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Tassa rifiuti centri commerciali: la responsabilità

Una società che gestiva un centro commerciale ha impugnato un avviso di accertamento per la tassa sui rifiuti (TARSU). La Corte di Cassazione ha confermato la sua responsabilità solidale in qualità di gestore dei servizi comuni, ritenendo che il giudice di merito avesse correttamente valutato le prove. L’onere di dimostrare l’assenza di tale ruolo o il trasferimento della gestione a terzi spetta al contribuente. Tuttavia, la Corte ha accolto parzialmente il ricorso riguardo le spese legali, stabilendo che non possono essere liquidate a favore della parte che non si è difesa in una fase del giudizio. Il punto centrale del caso è la responsabilità per la tassa rifiuti centri commerciali.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Tassa rifiuti centri commerciali: la Cassazione conferma la responsabilità solidale del gestore

La questione di chi debba pagare la tassa rifiuti nei centri commerciali è un tema di costante dibattito tra operatori del settore e amministrazioni comunali. Con l’ordinanza n. 3889/2024, la Corte di Cassazione torna a fare chiarezza, delineando i contorni della responsabilità solidale del soggetto che gestisce i servizi comuni e riaffermando principi chiave sull’onere della prova e sulla liquidazione delle spese legali.

I fatti del caso

Una società, precedentemente attiva nella gestione di immobili e ora in liquidazione, ha impugnato un avviso di pagamento relativo alla tassa sui rifiuti solidi urbani (TARSU) per l’anno 2009. L’avviso si riferiva a un centro commerciale. La Commissione Tributaria Regionale, in qualità di giudice di rinvio dopo una precedente pronuncia della Cassazione, aveva confermato la legittimità dell’atto impositivo, ritenendo la società responsabile del pagamento.

Contro questa decisione, la società ha presentato ricorso in Cassazione, articolando diverse censure relative sia al merito della pretesa tributaria sia a questioni procedurali.

La responsabilità sulla tassa rifiuti centri commerciali: i motivi del ricorso

Il ricorso della società si basava su quattro argomenti principali:

1. Violazione delle indicazioni della Cassazione: Si lamentava che il giudice di rinvio non avesse seguito le direttive della precedente sentenza della Suprema Corte, che richiedeva una più attenta verifica della documentazione per colmare una lacuna istruttoria.
2. Motivazione apparente e valutazione errata delle prove: La società sosteneva che la sua responsabilità non potesse essere desunta dai contratti di affitto presentati e che la motivazione della sentenza fosse illogica e insufficiente.
3. Mancanza del presupposto impositivo: Si contestava la mancanza di prove sul fatto che la società fosse effettivamente il “soggetto gestore dei servizi comuni del centro integrato”, condizione necessaria per l’applicazione della responsabilità solidale prevista dalla normativa.
4. Errata condanna alle spese: Infine, si denunciava l’illegittimità della condanna al pagamento delle spese legali, dato che le controparti (Comune e società concessionaria) non si erano difese nel primo giudizio di Cassazione o si erano costituite tardivamente nel giudizio di rinvio.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha esaminato i motivi del ricorso, giungendo a una decisione che chiarisce importanti aspetti della materia.

La responsabilità del gestore e l’onere della prova

La Corte ha rigettato i primi tre motivi, ritenendoli infondati o inammissibili. Ha ribadito un principio consolidato: nei centri commerciali integrati, la soggettività passiva ai fini della tassa rifiuti è identificata in coloro che occupano o detengono i locali ad uso esclusivo. Tuttavia, chi gestisce i servizi comuni è responsabile in solido con essi.

Il giudice di rinvio, secondo la Corte, ha correttamente operato, riesaminando le prove e concludendo che, in assenza di prove contrarie fornite dalla società, sussisteva la sua responsabilità debitoria. In altre parole, spettava alla società contribuente dimostrare di non essere la detentrice degli immobili, di aver ceduto la gestione delle aree comuni a terzi o di non essere il gestore dei servizi. Poiché tale prova non è stata fornita, la responsabilità solidale è stata correttamente affermata.

