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Tassa scommesse bookmaker: la Cassazione conferma

Un bookmaker estero e il suo Centro Trasmissione Dati (CTD) italiano hanno impugnato un avviso di accertamento relativo alla tassa unica sulle scommesse per l’anno 2011. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando la responsabilità solidale di entrambi i soggetti per il pagamento della tassa scommesse bookmaker. La Corte ha stabilito che l’imposta è dovuta da chiunque raccolga scommesse sul territorio italiano, anche in assenza di una concessione statale, e ha ribadito che la normativa è conforme ai principi costituzionali e al diritto dell’Unione Europea per le annualità a partire dal 2011.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Tassa scommesse bookmaker: Cassazione chiarisce la responsabilità del CTD

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su un tema di grande rilevanza nel settore dei giochi: la tassa scommesse bookmaker e la responsabilità solidale dei Centri Trasmissione Dati (CTD) che operano per conto di operatori esteri privi di concessione italiana. La decisione conferma un orientamento consolidato, delineando in modo netto gli obblighi fiscali degli intermediari che raccolgono gioco sul territorio nazionale.

I fatti del caso: la pretesa fiscale e l’impugnazione

La vicenda trae origine dall’impugnazione di un avviso di accertamento emesso dall’Amministrazione finanziaria nei confronti di una società italiana operante come CTD e di un bookmaker con sede a Malta. L’Agenzia contestava il mancato versamento dell’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse per l’annualità 2011.

I ricorrenti, sia in primo che in secondo grado, avevano visto respinte le loro doglianze. Giunti dinanzi alla Corte di Cassazione, hanno sollevato una serie di motivi di ricorso, tra cui la violazione del diritto dell’Unione Europea, l’errata individuazione del soggetto passivo d’imposta e vizi procedurali. La questione centrale, tuttavia, rimaneva la stessa: un CTD che si limita a trasmettere dati può essere considerato responsabile, insieme al bookmaker estero, per il pagamento delle imposte in Italia?

La questione giuridica e la responsabilità sulla tassa scommesse bookmaker

Il cuore della controversia risiede nell’interpretazione della normativa che disciplina l’imposta unica sulle scommesse, in particolare dopo le modifiche introdotte dalla Legge di Stabilità 2011 (L. n. 220/2010). Tale legge ha chiarito che l’imposta è dovuta da chiunque, anche in assenza di concessione, gestisca con qualunque mezzo la raccolta di scommesse.

La norma ha introdotto un principio di solidarietà passiva: se l’attività è esercitata per conto di terzi (come nel caso del CTD che opera per il bookmaker), il soggetto per conto del quale l’attività è svolta (il bookmaker) è obbligato solidalmente al pagamento dell’imposta e delle relative sanzioni. L’obiettivo del legislatore era chiaro: contrastare l’evasione e l’elusione fiscale nel settore del gioco, assicurando che le attività che producono reddito sul territorio italiano contribuiscano al gettito erariale, a prescindere dalla nazionalità dell’operatore o dalla presenza di una concessione.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la piena legittimità dell’avviso di accertamento. Gli Ermellini hanno smontato punto per punto le argomentazioni dei ricorrenti, basando la loro decisione su principi ormai consolidati sia nella giurisprudenza nazionale che in quella europea.

Il ruolo della Corte Costituzionale e il limite temporale del 2011

Un passaggio cruciale dell’analisi riguarda la sentenza della Corte Costituzionale n. 27 del 2018. In quella occasione, la Consulta aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma sulla responsabilità solidale, ma solo per le annualità d’imposta antecedenti al 2011. La ragione era semplice: per i rapporti contrattuali già in essere, i CTD non avevano avuto la possibilità di rinegoziare le commissioni con i bookmaker per “traslare” su di essi il nuovo carico fiscale.

Per il 2011 e gli anni successivi, invece, la norma è pienamente legittima. Le parti, essendo a conoscenza del nuovo quadro normativo, avevano la possibilità di adeguare i loro accordi commerciali. Pertanto, nel caso di specie, la pretesa fiscale per l’anno 2011 è risultata del tutto fondata.

La conformità con il Diritto dell’Unione Europea

I ricorrenti avevano anche lamentato una presunta violazione dei principi di libera prestazione dei servizi e di non discriminazione sanciti dal Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE). Anche questa censura è stata respinta. La Cassazione, richiamando una precedente pronuncia della Corte di Giustizia dell’UE (causa C-788/18), ha ribadito che la normativa italiana non è discriminatoria. L’imposta unica si applica a tutti gli operatori che raccolgono scommesse sul territorio italiano, senza distinzione alcuna in base al luogo di stabilimento. Non si tratta di una restrizione ingiustificata, ma di una legittima misura fiscale finalizzata a tutelare l’ordine pubblico, i consumatori e il gettito erariale.

Le motivazioni in dettaglio

La Corte ha specificato che il presupposto dell’imposizione non è la singola giocata, ma la prestazione del servizio di gioco offerto al consumatore. Entrambi i soggetti, il CTD e il bookmaker, partecipano, sebbene su piani diversi, all’attività di “organizzazione ed esercizio” delle scommesse soggette a imposta. Il CTD svolge un’attività di gestione cruciale: assicura la disponibilità dei locali, riceve le proposte, trasmette l’accettazione, incassa le somme e paga le vincite. Si tratta di un’attività che va ben oltre la mera trasmissione di dati e che costituisce il presupposto oggettivo dell’imposta. La Corte ha inoltre chiarito che la territorialità dell’imposta è radicata nel luogo in cui avviene la raccolta, ovvero in Italia, rendendo irrilevante la sede legale del bookmaker. Infine, sono state respinte anche le censure procedurali, come la mancata traduzione dell’atto impositivo in inglese, e quelle relative alla liquidazione delle spese legali.

Conclusioni

L’ordinanza in commento consolida un principio fondamentale per tutti gli operatori del settore del gioco: la responsabilità fiscale segue l’attività economica ovunque essa sia svolta. Chi raccoglie scommesse in Italia per conto di un bookmaker, anche se estero e privo di concessione, è solidalmente responsabile per la relativa tassa. La decisione ribadisce la legittimità del sistema impositivo italiano, ritenuto conforme sia alla Costituzione che al diritto europeo, e rappresenta un importante monito per tutti gli intermediari della filiera del gioco, chiamati a una piena consapevolezza dei loro obblighi tributari.

Un Centro Trasmissione Dati (CTD) che opera in Italia per un bookmaker estero senza concessione è responsabile per la tassa sulle scommesse?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che il CTD è obbligato in solido con il bookmaker estero al pagamento dell’imposta unica sulle scommesse raccolte sul territorio italiano.

La normativa italiana sulla tassa scommesse bookmaker discrimina gli operatori stranieri?
No. Richiamando la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, la Cassazione ha stabilito che la normativa non è discriminatoria, in quanto si applica a tutti gli operatori che gestiscono scommesse in Italia, indipendentemente dal loro luogo di stabilimento.

Perché la responsabilità fiscale del CTD è valida per l’anno 2011 e non per i periodi precedenti?
La Corte Costituzionale ha ritenuto la norma incostituzionale per gli anni antecedenti al 2011 perché gli operatori non avevano avuto modo di adeguare i contratti e le commissioni al nuovo onere fiscale. A partire dal 2011, invece, le parti erano a conoscenza della nuova legge e potevano rinegoziare i loro accordi, rendendo pienamente legittima la responsabilità solidale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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