Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3726 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 3726 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PAOLITTO LIBERATO
Data pubblicazione: 09/02/2024
Tributi Regionali
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 30194/2020 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo legale rappresentante p.t. , con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’ AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
-ricorrente –
contro
Regione Toscana, in persona del Presidente p.t. , con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO , presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME dell’Avvocatura regionale ;
-controricorrente – avverso la sentenza n. 467/2020, depositata il 1 luglio 2020, della Commissione tributaria regionale della Toscana;
Udita la relazione svolta, nella pubblica udienza del 6 ottobre 2023, dal AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO; udit o l’AVV_NOTAIO; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
– Con sentenza n. 467/2020, depositata il 1 luglio 2020, la Commissione tributaria regionale della Toscana ha rigettato l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE, così confermando la decisione di prime cure che, a sua volta, aveva parzialmente accolto -con riferimento alle sanzioni applicate l’impugnazione di tre avvisi di accertamento emessi in relazione all’imposta regionale sulle concessioni statali (l. 16 maggio 1970, n. 281, art. 2) dovute da RAGIONE_SOCIALE per l’anno 2012 .
1.1 -Il giudice del gravame -nel condividere l’interpretazione della pertinente normativa, qual fatta propria dalla pronuncia del primo giudice – ha rilevato che, ai fini del presupposto impositivo, rilevava (solo) il rilascio di una concessione demaniale marittima su bene del demanio o del patrimonio indisponibile dello Stato, insistente sul territorio della Regione -indipendentemente, dunque, dall’RAGIONE_SOCIALE concedente -che la fattispecie impositiva risultava predeterminata per legge e che la tassazione regionale era stata legittimamente operata sull’imponibile determinato dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
– RAGIONE_SOCIALE ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di cinque motivi.
La Regione Toscana resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Il ricorso è articolato sui seguenti motivi:
1.1 -col primo motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia violazione dell’art.112 cod. proc.
civ. sull’assunto che il giudice del gravame aveva omesso di pronunciare sul motivo di appello che involgeva (ai sensi della l. 27 luglio RAGIONE_SOCIALE, n. 212, art. 7) il difetto di motivazione dell’avviso di accertamento al quale non risultava allegato « … il provvedimento con il quale l’RAGIONE_SOCIALE Portuale ha determinato il quantum dell’imposta»;
1.2 -col secondo motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di legge in relazione alla l. 16 maggio 1970, n. 281, art. 2, alla legge reg. Toscana, 30 dicembre 1971, n. 2, art. 1, alla legge reg. Toscana, 11 agosto 1995, n. 85, articolo unico, ed agli artt. 3, 23 e 53 Cost.;
-si assume, in sintesi, che l’imposizione regionale non avrebbe potuto trovare applicazione con riferimento alle concessioni demaniali marittime rilasciate dalle RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per finalità diverse da quelle turistico-ricreative o diportistiche, venendo così in rilievo -come rimarcato dagli atti di prassi adottati dai ministeri competenti -concessioni demaniali il cui canone non risultava predeterminato per legge e, dunque, rimesso alle determinazioni discrezionali di dette RAGIONE_SOCIALE; laddove il canone concessorio, in siffatte fattispecie, costituiva corrispettivo per l’utilizzazione del bene pubblico né poteva integrare il presupposto impositivo del tributo regionale;
1.3 -il terzo motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., espone la denuncia di nullità della gravata sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.;
si assume, in sintesi, che -riformulato l’articolo unico della l. reg. n. 85 del 1995, ad opera della legge reg. Toscana, 6 agosto 1998, n. 57, art. 6, nel senso che veniva (così) soppresso il previgente riferimento alla commisurazione dell’aliquota (del 15 per cento) da applicare sul «canone statale di concessione determinato ai sensi dell’articolo 3 del DL 5 ottobre 1993, n. 400, convertito con modifiche, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494», disposizione quest’ultima che
aveva riguardo, per l’appunto, alle concessioni rilasciate per finalità turistico-ricreative -l’imposizione regionale si era così estesa ad introdurre illegittimamente un tributo proprio (non più derivato), tributo applicato a concessioni il cui canone non risultava specificamente predeterminato per legge, con conseguente violazione degli artt. 117 e 119 Cost.;
1.4 -col quarto motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione di legge in relazione alla l. 16 maggio 1970, n. 281, art. 2, comma 3, ed alla legge reg. Toscana, 18 febbraio 2005, n. 31, artt. 1 e 8, comma 1, deducendo che -disponendo la l. n. 281 del 1970, art. 2, comma 3, che «L’imposta è dovuta dal concessionario, contestualmente e con le medesime modalità del canone di concessione ed è riscossa, per conto delle Regioni, dagli uffici competenti alla riscossione del canone stesso» -la Regione non aveva il potere di accertare autonomamente l’omesso versamento del tributo e che il giudice del gravame aveva omesso di pronunciare sul corrispondente motivo di appello;
1.5 – col quinto motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. assumendo che il giudice del gravame aveva omesso di pronunciare sul terzo motivo di appello col quale si era assunta la contrarietà della disciplina regionale al l’art. 1, cod. nav., e alla l. 28 gennaio 1994, n. 84, artt. 9, comma 3, lett. g) e 13, lett. a), in ragione della sua incidenza sulla disciplina dei porti e dei canoni concessori, così operandosi in violazione degli artt. 117, terzo comma, e 119, secondo comma, Cost.
