Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21644 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21644 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 28/07/2025
ICI IMU Accertamento
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23792/2018 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE (P_IVA), in persona del suo legale rappresentante p.t. , con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende (CODICE_FISCALE; EMAIL);
-ricorrente –
contro
Roma Capitale (P_IVA), in persona del suo Sindaco p.t. , rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE EMAILcomuneEMAIL;
-controricorrente – avverso la sentenza n. 325/18, depositata il 23 gennaio 2018, della Commissione tributaria regionale del Lazio;
udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 26 giugno 2025, dal Consigliere dott. NOME COGNOME
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che la Corte di cassazione rigetti il ricorso.
FATTI DI CAUSA
-Con sentenza n. 325/18, depositata il 23 gennaio 2018, la Commissione tributaria regionale del Lazio ha rigettato l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE così confermando la decisione di prime cure che, a sua volta, aveva disatteso l’impugnazione di tre avvisi di accertamento emessi da Roma Capitale per il recupero a tassazione dell’ICI dovuta dalla contribuen te per gli anni dal 2009 al 2011, ed in relazione al possesso di unità immobiliari site in Roma.
1.1 -Il giudice del gravame ha considerato che:
-trattandosi di immobili dei quali la contribuente allegava l’inutilizzabilità « in ragione dei provvedimenti di sequestro operati dalla polizia locale, nonché del rigetto delle istanze di concessione in sanatoria», nella fattispecie rimaneva inapplicabile la disposizione di cui al d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 5, comma 6, – e, pertanto, la determinazione della base imponibile del tributo sul valore dell’area edificabile -in quanto, come dedotto dalla stessa contribuente, non v’era stata alcuna dem olizione delle unità immobiliari in questione e la base imponibile del tributo era stata correttamente calcolata sulle rendite catastali;
nemmeno poteva trovare applicazione, nella fattispecie, la riduzione di imposta (del 50%) prevista dall’art. 8, comma 1, del d.lgs. cit., atteso che ai sensi di detta disposizione alcun accertamento era stato svolto in punto di inagibilità degli immobili in contestazione.
RAGIONE_SOCIALE ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di sei motivi.
Roma Capitale resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Il primo motivo di ricorso, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., espone la denuncia di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, nonché di travisamento dei fatti, assumendo la ricorrente, in sintesi, che -in ragione dei provvedimenti adottati da Roma Capitale che aveva proceduto a sequestri, all’ordine di demolizione ed all’acquisizione gratuita delle aree, rigettando le domande di condono -i beni ripresi a tassazione avrebbero dovuti considerarsi extra commercium , indisponibili per essa esponente e, ad ogni modo, acquisti al patrimonio dell’Ente.
2. -Il motivo è destituito di fondamento.
2.1 -Va premesso che, come ripetutamente statuito dalla Corte, l’onere di specificità dei motivi di ricorso , posto dall’art. 366, c omma 1, n. 4, cod. proc. civ., non deve essere inteso quale assoluta necessità di formale ed esatta indicazione dell’ipotesi, tra quelle elencate nell’art. 360 c.p.c., comma 1, cui si ritenga di ascrivere il vizio, né di precisa individuazione, nei casi di deduzione di violazione o falsa applicazione di norme sostanziali o processuali, degli articoli, codicistici o di alti testi normativi, comportando invece l’esigenza di una chiara esposizione, nell’ambito del motivo, delle ragioni per le quali la censura sia stata formulata e del tenore della pronunzia caducatoria richiesta, che consentano al giudice di legittimità di individuare la volontà dell’impugnante e stabilire se la stessa, così come esposta nel mezzo di impugnazione, abbia dedotto un vizio di legittimità sostanzialmente, ma inequivocamente, riconducibile ad alcuna delle tassative ipotesi di cui all’art. 360 cit. (Cass. Sez. U., 24 luglio 2013, n. 17931 cui adde : Cass. Sez. U., 8 novembre 2021, n. 32415; Cass., 30 giugno 2021, n. 18390; Cass., 19 giugno 2018, n. 16170; Cass., 23 maggio 2018, n. 12690; Cass., 7 maggio 2018, n. 10862; Cass., 27 ottobre 2017, n.
25557; Cass., 17 dicembre 2015, n. 25386; Cass., 20 febbraio 2014, n. 4036; Cass., 21 gennaio 2013, n. 1370).
Per quanto, dunque, la rubrica del motivo esponga il vizio di motivazione di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., il suo contenuto (pianamente) restituisce una censura di violazione di legge.
