13, l’assoggettamento dell’atto all’imposta di registro in misura proporzionale.
Resiste con controricorso 29.12.2021 (da ritenersi tempestivo in base alla data della notificazione via Pec e del deposito telematico) l’RAGIONE_SOCIALE.
La parte ricorrente ha depositato memoria.
Il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO ha concluso per il rigetto del ricorso, dal momento che l’apporto al fondo comune di investimento immobiliare ha natura di atto traslativo e che, inoltre, il regime di favore previsto dal legislatore per tali atti ha, in effetti, natura agevolativa, così da essere venuto meno ex art. 10, comma 4, cit.
RAGIONI DELLA DECISIONE
§ 2.1 Con il primo motivo di ricorso si lamenta -ex art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, cod.proc.civ. -violazione e falsa applicazione dell’art. 53 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546. Contrariamente a quanto affermato dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, l’appello dell’RAGIONE_SOCIALE era privo di motivi specifici volti a puntualmente inficiare la ragione decisoria dettagliatamente evincibile dalla sentenza di primo grado. Tali motivi (trascritti nel ricorso per cassazione) non facevano infatti che riprodurre gli argomenti svolti nella memoria di primo grado, senza apportare alcunché di specifico in relazione alla sentenza appellata. Da ciò scaturiva, con l’inammissibilità del gravame, l’avvenuto passaggio in giudicato della sentenza di primo grado, favorevole alla parte contribuente.
§ 2.2 Il motivo è infondato.
Nell’escludere l’inammissibilità dell’appello dell’RAGIONE_SOCIALE, ex art. 53 d.lgs. n. 546/92, la RAGIONE_SOCIALE ha correttamente applicato, nella concretezza del caso, il fermo indirizzo di legittimità secondo il quale, vista anche la natura impugnatoria ab origine rivestita dal processo tributario, <> (Cass. n. 32954/18 ed altre); in modo tale che: <> (Cass. n. 6302/22 ed altre).
Nel caso di specie questo indirizzo appare tanto più calzante ove si consideri che l’intera controversia poggiava esclusivamente sul dato della stretta interpretazione giuridica del regime impositivo di registro applicabile all’atto di apporto in fondo comune in questione; sicché la riproposizione da parte dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE tesi da essa già svolte nel primo grado di giudizio e, ancor prima, a motivazione e fondamento dell’avviso di liquidazione opposto, lungi da risultare generica e non mirata sulla diversa ragione decisoria dei primi giudici, dava invece conto in maniera puntuale e circostanziata della tesi giuridica di cui l’Amministrazione chiedeva l’accoglimento in riforma della decisione appellata. E ciò venne fatto, come risulta dalle censure di appello qui trascritte dalla stessa parte ricorrente, proprio attraverso la illustrazione degli elementi interpretativi fondamentali che, secondo l’RAGIONE_SOCIALE, denotavano l’errore dei primi giudici, dal momento che il regime di favore di cui all’articolo 9 cit. aveva tutti i caratteri della agevolazione fiscale (beneficio per il contribuente di natura derogatoria rispetto al regime tariffario generale degli atti traslativi), così da rientrare tra le agevolazioni soppresse dall’articolo 10, comma 4, cit.
Ciò era in grado di dare compiutamente conto non soltanto della volontà censoria dell’appellante, ma anche RAGIONE_SOCIALE argomentazioni attraverso le quali quest’ultima intendeva gravare la sentenza di primo grado, che tale carattere agevolativo aveva invece escluso in ragione della – pure contestata nell’atto di appello – peculiarità
dell’atto di apporto in fondo comune rispetto a quello di un ordinario trasferimento immobiliare tout court , anche quanto ad evidente onerosità dell’operazione.
Nessun giudicato, in definitiva, poteva quindi fondatamente ritenersi formato sulla sentenza della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE provinciale.
§ 3.1 Con il secondo motivo di ricorso si deduce -ex art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ. -violazione e falsa applicazione degli articoli 1 e 20 d.P.R. n. 131 del 1986, nonché 1362 cod.civ., 1 e 11 Tariffa, 7 Tabella all. d.P.R. n. 131 del 1986, in relazione agli artt. 9 d.l. n. 351 del 2001 e 10 d.lgs. n. 23 del 2011, per non avere la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE considerato, diversamente da quanto invece puntualmente colto dai primi giudici, che la disciplina di cui all’art. 9 cit. costituiva il regime ordinario e naturale di tassazione degli atti di apporto in fondo comune (sia mobiliare sia immobiliare), così come già previsto dall’art. 15 legge 25 gennaio 1994, n. 86; il che troverebbe giustificazione, anche ex art. 20 TUR, nel fatto che non si trattava di atti traslativi della proprietà, bensì di atti peculiari di attribuzione ad un fondo autonomo di una disponibilità strumentale rispetto alla destinazione impressa ai beni, e vincolata alla RAGIONE_SOCIALE della RAGIONE_SOCIALE. Da ciò dovrebbe escludersi, proprio perché privo di carattere agevolativo, l’abrogazione di questo regime impositivo da parte dell’art. 10, comma 4, d.lgs. n. 23 del 2011.
