Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16100 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 16100 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PAOLITTO LIBERATO
Data pubblicazione: 10/06/2024
Tarsu Tia Tares Rimborso
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 26445/2016 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo Sindaco p.t. , con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME AVV_NOTAIO;
-ricorrente –
contro
Albergo RAGIONE_SOCIALE La RAGIONE_SOCIALE, di NOME;
-intimato – avverso la sentenza n. 837/2016, depositata il 7 aprile 2016, della Commissione tributaria regionale della Puglia;
Udita la relazione della causa svolta, nella pubblica udienza del 30 aprile 2024, dal AVV_NOTAIO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
FATTI DI CAUSA
-Con sentenza n. 837/2016, depositata il 7 aprile 2016, la Commissione tributaria regionale della Puglia ha rigettato l’appello proposto dalla parte, odierna ricorrente, così confermando il decisum di prime cure che aveva accolto l’impugnazione di un diniego di rimborso della TARSU versata dalla contribuente negli anni dal 2007 al 2011.
1.1 -Il giudice del gravame -nel confermare le conclusioni cui era pervenuto il primo giudice in punto di illegittimità delle delibere di tariffa che, pertanto, andavano disapplicate -ha, in particolare, rimarcato che «la determinazione delle tariffe con riguardo alle diverse categorie e sottocategorie deve tener conto della idoneità a produrre rifiuti dei locali e delle aree tassabili» e che, pertanto, doveva ritenersi illegittima la deliberazione tariffaria che, così come nella fattispecie, «non prevede alcuna distinzione, nell’ambito degli alberghi, fra aree destinate esclusivamente a camere e quelle destinate a parti comuni».
-Il RAGIONE_SOCIALE di San RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di un solo motivo.
L’ Albergo RAGIONE_SOCIALE, di NOME, non ha svolto attività difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di legge con riferimento al d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, artt. 61, 65, 68 e 69, ed al d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 7, quanto alla ritenuta illegittimità delle tariffe nella fattispecie applicate.
Deduce, in sintesi, il ricorrente che – così come statuito da questa Corte di legittimità con consolidato orientamento interpretativo l’articolazione tariffaria, in tema di TARSU (art. 68, cit.), legittimamente può differenziare (anche in misura notevole) il trattamento riservato agli esercizi alberghieri in ragione, quale dato notorio, di una capacità produttiva di rifiuti notevolmente superiore a quella delle civili abitazioni.
Soggiunge il ricorrente che, nella fattispecie, non avrebbe alcun fondamento la rilevata necessità di differenziare il trattamento tributario, disarticolando la categoria omogenea individuata (esercizio alberghiero), in ragione della destinazione riservata a specifici spazi (le camere) posto che la legittimità del prelievo tariffario deve correlarsi ai costi del servizio (discriminati in base alla loro classificazione economica).
– Il motivo di ricorso è fondato e va senz’altro accolto.
– Il d.lgs. n. 507 del 1993, cit., per quel che qui rileva, disponeva nei seguenti termini:
«1. La tassa può essere commisurata o in base alla quantità e qualità medie ordinarie per unità di superficie imponibile dei rifiuti solidi urbani interni ed equiparati producibili nei locali ed aree per il tipo di uso, cui i medesimi sono destinati, e al costo dello smaltimento oppure, per i comuni aventi popolazione inferiore a 35.000 abitanti, in base alla qualità, alla quantità effettivamente prodotta, dei rifiuti solidi urbani e al costo dello smaltimento.
Le tariffe per ogni categoria o sottocategoria omogenea sono determinate dal comune, secondo il rapporto di copertura del costo prescelto entro i limiti di legge, moltiplicando il costo di smaltimento per unità di superficie imponibile accertata, previs to per l’anno successivo, per uno o più coefficienti di produttività quantitativa e qualitativa di rifiuti.» (art. 65, commi 1 e 2);
« 1. Per l’applicazione della tassa i comuni sono tenuti ad adottare apposito regolamento che deve contenere:
la classificazione delle categorie ed eventuali sottocategorie di locali ed aree con omogenea potenzialità di rifiuti e tassabili con la medesima misura tariffaria;
le modalità di applicazione dei parametri di cui all’art. 65;
L’articolazione delle categorie e delle eventuali sottocategorie è effettuata, ai fini della determinazione comparativa delle tariffe, tenendo conto, in via di massima, dei seguenti gruppi di attività o di utilizzazione:
…
locali ed aree ad uso abitativo per nuclei familiari, collettività e convivenze, esercizi alberghieri; …» (art. 68, commi 1 e 2);
«2. Ai fini del controllo di legittimità, la deliberazione deve indicare le ragioni dei rapporti stabiliti tra le tariffe, i dati consuntivi e previsionali relativi ai costi del servizio discriminati in base alla loro classificazione economica …» (art. 69, comma 2).
3.1 – Dalla disciplina così posta con riferimento ai criteri di legittimità del prelievo tributario deve, quindi, dedursi che la tassa può essere commisurata, in relazione al «costo di smaltimento», alla potenzialità di produzione di rifiuti (ed alla loro qualità) ovvero alla quantità di rifiuti effettivamente prodotta dai detentori (art. 65, comma 1); che, ancora, la classificazione in categorie (ed eventuali sottocategorie) dei produttori di rifiuti – operata in relazione ad una «omogenea potenzialità di rifiuti» – va articolata tenendo conto di «gruppi di attività o di utilizzazione» che, «in via di massima», fanno riferimento (anche) a «locali ed aree ad uso abitativo per nuclei familiari, collettività e convivenze, esercizi alberghieri» .
3.2 – Orbene, la disciplina in discorso, secondo un consolidato indirizzo interpretativo, è stata da questa Corte interpretata nel senso che deve ritenersi legittima «la delibera comunale di approvazione del regolamento e delle relative tariffe in cui la categoria degli esercizi alberghieri venga distinta da quella delle civili abitazioni ed assoggettata ad una tariffa notevolmente superiore a quella applicabile a queste ultime: la maggiore capacità produttiva di un esercizio alberghiero rispetto ad una civile abitazione costituisce, infatti, un dato di comune esperienza, emergente da un esame comparato dei regolamenti comunali in materia, ed assunto quale criterio di classificazione e valutazione quantitativa della tariffa anche dal d.lgs. n. 22 del 1997, senza che assuma alcun rilievo il carattere stagionale dell’attività, il quale può eventualmente dar luogo all’applicazione di speciali riduzioni d’imposta, rimesse alla discrezionalità dell’ente impositore»; e, con riferimento ai rapporti tra le tariffe, indicati tra gli elementi di riscontro della legittimità della delibera (d.lgs. n. 507 del 1993, art. 69), si è, più specificamente, rilevato che detti rapporti vanno riferiti – piuttosto che alla differenza tra le tariffe applicate a ciascuna categoria classificata – alla «relazione tra le tariffe ed i costi del servizio discriminati in base alla loro classificazione economica» (quella stessa istituita, dunque, ai sensi del combinato disposto dell’art. 65, commi 1 e 2, e dell’art. 68, commi 1 e 2; v. Cass., 12 marzo 2007, n. 5722 cui adde , ex plurimis , Cass., 6 agosto 2019, n. 20968; Cass., 6 agosto 2019, n. 20970; Cass., 4 aprile 2018, n. 8308; Cass., 7 dicembre 2016, n. 25214; Cass., 3 agosto 2016, n. 16175; Cass., 19 agosto 2015, n. 16972; Cass., 15 luglio 2015, n. 14758; Cass., 23 luglio 2012, n. 12859; Cass., 12 gennaio 2010, n. 302; Cass., 28 maggio 2008, n. 13957).
3.3 -Il criterio legale di commisurazione delle tariffe della Tarsu alla capacità di produzione di rifiuti (effettiva o potenziale), qual
emergente dal dettato normativo nazionale, ha trovato, poi, riscontro anche nella giurisprudenza unionale che, come già rilevato da questa Corte (v. Cass., 15 marzo 2019, n. 7437; Cass., 4 aprile 2018, n. 8308), ha statuito che:
risultando «spesso difficile, persino oneroso, determinare il volume esatto di rifiuti urbani conferito da ciascun ‘detentore’», ricorrere a criteri basati, da un lato, sulla capacità produttiva dei «detentori», calcolata in funzione della superficie dei beni immobili che occupano nonché della loro destinazione e/o, dall’altro, sulla natura dei rifiuti prodotti, può consentire di calcolare i costi dello smaltimento di tali rifiuti e ripartirli tra i vari «detentori», in quanto questi due criteri sono in grado di influenzare direttamente l’importo di detti costi;
«Sotto tale profilo, la normativa nazionale che preveda, ai fini del finanziamento della gestione e dello smaltimento dei rifiuti urbani, una tassa calcolata in base ad una stima del volume dei rifiuti generato e non sulla base del quantitativo di rifiuti effettivamente prodotto e conferito non può essere considerata, allo stato attuale del diritto comunitario, in contrasto con l’art. 15, lett. a), della direttiva 2006/12»;
«il principio «chi inquina paga» non osta a che gli Stati membri adattino, in funzione di categorie di utenti determinati secondo la loro rispettiva capacità a produrre rifiuti urbani, il contributo di ciascuna di dette categorie al costo complessivo necessario al finanziamento del sistema di gestione e di smaltimento dei rifiuti urbani.»;
-«… al fine del calcolo di una tassa sullo smaltimento dei rifiuti, una differenziazione tributaria fra categorie di utenti del servizio di raccolta e di smaltimento di rifiuti urbani, alla guisa di quella operata dalla normativa nazionale di cui trattasi nella causa principale fra le aziende alberghiere e i privati, in funzione di criteri obiettivi aventi un rapporto diretto col costo di detto servizio, quali la loro capacità
produttiva di rifiuti o la natura dei rifiuti prodotti, può risultare adeguata per raggiungere l’obiettivo di finanziamento di detto servizio.»;
«Anche se la differenziazione tributaria così operata non deve andare al di là di quanto necessario per raggiungere tale obiettivo di finanziamento, va tuttavia sottolineato che, nella materia in esame e allo stato attuale del diritto comunitario, le competenti autorità nazionali dispongono di un’ampia discrezionalità per quanto concerne la determinazione delle modalità di calcolo di siffatta tassa.» (Corte di Giustizia, 16 luglio 2009, RAGIONE_SOCIALE, causa C-254/08, punti 49 ss.).
3.4 – Una volta legittimamente individuata la categoria degli esercizi alberghieri – quale categoria che non può che essere oggetto di considerazione unitaria siccome espressiva di una «omogenea potenzialità di rifiuti», in quanto tale distinta da quella riferibile agli immobili ad uso abitativo – non è, quindi, conforme al ripercorso assetto normativo una disarticolazione della categoria fondata (esclusivamente) su generici rapporti di affinità (con altra categoria), piuttosto che sui criteri legali di ripartizione del prelievo fiscale (criteri dettati dalla «relazione tra le tariffe ed i costi del servizio discriminati in base alla loro classificazione economica»).
Non pare, quindi, che possa acquisire rilevanza la distinzione, nell’ambito dell’esercizio alberghiero, tra zone più o meno produttive di una maggiore quantità di rifiuti, posto che il sopra richiamato principio di legittimità deve intendersi riferito all’esercizio dell’attività alberghiera nel suo complesso.
Del resto, è anche dalla gestione, e pulizia, delle camere dell’albergo che deriva la maggiore quantità di rifiuti prodotti; e, considera la Corte, non è dato rinvenire, nel sistema, alcuna disposizione che distingua, all’interno della struttura ricettiva, zone
produttive di rifiuti in misura differenziata, come avviene, ad esempio, per gli stabilimenti industriali.
-L’impugnata sentenza va, pertanto, cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito con rigetto del ricorso originario del contribuente.
Le spese dei gradi di merito vanno compensate tra le parti mentre quelle del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza di parte intimata.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, rigetta il ricorso originario del contribuente; compensa, tra le parti, le spese dei gradi di merito e condanna parte intimata al pagamento, in favore del ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in € 4.500,00 per compensi professionali ed € 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 30 aprile 2024.