2.2 -Tanto premesso, il d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 31, commi 2, 3 e 4, -in sostanziale continuità regolativa con la l. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 7, -per quel che qui rileva, dispone nei seguenti termini:
«2. Il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, accertata l’esecuzione di interventi in assenza di permesso, in totale difformità dal medesimo, ovvero con variazioni essenziali, determinate ai sensi dell’articolo 32, ingiunge al proprietario e al responsabile dell’abuso la rimozione o la demolizione, indicando nel provvedimento l’area che viene acquisita di diritto, ai sensi del comma 3.
Se il responsabile dell’abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall’ingiunzione, il bene e l’area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune. L’area acquisita non può comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita.
L’accertamento dell’inottemperanza alla ingiunzione a demolire, nel termine di cui al comma 3, previa notifica all’interessato, costituisce titolo per l’immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari, che deve essere eseguita gratuitamente.».
2.3 -Con riferimento alle disposizioni di disciplina dell’ICI (d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 1, comma 2, e art. 3, commi 1 e 2),
questa Corte ha rilevato che la nozione di «possesso» (richiamata ai fini della definizione del presupposto d’imposta) non può essere identificata con la mera disponibilità (sia pur per detenzione qualificata) del bene ma deve essere letta in correlazione alla definizione normativa del soggetto passivo di imposta, così che il possesso rilevante deve identificarsi con «situazioni giuridiche soggettive aventi carattere reale» e possessore «in tale contesto normativo, è pertanto il proprietario o il titolare di un diritto reale di godimento sull’immobile» (cfr., ex plurimis , Cass., 15 marzo 2019, n. 7444; Cass., 7 giugno 2017, n. 14119; Cass., 9 maggio 2013, n. 10987; Cass., 9 ottobre 2009, n. 21451; Cass., 14 gennaio 2005, n. 654).
2.4 In conclusione, l’infondatezza del motivo di ricorso consegue da ciò che, per come rilevato dal giudice del gravame, -secondo il quale non v’era stata alcuna demolizione delle unità immobiliari (v. Cass., 2 dicembre 2020, n. 27481), -e per come assume la stessa parte ricorrente, l’effetto acquisitivo (in tesi) prospettabile in relazione all’ino ttemperanza dell’ordine di demolizione ( d.P.R. n. 380/2001, art. 31, comma 3, cit.; v., da ultimo, Cass. Sez. U., 25 aprile 2025, n. 10933; v., altresì, Consiglio di Stato, Ad. plen., 11 ottobre 2023, n. 16; Consiglio di Stato, sez. VI, 9 giugno 2020, n.3697; v., ancora, Corte Cost., 3 ottobre 2024, n. 160) nella fattispecie rimaneva ad ogni modo escluso a fronte di provvedimento adottato nell’anno 2012 (n. 1628/2012) e di un presupposto di imposta perfezionatosi per gli anni dal 2009 al 2011.
– Il secondo motivo, non meglio rubricato, reca la denuncia di violazione e falsa applicazione di norme di diritto, e degli artt. 3, 53 e 97 Cost., sull’assunto che – venendo in considerazione immobili abusivi «oggetto di provvedimento di diniego della domanda di condono», e per i quali non era stato rilasciato il certificato di agibilità -gli stessi
non avrebbero potuto considerarsi come «suscettibili di produrre reddito».
3.1 -Anche questo motivo è destituito di fondamento.
Come ripetutamente precisato dalla Corte, per fabbricato rilevante ai fini ICI deve intendersi, ai sensi del d.lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. a ), l’unità immobiliare iscritta, o che deve essere iscritta, nel catasto edilizio urbano, ovvero l’immobile suscettibile di accatastamento ai sensi del R.D.L. n. 652 del 1939, artt. 1, 4, 5 e 10 (Cass., 3 maggio 2019, n. 11646; Cass., 27 marzo 2019, n. 8536; Cass., 23 giugno 2006, n. 14673).
L’iscrizione di una unità immobiliare al catasto edilizio urbano, peraltro, costituisce presupposto sufficiente per l’assoggettamento del bene all’ICI, ma non anche necessario, essendo l’imposta dovuta fin da quando il bene presenti le condizioni per la sua iscrivibilità, cioè da quando lo stesso possa essere considerato fabbricato, in ragione dell’ultimazione dei lavori relativi alla sua costruzione, ovvero dal momento in cui lo stesso sia stato antecedentemente utilizzato (Cass., 3 maggio 2019, n. 11646; Cass., 21 marzo 2019, n. 7968; Cass., 30 aprile 2015, n. 8781; Cass., 23 giugno 2010, n. 15177; Cass., 10 ottobre 2008, n. 24924).
