Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7665 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 7665 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/03/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 28116/2016 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. ROMA n. 2384/2016 depositata il 27/04/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
udito il Procuratore Generale che ha concluso per il rigetto del ricorso. Uditi i difensori delle parti presenti
Fatti rilevanti di causa.
§ 1. RAGIONE_SOCIALE propone tre motivi di ricorso per la cassazione della sentenza in epigrafe indicata, con la quale la commissione tributaria regionale, in parziale accoglimento dell’appello di AMA, ha ritenuto legittimo (salva la riduzione tariffaria del 60%, ai sensi dell’articolo 12, comma 5^, del Regolamento Tari del Comune di RAGIONE_SOCIALE n. 56 del 2010) l’avviso di accertamento da AMA notificatole per Tarsu-Tari dal 2006 al 2011. Ciò con riguardo all’esercizio commerciale (abbigliamento-pelletteria) da RAGIONE_SOCIALE gestito all’interno del porto turistico di RAGIONE_SOCIALE (Ostia Lido) dato in concessione ad RAGIONE_SOCIALE, e poi alla RAGIONE_SOCIALE.
La commissione tributaria regionale, in particolare, ha osservato che:
–RAGIONE_SOCIALE aveva legittimazione a pretendere il pagamento della tassa rifiuti sull’area in questione, dal momento che tale legittimazione poteva venire meno soltanto in presenza di specifici accordi tra l’autorità marittima e gli enti impositori di riferimento che escludessero la competenza in materia del Comune di RAGIONE_SOCIALE (e quindi di RAGIONE_SOCIALE);
-nella specie sussisteva in effetti un ‘Piano di raccolta dei rifiuti’ approvato dalla competente autorità, il quale specificava (Capitolo III) che non rientravano nella disciplina convenzionale i rifiuti derivanti dallo spazzamento delle strade e dalle aree pubbliche interne all’area portuale, così che da esso doveva desumersi che l’esclusione della competenza comunale (AMA) concerneva esclusivamente i rifiuti prodotti
dalle unità di diporto e non anche quelli degli esercizi commerciali interni all’area;
-sulla base dell’ordinanza n. 24 del 2009, di approvazione del Piano raccolta dei rifiuti prodotti dalle unità di diporto, discendeva dunque che RAGIONE_SOCIALE mantenesse la legittimazione a pretendere la tassa rifiuti sugli esercizi commerciali siti nel porto turistico, in quanto ricompresi nel regime di privativa comunale;
-tuttavia, il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti all’interno dell’area portuale non era stato, negli anni in questione, svolto da RAGIONE_SOCIALE, bensì da imprese private contrattualmente legate alla società concessionaria di gestione del porto;
-da ciò derivava che:<>.
Resiste con controricorso AMA.
Motivi della decisione.
§ 2.1 Con il primo motivo di ricorso RAGIONE_SOCIALE lamenta -ex art.360, co. 1^ n.4, cod.proc.civ. -nullità della sentenza per violazione dell’obbligo motivazionale ex articolo 132 cod.proc.civ. <>.
Ciò perché la Commissione Tributaria Regionale aveva, dapprima riconosciuto la natura demaniale dell’area portuale di competenza statale con conseguente sottrazione della medesima al generale obbligo di
conferimento dei rifiuti in regime di comunale (con conseguente mancato espletamento del servizio da parte di RAGIONE_SOCIALE), salvo poi inspiegabilmente affermare la legittimazione attiva di quest’ultima e del Comune di RAGIONE_SOCIALE, seppure con l’indicata riduzione tariffaria.
§ 2.2 Il motivo è infondato.
Va premesso che il vizio denunciato deve essere valutato alla luce della disciplina dell’ art.360, 1^ co. n. 5 cod.proc.civ., come introdotta dal d.l. 83/12 convertito con modificazioni nella legge 134/12; disciplina in base alla quale la sentenza può oggi essere impugnata, in sede di legittimità, non più per <> (previgente formulazione del n. 5 dell’articolo 360 in esame), bensì nei ben più ristretti limiti dell’ <>.
In ordine a tale nuova formulazione – applicabile anche al ricorso per cassazione proposto avverso sentenze del giudice tributario – si è affermato (Cass. Sez. U, n. 8053-8054 del 07/04/2014) che: <> (così, in seguito, Cass. n. 12928/14; Cass. ord. n. 21257/14; Cass. 2498/15 ed innumerevoli altre).
Ciò premesso, non si ritiene che la sentenza in oggetto sia nulla per sostanziale assenza di motivazione, sub specie di insanabile ed inconciliabile sua contraddizione interna.
Valutata nel suo complesso, la motivazione in esame espone una ragione decisoria chiara ed univoca, insita nel fatto che, pur a fronte della natura demaniale dell’area, il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti prodotti in quest’ultimo rientrava nel regime generale di privativa comunale.