§ 3.2 Questo motivo è fondato nei termini che seguono.
Il decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410 (Disposizioni urgenti in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico e di sviluppo dei fondi comuni di investimento immobiliare), stabilisce (art. 9): <>.
Il d.P.R. 131 del 1986, nell’art. 7 così richiamato, prescrive: <>.
Il d.lgs. n. 23/2011 stabilisce, all’art. 10, che: <>.
Tra gli <> vi sono gli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili in genere e gli atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento, sottoposti ad imposizione proporzionale.
§ 3.4 Ciò posto, la decisione impugnata non appare condivisibile nella parte in cui nega alla normativa recata dall’art. 9 cit. d.l. n. 351 del 2001 la natura di disciplina ordinaria ed organica della fattispecie, ascrivendola invece all’ambito RAGIONE_SOCIALE agevolazioni esonerative di un regime generale.
In primo luogo milita in tal senso proprio la collocazione sistematica di tale articolo, nel quadro di una fonte che, facendosi carico di regolamentare ogni aspetto fiscalmente rilevante correlato all’istituzione, alla dotazione, alla sottoscrizione e rimborso RAGIONE_SOCIALE quote dei fondi comuni di investimento immobiliare – senza limitarsi alle sole imposte d’atto, ma considerando anche imposte sui redditi, iva e proventi dei partecipanti -assurge a vero e proprio <> fiscale complessivo dei fondi comuni immobiliari.
Indizio convergente verso questa conclusione è altresì dato dall’art. 15, comma 9, della l. n. 86 del 1994, prima disposizione a regolamentare la fattispecie sia pure sotto il più ristretto profilo dell’istituzione dei fondi di investimento immobiliare chiusi, che assoggettava gli atti relativi alla sottoscrizione di quote -tra i quali rientrano a pieno titolo gli atti di apporto di immobili, giacché la sottoscrizione avviene mediante apporto in denaro o in natura – alla stessa disciplina prevista per gli analoghi atti posti in essere con riferimento ai fondi comuni di investimento mobiliare, ovvero prevedeva l’esenzione da registrazione obbligatoria, con conseguente applicazione dell’imposta in misura fissa nel caso di atto presentato volontariamente per la registrazione (art. 7 Tabella cit.).
Si verte dunque di una disciplina impositiva tendenzialmente globale, sistematica e storicamente radicata, del resto esplicitamente dal legislatore (d.l. n. 351 del 2001) ispirata all’esigenza dello <> mediante un articolato insieme di <> (Capo II) costituente un corpus normativo dedicato ed autonomo.
Di questo insieme fanno parte anche altre disposizioni relative proprio all’imposta di registro ed ipocatastale, anch’esse sottese alla specificità dell’istituto ed alla necessità funzionale della predisposizione di un compendio impositivo suo proprio; come l’art. 8, comma 1bis, d.l. n. 351 del 2001, quanto ad inclusione degli apporti di plurimi immobili prevalentemente locati nella famiglia tariffaria di cui all’art. 4, comma 1, lett. a), n.3), Alleg. Tur (misura fissa), oppure l’art. 9, comma 2, cit. d.l. n. 351 del 2001, quanto ad assoggettamento ad imposta, anche in tal caso in misura fissa, degli acquisti di immobili presso lo Stato o gli altri enti indicati.
Ciò basterebbe ad escludere che questo regime possa essere stato inciso, con esclusivo riguardo all’imposta di registro, dall’intervento abrogativo RAGIONE_SOCIALE <> di cui all’art. 10, comma 4, d.lgs. n. 23 del 2011, dovendosi questa previsione necessariamente riferire (come anche confermato dal lungo elenco eccettuativo) alle agevolazioni in senso stretto e tipico, non anche a quelle discipline sintomaticamente rivolte ad apprestare un regime strutturale ed ordinario (seppure più favorevole rispetto ad altri), la cui differenziazione trova legittimazione, anche ex art. 53 Cost., nelle caratteristiche originali ed intrinseche dell’istituto, come discrezionalmente (ma non arbitrariamente) valutate dal legislatore.
§ 3.5 E qui si tocca un altro aspetto che concorre a giustificare -in ambito appunto di ragionevolezza legislativa – il carattere non derogatorio-agevolativo della disciplina in questione, ed è un aspetto che attinge alla più ampia fattispecie della tassazione di registro dei conferimenti immobiliari in patrimonio separato e vincolato.
I fondi comuni di investimento (artt. 36, 37 d.lgs. n. 58 del 1998 e succ. mod.) sono organismi di investimento che perseguono la finalità della massimizzazione della reddittività e la minimizzazione del rischio attraverso una RAGIONE_SOCIALE collettiva, professionale e regolamentare dell’investimento stesso, nella specie rivolto al settore immobiliare.