E, in particolare, si è precisato che l’imposta è dovuta per il solo fatto che si sia provveduto all’accatastamento, restando estranea alla sfera attinente al rapporto tributario tutto quanto afferisce alla effettiva abitabilità del bene stesso, ovvero alle sue caratteristiche igienicosanitarie; la legge, infatti, non richiede fra i presupposti dell’imposta la regolarità urbanistica dell’immobile (Cass., 3 maggio 2019, n. 11646, cit.; Cass., Cass., 23 giugno 2010, n. 15177; Cass., 5 marzo 2009, n. 5372; Cass., 15 aprile 2005, n. 7905).
4. Il terzo motivo, anch’esso non meglio rubricato, ripropone la denuncia di violazione e falsa applicazione di norme di diritto, e degli
artt. 3, 53 e 97 Cost. assumendo la ricorrente che -trattandosi di immobili oggetto di un provvedimento di demolizione e confisca -la base imponibile del tributo avrebbe dovuto determinarsi in relazione al valore dell’area edificabile, così come previsto dal d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 5, comma 6.
4.1 Col quarto motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di legge con riferimento al d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 31, comma 3, ed al d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 5, comma 6, assumendo che -in ragione dell’adottata ordinanza di demolizione (n. 62528/2012) -essa esponente era stata posta di fronte all’alternativa di demolire i fabbricati realizzati ovvero di subire l’effetto acquisitivo correlato all’inottemper anza, così che (ancora una volta) trattandosi di immobili da demolire la base imponibile del tributo non poteva che correlarsi al valore dell’area edificabile.
5. -I due motivi -che vanno congiuntamente esaminati siccome connessi -sono destituiti di fondamento.
Premesso che, come anticipato, l’effetto acquisitivo correlabile al provvedimento di demolizione (d.P.R. n. 380/2001, art. 31, comma 3, cit.) si è potuto produrre, nella fattispecie, (solo) successivamente ai periodi di imposta in contestazione, come ben rilevato dal giudice del gravame venivano in considerazione unità immobiliari censite in catasto (con attribuzione di rendita) così che la base imponibile del tributo non poteva che correlarsi alle rendite catastali attribuite.
La Corte, difatti, ha avuto modo di rilevare che la disposizione di cui al d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 5, comma 6 (cui rinvia il d.l. n. 201 del 2011, cit., art. 13, comma 3, quanto all’IMU), delinea un meccanismo di regolazione alla cui stregua non rileva, a fini impositivi ( recte della determinazione della base imponibile), il fabbricato in corso di ristrutturazione perché viene presa in
considerazione (solo) l’area sulla quale il fabbricato insiste, area che è considerata fabbricabile «anche in deroga a quanto stabilito nell’articolo 2» dello stesso d.lgs. cit. (disposizione, quest’ultima, recante definizione di fabbricati e aree fabbricabili); così che l’area «ridiventa fabbricabile ab origine , fino a che la ristrutturazione dell’immobile non viene completata … perché, venuta meno la tassabilità del fabbricato, viene tassata l’area come se il fabbricato non esistesse», e soggetta ad imposizione rimane «tutta l’area, anche se inedificabile secondo gli strumenti urbanistici ordinari» (così Cass., 9 maggio 2014, n. 10082; v., altresì, Cass., 28 dicembre 2016, n. 27096).
Si è, altresì, rimarcato -in coerenza, del resto, con lo stesso dato letterale della disposizione che l’applicazione di detta disposizione necessariamente presuppone la realizzazione dell’intervento edilizio cui si correla il relativo criterio di determinazione della base imponibile – e, dunque, l’utilizzazione edificatoria, la demolizione del fabbricato e la esecuzione degli «interventi di recupero a norma dell’articolo 31, comma 1, lettere c), d) ed e), della legge 5 agosto 1978, n. 457» (ora d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 3) -così che la rideterminazione della base imponibile del tributo (secondo il valore dell’area) è destinata ad operare «fino alla data di ultimazione dei lavori di costruzione, ricostruzione o ristrutturazione ovvero, se antecedente, fino alla data in cui il fabbricato costruito, ricostruito o ristrutturato è comunque utilizzato.» (v. Cass., 7 giugno 2017, n. 14111).
Per di più, la Corte ha statuito -con riferimento all’ICI i cui dati di regolazione, come anticipato, sono però riferibili anche all’IMU – che gli elementi della fattispecie impositiva sono prestabiliti dalla legge secondo criteri di certezza e tassatività, e con riferimento unicamente al possesso di tre ben definite tipologie di beni immobili costituiti da fabbricati, aree fabbricabili, terreni agricoli, così che «nel caso di area
edificata la base imponibile Ici è determinata dal valore del fabbricato …; … la base imponibile è invece costituita dal valore dell’area, considerata fabbricabile, allorquando nell’anno di imposizione vi sia utilizzazione edificatoria in corso dell’area stessa, demolizione di fabbricato ovvero realizzazione di interventi di recupero ai sensi della L. n. 457 del 1978, art. 31, comma 1, lett. c), d) ed e) (comma 6).», così che l’area di insistenza del fabbricato non è autonomamente tassabile quale area edificabile in quanto la fattispecie impositiva, così ricavata, «non rientra in nessuno dei presupposti Ici, trattandosi all’evidenza di area già edificata, e dunque non di area edificabile … diversamente ragionando, si verrebbe ad inammissibilmente introdurre nell’ordinamento – in via interpretativa – un nuovo ed ulteriore presupposto d’imposta, costituito appunto dall’area edificata» (cfr. Cass., 19 luglio 2017, n. 17815 cui adde Cass., 12 luglio 2021, n. 19809; Cass., 28 marzo 2019, n. 8620; Cass., 11 ottobre 2017, n. 23801; v., altresì, Cass., 5 febbraio 2019, n. 3282).
5.1 – Nella fattispecie, pertanto, non ricorrevano i presupposti di applicabilità della disposizione evocata dalla ricorrente (art. 5, comma 6, cit.), disposizione che, per l’appunto, non poteva operare indipendentemente dal «materiale avvio dei lavori» la cui esecuzione, secondo la relativa scansione temporale, diversamente ne segnava lo stesso limite di applicabilità.
6. – Il quinto motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., reca la denuncia di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, nonché di travisamento dei fatti, deducendo la ricorrente che l’interpretazione data dall’Ente impositore alla disciplina dell’IMU si poneva in contrasto con quella offerta dall’amministrazione finanziaria (con la risoluzione 395/e/2008) alla cui stregua dovevano ritenersi imponibili l’area edificabile e non anche gli immobili oggetto di demolizione.
Ne conseguiva, pertanto, un’obiettiva incertezza normativa quanto all’individuazione del bene imponibile cui si correlava la disapplicazione delle sanzioni (d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 8), ed anche in ragione dell’affidamento riposto rispetto alle indicazioni contenute in atti dell’amministrazione finanziaria (l. 27 luglio 2000, n. 212, art. 10, comma 2).
6.1 -Nemmeno questo motivo può trovare accoglimento.
Premesso che anche per questo motivo può operarsi una riqualificazione della censura, per le ragioni già esposte a riguardo del primo motivo di ricorso, e che (del tutto) incongruo risulta, nella fattispecie, il riferimento ad un provvedimento di demolizione che è stato adottato successivamente ai periodi di imposta in contestazione, va rilevato che -alla stessa stregua della giurisprudenza della Corte, sopra ripercorsa, – alcuna incertezza normativa poteva ritenersi sussistente a riguardo dei criteri di imposizione di unità immobiliari che, censite in catasto (con attribuzione di rendita), non avevano formato oggetto degli interventi edilizi di cui al d.lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 6, cit.
Difatti, secondo un consolidato principio di diritto, «l’incertezza normativa oggettiva, che costituisce causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria, postula una condizione di inevitabile incertezza sul contenuto, sull’oggetto e sui destinatari della norma tributaria, ovverosia l’insicurezza ed equivocità del risultato conseguito attraverso il procedimento d’interpretazione normativa, riferibile non già ad un generico contribuente, o a quei contribuenti che per la loro perizia professionale siano capaci di interpretazione normativa qualificata (studiosi, professionisti legali, operatori giuridici di elevato livello professionale), e tanto meno all’Ufficio finanziario, ma al giudice, unico soggetto dell’ordinamento cui è attribuito il potere-dovere di accertare la ragionevolezza di una
determinata interpretazione. Tale verifica è censurabile in sede di legittimità per violazione di legge, non implicando un giudizio di fatto, riservato all’esclusiva competenza del giudice di merito, ma una questione di diritto, nei limiti in cui la stessa risulti proposta in riferimento a fatti già accertati e categorizzati nel giudizio di merito.» (così Cass., 28 novembre 2007, n. 24670 cui adde , ex plurimis , Cass., 1 febbraio 2019, n. 3108; Cass., 23 novembre 2016, n. 23845; Cass., 2 dicembre 2015, n. 24588; Cass., 24 febbraio 2014, n. 4394; Cass., 22 febbraio 2013, n. 4522; Cass., 27 luglio 2012, n. 13457; Cass., 16 febbraio 2012, n. 2192).
E, in particolare, si è rimarcato che -costituendo l’incertezza normativa oggettiva una situazione diversa rispetto alla soggettiva ignoranza incolpevole che trova il suo fondamento, piuttosto che nell’ignoranza giustificata, nell’impossibilità, abbandonato lo stato d’ignoranza, di pervenire comunque allo stato di conoscenza sicura della norma giuridica tributaria -l’essenza del fenomeno «si può rilevare attraverso una serie di fatti indice, che spetta al giudice accertare e valutare nel loro valore indicativo, e che sono stati individuati a titolo di esempio e, quindi, non esaustivamente: 1) nella difficoltà d’individuazione delle disposizioni normative, dovuta magari al difetto di esplicite previsioni di legge; 2) nella difficoltà di confezione della formula dichiarativa della norma giuridica; 3) nella difficoltà di determinazione del significato della formula dichiarativa individuata; 4) nella mancanza di informazioni amministrative o nella loro contraddittorietà; 5) nella mancanza di una prassi amministrativa o nell’adozione di prassi amministrative contrastanti; 6) nella mancanza di precedenti giurisprudenziali; 7) nella formazione di orientamenti giurisprudenziali contrastanti, magari accompagnati dalla sollecitazione, da parte dei Giudici comuni, di un intervento chiarificatore della Corte costituzionale; 8) nel contrasto tra prassi
amministrativa e orientamento giurisprudenziale; 9) nel contrasto tra opinioni dottrinali; 10) nell’adozione di norme di interpretazione autentica o meramente esplicative di norma implicita preesistente» (v. Cass., 28 novembre 2007, n. 24670 cui adde , ex plurimis , Cass., 12 aprile 2019, n. 10313; Cass., 13 giugno 2018, n. 15452; Cass., 17 maggio 2017, n. 12301; con riferimento alla ricorrenza di contrasti giurisprudenziali, nella giurisprudenza di legittimità e anche di merito, cfr. Cass., 23 novembre 2016, n. 23845, cit.; Cass., 2 dicembre 2015, n. 24588, cit.; per la considerazione di una pluralità di disposizioni «il cui coordinamento appaia concettualmente difficoltoso, per l’equivocità del loro contenuto», v. Cass., 24 febbraio 2014, n. 4394, cit.; Cass., 22 febbraio 2013, n. 4522, cit.).
6.2 -Quanto, poi, all’evocato atto di prassi, viene in considerazione tematica (del tutto) avulsa dalla fattispecie impositiva in contestazione e, nello specifico, l’interpretazione di un atto di cessione di fabbricati quale strettamente rilevante, in ragione del suo oggetto, all’identificazione della plusvalenza realizzabile secondo l’alternativa disciplina posta per terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria ovvero per la cessione, a titolo oneroso, di fabbricati .
-Col sesto motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia nullità della gravata sentenza «per carenza di motivazione … sulle eccezioni della contribuente in sede di appello e in sede di dibattimento».
7.1 -Il motivo -che pur prospetta profili di inammissibilità -non può trovare accoglimento.
Premesso che la questione relativa alla dedotta incertezza normativa ha formato oggetto di disamina in relazione al quinto motivo di ricorso, la censura in esame non dà alcun specifico conto delle eccezioni sulle quali il giudice avrebbe omesso di pronunciare;
eccezioni il cui contenuto -genericamente (ora) riferito ad una «carenza di motivazione» ovvero «alla errata applicazione dell’articolo 53 della Costituzione» – non risulta nemmeno sintetim delineato nella stessa esposizione dei fatti di causa.
– Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza di parte ricorrente nei cui confronti sussistono, altresì, i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso proposto, se dovuto (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, c. 1quater ).
P.Q.M.
La Corte
-rigetta il ricorso;
-condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in € 6.000,00 per compensi professionali ed € 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge;
-ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso proposto, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 26 giugno 2025.