Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 35076 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 35076 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/12/2024
Indennità di esodo -Tassazione agevolata -Art. 19 comma 4bis t.u.i.r.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 467/2016 R.G. proposto da:
NOME COGNOME rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale a margine del ricorso, da ll’ Avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio del difensore;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-resistente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, n. 4900/32/2015, depositata in data 22 maggio 2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12 dicembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
In data 8 marzo 2011 NOME COGNOME avanzava istanza di rimborso della maggiore imposta versata sulla somma percepita a
titolo di ‘incentivo all’esodo’ a seguito della cessazione del suo rapporto di lavoro con l’Enel s.p.a. in data 31 dicembre 2007, in adesione al progetto aziendale di risoluzione anticipata del rapporto emesso dall’Enel s.p.a. il 30 giugno 1999, comunicato dalla società al personale dipendente il 2 luglio 1999, e prorogato con comunicazioni al personale del 15 aprile 2002 e del dicembre 2010, sino al dicembre 2011.
Sosteneva il contribuente che la trattenuta IRPEF, effettuata applicando l’aliquota del TFR, fosse parzialmente illegittima, dovendo invece applicarsi l’art. 19 (già 17), comma 4bis, del d.P.R. del 22 dicembre 1986, n. 917, a norma del quale ‘per le somme corrisposte in occasione della cessazione del rapporto al fine di incentivare l’esodo dei lavoratori che abbiano superato l’età di 50 anni se donne e di 55 anni se uomini, di cui all’ articolo 16, comma 1, lettera a), l’imposta si applica con l’aliquota par i alla metà di quella applicata per la tassazione del trattamento di fine rapporto e delle altre indennità e somme indicate alla richiamata lettera a) del comma 1 dell’articolo 16′.
Infatti, il predetto art. 19 (già 17), comma 4bis, del d.P.R. del 22 dicembre 1986, era transitoriamente vigente, ratione temporis , per effetto dell’art. 36, comma 23, del d.l. del 4 luglio 2006, n. 223, convertito dalla legge del 4 agosto 2006, n. 248, il quale statuiva che ‘nell’articolo 19 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, il comma 4bis è abrogato. La disciplina di cui al predetto comma 4bis continua ad applicarsi con riferimento alle somme corrisposte in relazione a rapporti di lavoro cessati prima della data di entrata in vigore del presente decreto, nonché con riferimento alle somme corrisposte in relazione a rapporti di lavoro cessati in attuazione di atti o accordi, aventi data certa, anteriori alla data di entrata in vigore del presente decreto’.
Nella specie, secondo il contribuente, la cessazione del rapporto di lavoro, pur se avvenuta nel 2007, ovvero dopo l’entrata
in vigore del d.l. n. 223/2006, doveva considerarsi effettuata in attuazione del progetto aziendale di incentivo all’esodo del 30 giugno 1999 e, pertanto, trovava applicazione il regime agevolato di cui all’art. 19 (già 17) comma 4bis cit..
Avverso il silenzio rifiuto serbato dall’Ufficio il contribuente proponeva ricorso innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Napoli, che lo rigettava in assenza di prova di ‘alcun atto avente data certa, rilevante ai fini del diversificato regime temporale ex d.l. 223/2006’ .
Interposto gravame dal contribuente, la Commissione tributaria regionale della Campania rigettava l’appello , evidenziando la natura eccezionale della norma contenente la riduzione del 50% dell’aliquota da applicare sulle somme corrisposte ai lavoratori in occasione della cessazione del rapporto di lavoro; affermava, in particolare, che l’accordo datato 30 giugno 1999 ‘non contiene quegli elementi specifici tali da comportare deroga al principio di capacità contributiva richiamato dalla Suprema Corte’ .
Avverso la decisione della Commissione Tributaria Regionale ha proposto ricorso per cassazione il contribuente, affidato a quattro motivi. L’Agenzia delle Entrate ha depositato atto con il quale ha chiesto di partecipare all’eventuale udienza di discussione .
È stata, quindi, fissata l’adunanza camerale per il 1 2/12/2024. Considerato che:
Con il primo strumento di impugnazione il contribuente deduce, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 4 cod. proc. civ., la « nullità della sentenza. Violazione dell’art. 112 c.p.c.. Ultrapetizione della sentenza d’appello e violazione del principio di non contestazione». Precisamente, la CTR aveva negato il diritto al rimborso del contribuente sulla base di un presupposto mai contestato dall’Ufficio nei due gradi di merito, ovvero che ‘il piano aziendale del 30 giugno 1999 non avesse «quegli elementi specifici tali da comportare deroga al principio di capacità contributiva richiamato dalla Suprema Corte» ‘ (pag. 15 del ricorso).
Che detto accordo potesse, di contro, comportare la deroga alla tassazione ordinaria era circostanza pacifica, non essendo mai stata contestata dall’Ufficio.
Il motivo è affetto da concorrenti profili di inammissibilità ed infondatezza.
1.1. Sotto il primo profilo, secondo il Collegio l’interpretazione del principio di non contestazione propugnata dal ricorrente non è condivisibile in diritto.
Questa Corte costantemente afferma, in termini generali, che il principio di non contestazione «può sopperire alla mancanza di prova d’un fatto, ma non può essere utilizzato per risolvere questioni di diritto» (da ultimo, Cass. 30/01/2024, n. 2844).
Il processo tributario è caratterizzato dall’impugnazione di una pretesa fiscale fatta valere mediante l’emanazione dell’atto impositivo nel quale i fatti costitutivi della richiesta sono già stati allegati. Entro questo perimetro, il principio di non contestazione di cui all’art. 115 cod. proc. civ. (che si applica anche al processo tributario, Cass. 24/01/2007, n. 1540) non implica a carico dell’Amministrazione finanziaria, a fronte dei motivi di impugnazione proposti, un onere di allegazione ulteriore rispetto a quanto contestato nell’atto impugnato (Cass. 14/06/2023, n. 16984). Il principio di non contestazione non può neppure operare con riferimento agli atti sottostanti l’atto impositivo autonomamente ed obbligatoriamente impugnabili ex art. 21 d.lgs. n. 546/1992, quali le cartelle di pagamento (Cass. 09/08/2024, n. 22616).
Questa Corte ha avuto modo di precisare, inoltre, che il principio in esame, operando sul piano della prova, non contrasta, né supera, il diverso principio per cui la mancata presa di posizione sul tema introdotto dal contribuente non può restringere il thema decidendum ai soli motivi contestati se sia stato chiesto il rigetto dell’intera domanda.
In ipotesi di domanda di rimborso del contribuente (ipotesi ricorrente nella specie) questa Corte ha precisato che «il difetto di
specifica contestazione dei conteggi funzionali alla quantificazione del credito oggetto della pretesa dell’attore -contribuente, che abbia articolato istanza di rimborso di un tributo, allorché il convenuto abbia negato l’esistenza di tale credito, può avere rilievo solo quando si riferisca a fatti non incompatibili con le ragioni della contestazione sull’ an debeatur » ( ex multis , Cass. 24/11/2022, n. 3630).
Alla luce dei sopra riportati principi deve, quindi, ritenersi inammissibile il motivo in esame, atteso che la natura del piano aziendale del 30 giugno 1999 , in termini di incentivo all’esodo per gli effetti della norma in commento, non costituisce un fatto storico, bensì, un presupposto giuridico del diritto al rimborso, la cui valutazione è rimessa al giudice tributario.
1.2. Inoltre, sotto un concorrente profilo di infondatezza, il Collegio osserva che sia in primo grado sia in appello l’Agenzia ha chiesto il rigetto del ricorso (e del gravame). In particolare, dinnanzi alla CTR l’Ufficio negava che vi fosse la prova della cessazione d el rapporto di lavoro per effetto di un accordo concluso con l’Enel in data antecedente all’entrata in vigore del d.l. 223/2006 (v. pag. 14 del ricorso).
Con il secondo motivo il contribuente deduce, a mente dell’art. 360, comma primo, n. 4, cod. proc. civ., la «nullità della sentenza. Violazione dell’art. 116, co. 1, c.p.c. per omessa valutazione di elementi istruttori offerti in entrambi i gradi di merito del presente giudizio». In particolare, il diritto del ricorrente al rimborso della maggiore imposta IRPEF pagata si fondava: a) sul progetto aziendale del 30 giugno 1999, comunicato ai dipendenti e successivamente più volte prorogato; b) su diversi comunicati indirizzati al personale, rispettivamente datati 28 gennaio 1997, 4 aprile 1997, 20 aprile 1998, 15 aprile 2002 e dicembre 2010. In particolare, il contenuto del piano aziendale del 30 giugno 1999 sarebbe proprio ‘quello di realizzare l”incentivo all’esodo’ del contribuente (così come degli altri dipendenti) dall’azienda stessa’ (pag. 26 del ricorso).