La loro costituzione può avvenire o mediante acquisto di beni immobili, diritti immobiliari e partecipazioni in società immobiliari successivamente alla sottoscrizione -al momento della quale l’investitore apporterà il denaro necessario per la successiva operazione di acquisto -o mediante “apporto diretto” -ossia conferimento di immobili e diritti reali immobiliari da parte dei soggetti interessati a divenirne partecipanti, così da acquisire in contropartita non un prezzo-corrispettivo come avverrebbe in un
ordinario atto traslativo, ma un numero di quote di partecipazionesottoscrizione proporzionale al valore dell’immobile apportato.
Quote di partecipazione che rivestono esse stesse la natura di strumenti finanziari (art. 1, comma 2, ed All. I Sez. c , d.lgs. n. 58 del 1998 TUF) negoziabili nell’ambito di un servizio di investimento, il che denota il sostrato strettamente finanziario e mobiliare dell’operatività, anche se attuata attraverso l’iniziale apporto di beni immobili.
Per questa ragione già Cass.n.15319/13 (‘Caso Tamerici’), citata anche nella sentenza impugnata, rimarcò il più vicino accostamento della fattispecie all’ambito societario che non a quello traslativo, osservando che: <>.
Essi, tuttavia, proprio perché enti di natura prettamente strumentale nella veicolazione dei risparmi investiti, non sono dotati (diversamente dalle società) di un’autonoma soggettività giuridica, rappresentando piuttosto patrimoni separati della RAGIONE_SOCIALE che li ha istituiti e che li amministra, tanto che, in caso di acquisto nell’interesse del fondo comune, l’immobile che ne è oggetto non viene neppure intestato a questo, ma alla stessa RAGIONE_SOCIALE, la quale ne assume una titolarità meramente formale e funzionale agli obiettivi prestabiliti di investimento (Cass. nn. 16605/2010; 12062/2019 ed altre).
Ha osservato Cass. n. 7116/23 che: <>.
Dunque, la SGR non può disporre a proprio piacimento degli immobili, essendo il patrimonio in cui questi confluiscono, non solo <> ma anche -e correlativamente – <> o <>, dovendo essa agire nell’esclusivo perseguimento dell’interesse dei partecipanti al fondo assumendo, verso costoro, gli obblighi e le responsabilità sostanziali non del proprietario ma del mandatario esercente un servizio finanziario autorizzato.
Pur nella indubbia diversità di fattispecie, non mancano punti di contatto con l’ipotesi che si verifica nel caso di dotazione -conferimento di diritti immobiliari in trust .
Come si è avuto modo di osservare nelle decisioni che si sono occupate di queste fattispecie (Cass. nn. 6080/23; 29507/2020; 8082/2020; 31445/18 e numerosissime altre), qualora i beni ed i diritti non siano attribuiti all’avente causa in modo stabile, definitivo e con la pienezza RAGIONE_SOCIALE prerogative dominicali, essendo egli tenuto solo ad amministrarli ed a strumentalmente disporne nell’interesse altrui, in regime di segregazione patrimoniale, non può dirsi realizzato un effettivo trasferimento di ricchezza (non potendosi questo individuare nella sola apposizione del vincolo), così da integrare un indice di maggiore forza economica e capacità contributiva. La strumentalità dell’atto di apporto nell’ambito di una separatezza patrimoniale finalizzata ad uno scopo vincolato ed eterodeterminato può giustificarne -secondo quanto in quei casi affermato l’estraneità agli atti traslativi propriamente detti, tassati in misura proporzionale.
§ 4. Ne consegue, in definitiva, l’inapplicabilità al caso in esame del precetto recato dall’art. 10, comma 4, del d.lgs. n. 23 del 2011, per la duplice e concorrente ragione che la disciplina prevista, per gli atti di dotazione dei fondi comuni di investimento immobiliare,
dall’art. 7 della Tabella allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, per come richiamata dall’art. 9 d.l. n. 351 del 2001, non ha carattere di agevolazione, ma di disciplina ordinaria; e che gli apporti al fondo su sottoscrizione di quote non possono essere assimilati agli atti di trasferimento di diritti reali immobiliari previsti dall’art. 1 della Tariffa -parte prima -allegata al d.P.R. n. 131 del 1986.
Ne segue l’accoglimento del ricorso e, non essendo necessari accertamenti in fatto, la decisione nel merito ex art. 384 cod. proc. civ., mediante accoglimento del ricorso originario della parte contribuente.
Vista l’obiettiva controvertibilità della questione in diritto sottesa alla decisione, oltre l’assenza di precedenti giurisprudenziali specifici sul punto, le spese dell’intero giudizio devono essere compensate.
P.Q.M.
-accoglie il ricorso;
-cassa la sentenza impugnata e decide nel merito con accoglimento del ricorso originario della parte contribuente;
-compensa le spese dell’intero giudizio.
Così deciso nella camera di consiglio della Sezione Tributaria in data