-Il ricorso è, nel suo complesso, destituito di fondamento.
-Occorre premettere, secondo un consolidato orientamento della Corte, che – alla luce dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo come costituzionalizzato nell’art. 111,
comma 2, Cost., nonché di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 cod. proc. civ. ispirata a tali principi – deve ritenersi, ad ogni modo, consentito alla Corte, una volta verificata l’omessa pronuncia su un motivo di gravame, di omettere la cassazione con rinvio della sentenza impugnata, così decidendo la causa nel merito, allorquando la questione di diritto posta con quel motivo non implichi , per l’appunto, alcun ulteriore accertamento in fatto (Cass., 1 marzo 2019, n. 6145; Cass. Sez. U., 2 febbraio 2017, n. 2731; Cass., 3 marzo 2011, n. 5139; Cass., 1 febbraio 2010, n. 2313; Cass., 28 luglio 2005, n. 15810; Cass., 23 aprile 2001, n. 5962).
3.1 – Come, poi, reso esplicito dai (riprodotti) motivi di appello in relazione ai quali si assume (ora) l’omessa pronuncia, vengono in considerazione -così come, del resto, quei motivi dedotti quali censure di violazione di legge (secondo il parametro del sindacato di legittimità riconducibile all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.) argomenti, e profili, di puro diritto che (tutti) si incentrano sulla ricognizione della fattispecie astratta di regolazione della potestà impositiva regionale (nel dialogo che qui deve riconoscersi tra la fonte statuale e quella regionale nella regolazione di un tributo derivato) e, più specificamente, sul presupposto impositivo del tributo in questione.
In disparte, allora, che l’omesso esame di prospettazioni ed allegazioni incentrate sulla qualificazione giuridica di fattispecie non può integrare ex se l’omesso esame di domande proposte in giudizio, rimane, al fondo, che il giudice del gravame -sia pur sintetim -ha escluso profili di illegittimità nell’esercizio della potestà impositiva rimarcando la predeterminazione per legge della fattispecie impositiva e individuando detto presupposto imposizione nel rilascio di una concessione demaniale marittima su bene del demanio o del patrimonio indisponibile dello Stato, insistente sul territorio della Regione (e indipendentemente, dunque, dall’RAGIONE_SOCIALE concedente).
3.2 -Ne consegue che, come ripetutamente rilevato dalla Corte, non sussiste il vizio di omessa pronuncia nel caso in cui il giudice d’appello fondi la decisione su una costruzione logico-giuridica incompatibile con la domanda o con l’eccezione di parte, n el qual caso può parlarsi di statuizione implicita di rigetto della domanda o eccezione formulata dalla parte (Cass., 11 gennaio 2022, n. 531; Cass., 13 agosto 2018, n. 20718; Cass., 6 dicembre 2017, n. 29191; Cass., 14 gennaio 2015, n. 452; Cass., 25 settembre 2012, n. 16254; Cass., 17 luglio 2007, n. 15882; Cass., 19 maggio 2006, n. 11756).
3.3 -Quanto, poi, al difetto di motivazione dell’avviso di accertamento, viene (anche qui) in considerazione una questione di puro diritto che non necessita di ulteriori accertamenti di fatto, atteso che -per come il motivo di ricorso risulta articolato -parte ricorrente si duole -piuttosto che dell’erronea determinazione della base imponibile del tributo, profilo, questo, della fattispecie impositiva che, in effetti, non risulta dedotto in alcun altro motivo di censura, davanti ai giudici del merito e nel ricorso per cassazione -della mera omessa allegazione agli avvisi di accertamento del provvedimento di determinazione del canone concessorio.
Va, allora, rilevato che già la sentenza di prime cure, confermata dal giudice del gravame, aveva escluso il difetto di motivazione dell’avviso di accertamento del quale aveva rilevato la compiutezza motivazionale quanto a «presupposti di fatto e … ragioni giuridiche che hanno determinato la pretesa fiscale, come la titolarità di concessione demaniale marittima, l’individuazione dell’imposta regionale evasa, l’aliquota applicata (15%), la misura della sanzione, l’importo degli interessi moratori ecc.».
E, come la Corte ha già rilevato in fattispecie omologa, le indicazioni in discorso senz’altro concorrevano, in termini esaustivi, all’assolvimento dell’obbligo motivazionale, dovendosi, in particolare,
escludere la necessità di allegazione di atti richiamati (quali l’atto concessorio o il provvedimento di determinazione del canone) che dovevano ritenersi già in possesso della contribuente (destinataria di quegli stessi atti; così Cass., 24 luglio 2023, n. 22197).
– Il quadro normativo di riferimento della lite contestata va, poi, ricostruito nei seguenti termini.
4.1 – La l. 16 maggio 1970, n. 281, – dopo aver previsto l’attribuzione alle Regioni dell’imposta sulle concessioni statali dei beni del demanio e del patrimonio indisponibile – ha disposto nei seguenti termini:
«L’imposta sulle concessioni statali si applica alle concessioni per l’occupazione e l’uso di beni del demanio e del patrimonio indisponibile dello Stato siti nel territorio della Regione, ad eccezione delle concessioni per le grandi derivazioni di acque pubbliche.
Le Regioni determinano l’ammontare dell’imposta in misura non superiore al triplo del canone di concessione.
L’imposta è dovuta dal concessionario, contestualmente e con le medesime modalità del canone di concessione ed è riscossa, per conto delle Regioni, dagli uffici competenti alla riscossione del canone stesso.» (art. 2).
4.2 – La Regione Toscana ha, quindi, dato attuazione alla normativa statale con la legge reg. Toscana, 30 dicembre 1971, n. 2, artt. 1, 2 e 3 e, quanto all’aliquota applicata alle concessioni demaniali marittime, con la legge reg. Toscana, 11 agosto 1995, n. 85, articolo unico – che ( ratione temporis ) hanno così disposto:
« Dall’1 gennaio 1972 è istituita, ai sensi dell’art. 2 della legge 16 maggio 1970, n. 281, l’imposta regionale sulle concessioni statali per l’occupazione e l’uso dei beni del demanio e del patrimonio indisponibile dello Stato, situati nell’ambito territoriale della Regione.
Sono escluse dall’imposta le concessioni per le grandi derivazioni di acque pubbliche.
L’imposta è commisurata al 100 per cento del canone di concessione statale. Ai sensi dell’art. 18, comma 4, della L. 5 gennaio 1994, n. 36 “Disposizioni in materia di risorse idriche”, l’imposta di cui al precedente comma, non si applica alle concessioni di acque pubbliche.» (art. 1, cit.);
«1. L’imposta è corrisposta dal concessionario entro il 31 dicembre dell’anno di pagamento del canone di concessione mediante versamento diretto su apposito conto corrente postale intestato alla Regione Toscana.
La disposizione di cui al comma 1 si applica a decorrere dall’anno d’imposta 2004» (art. 2, cit.);
«Ai fini dell’esercizio delle attività di controllo ed accertamento, gli enti competenti al rilascio delle concessioni trasmettono alla Regione i dati relativi alle concessioni esistenti nei rispettivi ambiti territoriali secondo i termini e le modalità stabiliti con atto del dirigente regionale competente in materia di tributi (art. 3, come sostituito dalla legge reg. Toscana 20 dicembre 2004, n. 71, art. 8);
« 1. A decorrere dal 1 gennaio 1994 l’imposta sulle concessioni statali dei beni del demanio e del patrimonio indisponibile prevista dall’articolo 2 della legge 16 maggio 1970 n. 281 e successive modificazioni, è commisurata, limitatamente alle concessioni demaniali marittime, al quindici per cento del canone statale di concessione.» (legge reg. Toscana, 11 agosto 1995, n. 85, articolo unico, cit., come modificato dalla legge reg. Toscana, 6 agosto 1998, n. 57, art. 6).
4.3 -La legge reg. Toscana, 27 dicembre 2012, n. 77, art. 11, comma 1, ha, quindi, riformulato (l’art. 1 della l. n. 2 del 1971, cit., e dunque) l’àmbito soggettivo di riferimento del presupposto impositivo del tributo, escludendone l’applicazione (a decorrere dal 1° gennaio
2013) nei riguardi delle « concessioni rilasciate dall’RAGIONE_SOCIALE di cui all’articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1996 (Istituzione dell’autorità RAGIONE_SOCIALE nel porto di RAGIONE_SOCIALE) e dalle RAGIONE_SOCIALE di cui all’articolo 6 della legge 28 gennaio 1994, n. 84 (Riordino della legislazione in materia RAGIONE_SOCIALE)».
-La Corte ha già avuto modo di affrontare, sotto diversi profili, -anche involgenti la legittimità costituzionale delle pertinenti disposizioni normative – le tematiche poste dal ricorso in trattazione, così statuendo che:
ai sensi dell’art. 2, primo comma, della l. n. 281 del 1970, presupposto dell’imposta regionale sulle concessioni statali per l’occupazione e l’uso di beni appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dello Stato, inclusi nel territorio della Regione, sono l’occupazione e l’uso assentiti degli stessi, indipendentemente dall’RAGIONE_SOCIALE cui compete il rilascio della concessione, e non, invece, l’esistenza di una concessione rilasciata dallo Stato (Cass., 10 maggio 2021, n. 12296; Cass., 10 marzo 2020, n. 6714; Cass., 5 giugno 2015, n. 11655);
è conforme al principio della riserva relativa di legge, di cui all’art. 23 Cost., l’art. 4 del d.l. n. 400 del 1993, convertito in l. n. 494 del 1993, che demanda all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE la determinazione, con normativa secondaria, dell’ammontare della base imponibile, purché ciò non comporti l’applicazione di canoni inferiori a quelli che deriverebbero dall’applicazione del decreto stesso, atteso che, in sede di normativa primaria, ex art. 2 della l. n. 281 del 1970, sono fissati presupposto impositivo, soggetti passivi, base imponibile, aliquota e sanzioni (Cass., 10 giugno 2021, n. 16279; Cass., 19 ottobre 2016, n. 21136);
5.1 -Detti approdi – che vanno qui ribaditi – hanno, in particolare, evidenziato che:
– l’attribuzione alle Regioni (d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, art. 59; d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112, art. 105), ed alle RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (l. 28 gennaio 1994, n. 84) di funzioni amministrative (anche) in materia di rilascio delle concessioni, e la conseguente devoluzione dei relativi canoni, non è di per sè idonea a far venire meno il presupposto dell’imposta in contestazione, individuato dal combinato disposto della l. n. 281 del 1970, art. 2 e della l. reg. Toscana n. 2 del 1971, art. 1, in quanto, come anticipato, il presupposto impositivo deve essere identificato nel fatto oggettivo dell’occupazione e dell’uso assentiti dei beni demaniali o del patrimonio indisponibile, indipendentemente dall’RAGIONE_SOCIALE cui competa per legge il rilascio della relativa concessione;
-il rispetto della riserva relativa di legge posta dall’art. 23 Cost. consegue dalla identificazione degli elementi costitutivi di fattispecie ad opera della stessa legge statale – cui, nella fattispecie, la legislazione regionale si è conformata – che, p er l’appunto, individua il presupposto impositivo del tributo, i soggetti passivi d’imposta (concessionari di beni del demanio e del patrimonio indisponibile), la base imponibile (costituita dallo stesso canone di concessione), e la stessa aliquota massima (l. n. 281 del 1970, art. 2, cit.); e la medesima legislazione statale (d.l. n. 400 del 1993, artt. 1 e 7, conv. in l. n. 494 del 1993) detta (anche) i criteri di determinazione dei canoni, e, dunque, della base imponibile del tributo, in particolare disponendo che «Gli enti RAGIONE_SOCIALE potranno adottare, per concessioni demaniali marittime rientranti nel proprio ambito territoriale, criteri diversi da quelli indicati nel presente decreto, che comunque non comportino l’applicazione di canoni inferiori rispetto a quelli che deriverebbero dall’applicazione del decreto stesso» (art. 7);