La Commissione Tributaria Regionale si fa carico dell’adozione del menzionato piano di raccolta rifiuti e, segnatamente, di quanto in esso stabilito al Capitolo III, per giungere poi alla conclusione – sufficientemente chiara ed in linea con il decisum -nel senso che tale piano di raccolta concerneva esclusivamente i rifiuti prodotti dalle unità di diporto, in modo tale da, esso stesso, puntualizzare <> e, dunque, (nell’interpretazione datane dal collegio regionale), la permanenza del regime di privativa per i rifiuti di origine commerciale, cioè non derivanti dalle unità di diporto ormeggiate.
Su questa premessa concettuale si rende evidente che la, pur contorta, affermazione contenuta nell’ultimo periodo della parte motiva della sentenza, deve essere riferita alla circostanza che l’obbligo del conferimento dei rifiuti in regime di privativa comunale andava appunto escluso per i soli rifiuti contemplati dal piano di raccolta e, dunque, per i soli rifiuti di origine diportista; da qui l’affermazione della legittimazione RAGIONE_SOCIALE in ordine alla raccolta dei rifiuti invece rivenienti dalle unità commerciali operanti nell’area portuale, anche se nella rilevata riduzione di tariffa.
Non si verte, in definitiva, di un dissidio logico e giuridico interno insanabile e tale da rendere incomprensibile il ragionamento seguito dal
giudice territoriale, invece riconducibile -nei termini indicati -a complessiva compattezza e coerenza interna.
§ 3.1 Con il secondo motivo di ricorso si deduce -ex art.360, co. 1^ n.4, cod.proc.civ. -nullità della sentenza per violazione degli articoli 57 d.lgs. 546/92 e 345 cod.proc.civ.. Per avere la Commissione Tributaria Regionale dato ingresso e fondato la propria decisione su eccezioni (la permanenza del regime di privativa comunale sull’area portuale; l’estraneità dei rifiuti diversi da quelli prodotti dalle unità di diporto rispetto al menzionato ‘piano di raccolta’) che dovevano considerarsi inammissibili perché nuove, in quanto opposte da RAGIONE_SOCIALE – rimasta contumace in primo grado – per la prima volta in appello.
§ 3.2 Il motivo è destituito di fondamento.
Ricorre in proposito il costante indirizzo secondo cui: <> (Cass.n. 14486/13, così Cass.n. 3338/11 e numerose altre).
Con pari fermezza si è stabilito (Cass.n.17921/21; Cass.n. 29568/18 ed altre) anche il principio per cui, nella peculiarità sul punto del rito tributario rispetto a quello civile ordinario: <>.
Ora, nel caso di specie è dirimente osservare come – secondo quanto riferito dalla stessa parte ricorrente nell’esposizione della presente doglianza –RAGIONE_SOCIALE si fosse costituita in appello per svolgere mere argomentazioni difensive, e non eccezioni in senso tecnico.
Ciò perché essa fondò il proprio atto di gravame su una diversa interpretazione del dato legislativo e del piano di raccolta dell’autorità portuale, così da contrastare l’interpretazione che invece di questi elementi era stata resa dalla Commissione Tributaria Provinciale.
Va dunque qui riscontrato come si vertesse essenzialmente di argomentativamente sollecitare ed indirizzare, nella direzione voluta, l’attività di applicazione ed interpretazione normativa da parte del giudice costituente il proprium della giurisdizione -sulla base appunto di considerazioni di natura essenzialmente tecnico-giuridica, come tali di certo non precluse dal divieto di novità in appello, riferibile -come detto -alle eccezioni in senso stretto e non rilevabili d’ufficio. Né risulta che la Commissione Tributaria Regionale, nell’accogliere l’appello di RAGIONE_SOCIALE, si sia basata (oltre che sulla condivisione della ricostruzione normativa così proposta dalla parte appellante) sulla prima deduzione in giudizio di fatti materiali nuovi e rilevanti, avendo anzi essa reso la propria decisione in un contesto istruttorio e fattuale sostanzialmente immutato rispetto al primo grado.
§ 4.1 Con il terzo motivo di ricorso si lamenta -ex art.360, co. 1^ n.3, cod.proc.civ. -violazione e falsa applicazione del combinato disposto di cui agli articoli 5, comma 4^, decreto legislativo n. 182 del 2003 e 10 del Regolamento Tari del Comune di RAGIONE_SOCIALE.
