Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 26696 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 26696 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 03/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13418/2020 R.G. proposto da :
COMUNE ALBA ADRIATICA rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME rappresentata e difesa dagli avvocati TRIBUIANI LAURO (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. ABRUZZO n. 823/2019 depositata il 08/10/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/09/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La controversia trae origine dalla impugnazione dell’avviso di accertamento per omesso e/o parziale pagamento Tares e Tari annualità di imposta 2013-2015-2015 concernente la superficie occupata dallo stabilimento balneare Lido Marechiaro sito in Alba adriatica.
In particolare, la contribuente deduceva l’erroneità del calcolo della superficie tassata, dovendosi escludere le aree scoperte pertinenziali o accessorie al chiosco principale adibito al bar: in particolare una piattaforma scoperta, piatto doccia, camminamenti, pedane e cabine in quanto insuscettibili di produrre rifiuti, oltre all’area esterna destinata ad arenile diversa da quella occupata dagli ombrelloni, in quanto area assoggetta a pubblico uso. Invocava, inoltre, la riduzione tariffaria nella misura del 30% prevista per le attività stagionali, invece che quella spettante per le attività temporanee in ragione dell’effettiva occupazione.
I giudici di prossimità di Teramo respingevano il ricorso con sentenza appellata dalla contribuente.
I giudici regionali, con sentenza n. 823/2019 ritenevano corretta l’applicazione della tariffa su base stagionale, escludendo dal computo delle superfici tassabili la battigia, i corridoi di ingresso al mare in quanto nella disponibilità del pubblico, nonché il piatto doccia con pedane e cabine e camminamenti e l’area verde in quanto non destinate allo svolgimento di un’attività connessa alla produzione di rifiuti.
IL Comune propone ricorso affidato a due motivi per la cassazione della menzionata sentenza d’appello. Replica con controricorso la contribuente.
MOTIVI DI DIRITTO
Il primo motivo di ricorso introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., deduce la violazione degli artt. 1, commi 641 e 642 legge n. 147/2013, 5 e 7 regolamento Tari 2014 del Comune
di Alba Adriatica approvato con delibera del C.C. n. 29 del primo agosto 2014; per avere il decidente escluso dalla tassazione, perché insuscettibili di produrre rifiuti, le aree destinate al servizio ombreggio (battigia, corridoi di ingresso al mare). nonchè le aree scoperte dello stabilimento balneare. Si obietta che a mente delle norme rubricate, il presupposto per l’applicazione della Tari è il possesso o la detenzione a qualsiasi titolo di locali o aree scoperte a qualsiasi uso adibiti, assumendo che anche la battigia ed il corridoio di ingresso al mare sono parte della complessiva concessione demaniale di cui è titolare lo stabilimento e da considerarsi parte integrante della struttura ricettizia. Si assume che il regolamento comunale prevede l’attitudine a produrre rifiuti laddove vi è presenza di servizi di erogazione idrica, elettrica, telefonica (piatto doccia, piattaforma scoperta).
La seconda censura lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. la violazione degli artt. 2697 c.c., 115 c.p.c. in relazione agli artt. 1, commi 641 e 642 legge n. 147/2013, 5 e 7 regolamento Tari 2014 del Comune di Alba Adriatica approvato con delibera del C.C. n. 29 del primo agosto 2014; per avere il Collegio d’appello ritenuto sussistenti i presupposti necessari ai fini dell’esclusione dalla tassazione delle aree scoperte dello stabilimento e di quelle non destinate al servizio ombreggio, pur non avendo la contribuente adempiuto all’onere probatorio su di essa gravante.
3. Le censure sono fondate
Come già affermato da questa Corte (cfr. ord. nn.12475/2021, 31460/2019, 1976/2018), il d.lgs. n. 507 del 1993, art. 62 prevede che la tassa sia dovuta per l’occupazione o la detenzione di locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti, ad esclusione delle aree scoperte pertinenziali o accessorie di civili abitazioni diverse dalle ara verde, e la norma prevede altresì che non sono soggetti alla tassa i locali e le aree che non possono produrre rifiuti o per loro
natura o per il particolare uso cui sono stabilmente destinati o perché risultino obiettive condizioni di non utilizzabilità nel corso dell’anno qualora tali circostanze siano indicate nella denuncia originaria o di variazione e debitamente riscontrate in base ad elementi obiettivi direttamente rilevabili o ad idonea documentazione.
5. L’art. 62 pone, quindi, a carico dei possessori di immobili una presunzione legale relativa di produzione di rifiuti, al che consegue che l’impossibilità dei locali o delle aree a produrre rifiuti per loro natura o per il particolare uso, prevista dall’art. 62, comma 2, non può essere ritenuta in modo presunto dal giudice tributario, essendo onere del contribuente indicare nella denuncia originaria o di variazione le obiettive condizioni di inutilizzabilità, le quali devono essere ‘debitamente riscontrate in base ad elementi obiettivi direttamente rilevabili o ad idonea documentazione’ (Cass. n. 12475/2021; Cass. n. 12443 del 3/6/2014; Cass. n. 11351 del 06/07/2012; Cass. n. 17703 del 02/09/2004).
