Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 17973 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 17973 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11968/2024 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende ex lege
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA II GRADO PUGLIA n. 1871/2024 depositata il 17/05/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’ 08/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La CGT-2 Puglia, con la sentenza n. 1871/26/2024 in data 17 maggio 2024, in riforma della pronuncia di primo grado, riteneva legittimo il rifiuto dell’Ufficio di restituzione dell’imposta fissa richiesta con i 20 avvisi di liquidazione impugnati in relazione agli acconti prezzo contenuti in contratti preliminari (soggetti ad IVA). 2. La RAGIONE_SOCIALE impugna detta sentenza sulla
base di due motivi.
L’ufficio resiste con controricorso
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la società contribuente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n.3., c.p.c. violazione e/o falsa applicazione dell’art. 21, comma, 1 del d.P.R. 131/1986. Assume che i giudici di appello avevano erroneamente ritenuto che il mero versamento di un acconto sul prezzo rappresentava una disposizione autonoma rispetto alla promessa di vendita contenuta nel preliminare stesso e, come tale, soggetta ad autonoma tassazione rispetto al preliminare, non considerando che la mera indicazione del pagamento di acconti non è in grado di sopravvivere autonomamente al contratto preliminare trovando la sua fonte e radice nella medesima causa del contratto preliminare di vendita non potendo essere assoggettato ad una autonoma tassazione 2. Con il secondo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma n.3., c.p.c. violazione e/o falsa interpretazione dell’art. 10 della tariffa applicata al d.P.R. 131/1986 ed, in particolare della ‘nota’ al medesimo articolo.
Rileva che, erroneamente, la CTR aveva affermato che l’art. 10 della Tariffa allegata al d.P.R. 131/1986 imporrebbe di richiedere il pagamento di una prima imposta di registro in misura fissa per la registrazione del contratto preliminare di compravendita soggetto
ad IVA, ed una seconda imposta di registro, sempre in misura fissa, per la enunciazione (contenuta nel preliminare) del pagamento di acconti (soggetti ad IVA) non tenendo conto che dal tenore della norma si evince che oltre alla imposta di registro dovuta per il contratto prelim inare (€ 200,00) – debba essere versata una ulteriore imposta di registro solo in due casi: quando il contratto preliminare prevede il pagamento di una caparra confirmatoria (con applicazione dell’aliquota dello 0,50% sull’importo della caparra ex art.6 della Tariffa, parte I, d.P.R. 131/1986) quando il contratto preliminare prevede il pagamento di acconti non soggetti ad IVA. Osserva che la non debenza di alcuna ulteriore imposta di registro, in caso di negozio soggetto ad IVA, risulta ulteriormente avvalorata dall’ultimo periodo della nota dell’art.10 della Tariffa, parte I, DPR 131/1986 il quale prevede che ‘ In entrambi i casi l’imposta pagata è imputata all’imposta principale dovuta per la registrazione del contratto definitivo ‘. In tal maniera, si sottolinea come tale versamento -richiesto al momento della registrazione del preliminare- abbia la natura di anticipazione di p arte dell’imposta di registro dovuta poi in sede di registrazione dell’atto definitivo. soggetto ad Iva, non potrà scomputar
Nel caso di acconti già soggetti ad IVA, invece, qualora si applichi l’imposta nella misura fissa di € 200,00 (come l’Ufficio fa nei casi oggetto della controversia, richiamando anche l’art. 40 del d.P.R. 131/1986 -c.d. principio di alternatività IVA/registro), si avrebbe il risultato che tale imposta, pagata al momento della registrazione del preliminare, rimarrebbe come ulteriore tassazione ‘secca’ in capo al contribuente in quanto lo stesso, in sede di atto definitivo e l’imposta versata al momento del preliminare (€ 200,00), trattandosi ovviamente di tributi diversi, con la conseguenza che la finalità della nota dell’art.10 della Tariffa, parte I, d.P.R. 131/1986 sarebbe snaturata.
3. Il ricorso deve essere rigettato per le ragioni appresso specificate.
3.1. Con il primo motivo le parti ricorrenti contestano che la previsione del pagamento di acconti sul prezzo contenuta nel contratto preliminare di compravendita rappresenti una ‘disposizione autonoma’ ai sensi dell’art. 21, 1° comma, del d.P.R. 131/1986.
Orbene, tale disposizione prevede che ‘1. Se un atto contiene più disposizioni che non derivano necessariamente, per la loro intrinseca natura, le une dalle altre, ciascuna di esse è soggetta ad imposta come se fosse un atto distinto. ‘
Nel caso in esame non può parlarsi, quanto all’acconto prezzo, di derivazione necessaria. Sotto il profilo terminologico, invero, basti il richiamo all’avverbio “necessariamente” utilizzato dal legislatore proprio per escludere che la connessione tra più disposizioni rilevante ai fini e per gli effetti di cui all’ art. 21 cit. possa essere quella che trovi la sua fonte nella mera volontà delle parti e non in una imprescindibile e oggettiva esigenza indotta dalla natura stessa delle disposizioni.