Con il quarto motivo il cui esame s’impone prima del terzo per ragioni di connessione con il secondo – il contribuente lamenta, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., la «violazione di legge. Violazione dell’art. 36, co. 23, D.L. n. 223 del 2006, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 248 del 2006». Ribadisce che nella specie sussistevano le condizioni per beneficiare dell’applicazione del regime transitorio di tassazione agevolata di cui al citato art. 36, co. 23, D.L. n. 223 del 2006, alla luce del contenuto del piano aziendale del 30 giugno 1999.
I due motivi possono essere trattati congiuntamente, per la loro connessione, e richiedono una premessa relativa all’assetto normativo ed agli approdi giurisprudenziali in materia.
4.1. Con riferimento ai presupposti dell’applicazione dell’aliquota agevolata di cui all’art. 19 (ora 17), comma 4bis, d.P.R. n. 917/1986, e quindi in merito all’individuazione della natura di incentivo all’esodo da riconoscere alla somma corrisposta al momento della cessazione del rapporto di lavoro, questa Corte ha già avuto modo di chiarire che «in tema di imposte sui redditi, l’art. 19 (già 17), comma 4 bis , del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, che ha introdotto per i contributi d’incentivo all’esodo de i lavoratori dipendenti un’aliquota dimezzata rispetto a quella per il trattamento di fine rapporto, è applicabile a tutti i lavoratori i quali abbiano superato una determinata età anagrafica, anche se non in possesso dei requisiti minimi per l’età pension abile, in considerazione dell’obiettivo del legislatore di razionalizzare le risorse aziendali e creare nuove opportunità di lavoro» e che «ai fini del riconoscimento dell’agevolazione, le aziende non sono tenute a prevedere piani ed incentivi generalizzati o indirizzati ad una pluralità di destinatari» (Cass. 28/12/2018, n. 33628; Cass. 17/09/2014, n. 19626; Cass. 07/03/2005, n. 4910; Cass. 02/05/2005, n. 9049; Cass. 20/04/2006, n. 9334 e, con riferimento alla non necessità che il lavoratore incentivato integri i requisiti per l’età minima pensionabile, Cass. 29/11/2016, n. 24313).
4.2. Lo stesso art. 19, comma 4bis, d.P.R. n. 917 del 1986, è stato reso ultrattivo, nonostante l’abrogazione, dall’art. 36, comma 23, della l. n. 248 del 2006 di conversione del d.l. n. 223 del 2006, in due ipotesi, che non integrano condizioni concorrenti ma restano alternative, ossia con riferimento alle somme corrisposte per rapporti di lavoro cessati entro il 3 luglio 2006 (ovvero prima dell’entrata in vigore del decreto legge), oppure, con riferimento alle somme corrisposte in relazione a rapporti di lavoro, cessati dopo tale data, in attuazione di atti o accordi aventi data certa, anteriore al 4 luglio 2006 (sulla relazione di alternativa, e non di concorrenza, tra le due ipotesi, cfr. Cass. 23/12/2015, n. 25953).
4.3. Tanto gli ‘accordi’, quanto gli ‘atti’, al fine della protrazione dell’applicazione dell’agevolazione tributaria abrogata, debbono avere ‘data certa’ anteriore all’entrata in vigore del d.l. n. 223/2006 (4 luglio 2006). In difetto di specifica disposizione, la certezza della data va accertata ai sensi degli articoli 2702-2704 cod. civ., in materia di scritture private.
4.4. L’onere della prova della sussistenza, nel caso concreto, di tutti i presupposti necessari per l’applicazione, anche ultrattiva, del trattamento fiscale agevolato previsto dalla norma in commento grava sul contribuente (Cass. 07/09/2018, n. 21770), che nel caso di specie agisce per il rimborso dell’imposta che assume pagata in eccedenza.
4.5. Con riferimento all’ipotesi, che è quella oggetto del caso sub iudice , delle somme corrisposte in relazione a rapporti di lavoro cessati dopo il 4 luglio 2006, quindi successivamente all’entrata in vigore del d.l. n. 223 del 2006, si pone la necessità di interpretare la formula testuale ‘atti o accordi’, aventi data certa, anteriori al 4 luglio 2006, in attuazione dei quali, ai fini dell’applicazione della disciplina previgente, sia intervenuta, dopo tale data, la cessazione del rapporto di lavoro.
In particolare, è necessario accertare se, al fine del riconoscimento ultrattivo dell’agevolazione abrogata, debba, o
meno, essere intervenuta prima del 4 luglio 2006 anche l’adesione individuale del singolo lavoratore al piano d’incentivo già proposto dal datore di lavoro o oggetto di un accordo sindacale; o se sia invece sufficiente che prima del 4 luglio 2006 siano intervenuti quegli accordi sindacali o quegli atti unilaterali del datore di lavoro (delibere, piani aziendali o altre forme equivalenti) che contengano le condizioni per la cessazione anticipata del rapporto di lavoro e l’invito al personale interessato a pr esentare la propria adesione entro un dato termine temporale (anche successivo al 4 luglio 2006), durante il quale il datore di lavoro resta impegnato.
4.6. Interpretando la norma transitoria in questione, questa Corte (Cass. 27/12/2018, n. 3345) – dopo aver premesso che l’esegesi letterale non risolve il problema, derivante dall’ambiguità testuale della norma, e che pertanto occorre procedere con criteri sistematici e teleologici – ha preso le mosse dalla considerazione che quando l’esodo è avvenuto a procedura progressiva, con un atto generale e collettivo di proposta dell’incentivo, cui ha fatto seguito l’accettazione da parte del dipendente, è a quest’ ultima che occorre far riferimento per individuare la volontà del dipendente, frutto di autonoma valutazione sulla somma offertagli, anche relativamente al regime fiscale cui essa è sottoposta, che non è determinabile dall’accordo collettivo, ma solo dal l egislatore, cosicché su di esso non può ingenerarsi alcun affidamento meritevole di tutela, salvi i limiti costituzionali incomprimibili (cfr. Corte cost. n. 70/2015).
Tanto meno esigenze di tutela dell’affidamento si pongono nei confronti del contribuente che, dopo circa un anno e mezzo dalla novella legislativa de qua , in sede di negoziazione dell’accordo individuale o comunque di adesione all’accordo sindacale o all’offerta aziendale, era nelle condizioni di poter verificare il regime fiscale effettivamente applicabile alla somma incentivante, al fine di esprimere la propria libera volontà di adesione o meno alla relativa proposta.
Invece, «la norma transitoria, deve intendersi posta a tutela di coloro che abbiano già operato una scelta irreversibile prima della novella legislativa e che tale scelta sia avvenuta su di un certo trattamento fiscale agevolato, repentinamente travolto con decreto legge a promulgazione ed efficacia immediata, ancorché su conosciuta spinta comunitaria; in tali ultimi casi si pone il problema della tutela dell’affidamento di cui si fa carico la norma transitoria qui all’esame: ed infatti un accordo stipu lato prima, una volontà cristallizzata in cui siasi pattuita la corresponsione differita di una certa somma merita di seguire le condizioni fiscali del momento della stipula; pertanto, lo scopo della norma transitoria è far salva l’esecuzione di accord i definii e definitivi, di incontri di volontà irretrattabili, di negozi stipulati e fissati, di atti concordati e perfezionati prima dell’abrogazione del trattamento fiscale agevolato» (Cass. 27/12/2018, n. 33456; Cass. 15/05/2019, n. 12933).
4.7. Nella specie, la sentenza della CTR ha fatto corretta applicazione dei principi sopra riportati, nella parte in cui ha ritenuto non integrate le condizioni per beneficiare della tassazione agevolata prevista dalla normativa in commento, con la motivazione supra riportata, che va integrata con le considerazioni che seguono.
Invero, era onere del contribuente allegare e provare non la mera esistenza di un progetto aziendale di risoluzione anticipata del rapporto redatto dall’Enel, comunicato al personale dipendente e successivamente prorogato, ma la sua tempestiva adesione individuale alla relativa proposta collettiva.