Inoltre, il d.lgs. n. 507 del 1993, art. 66 prevede che la tariffa può essere ridotta di un importo non superiore ad un terzo nel caso, tra l’altro, di aree scoperte adibite ad uso stagionale o ad uso non continuativo, ma ricorrente, risultante da licenza o autorizzazione rilasciata dai competenti organi per l’esercizio dell’attività, e rientra, dunque, nell’esercizio del potere discrezionale del comune decidere dell’introduzione o meno della suddetta riduzione. E’ di tutta evidenza che la normativa ha posto una chiara distinzione tra esclusione dell’obbligo del pagamento della tassa – connessa all’inutilizzabilità oggettiva dell’immobile (art.62 c.2 decreto cit.)- e la riduzione dell’importo della tassa, come facoltà per i Comuni di prevedere, nei propri atti normativi , una riduzione dell’importo della tassa a favore del contribuente in conseguenza dell’uso stagionale o non continuativo dei locali diversi dalle abitazioni e delle aree scoperte adibiti ad uso stagionale o ad uso non
continuativo, ma risultante da licenza o autorizzazione rilasciata dai competenti organi per l’esercizio dell’attività, regolando le fattispecie in modo peculiare e ponendo a carico del contribuente, come nel primo caso, un onere di dichiarazione e di prova delle situazioni fattuali.
5.1.La normativa in materia di Tari indica come causa di esclusione dell’obbligo del tributo le condizioni di “obiettiva” impossibilità di utilizzo dell’immobile, che -di certo -non possono essere individuate nella mancata utilizzazione dello stesso legata alla volontà o alle esigenze del tutto soggettive dell’utente (Cass. 18316/04, 17524/09), e neppure al mancato utilizzo di fatto del locale o dell’area ovvero all’uso indiscriminato dell’area, non coincidendo – com’è evidente -dette circostanze con l’obiettiva non utilizzabilità dell’immobile, ai sensi del d.lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 2 (Cfr. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 9633 del 13/06/2012; Cass. 22770/09). La tassa è, quindi, dovuta ove sussista la obiettiva possibilità di usufruire del servizio a prescindere dalla fruizione, essendo il presupposto del tributo costituito dalla occupazione o conduzione di locali a qualsiasi uso adibiti, con i limiti già evidenziati che non ricorrono nella fattispecie (vedi Cass. n. 22756/2016 e in senso conforme Cass. n. 33426/2018). Occorre, inoltre, precisare, che la l. n. 147 del 2013, nell’istituire la TARI che, quale componente della IUC, è «destinata a finanziare i costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, a carico dell’utilizzatore» (art. 1, c. 639), – ha riproposto una articolata disciplina degli obblighi di denuncia ed informazione, – posti a carico dei soggetti passivi del tributo (art. 1, commi 646, 684, 685 e 686), già presente nel d.lgs. n. 507 del 1993, art. 70 (in tema di TARSU), con ciò ribadendo la cd. ultrattività della dichiarazione, alla cui stregua la dichiarazione «ha effetto anche per gli anni successivi sempreché non si verifichino modificazioni dei dati dichiarati da cui consegua un diverso ammontare del tributo; in tal
caso, la dichiarazione va presentata entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello in cui sono intervenute le predette modificazioni.» (art. 1, c. 685, cit.), – e, da ultimo, disponendo che «Per tutto quanto non previsto dalle disposizioni dei precedenti commi concernenti la IUC, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 1, commi da 161 a 170, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.».
2. Pertanto, la Tari è dovuta sulle aree verdi, zona docce, corridoi e arenile, in quanto ai fini dell’applicazione della tariffa agli stabilimenti balneari insistenti su aree demaniali oggetto di concessione amministrativa deve considerare l’unitarietà del servizio reso, per cui risulta legittima l’applicazione della tariffa su tutte le superfici dello stabilimento balneare, compreso l’arenile, in quanto il servizio di gestione dei rifiuti viene erogato in relazione alla struttura nella sua interezza funzionale. L’arenile degli stabilimenti balneari rientra tra le aree soggette al tributo e non può essere considerato come avente carattere pertinenziale o accessorio rispetto alle eventuali strutture edificate degli impianti, dovendo invece essere valutato come parte integrante dell’attività economica svolta (Cass. n. 19524/2023; n. 29539/2021).
6. La Corte distrettuale ha ritenuto sussistenti i presupposti dell’esenzione TARI – per i mesi destinati alla balneazione (stagione balneare), non tenendo conto dell’estensione dello stabilimento balneare e delle sue dirette pertinenze, dell’intero arenile, nonché dell’obiettiva condizione di utilizzabilità dell’arenile di una struttura balneare e dell’operatività delle aree pertinenziali( piatto doccia, cabine e camminamenti, area verde).
1. Tali circostanze non sono state valutate dai giudici regionali, che nemmeno hanno considerato il deficit probatorio oggettivo circa la pretesa esclusione delle aree pertinenziali, dell’arenile, del piatto doccia, delle aree verdi e delle cabine.
Va conseguentemente accolto il ricorso, cassata l’impugnata sentenza e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di merito, ex art. 384 c.p.c., rigettato l’originario ricorso introduttivo; le spese dei gradi di merito possono essere compensate in ragione del posteriore consolidarsi della giurisprudenza in materia, mentre le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente; compensa le spese del giudizio di merito; condanna la controricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida, per compensi, in favore del Comune ricorrente in € 2.410,00 oltre spese generali ed accessori di legge. Spese di merito compensate.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione tributaria della Corte di Cassazione, in data 18.09.2025.
Il Presidente NOME COGNOME