La nozione di disposizioni necessariamente rilevanti le une dalla altre, si realizza, pervero, solamente allorquando fra più disposizioni esista, in forza di legge e non per volontà delle parti, una concatenazione logica necessaria, che riconduca le stesse nell’unico rapporto giuridico tassabile, quali elementi indefettibili del medesimo.
Nel contratto preliminare di vendita in questione, la concatenazione tra l’obbligazione di ‘ facere ‘, propria di tale negozio giuridico, e l’obbligazione assunta relativa al pagamento di un acconto sul prezzo non esiste, poiché l’anticipo del prezzo di vendita non rappresenta una obbligazione necessariamente derivante dalla promessa di vendita, ma comporta una ‘deviazione’ dallo schema giuridico del preliminare, in quanto previene l’esecuzione dell’atto di trasferimento d efinitivo, dato che l’obbligo di paga re il prezzo, per legge, scaturisce solo dalla vendita, mentre nella promessa il
consenso attiene soltanto alla misura del corrispettivo in vista del futuro trasferimento del bene.
Ne deriva che il pagamento di un acconto sul prezzo costituisce un’obbligazione autonoma rispetto al contratto preliminare , per cui è legittima l’applicabilità delle norme previste dal primo comma del citato art. 21, che prevede la distinta tassazione delle disposizioni contenute nell’atto in esame.
3.2. Vanno qui richiamati i condivisibili principi fissati da Cass. n. 27093 del 18/10/2024 la quale ha avuto modo di chiarire che l’acconto versato in esecuzione di un contratto preliminare di compravendita è soggetto all’imposta di registro in misura proporzionale, da scomputare dall’imposta complessivamente dovuta al momento della stipula del definitivo, solo se il preliminare è effettivamente seguito dal definitivo; in caso contrario, resta dovuta dalle parti l’imposta in misura fissa sul contratto preliminare e va restituita dall’erario l’imposta proporzionale sull’acconto.
Il secondo motivo non coglie nel segno.
Va premesso che il T.U. del 1986 ha previsto, nella nota al citato art. 10, le modalità di tassazione di quelle disposizioni accessorie incluse nel preliminare che non rientrano nel contenuto minimo dello stesso, costituito dall’assunzione dell’obbligo di stipulare il definitivo. Si tratta, in particolare, delle clausole che prevedono il pagamento di acconti di prezzo non soggetti a IVA o di dazione di somme a titolo di caparra confirmatoria. La nota all’art. 10 prevede che acconti di prezzo e caparre confirmatorie siano soggetti ad autonoma tassazione in sede di registrazione del preliminare, ma che l’imposta corrisposta a tale titolo possa essere poi imputata all’imposta principale dovuta per la registrazione del definitivo e, quindi, detratta da quest’ultima. Più precisamente, per gli acconti di prezzo sarà applicabile l’articolo 9 della Tariffa e, quindi, l’aliquota del 3%, mentre per la caparra confirmatoria viene invece richiamato l’articolo 6 della Tariffa, che prevede l’aliquota dello 0,50, per cento. L’art. 10
cit., infatti, dispone che:” se il contratto preliminare prevede la dazione di somme a titolo di caparra confirmatoria si applica il precedente art. 6; se prevede il pagamento di acconti prezzo non soggetti all’imposta sul valore aggiunto ai sensi degli artt. 5, comma 2 e 40 del testo unico si applica il precedente art. 9. In entrambi i casi l’imposta pagata è imputata all’imposta principale dovuta per la registrazione del contratto definitivo (….)”.
Gli acconti prezzo, qualora riguardino operazioni “soggette ad IVA”, da un lato rilevano al momento del pagamento (o della fatturazione) agli effetti di questo tributo, ai sensi dell’art. 6, comma 4, d.P.R. n. 633 del 1972, comportando l’addebito o l’esenzione dall’IVA secondo il regime dell’operazione a cui si riferiscono, da un altro lato rilevano sotto il profilo dell’applicazione dell’imposta di registro secondo il regime dell’alternatività disposto dall’art. 40 d.P.R. n. 131 del 1986. L’art. 6 del d.P.R. n. 633 del 1972 precisa che, se con riferimento a una cessione di beni si verifichi, pur anteriormente al verificarsi dell’effetto traslativo, il pagamento, ancorchè parziale, del corrispettivo, si avrà, con riferimento a tale prestazione, l’immediato assoggettamento a IVA; qualora l’acconto non sia soggetto a IVA, ai sensi del richiamo all’articolo 9 della Tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, l’imposta di registro sarà applicata in misura proporzionale con aliquota al 3%.
La debenza dell’imposta scaturisce, quindi, dal citato art. 10 tariffa. La nota in questione prevede, dunque, la tassazione proporzionale degli acconti se non soggetti ad IVA, ferma restando la loro tassazione fissa se soggetti (art. 40 cit.).
Sulla scorta delle considerazioni che precedono il ricorso va, dunque, rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del presente grado di giudizio che liquida in favore dell’Ufficio nella somma di euro 1.400,00 oltre spese prenotate a debito; visto l’art. 13, comma 1 quater , d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione