Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2662 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5   Num. 2662  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PAOLITTO LIBERATO
Data pubblicazione: 29/01/2024
Tributi Altri
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20808/2015 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo Sindaco p.t. ,  rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME, con domicilio in Roma, INDIRIZZO, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo Direttore p.t. , rappresentata e  difesa  dall’RAGIONE_SOCIALE,  presso  i  cui  uffici,  in Roma, INDIRIZZO, ope legis domicilia;
-controricorrente – e sul ricorso proposto da
RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo Direttore p.t. , rappresentata e  difesa  dall’RAGIONE_SOCIALE,  presso  i  cui  uffici,  in Roma, INDIRIZZO, ope legis domicilia;
-ricorrente in via incidentale – contro
RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE;
-intimato – avverso la sentenza n. 20/01/15, depositata il 23 gennaio 2015, della Commissione tributaria regionale della Sardegna;
udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 13 settembre 2023, dal AVV_NOTAIO.
Rilevato che:
-con sentenza n. 20/01/15, depositata il 23 gennaio 2015, la Commissione tributaria regionale della Sardegna ha accolto l’appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE, così pronunciando in integrale riforma della decisione di prime cure recante accoglimento dell’impugnazione del silenzio rifiuto formatosi sulle istanze di rimborso presentate dai Comuni di Isili, Aritzo, Galtellì, Gergei, Macomer, RAGIONE_SOCIALE, Nurallao, Nurri, Oliena, Olzai, Ottana, Serri, Torpè e Villanovatulo, istanze aventi ad oggetto la tassa sulle concessioni governative (in breve TCG) corrisposta, in relazione al periodo dal gennaio 2007 al gennaio 2010, per contratto di abbonamento di utenza telefonica mobile;
-a fondamento del decisum , il giudice del gravame ha rilevato, in sintesi, che la legittimità del prelievo tributario aveva trovato conferma in una pronuncia a Sezioni Unite della Corte di Cassazione (n. 9560 del 2 maggio 2014), oltreché nella disposizione interpretativa di cui al d.l. n. 4 del 2014, art. 2, comma 4, conv. in l. n. 50 del 2014, e che la stessa giurisprudenza della Corte di giustizia aveva  escluso la contrarietà dell’imposizione alla disciplina eurounitaria della materia;
-il  RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di dieci motivi; l’RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso che espone, a sua volta, un motivo di ricorso incidentale, ed ha depositato memoria.
Considerato che:
-il ricorso principale è articolato sui seguenti motivi:
1.1 -il  primo  motivo,  formulato  ai sensi  dell’art.  360,  primo comma, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione e falsa applicazione di legge con riferimento al d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641, art. 1 e tariffa allegata, art. 21, al d.l. 28 gennaio 2014, n. 4, art. 2, comma 4, conv. in l. 28 marzo 2014, n. 50, ed al d.lgs. 1 agosto 2003, n.  259,  art.  160,  nonché  la  richiesta  di  sospensione  del  giudizio  in relazione all’art. 267 TFUE;
-deduce, in sintesi, il ricorrente l’illegittimità RAGIONE_SOCIALE citate disposizioni nazionali – volte a identificare il presupposto impositivo della tassa col contratto di abbonamento di utenza di telefonia mobile, abbonamento così equiparato alla licenza di esercizio di stazione radioelettrica – per violazione RAGIONE_SOCIALE direttive comunitarie di settore, nn. 5/99, 20/02 e 22/02, ed in ragione della (così) disposta sottoposizione RAGIONE_SOCIALE apparecchiature terminali di telecomunicazione (utenze cellulari) ad un provvedimento amministrativo, denominato autorizzazione generale, che predetermina il contenuto del contratto stesso -oltretutto distinguendo le utenze cellulari in funzione della ricorrenza, o meno, di un abbonamento – e che si pone in contrasto col principio di libera circolazione, e messa in servizio, RAGIONE_SOCIALE apparecchiature terminali di telecomunicazione (telefonia mobile);
1.2- il secondo motivo, formulato anch’esso ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione e falsa applicazione di legge con riferimento al d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641, art. 1 e tariffa allegata, art. 21, al d.lgs. 1 agosto 2003, n. 259, art. 2, comma 2, lett. b), ed all’art. 97 Cost .;
 il  ricorrente  –  che  pur  insta  per  la  rimessione  del  ricorso  alle Sezioni  Unite  della  Corte,  qualora  non  accolta  l’istanza  formulata  ai sensi dell’art. 267 TFUE – deduce, in sintesi, che la gravata sentenza
ha  ritenuto  sussistente  il  presupposto  impositivo  –  in  violazione  del principio  di  legalità  nonostante  l’abrogazione  del d.P.R.  29  marzo 1973, n. 156, art. 318, ad opera del d.lgs. n. 259 del 2003, art. 218, e  la  conseguente  separazione  RAGIONE_SOCIALE  fonti  di  disciplina  RAGIONE_SOCIALE  stazioni radioelettriche  (d.lgs.  n.  259,  cit.)  e  dei  telefoni  cellulari  (d.lgs.  9 maggio 2001, n. 269), con conseguente abrogazione RAGIONE_SOCIALE stesso d.m. n. 33 del 1990, art. 3, c. 2;
in ragione, pertanto , dell’evoluzione normativa della disciplina di settore:
il d.lgs. n. 259 del 2003, art. 2, comma 2, lett. b), ha escluso dal suo  ambito  di  applicazione  le  «apparecchiature  contemplate  dal decreto  legislativo  9  maggio  2001,  n.  269,  che  attua  la  direttiva 1999/5/CE …» ( id est i telefoni cellulari);
-il  riferimento, contenuto nell’art. 160 RAGIONE_SOCIALE stesso d.lgs. n. 259 del 2003 – che ha riprodotto il contenuto del previgente art. 318, cit. non può, dunque, che essere ascritto alla (sole) stazioni radioelettriche (non escluse dalla specifica disciplina), non anche alla telefonia mobile;
la disposizione di cui al d.m. n. 33 del 1990, art. 3, comma 2, è stata tacitamente abrogata, per incompatibilità, dal d.lgs. n. 269 del 2001, cit.;
la voce tariffaria di cui al d.P.R. n. 641 del 1972, art. 21 – che ha riguardo all’art. 318, cit., oggetto di rinvio formale, ed all’art. 3, c omma 2, d.m. n. 33, cit. – risulterebbe, così, priva di oggetto, siccome venuto meno il (previgente e) necessario riferimento alla licenzia di esercizio, quale  atto  amministrativo  costituente  presupposto  della  tassa  sulle concessioni governative (d.P.R. n. 641, art. 1 cit.);
1.3 – col terzo motivo, sempre ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., il ricorrente ripropone la denuncia di violazione e falsa applicazione del d.P.R. n. 641 del 1972, art. 1 e tariffa allegata, art. 21, assumendo,  in  sintesi, che  sin dal 2003  –  a  seguito
dell’abrogazione del d.P.R. n. 156 del 1973, art. 318, disposta dal d.lgs. n. 259 del 2003, art. 218 – la tassa non risultava più applicabile alle «apparecchiature terminali per il servizio radiomobile pubblico terrestre di comunicazione» previste dal d.l. n. 151 del 1991, art. 3, c onv. in l. n. 202 del 1991 (che aveva, per l’appunto, introdotto la voce n. 131 della tariffa, allegata al d.P.R. n. 641 del 1972); ciò in ragione RAGIONE_SOCIALE successive modifiche intervenute in ordine alla (originaria) disciplina della tassa, quali conseguenti alla riformulazione stessa della tariffa allegata al d.P.R. n. 641, cit., e per effetto RAGIONE_SOCIALE quali il presupposto impositivo si radicava, per l’appunto, nella (sola) disposizione di cui all’art. 318, cit. (che aveva riguardo agli impianti radioelettrici) e che, ad ogni modo, costituiva presupposto necessario (e non solo alternativo) della stessa tassa;
1.4 – il quarto motivo, sempre ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., ripropone anch’esso la denuncia di violazione e falsa applicazione del d.P.R. n. 641 del 1972, art. 1 e tariffa allegata, art. 21, sull’assunto che la previsione tariffaria di cui all’art. 21, cit., deve ritenersi abrogata, per incompatibilità e, da ogni modo, per ridisciplina generale dell’intera materia ad opera del d.lgs. n. 259 del 2003, disciplina, quest’ultima, incentrata sull’istituto dell’autorizzazione generale che, per l’appunto, esclude la necessità di un provvedimento autorizzatorio (puntuale) in ragione della liberalizzazione della fornitura di reti e servizi di comunicazione elettronica;
1.5  –  il quinto  motivo,  formulato  ai  sensi  dell’art.  360, primo comma ,  n.  3,  cod.  proc.  civ.,  espone  anch’esso  la  denuncia  di violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE disposizioni normative (d.P.R. n. 641 del 1972 art. 1 e tariffa allegata, art. 21) oggetto dei precedenti motivi di ricorso, sotto il profilo, questa volta, del difetto di presupposto impositivo che (in tesi) non sarebbe più riconducibile ad un
provvedimento  amministrativo  (art.  1,  cit.)  siccome  il  contratto  di abbonamento non più equiparabile a (ovvero sostitutivo di) una licenza (art. 21, cit.);
– si assume, dunque, che – giustificandosi, in origine, la tassazione RAGIONE_SOCIALE «apparecchiature terminali per il servizio radiomobile pubblico terrestre di comunicazione» per l’attività amministrativa di controllo tecnico preventivo da parte del Ministero che, a norma del d.m. n. 33 del 1990, art. 3, aveva ad oggetto la verifica tecnica dell’apparecchiatura terminale e la sua omologazione – a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 269 del 2001 (recante attuazione della direttiva 1999/5/CE) – che non prevede più alcun controllo preventivo finalizzato all’immissione in commercio dei telefoni cellulari e che contempla il libero uso degli apparecchi cellulari («la facoltà di utilizzo di dispositivi o di apparecchiature terminali di comunicazione elettronica senza necessità di autorizzazione generale») non v’era più alcuna identità tra il potere autorizzatorio (rilascio della licenza di esercizio) previsto per le stazioni radioelettriche (d.lgs. n. 259 del 2003, art. 160) ed il mero controllo (postumo) previsto dal d.lgs. n. 269 del 2001, cit., così che – la disciplina dettata dal d.lgs. n. 269/2001 e dalla direttiva 1999/5/CE ponendosi in rapporto di specialità con quella di cui al d.lgs. n. 259/2003 – la persistente vigenza dell’art. 160, cit. – che aveva sostituito la previgente disposizione di cui al d.P.R. n. 156 del 1973, art. 318, – non poteva che riferirsi alle stazioni radioelettriche, escluse dall’ambito di applicazione del d.lgs. n. 269 del 2001, solo per queste risultando ancora prevista la licenza di esercizio e l’attività amministrativa da parte dell’Amministrazione pubblica;
1.6 – anche il sesto motivo di ricorso, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE disposizioni normative (d.P.R. n. 641 del 1972 art. 1 e tariffa allegata, art. 21) oggetto dei precedenti motivi di ricorso, sotto
il profilo della violazione dei principi generali dell’ordinamento tributario in relazione all’identificazione del presupposto impositivo correlato al pagamento di una tassa;
spiega, dunque, il ricorrente che implicando la tassa l’erogazione di un servizio pubblico ovvero l’emanazione di un provvedimento amministrativo a seguito dell’entrata in vigore RAGIONE_SOCIALE discipline, di derivazione comunitaria, concernenti le telecomunicazioni (d.lgs. n. 259/2003, cit.), non sussiste più né un servizio pubblico, riservato alla gestione RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, né, conseguentemente, un provvedimento amministrativo di natura concessoria, con conseguente venir meno del collegamento della tassa all’adozione di un atto amministrativo quale necessariamente implicato dal d.P.R. n. 641 del 1972, art. 1;
1.7 – col settimo motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di legge in relazione al d.P.R. n. 641 del 1972, art. 1 e tariffa allegata, art. 21, al d.l. n. 4 del 2014, art. 2, comma 4, conv. in l. n. 50 del 2014, ed al d.lgs. n. 259 del 2003, art. 160, deducendo, in sintesi, che erroneamente il giudice del gravame aveva riconosciuto la natura meramente interpretativa dell’art. 2, c omma 4, cit., cui, per converso, avrebbe dovuto attribuirsi efficacia innovativa con conseguente sua irretroattività;
premesso che il fondamento della disposizione interpretativa rispondeva – piuttosto che a motivi imperativi di interesse generale alla finalità di «rimuovere un potenziale rischio di carattere finanziario» (correlato all’accoglimento dei ricorsi pendenti davanti al giudice tributario) -e, così, di orientare, a favore dell’amministrazione statuale, l’esito dei contenziosi – assume, in sintesi, il ricorrente che, nel suo specifico contenuto precettivo, detta disposizione assumeva una portata innovativa in quanto -equiparando le «stazioni radioelettriche» (di cui al d.P.R. n. 156 del 1973, art. 318) alle
«apparecchiature terminali per il servizio radiomobile terrestre di comunicazione» (di cui al d.m. n. 33 del 1990) finiva con l’attribuire alla disposizione di cui al d.lgs. n. 259 del 2003, art. 160, un oggetto che ampliava l’àmbito di applicazione di detto decreto , con conseguente ripristino, in tema di disciplina del telefoni cellulari, del corpus di norme che regolamenta l’attività amministrativa prevista per le stazioni radioelettriche, in funzione del rilascio della licenza di esercizio;
1.8 l’ottavo motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione e falsa applicazione di legge in relazione al d.P.R. n. 641 del 1972, art. 1, e tariffa allegata, art. 21, nonché all’art. 114 Cost., assumendo il ricorrente che avuto riguardo al principio di equiordinazione degli Enti pubblici territoriali qual desumibile dall’art. 114 Cost. i Comuni, al pari RAGIONE_SOCIALE amministrazioni statali, debbono considerarsi esentati dal versamento della tassa, tenuto conto (anche) del principio di sussidiarietà verticale desumibile dall’art. 118 Cost.;
1.9 – col nono motivo di ricorso il ricorrente prospetta l’illegittimità costituzionale del d.P.R. n. 641 del 1972, tariffa allegata, art. 21, in relazione tanto all’art. 23 Cost. – avuto riguardo al (già) denunciato difetto di base normativa della tassa quanto all’art. 3 Cost., qui con riferimento all’ingiustificata, ed irragionevole, disparità di tr attamento tra utilizzatori del servizio di telefonia mobile per contratto di abbonamento e, rispettivamente, per acquisto di carta telefonica prepagata;
1.10 -il decimo motivo, infine, sempre ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione e falsa
applicazione di legge con riferimento alla disciplina RAGIONE_SOCIALE spese processuali dei gradi di merito che -poste a carico, secondo soccombenza, RAGIONE_SOCIALE parti appellanti -il giudice del gravame avrebbe dovuto diversamente compensare, e atteso che -venendo in considerazione questione controversa nelle stesse ricostruzioni giurisprudenziali, ed alla stregua di quanto rilevato dalla stessa giurisprudenza di legittimità (Cass., 17 maggio 2013, n. 12052) -sussistevano i giusti motivi di compensazione per mutamento della giurisprudenza e novità della questione trattata;
-con un solo motivo di ricorso incidentale, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., l’RAGIONE_SOCIALE denuncia violazione  e  falsa  applicazione  di  legge  in  relazione  al  d.lgs.  31 dicembre 1992, n. 546, artt. 32 e 54, ed all’art. 324 cod. proc. civ., deducendo l’inammissibilità dei motivi di ricors o proposti da controparte, ad eccezione di quelli di cui all’ottavo ed al decimo motivo;
si assume, in sintesi, che – avendo il giudice del primo grado pronunciato (solo) sulla esenzione dalla tassa, qual correlata alla posizione sostanziale RAGIONE_SOCIALE parti ricorrenti (Enti locali), con rigetto RAGIONE_SOCIALE residue prospettazioni di parte ricorrente, -in sede di controdeduzioni -seppur riproposti «tutti gli altri argomenti» posti a fondamento del ricorso introduttivo del giudizio -era stata formulata la (sola) conclusione che aveva ad oggetto il rigetto degli spiegati motivi di appello e la conferma della sentenza (allora) impugnata;
-dunque, solo con memoria depositata in corso di giudizio era stata  sollevata  questione  di  conformità,  al  diritto  eurounitario,  della applicazione della tassa sulle concessioni governative alle comunicazioni  radiomobile  e,  poi,  formulate  nuove  conclusioni  con richiesta (anche) di «respingere l’appello avversario come da rassegnate conclusioni nell’atto introduttivo del presente giudizio non ravvisandosi, allo stato dell’attuale evoluzione normativa, sia il
presupposto normativo sia il presupposto impositivo che giustifichi la richiesta  di  una  tassa  di  concessione  governativa  sulla  telefonia cellulare alla luce della disciplina RAGIONE_SOCIALE TCG di cui al d.P.R. 641/72»;
 ne  conseguiva,  pertanto,  che  tutte  le  questioni  (anche  ora) proposte, quali motivi di ricorso, in tema di legittimità della tassazione -per ragioni diverse da quelle involgenti l’esenzione riconosciuta dalla pronuncia  di  prime  cure -avrebbero  dovuto  ritenersi  coperte  da giudicato, così che erroneamente la Commissione tributaria regionale se ne era fatta carico, sulle stesse pronunciando;
-il  motivo  di  ricorso  incidentale  –  che  va  pregiudizialmente esaminato -è destituito di fondamento;
3.1 -per come assume la stessa controricorrente, nelle controdeduzioni svolte in appello il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE aveva riproposto «tutti gli altri argomenti» posti a fondamento del ricorso introduttivo del  giudizio  seppur  formulata  la  (sola)  conclusione  che  esponeva  la richiesta di rigetto degli spiegati motivi di appello con conferma della sentenza (allora) impugnata;
come la Corte ha, poi, ripetutamente precisato, l’interpretazione del contenuto dell’atto processuale va correlata al suo tenore complessivo, ove, dunque, le ragioni di critica del decisum fatto oggetto di impugnazione debbono desumersi, anche per implicito, dall’intero atto di impugnazione considerato nel suo complesso, comprese le premesse in fatto, la parte espositiva e le conclusioni (v., ex plurimis , Cass., 3 agosto 2022, n. 24164; Cass., 21 novembre 2019, n. 30341; Cass., 24 agosto 2017, n. 20379; Cass., 31 marzo 2011, n. 7393; Cass., 12 gennaio 2009, n. 346; Cass., 19 gennaio 2007, n. 1224);
-e, con riferimento all’appello incidentale, si è, altresì, precisato che  la  devoluzione  al  giudice  del  gravame  dell’eccezione  di  merito, respinta  in  primo  grado,  formulata  dalla  parte  comunque  vittoriosa, esige la proposizione dell’appello incidentale, ma se la parte ripropone
tale eccezione contestando la statuizione sul punto, può procedersi alla sua riqualificazione, in applicazione del principio dell’idoneità dell’atto al raggiungimento RAGIONE_SOCIALE scopo, tenuto anche conto che, nel contenzioso tributario, l’appello incidentale non deve essere notificato, ma è contenuto nelle controdeduzioni, depositate nel termine di costituzione dell’appellato, venendo così ad affievolirsi la distinzione tra appello incidentale, riproposizione dei motivi e difesa del resistente (Cass., 31 gennaio 2022, n. 2805; Cass., 24 giugno 2021, n. 18119);
4. -sono, del  pari,  destituiti  di  fondamento,  e  vanno  senz’altro disattesi, i motivi di ricorso principale, dal primo al nono, che possono essere congiuntamente trattati perché strettamente connessi;
4.1. -il d.P.R. n. 641 del 1972, art. 1, dispone che «I provvedimenti amministrativi e gli altri atti elencati nell’annessa tariffa sono soggetti alle tasse sulle concessioni governative nella misura e nei modi indicati nella tariffa stessa .»; e l’art. 21 di detta Tariffa – nel testo risultante dal d.m. 28 dicembre 1995 (che recava « Approvazione della nuova tariffa RAGIONE_SOCIALE tasse sulle concessioni governative»), testo che, peraltro, veniva recepito dal d.l. n. 331 del 1993, art. 61, conv. in l. n. 427 del 1993, che, a sua volta, già aveva riformulato la corrispondente voce tariffaria, -contempla, per l’appunto, l’applicazione della tassa in relazione a « Licenza o documento sostitutivo per l’impiego di apparecchiature terminali per il servizio radiomobile pubblico terrestre di comunicazione (art. 318 del decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n. 156 e art. 3 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 151, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 202)»;
4.2  –  le  Sezioni  Unite  della  Corte  hanno  già  condivisibilmente statuito che l’abrogazione del d.P.R. n. 156 del 1973, art. 318 ad opera del  d.lgs.  n.  259  del  2003,  art.  218,  non  ha  fatto  venire  meno l’assoggettabilità dell’uso del telefono cellulare alla tassa governativa
di cui all’art. 21 della tariffa allegata al d.P.R. n. 641 del 1972, in quanto la relativa previsione è stata riprodotta nell’art. 160 del d.lgs. n. 259 cit. (secondo il cui disposto «1. Presso ogni singola stazione radioelettrica per la quale sia stata conseguita l’autorizzazione generale all’esercizio deve essere conservata l’apposita licenza rilasciata dal Ministero. 2. Per le stazioni riceventi del servizio di radiodiffusione il titolo di abbonamento tiene luogo della licenza.»); deve, pertanto, escludersi -come anche desumibile dalla norma interpretativa introdotta con l’art. 2, comma 4, del d.l. 24 gennaio 2014, n. 4, conv. con modif. in legge 28 marzo 2014, n. 50, che ha inteso la nozione di stazioni radioelettriche come inclusiva del servizio radiomobile terrestre di comunicazione -una differenziazione di regolamentazione tra telefoni cellulari e radio-trasmittenti, risultando entrambi soggetti, quanto alle condizioni di accesso, al d.lgs. n. 259/2003, cit. (attuativo, in particolare, della direttiva 2002/20/CE, cosiddetta direttiva autorizzazioni) e, quanto ai requisiti tecnici per la messa in commercio, al d.lgs. 5 settembre 2001, n. 269 (attuativo della direttiva 1999/5/CE), sicché il rinvio, di carattere non recettizio, operato dalla regola tarif faria deve intendersi riferito attualmente all’art. 160 della nuova normativa (Cass. Sez. U., 2 maggio 2014, nn. 9560 e 9561);
4.2.1 -le Sezioni Unite, in particolare, hanno rimarcato che:
« l’analisi della normativa, tanto RAGIONE_SOCIALE direttive, quanto della normativa di attuazione, porta a concludere che, da un lato, il codice RAGIONE_SOCIALE comunicazioni (D.Lgs. n. 259 del 2003) non si occupa solo RAGIONE_SOCIALE comunicazioni radio, ma anche RAGIONE_SOCIALE comunicazioni telefoniche, disciplinando le une e le altre sul piano RAGIONE_SOCIALE condizioni di accesso; dall’altro, il D.Lgs. n. 269 del 2001, non si occupa solo dei telefoni, ma anche RAGIONE_SOCIALE radio trasmittenti, disciplinando gli uni e le altre sul piano dei requisiti tecnici necessari per la messa in commercio»; così che «non appare giustificato sostenere sul piano normativo che la tassa di
concessione governativa sui ‘telefonini’ sia da ritenere abrogata per il solo fatto che il codice RAGIONE_SOCIALE comunicazioni (cui deve oggi intendersi riferito  il  rinvio  al  D.P.R.  n.  156  del  1973,  art.  318,  originariamente contenuto nella tariffa allegata al D.P.R. n. 641 del 1972) non disciplini più l’uso dei terminali radiomobili di comunicazione (cioè i telefoni) »;
difatti «la direttiva n. 5/99, sulle specifiche tecniche degli apparecchi terminali, accomuna le radio trasmittenti ed i telefoni in molte sue previsioni, mentre la direttiva n. 21/02 (‘autorizzazioni’), a bene intendere il combinato disposto dell’VIII Considerando e dell’art. 1, comma 4, non dice affatto che essa ‘non si applica’ agli apparecchi previsti dalla direttiva n. 5/99 (cioè i telefoni), ma dice una cosa diversa: e cioè che ‘restano ferme’ le previsioni della direttiva n. 5/99. Pertanto tra radi o e telefoni non c’è una distinzione in relazione alla fonte regolatrice, bensì solo in relazione all’attività: nel senso che la direttiva n. 5/99 ed il Decreto n. 269 del 2001 si occupano RAGIONE_SOCIALE specifiche tecniche sia RAGIONE_SOCIALE radio che dei telefoni; mentre la direttiva n. 21/02 ed il Decreto n. 259 del 2003 si occupano RAGIONE_SOCIALE reti e RAGIONE_SOCIALE relative autorizzazioni di esercizio sia per le radio, sia per i telefoni»;
il contenuto della disposizione di cui al d.P.R. n. 156 del 1973, art. 318, cit. è stato « integralmente trasfuso nell’art. 160 della nuova normativa, che, come la precedente, prevede le ‘stazioni radioelettriche’ soggette a licenza d’uso (in sostituzione della quale può aver titolo l’abbonamento): sicchè il riferimento contenuto nel citato art. 21 della tariffa allegata D.P.R. n. 641 del 1972, all’art. 318 del Codice postale deve intendersi attualmente riferito al D.Lgs. n. 259 del 2003, art. 160, stante il carattere ‘formale’ e non ‘recettizio’ del rinvio operato dalla regola tariffaria.»;
«Il D.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, art. 318, e il D.M. 13 febbraio 1990, n. 33, art. 3, in combinato disposto, costituiscono poi la base normativa sulla quale il legislatore, con il D.L. 13 maggio 1991, n. 151,
art.  3,  convertito  con  modificazioni  con  L.  12  luglio  1991,  n.  202, delibera di assoggettare alla tassa di concessione governativa l’uso del ‘telefono cellulare’, confermando,  con  tale  scelta normativa,  di riconoscere le citate disposizioni come legittima fonte regolatrice non solo  RAGIONE_SOCIALE  ‘stazioni  radioelettriche’,  ma  anche  dei  ‘telefoni  cellulari’ (medianti i quali è realizzato il servizio radiomobile pubblico terrestre di conversazione).»;
– «attraverso un continuum normativo -D.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, art. 318, D.M. 3 agosto 1985 (regolamento concernente il servizio radiomobile terrestre pubblico veicolare), D.M. 13 febbraio 1990, n. 33, (Regolamento concernente il servizio radiomobile pubblico terrestre di comunicazione), D.L. 13 maggio 1991, n. 151, art. 3, – la disciplina dei ‘telefoni cellulari’, con riferimento all’applicabilità della tassa di concessione governativa, emerge come necessitato sviluppo (anche in relazione all’evoluzione RAGIONE_SOCIALE tecnologie della comunicazione ‘mobile’) della disciplina RAGIONE_SOCIALE ‘stazioni radioelettriche’ (della quale si manifestano in tal modo un ‘contenuto implicito’ estrapolato dal legislatore per adeguare le scelte normative del ‘vecchio’ Codice postale alla nuova più complessa realtà del sistema RAGIONE_SOCIALE comunicazioni ‘radiomobili’). Un continuum normativo che poggia sul pilastro legittimante rappresentato dal Codice postale, dal quale traggono la loro forza in successione i D.M. 3 agosto 1985, e D.M. 13 febbraio 1990, n. 33, che del primo esplicitano contenuti più adeguati all’evoluzione tecnica dei sistemi di comunicazione, producendo un insieme di norme che sono fatte poi proprie definitivamente dalla scelta legislativa operata con il D.L. n. 151 del 1991, convertito con modificazioni con L. 12 luglio 1991, n. 202.»;
-la conferma dell’ intentio legis di escludere un’abrogazione della tassa di concessione governativa sulla telefonia mobile (in abbonamento)  rinviene,  poi,  «da  una  RAGIONE_SOCIALE  norme  di  chiusura  del
‘codice’, ossia dall’art. 219, il quale stabilisce che ‘dall’attuazione del Codice non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘. Si tratta non solo di una mera disposizione finanziaria, bensì di una vera e propria chiave in terpretativa della ‘liberalizzazione’ attuata con riferimento al sistema RAGIONE_SOCIALE comunicazioni radiomobili. In altri termini le ‘innovazioni’ a quest’ultimo apportate con il ‘codice’ debbono essere lette come ‘neutre’ sotto il profilo dei costi ‘pubblici’, n el senso che da esse non può derivare alcun ‘costo aggiuntivo’ per il bilancio RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE: e nella nozione di ‘costo aggiuntivo’ è naturalmente inclusa una eventuale riduzione (o, addirittura, totale eliminazione) degli introiti prodotti per il bilancio pubblico da una tassa, che prima di tali ‘innovazioni’ era ritenuta sicuramente applicabile. Sicchè un’interpretazione RAGIONE_SOCIALE norme del d.lgs. n. 259 del 2003 da cui si facesse discendere un’attuale inapplicabilità della tassa di concessione governativa sui telefonini prevista dal previgente sistema (che, come si è visto, culmina nelle previsioni di cui al D.L. n. 151 del 1991, art. 3), sarebbe incompatibile con la disposizione di cui all’art. 219, del medesimo codice e, quindi, non rappresentativa dell’effet tiva realtà normativa.»;
in un contesto connotato da «contrastanti posizioni esegetiche», il legislatore è, poi, intervenuto con disposizione (il d.l. n. 4 del 2014, art, 2, comma 4, cit.) di natura strettamente interpretativa che ha reso «esplicito  il  significato  implicito  di  una  precedente  disposizione  di legge»  ed  ha  eliminato  «un  contrasto  interpretativo,  imponendo  in modo obbligatorio per tutti un dato significato della norma ‘interpretata’, tra i diversi possibili. »;
detta disposizione, – alla cui stregua «Per gli effetti dell’articolo 21 della Tariffa annessa al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 641, le disposizioni dell’articolo 160 del Codice RAGIONE_SOCIALE comunicazioni elettroniche di cui al decreto legislativo 1° agosto 2003,
n. 259, richiamate dal predetto articolo 21, si interpretano nel senso che per stazioni radioelettriche si intendono anche le apparecchiature terminali per il servizio radiomobile terrestre di comunicazione.», -come reso esplicito (anche) dall’esame dei lavori parlamentari, ha assicurato «forza di legge ad un esito interpretativo della norma interpretata cui, come si è visto, era già possibile pervenire indipendentemente dall’intervento del legislatore. Può, quindi, dirsi che ricorrono nella specie ‘le condizioni di ammissibilità dell’interpretazione autentica -desumibili dall’articolo 11 RAGIONE_SOCIALE ‘preleggi’, cui si aggiungono ora quelle, comunque non di rango costituzionale, imposte dalla L. 27 luglio 2000, n. 212, artt. 1 (comma 2) e 3 (comma 1), statuto del contribuente -quali il contenuto non inequivoco della norma interpretata e la riconducibilità dell’esegesi prescelta dal legislatore ad una RAGIONE_SOCIALE alternative prima ammissibili’ (Cass. n. 4616 del 2005; v. anche Cass. nn. 7315 del 2003, 3423 del 2000).»;
– la previsione di una tassa, correlata al contratto di abbonamento al servizio di telefonia mobile, non può, da ultimo, ritenersi in contrasto con le direttive comunitarie sulla libertà di comunicazione, e in particolare con la Direttiva 2002/20/CE, c.d. direttiva autorizzazioni, così come affermato dalla stessa Corte di Giustizia, in quanto la tassa, che ha ad oggetto l’impiego di apparecchiature terminali per il servizio radiomobile pubblico terrestre di comunicazione, «non ha, come base imponibile, la fornitura di reti e di servizi di comunicazione elettronica e … l’uso privato di un servizio di telefonia mobile da parte di un abbonato non presuppone la fornitura di una rete o di un servizio di comunicazione elettronica, ai sensi della direttiva autorizzazioni» (CGUE, 12 dicembre 2013, causa C 355/13, RAGIONE_SOCIALE, punti 17 ss.; CGUE, 27 giugno 2013, causa C-71/12, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, punti 18 ss.; CGUE, 15 dicembre 2010, procedimento C 492/09, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, punti 31 ss.);
4.3 -la successiva giurisprudenza della Corte si è, quindi, uniformata alle conclusioni in discorso (v., ex plurimis , Cass., 21 giugno 2022, n. 19897; Cass., 10 maggio 2022, n. 14690; Cass., 8 maggio 2019, n. 12153; Cass., 22 novembre 2018, n. 30244; Cass., 22 marzo 2016, n. 5668; Cass., 2 dicembre 2014, n. 25522; Cass., 17 settembre 2014, n. 19632; Cass., 30 luglio 2014, n. 17386) ed ha evidenziato (anche) la manifesta infondatezza dei dubbi di legittimità costituzionale (anche qui) sollevati dal ricorrente, essendosi rilevato che:
insussistente il difetto di base normativa del prelievo tributario (art. 23 Cost.), in ragione del continuum normativo (già) rimarcato dalle Sezioni Unite, e della stessa adozione della disposizione di interpretazione autentica (d.l. n. 4 del 2014, art. 2, comma 4, cit.), la fruizione di servizi di telefonia mobile in base ad un rapporto contrattuale di abbonamento «presenta caratteristiche giuridiche e fattuali non sovrapponibili all’acquisto di un certo tempo di conversazione telefonica mediante la ricarica di una carta prepagata», posto che «l’utente nel primo caso gode del servizio continuativamente e si obbliga al pagamento di un canone periodico, mentre nel secondo caso acquista un pacchetto di minuti di conversazione telefonica», così che detta differenza «obbiettiva tra le due situazioni esclude l’irragionevolezza della diversità del relativo trattamento tributario, con riferimento al parametro di cui all’art. 3 Cost.» (così Cass., 2 dicembre 2014, n. 25522, cit.; Cass., 17 settembre 2014, n. 19632, cit.);
non sussiste la denunciata violazione dell’art. 114 Cost. -atteso che l’amministrazione statale deve ritenersi esclusa dalla tassa sulle concessioni governative, a differenza dai comuni, «non perché a questi ultimi  sovraordinato,  ma  perché,  essendo  il  percettore  RAGIONE_SOCIALE  entrate derivanti dalla tassa, il suo assoggettamento alla tassa darebbe luogo ad una mera partita di giro, priva di significato finanziario» – né quella
dell’art. 118 Cost., a riguardo del principio di sussidiarietà rilevando, dunque, che la circostanza che «i comuni debbano versare – al pari di tutti gli altri utenti dei servizi di telefonia mobile che non beneficino di specifiche norme di esenzione – la tassa di concessione governativa sugli abbonamenti stipulati per la fruizione di detti servizi è palesemente ininfluente ai fini della loro possibilità di svolgere, nell’esercizio dei loro poteri di pianificazione territoriale, le funzioni amministrative di loro competenza in materia di installazione di infrastrutture di reti di telefonia mobile» (Cass., 30 luglio 2014, n. 17386);
4.4 -la Corte ha, altresì, ripetutamente rilevato che gli enti locali sono tenuti al pagamento della tassa governativa sugli abbonamenti telefonici cellulari, non estendendosi ad essi l’esenzione riconosciuta dall’art. 13 bis , primo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641 né quella da riconoscersi in favore dell’Amministrazione RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, trattandosi di disposizioni di favore di stretta interpretazione, e attesa, ai sensi dell’art. 1, comma 2, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, l’in sussistenza di una generalizzata assimilazione tra amministrazioni pubbliche, la cui configurabilità presuppone una specifica scelta legislativa (nella specie, non adottata; v. Cass., 1 giugno 2012, n. 8825 cui adde Cass., 17 settembre 2019, n. 23081; Cass., 22 novembre 2018, n. 30244; Cass., 30 luglio 2014, n. 17386; Cass. Sez. U., 2 maggio 2014, n. 9560);
4.5 -sotto  il  profilo  della  legittimità  del  prelievo  tributario  in contestazione alla luce della disciplina eurounitaria, la stessa Corte di Giustizia,  con  la  pronuncia  evocata  col  primo  motivo  di  ricorso,  ha ribadito, – con più estese implicazioni – il suo precedente orientamento interpretativo, statuendo che:
«1) Le direttive:
1999/5/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 1999,  riguardante  le  apparecchiature  radio  e  le  apparecchiature terminali di telecomunicazione e il reciproco riconoscimento della loro conformità, segnatamente il suo articolo 8,
2002/19/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, relativa all’accesso alle reti di comunicazione elettronica e alle risorse  correlate,  e  all’interconnessione  RAGIONE_SOCIALE  medesime  (direttiva «accesso»),
2002/20/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, relativa alle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica (direttiva «autorizzazioni»), come modificata dalla direttiva 2009/140/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009,
2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva «quadro»), e
2002/22/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti  e  di  servizi  di  comunicazione  elettronica  (direttiva  «servizio universale»), come modificata dalla direttiva 2009/136/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009,
vanno interpretate nel senso che non ostano a una normativa nazionale relativa all’applicazione di una tassa, quale la tassa di concessione governativa, in forza della quale l’impiego di apparecchiature terminali per il servizio radiomobile terrestre, nel contesto di un contratto di abbonamento, è assoggettato a un’autorizzazione generale o a una licenza nonché al pagamento di detta tassa, in quanto il contratto di abbonamento sostituisce di per sé la licenza o l’autorizzazione generale e, pertanto, non occorre alcun intervento dell’amministrazione al riguardo;
L’articolo 20 della direttiva 2002/22, come modificata dalla direttiva 2009/136, e l’articolo 8 della direttiva 1999/5 vanno interpretati nel senso che non ostano, ai fini dell’applicazione di una tassa quale la tassa di concessione governativa, all’equiparazione a un’autorizzazione generale o a una licenza di stazione radioelettrica di un contratto di abbonamento a un servizio di telefonia mobile, che deve peraltro precisare il tipo di apparato terminale di cui si tratta e l’omologazione di cui è stato oggetto;
In un caso come quello oggetto dei procedimenti principali, il diritto dell’Unione, quale risulta dalle direttive 1999/5, 2002/19, 2002/20, come modificata dalla direttiva 2009/140, 2002/21 e 2002/22, come modificata dalla direttiva 2009/136, nonché dall’articolo 20 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, dev’essere interpretato nel senso che non osta a un trattamento differenziato degli utenti di apparecchiature terminali per il servizio radiomobile terrestre, a seconda che essi sottoscrivano un contratto di abbonamento a servizi di telefonia mobile o acquistino tali servizi in forma di carte prepagate eventualmente ricaricabili, in base al quale solo i primi sono assoggettati a una normativa nazionale come quella che istituisce la tassa di concessione governativa» (così CGUE, 17 settembre 2015, causa C-416/14, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE);
4.5.1 -la Corte di giustizia ha quindi rimarcato, in particolare, che:
-la normativa nazionale «non impone alcun intervento dell’amministrazione  tale  da  costituire  un  ostacolo  alla  libertà  di circolazione di dette apparecchiature e da violare la direttiva 1999/5» (punto 38);
-l’applicazione della tassa ai contratti di abbonamento, piuttosto che alle apparecchiature terminali per il servizio radiomobile terrestre, «non interferisce con la vendita di dette apparecchiature terminali, che possono essere vendute senza obbligo di sottoscrivere un contratto di
abbonamento in Italia e, comunque, essa non si applica nemmeno alle apparecchiature terminali provenienti da altri Stati membri, sicché non costituisce neppure un ostacolo alla libera circolazione di tali apparecchiature» (punto 39);
come già statuito dalla Corte, le direttive 2002/20 e 2002/21 non si applicano a una tassa quale la TCG, relativa all’uso di apparecchiature terminali per il servizio radiomobile terrestre in quanto «tale tassa non ha, come base imponibile, la fornitura di reti e di servizi di comunicazione elettronica e … l’uso privato di un servizio di telefonia mobile da parte di un abbonato non presuppone la fornitura di una rete o di un servizio di comunicazione elettronica ai sensi della direttiva 2002/20 (ordinanza NOME RAGIONE_SOCIALE, C-492/09, EU:C:2010:766, punto 35).» (punto 40);
-«un’imposta  il  cui  fatto  generatore  non  sia  collegato  alla procedura  di  autorizzazione  generale  che  consente  di  accedere  al mercato  dei  servizi  di  comunicazioni  elettroniche,  bensì  all’uso  dei servizi  di  telefonia  mobile  forniti  dagli  operatori  e  che  in  definitiva ricade sull’utente dei medesimi, non rientra nell’ambito di applicazione» della direttiva 2002/20, art. 12 (punto 41);
-«un’autorizzazione generale, come quella oggetto dei procedimenti principali, alla quale è equiparato il contratto di abbonamento, è intesa unicamente a fungere da fatto generatore della TCG.  Essa,  pertanto,  non  ha  lo  scopo  di  autorizzare  la  fornitura  di servizi di reti e non si pone in contrasto con gli obblighi derivanti da tale direttiva.» (punto 42);
«dato che le direttive reti e la direttiva 1999/5 non disciplinano l’applicazione  di  una  tassa  come  quella  oggetto  dei  procedimenti principali  e  che  non  risulta …. che  detta  normativa  attui  il  diritto dell’Unione », non trova applicazione, nella fattispecie, l’art. 20 della Carta dei diritti fondamentali (punto 53);
in sintesi, dunque, la Corte di Giustizia ha escluso ogni profilo di illegittimità comunitaria della tassa sui contratti di abbonamento per utenza di telefonia mobile in ragione (proprio) del porsi la tassa al di fuori del campo di applicazione RAGIONE_SOCIALE direttive unionali (ora oggetto di rifusione nella direttiva 1972/2018, dell’11 dicembre 2018, istitutiva del codice europeo RAGIONE_SOCIALE comunicazioni elettroniche);
-destituito di fondamento rimane anche il decimo motivo del ricorso principale;
5.1 -come la Corte ha già avuto modo di statuire, in tema di spese processuali il sindacato della Corte Suprema di Cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa; pertanto, esula da tale sindacato e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, e ciò sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca, sia nell’ipotesi di concorso di altri giusti motivi ( Cass., 19 novembre 2021, n. 35616; Cass., 17 ottobre 2017, n. 24502; Cass., 31 marzo 2017, n. 8421; Cass., 19 giugno 2013, n. 15317);
– le spese del giudizio di legittimità vanno compensate, tra le parti, in ragione di reciproca soccombenza mentre nei confronti del ricorrente principale sussistono i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, c. 1quater ), quanto alla ricorrente incidentale trattandosi di ricorso proposto da un’amministrazione RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, è esentata dal pagamento RAGIONE_SOCIALE imposte e tasse che gravano sul processo (cfr., ex plurimis , Cass., 29 gennaio 2016, n. 1778; Cass., 5 novembre 2014, n. 23514; Cass. Sez. U., 8 maggio 2014, n. 9938; Cass., 14 marzo 2014, n. 5955). 
P.Q.M.
-rigetta i ricorsi;
-compensa, tra le parti, le spese del giudizio di legittimità;
-ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente  principale,  di  un  ulteriore  importo  a  titolo  di  contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale stesso, a norma del comma 1bis , RAGIONE_SOCIALE stesso articolo 13, se dovuto .
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 13 settembre 2023.