Invero, la prova di tale adesione individuale, e della sua data, era indispensabile innanzitutto al fine di dimostrare che la cessazione del rapporto di lavoro del contribuente, titolo dell’erogazione oggetto del trattamento fiscale controverso, fosse effettivamente avvenuta in attuazione dell’incentivo all’esodo di cui all’art. 19 (già 17), comma 4bis, del t.u.i.r..
Inoltre, essendo la cessazione del rapporto di lavoro intervenuta successivamente al 4 luglio 2006, la prova dell’adesione individuale del contribuente, e della sua data, erano altresì indispensabili al fine di accertare che prima dell’abrogazione del trattamento fiscale agevolato si fosse già perfezionata quella manifestazione di volontà irretrattabile dello stesso contribuente che potrebbe giustificarne l’applicazione ultrattiva ai sensi dell’art. 36, comma 23, della l. 248/2006, interpretata nel senso già chiarito (cfr. Cass. 13/09/2023, n. 26411).
A fronte delle contestazioni dell’Ufficio circa la prova dei presupposti della tassazione agevolata, non può ritenersi che il progetto aziendale del 30 giugno 1999 e i successivi comunicati al personale dipendente siano specificamente ed univocamente riferibili alla necessaria documentazione della manifestazione della volontà individuale di adesione del contribuente all’incentivo propostogli con l’offerta aziendale , oltre che della data di tale circostanza (dato cronologico che, peraltro, tuttora non è dedotto nel ricorso).
Il secondo ed il quarto motivo vanno, pertanto, rigettati.
5. Con il terzo motivo il contribuente lamenta, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 4, cod. proc. civ., la «nullità della impugnata sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Napoli per violazione dell’art. 132, co. 2, n. 4, c.p.c.. Motivazione apparente». Deduce che la motivazione della sentenza della CTR circa la mancata prova del proprio assunto da parte del ricorrente ed il difetto contenutistico del progetto aziendale del 30 giugno 1999 (che ‘non contiene quegli elementi specifici tali da comportare deroga al principio di capacità contributiva richiamato dalla Suprema Corte’) sarebbe apodittica ed apparente.
Il motivo è infondato.
5.1. Giova premettere che secondo la giurisprudenza di questa Corte la motivazione è solo «apparente» e la sentenza è nulla quando benché graficamente esistente, non renda percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni
obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass., Sez. U., 7/4/2014 n. 8053).
Con particolare riferimento alla tecnica motivazionale per relationem questa Corte ha ripetutamente affermato che detta motivazione è valida a condizione che i contenuti mutuati siano fatti oggetto di autonoma valutazione critica e le ragioni della decisione risultino in modo chiaro, univoco ed esaustivo (Cass., Sez. U., 4/6/2008 n. 14814). Il giudice di appello è tenuto ad esplicitare le ragioni della conferma della pronuncia di primo grado con riguardo ai motivi di impugnazione proposti ( ex multis , Cass., 7/8/2015 n. 16612) sicché deve considerarsi nulla -in quanto meramente apparente -una motivazione per relationem alla sentenza di primo grado, qualora la laconicità della motivazione, come nel caso di specie, non consenta di appurare che alla condivisione della decisione di prime cure il giudice di appello sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infonda tezza dei motivi di gravame, previa specifica ed adeguata considerazione delle allegazioni difensive, degli elementi di prova e dei motivi di appello ( ex multis , Cass. 21/9/2017 n. 22022 e Cass. 25/10/2018 n. 27112).
5.2. Orbene, nel caso di specie, la CTR ha argomentato la decisione di rigetto del gravame, muovendo dalla natura eccezionale della previsione normativa in esame e dalla giurisprudenza formatasi al riguardo. Ha, poi, ritenuto non fornita dal ricorrente la prova dell’esistenza dei presupposti applicativi della tassazione agevolata, non essendo all’uopo sufficiente la proposta dell’Enel del 30 giugno 1999.
Benché non particolarmente approfondita, la motivazione sopra riportata supera sicuramente il minimum costituzionale richiesto da questa Corte, al di sotto del quale solamente può parlarsi di motivazione apparente.
In base alle considerazioni svolte il ricorso va integralmente rigettato.
Nulla sulle spese stante il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell’Ufficio.
Sussistono, infine, i presupposti, ai sensi dell’articolo 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115/2002, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis del citato art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Dà atto della sussistenza dei presupposti, ai sensi dell’articolo 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115/2002, per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 12 dicembre 2024.