– va, del resto, considerato che il Giudice del Leggi – nel rilevare che la ratio della disposizione di cui all’art. 23 Cost. è volta « alla tutela della libertà e della proprietà individuale» e nemmeno esige «che la legge, che conferisce il potere di imporre una prestazione, debba necessariamente contenere l’indicazione del limite massimo della prestazione imponibile» (Corte Cost., 26 gennaio 1957, n. 4) – ha ripetutamente statuito che detta disposizione presuppone che la fonte primaria stabilisca «sufficienti criteri direttivi e linee generali di disciplina, richiedendosi in particolare che la concreta entità della prestazione imposta sia desumibile chiaramente dai pertinenti precetti legislativi», e non esclude « l’intervento complementare ed integrativo da parte della pubblica amministrazione … circoscritto alla specificazione quantitativa (e qualche volta, anche qualitativa) della prestazione medesima: senza che residui la possibilità di scelte del tutto libere e perciò eventualmente arbitrarie della stessa pubblica amministrazione, ma sussistano nella previsione legislativa -considerata nella complessiva disciplina della materia -razionali ed adeguati criteri per la concreta individuazione dell’onere imposto al soggetto nell’interesse AVV_NOTAIO» (Corte Cost., 7 aprile 2017, n. 69; v., altresì, Corte Cost., 15 maggio 2015, n. 83; Corte Cost., 7 aprile 2011, n. 115; Corte Cost., 26 ottobre 2007, n. 350; Corte Cost., 14 giugno 2007, n. 190; Corte Cost., 1° aprile 2003, n. 105; Corte Cost., 27 luglio 2001, n. 323);
– le circolari ministeriali in materia tributaria non costituiscono fonte di diritti ed obblighi e, pertanto, qualora il contribuente si sia conformato ad un’interpretazione erronea fornita dall’Amministrazione finanziaria, è esclusa soltanto l’irrogazione delle relative sanzioni e degli interessi, senza alcun esonero dall’adempimento dell’obbligazione tributaria, in base al principio di tutela dell’affidamento, espressamente
sancito dalla L. 27 luglio RAGIONE_SOCIALE, n. 212, art. 10, comma 2 (c.d. statuto del contribuente; Cass., 10 giugno 2021, n. 16279, cit.).
5.2 -Va, quindi, rimarcato che – così come reso esplicito dal relativo contenuto regolatorio – alla legge reg. Toscana, n. 77 del 2012, art. 11, cit., non può affatto riconoscersi efficacia retroattiva – e natura di interpretazione autentica della previgente disciplina – risultando (del tutto) evidente che – così come ritenuto dalla Corte in fattispecie connotate dalla medesima disciplina regionale (v. Cass., 24 luglio 2023, n. 22098; Cass., 10 maggio 2021, n. 12296, cit.; Cass., 9 marzo 2017, n. 6061) – la disposizione in discorso è stata adottata in attuazione del d.lgs. 6 maggio 2011 n. 68, art. 8, comma 1, – alla cui stregua («Ferma la facoltà per le regioni di sopprimerli») una serie tributi (inclusa l’imposta regionale sulle concessioni statali dei beni del demanio marittimo) sono stati trasformati in tributi propri regionali (a decorrere dal 1° gennaio 2013) – laddove la previgente natura di tributo proprio derivato (l. n. 281 del 1970, artt. 1 e 2, cit.) imponeva alle Regioni di non modificarne le aliquote ovvero di disporre esenzioni, detrazioni e deduzioni se non nei limiti e secondo criteri fissati dalla legislazione statale e nel rispetto della normativa comunitaria (l. 5 maggio 2009, n. 42, art. 7).
6. -I rilievi sin qui svolti danno conto, dunque, dell’infondatezza dei profili di censura esaminati, dovendosi, in particolare, rilevare che -venendo in considerazione, come detto, un tributo proprio derivato -la disposizione di cui alla l. n. 281 del 1970, art. 2, comma 3, aveva riguardo al versamento del tributo e non anche ai poteri di accertamento della Regione che legittimamente sono stati disciplinati dapprima dalla l. n. 2 del 1971, cit., art. 7, di poi dalla legge reg. n. 31 del 2005, art. 8; nonché che la stessa disciplina regionale del tributo ha dato attuazione, come detto, al presupposto impositivo
predeterminato dal legislatore statale (l. n. 281/1970, art. 2 cit.) senza così incidere sulla disciplina dei porti e dei canoni concessori.
7. -Le spese del giudizio vanno compensate tra le parti, avuto riguardo al consolidarsi, in corso di giudizio, del pertinente orientamento della giurisprudenza di legittimità mentre, nei confronti di parte ricorrente, sussistono i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1quater ).
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso; compensa, tra le parti, le spese del giudizio di legittimità ; ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 6 ottobre 2023.