La questione delle spese legali

Il quarto motivo, relativo alle spese legali, è stato invece accolto parzialmente. La Corte ha stabilito un principio procedurale fondamentale: la condanna al pagamento delle spese di lite presuppone che la parte vittoriosa le abbia effettivamente sostenute partecipando attivamente al giudizio.

Di conseguenza:
– È stata dichiarata illegittima la condanna alle spese per il primo giudizio di Cassazione, poiché le controparti erano rimaste contumaci (non si erano costituite).
– È stata ritenuta legittima la condanna per le spese del giudizio di rinvio, poiché la controparte si era costituita, seppur tardivamente, svolgendo attività difensiva.

le motivazioni
Il ragionamento della Corte si fonda su due pilastri. Il primo riguarda la disciplina sostanziale della tassa rifiuti centri commerciali. La normativa (in particolare l’art. 63 del D.Lgs. 507/1993) delinea una responsabilità solidale per il gestore dei servizi comuni, al fine di garantire all’ente impositore una maggiore facilità di riscossione del tributo. Il gestore, pur non essendo l’occupante diretto che produce il rifiuto, è considerato un garante del pagamento. La Corte sottolinea come la società ricorrente non abbia fornito alcuna prova idonea a superare questa presunzione di responsabilità, limitandosi a contestazioni generiche. Il giudice di merito, nel suo libero apprezzamento dei fatti, ha quindi legittimamente concluso per la sussistenza del debito tributario.

Il secondo pilastro è di natura processuale e attiene al principio della soccombenza nella liquidazione delle spese. La condanna alle spese non è una sanzione, ma un rimborso forfettario per l’attività difensiva svolta. Se una parte non partecipa a una fase del giudizio, non sostiene costi difensivi e, pertanto, non ha diritto ad alcun rimborso, anche se risulta vittoriosa. Questo principio tutela l’equità del processo e garantisce che solo le spese effettivamente sostenute possano essere rifuse.

le conclusioni
L’ordinanza in esame offre due importanti implicazioni pratiche. Per gli operatori di centri commerciali, conferma che il ruolo di gestore dei servizi comuni comporta una responsabilità solidale per il pagamento della tassa sui rifiuti. È quindi cruciale, per chi si trovi in tale posizione, essere in grado di dimostrare con prove documentali precise l’eventuale trasferimento di tale gestione a terzi per evitare di essere chiamato a rispondere del tributo. L’onere della prova, in questo contesto, è saldamente a carico del contribuente.

Sul piano processuale, la sentenza ribadisce che la vittoria in una causa non garantisce automaticamente il diritto al rimborso delle spese legali. Tale diritto è strettamente collegato all’effettiva partecipazione e difesa nel giudizio. Una parte che rimane inerte (contumace) non può pretendere la liquidazione delle spese a suo favore, un principio che incentiva la partecipazione attiva al processo.

Chi è responsabile del pagamento della tassa rifiuti per le aree comuni di un centro commerciale?
Secondo la Corte di Cassazione, i soggetti passivi del tributo sono coloro che occupano o detengono i locali. Tuttavia, la legge prevede una responsabilità solidale per il soggetto che gestisce i servizi comuni del centro. Questo significa che il Comune può richiedere il pagamento indifferentemente a entrambi.

Se una società viene citata in giudizio ma non si difende, ha diritto al rimborso delle spese legali in caso di vittoria?
No. La Corte ha chiarito che il presupposto per la condanna alle spese di lite è che la parte vittoriosa le abbia effettivamente sostenute. Una parte che rimane contumace, cioè che non si costituisce e non svolge attività difensiva, non ha diritto al rimborso delle spese legali per quella fase del giudizio.

A chi spetta l’onere di provare chi sia il gestore dei servizi comuni in un centro commerciale?
Spetta alla società contribuente che riceve l’avviso di pagamento fornire la prova contraria. Se la società afferma di non essere il gestore, deve dimostrare chi ricopre tale ruolo o di aver ceduto la gestione a terzi. In mancanza di tale prova, la sua responsabilità solidale viene presunta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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