Per avere la Commissione Tributaria Regionale (contraddittoriamente) affermato la legittimità dell’avviso di accertamento in questione, senza considerare che:
l’articolo 10 del Regolamento Tari del Comune RAGIONE_SOCIALE, approvato con delibera consiliare n. 56 del 1^ luglio 2010, escludeva espressamente
dalla Tari i locali e le aree prive dell’obbligo di ordinario conferimento dei rifiuti in regime di privativa comunale <>;
nel caso di specie, l’esenzione derivava dal fatto che per il porto turistico di RAGIONE_SOCIALE era stato adottato, ex articolo 5 comma 4^ decreto legislativo n. 182 del 2003, il Piano di raccolta dei rifiuti ( allegato sub n.3) al ricorso ); Piano elaborato dalla RAGIONE_SOCIALE e da questa approvato con deliberazione n. 24 del 2009 previa intesa con la Regione Lazio, come da delibera di ratifica del Presidente della Regione n. 345 del 1^ aprile 2009;
il Piano di raccolta dei rifiuti così adottato (anche successivamente richiamato dalla Regione Lazio, come da deliberazione della Giunta n. 867 del 2014) non riguardava soltanto i rifiuti delle unità di diporto, ma anche quelli rinvenienti dalle unità commerciali operanti all’interno dell’area portuale, come desumibile dalla puntuale previsione in esso, quale oggetto di esclusione dalla privativa comunale, anche dei rifiuti denominati ‘garbage’, ivi classificati con i relativi codici CER (carta e cartone, vetro, imballaggi misti, rifiuti di cucine e mense, plastica, metallo);
si verteva dunque di piena assimilazione quali-quantitativa ai rifiuti diportistici (esonerati dalla privativa) dei rifiuti urbani non speciali né pericolosi.
§ 4.2 Il motivo è infondato.
Va in proposito richiamato il consolidato indirizzo di questa corte di legittimità (tra le altre, Cass.nn. 23583/09, 10104/12, 31058/18, 17030/21, 17092/21, 34251/21, 5667/23) in base al quale: <> (Cass.n. 23583/09 cit., successivamente più volte ribadita).
Da ciò si evince che, in tanto il regime ordinario e generale di privativa comunale Tarsu può essere superato, in quanto risulti istituita nell’area di interesse un’autorità portuale (artt. 2 co. 2^ e 6 legge 84/1994), come tale investita ex lege dalla competenza in materia di rifiuti; per contro, nessuna competenza di questo tipo e, pertanto, nessuna deroga dal suddetto regime di privativa, può affermarsi in presenza di sola autorità marittima (art.2 co. 3, 14 legge 84/1994 ed art. 16 cod.nav.).
Più in particolare, si è ancora recentemente stabilito (Cass.n. 5667/23 cit.) che: <>.
Si è anche affermato (Cass.n.5568/23) che: <>
I passaggi fondamentali di questo indirizzo possono così riassumersi:
nell’ambito dell’area portuale, intesa come spazio territoriale nel quale svolge i suoi compiti l’RAGIONE_SOCIALE portuale, l’attività di gestione dei rifiuti appartiene alla competenza di quest’ultima, che non si limita al servizio di pulizia all’interno del porto, ma è tenuta, ai sensi dell’art. 62, comma 5, del D.L.vo 15 novembre 1993 n. 507, dell’art. 21, comma 8, del D.L.vo 5 febbraio 1997 n. 22, e dell’art. 6, comma 1, lett. c, della Legge 28 febbraio 1994 n. 84, ad attivare il relativo servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti fino alla discarica;
in relazione a detta attività, deve conseguentemente escludersi la competenza dei Comuni, che sono pertanto privi di ogni potere impositivo ai fini della TARSU, non essendo detto potere configurabile in favore di un soggetto diverso da quello che espleta il servizio, e ciò quand’anche il servizio sia stato di fatto prestato dall’amministrazione comunale;
nel senso indicato depongono le seguenti fonti normative: l’art. 62, comma 5, comma 5, del D.L.vo 15 novembre 1993 n. 507, che dichiara «esclusi dalla tassa i locali e le aree scoperte per i quali non sussiste l’obbligo dell’ordinario conferimento dei rifiuti solidi urbani interni ed equiparati in regime di privativa comunale per effetto di norme legislative o regolamentari, di ordinanze in materia sanitaria, ambientale o di protezione civile ovvero di accordi internazionali riguardanti organi di Stati esteri»; – l’art. 21, comma 8, del D.L.vo 5 febbraio 1997 n. 22, che, nel disciplinare le competenze dei Comuni in materia di rifiuti solidi urbani, dichiara che: «Sono fatte salve le disposizioni di cui all’art. 6, comma 1, della legge 28 gennaio 1994, n. 84, e relativi decreti attuativi»; – l’art. 6, comma 1, lett. c, della Legge 28 febbraio 1994 n. 84, che istituisce le RAGIONE_SOCIALE Portuali nei
principali porti nazionali, con il compito, tra l’altro, di «affidamento e controllo delle attività dirette alla fornitura a titolo oneroso agli utenti portuali di servizi di interesse generale, non coincidenti né strettamente connessi alle operazioni portuali di cui all’art. 16, individuati con decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione (…)»; -l’art. 1 del D.M. 14 novembre 1994, che precisa: «I servizi di interesse generale nei porti, di cui all’art. 6, comma 1, lettera c), della legge 28 gennaio 1994, n. 84, da fornire a titolo oneroso all’utenza portuale sono così identificati: (…) B) Servizi di pulizia e raccolta rifiuti. Pulizia, raccolta dei rifiuti e sversamento a discarica relativa agli spazi, ai locali e alle infrastrutture comuni e presso i soggetti terzi (concessionari, utenti, imprese portuali, navi). Derattizzazione, disinfestazione e simili. Gestione della rete fognaria. Pulizia e disinquinamento degli specchi acquei portuali»;
in caso di mancata istituzione dell’RAGIONE_SOCIALE portuale, non si ravvisa alcuna competenza suppletiva dell’RAGIONE_SOCIALE marittima (investita di competenze amministrative su operazioni e servizi portuali, ovvero su concessioni demaniali di spazi e banchine: artt. 16 e 18 l. 84/1994) in materia di tassazione dei rifiuti solidi urbani prodotti nell’ambito portuale, che resta quindi per regola generale riservata in regime di privativa al Comune interessato;
rientra invece nella competenza dell’RAGIONE_SOCIALE portuale o, in mancanza, dell’RAGIONE_SOCIALE marittima, il diverso servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti prodotti dalle navi e dei residui dei carichi navali, servizio per il quale il Comune non ha, in effetti, alcuna potestà impositiva a norma degli artt. 8 e 10 del D.L.vo 24 giugno 2003 n. 182 (in attuazione della Direttiva n. 2000/59/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’Unione Europea del 27 novembre 2000 in materia di impianti portuali di raccolta per i rifiuti delle navi e residui del carico) (v. Cass., Sez. 6^-5, 26 gennaio 2022, n. 2242).
Orbene, venendo al caso di specie, si osserva -con riguardo alla situazione ratione temporis vigente che l’art. 6, comma 1, della Legge 28 gennaio 1994 n. 84 ha istituito le RAGIONE_SOCIALE portuali nei porti di Ancona, Bari, Brindisi, Cagliari, Catania, Civitavecchia, Genova, La Spezia, Livorno, Marina di Carrara, Messina, Napoli, Palermo, Ravenna, Savoia, Taranto, Trieste e Venezia. Successivamente sono state istituite le RAGIONE_SOCIALE portuali di Piombino (D.P.R. 20 marzo 1996), Gioia Tauro (D.P.R. 16 luglio 1998), Salerno (D.P.R. 23 giugno 2000), Olbia e Golfo degli Aranci (D.P.R. 29 dicembre 2000), Augusta (D.P.R. 12 aprile 2001), Trapani (D.P.R. 2 aprile 2003) e Manfredonia (art. 4, comma 65, della Legge 24 dicembre 2003 n. 350).
Come è evidente, tale elenco non contempla il porto (turistico) di OstiaLido, presso il quale c’è solo una delegazione di spiaggia facente capo alla RAGIONE_SOCIALE sedente in Fiumicino (autorità marittima, non portuale).
Ne consegue che in difetto di RAGIONE_SOCIALE portuale (ed in difetto di competenza suppletiva dell’autorità marittima) non si era, quindi, verificata la condizione di esclusione del potere impositivo generale da parte del Comune di RAGIONE_SOCIALE attraverso RAGIONE_SOCIALE.
E’ evidentemente sulla base di questo contesto normativo, come su ricostruito ed interpretato da questa Corte di legittimità, che deve essere apprezzato il Piano Raccolta dei rifiuti dedotto in giudizio, siccome: adottato dalla RAGIONE_SOCIALE (dunque da un’autorità priva, per le indicate ragioni, di competenza in materia di rifiuti portuali di origine commerciale); – avente la precipua finalità di evitare gli scarichi in mare dei rifiuti dei natanti secondo la Dir.2000/59/CE, come attuata dal d.lgs.182/03 art. 5.4; – idoneo a convenzionalmente disciplinare solo quei rifiuti (da esso definiti ‘garbage’) assimilati a quelli di origine ‘commerciale’ con i relativi codici, ma pur sempre originati dalle singole ‘unità’, cioè dai singoli natanti
ormeggiati; -di rango disciplinare subvalente rispetto al compendio normativo su richiamato.
§ 5. Ne segue il rigetto del ricorso.
Le spese di lite vengono compensate in ragione del sopravvenire al ricorso del su riportato indirizzo interpretativo.
PQM
La Corte
-rigetta il ricorso;
-compensa le spese;
-v.to l’art. 13, comma 1 quater, D.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla L. n. 228 del 2012;
-dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della Sezione Tributaria in