Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2937 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 2937 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PAOLITTO LIBERATO
Data pubblicazione: 31/01/2024
Tributi altri
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 15475/2021 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE , in persona del Sindaco p.t. , rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME, con domicilio in Roma, INDIRIZZO, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo legale rappresentante p.t. , con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO , presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME , rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME;
-controricorrente – avverso la sentenza n. 512, depositata il 24 novembre 2020, della Commissione tributaria regionale di Abruzzo;
Udita la relazione della causa, svolta nella pubblica udienza del 27 settembre 2023, dal AVV_NOTAIO. NOME COGNOME; uditi gli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME ; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale AVV_NOTAIO COGNOMEAVV_NOTAIO , che ha concluso chiedendo che la Corte, respinti i primi cinque motivi, accolga il sesto motivo di ricorso.
FATTI DI CAUSA
-Con sentenza n. 512, depositata il 24 novembre 2020, la Commissione tributaria regionale di Abruzzo ha rigettato l’appello proposto dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE , così confermando la decisione di prime cure che aveva parzialmente accolto l’impugnazione di un invito al pagamento (n. 237/2018) emesso in relazione alla Tari dovuta da RAGIONE_SOCIALE, per l’anno 2017.
1.1 -Il giudice del gravame ha considerato che:
così come già condivisibilmente accertato dal giudice del primo grado, la contribuente -tenuto conto della proAVV_NOTAIOa perizia di parte aveva dato prova della prevalente produzione, sulle superfici tassate, di rifiuti terziari per il cui recupero aveva «stipulato contratti con società specializzate RAGIONE_SOCIALE»;
secondo la disciplina posta dal d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, e dal d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, artt. 221, comma 4, e 226, commi 1 e 2, i rifiuti degli imballaggi terziari non potevano essere assimilati ai rifiuti urbani, così che gli stessi regolamenti comunali aAVV_NOTAIOati in punto di assimilazione dovevano essere disapplicati;
il tributo, pertanto, non poteva ritenersi dovuto in quanto gli imballaggi terziari, ed i relativi rifiuti, dovevano essere smaltiti in via autonoma dal contribuente.
-Il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di sei motivi, ed ha depositato memoria.
RAGIONE_SOCIALE, di RAGIONE_SOCIALE, resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Il ricorso è articolato sui seguenti motivi:
1.1 -col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente denuncia nullità della gravata sentenza per violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. e del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, comma 2, n. 4, deducendo l’illogicità e la contraddittorietà della motivazione posta a base del decisum in quanto richiamata la disciplina (inapplicabile nella fattispecie) posta dal d.lgs. n. 22 del 1997 e, «soltanto in conclusione», la pertinente disciplina del d.lgs. n. 152 del 2006;
1.2 -il secondo motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione e falsa applicazione di legge con riferimento al d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, artt. 34, comma 1, 35, comma 1, 38, 43, comma 2, alla l. 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, commi 641 e 649, al d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, artt. 195, comma 2, lett. e), 198, comma 1, 221 e 226, nonché al regolamento comunale Tari, art. 3;
si assume, in sintesi, che illegittimamente il giudice del gravame aveva escluso la riconducibilità dei rifiuti di imballaggio al servizio pubblico di smaltimento dei rifiuti -in presenza, oltretutto, di un’assimilazione dei rifiuti in questione qual op erata dal regolamento comunale, art. 3, cit., -in quanto i dati normativi di fattispecie andavano interpretati nel senso che il conferimento, per la raccolta
comunale, dei rifiuti di imballaggio doveva ritenersi possibile se, per l’appunto, disposta l’assimilazione, essendo sempre e comunque vietato il conferimento di imballaggi terziari («ancora riutilizzabili e avviabili al recupero») e di quelli secondari («sempre se riutilizzabili, ad eccezione degli imballaggi conferiti da commercianti al dettaglio»);
1.3 -col terzo motivo, sempre ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di legge in relazione alla l. 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 649, all’art. 9 del regolamento comunale, cit., all’art. 2697 cod. civ., ed all’art. 115, comma 2, cod. proc. civ. deducendo che:
premesso che la deAVV_NOTAIOa produzione prevalente di rifiuti di imballaggio terziario avrebbe dovuto ritenersi «sfornita di prova piena», la conclusione probatoria cui il giudice del gravame era pervenuto rimaneva ad ogni modo contraria «ad ogni regola di comune esperienza» ed «impossibile da immaginare» se correlata ad una superficie di oltre 2.500,00 mq., destinata alla vendita all’ingrosso di articoli di abbigliamento ed accessori, con la presenza di nove addetti (così che si trattava di ambienti con presenza umana);
in ragione di tanto il giudice del gravame avrebbe dovuto rilevare una produzione promiscua di rifiuti, con conseguente applicazione delle riduzioni previste dall’art. 9 del regolamento comunale, cit.;
1.4 -il quarto motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., assumendo il ricorrente che il giudice del gravame aveva omesso di pronunciare sul motivo di appello che involgeva «il mancato puntuale adempimento da parte della società contribuente degli obblighi dichiarativi sulla stessa gravanti», e rimasti disattesi in quanto nella dichiarazione Tari del 30 gennaio 2015 controparte aveva fatto sì riferimento a «rifiuti speciali non assimilabili al servizio comunale
smaltiti da apposita ditta con servizio privato», epperò non ne aveva precisato la tipologia;
1.5 -col quinto motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di legge con riferimento alla l. 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, commi 649 e 684, ed al regolamento comunale, cit., art. 25, così riproponendo la questione deAVV_NOTAIOa col precedente motivo di ricorso sotto il profilo della violazione di disposizioni alla cui stregua l’as s olvimento dell’onere informativo, da parte del contribuente, avrebbe dovuto escludersi nella fattispecie, in ragione delle «insuperabili carenze» della dichiarazione presentata che non indicava la tipologia dei rifiuti proAVV_NOTAIOi e che recava «la laconica indicazione dell’estensione delle superfici e delle diverse destinazioni»;
1.6 -il sesto motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., reca la denuncia di violazione e falsa applicazione di legge in relazione al d.P.R. 27 aprile 1999, n. 158, art. 3, alla l. 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, commi 649 e 654, ed al regolamento Tari, cit., art. 13, assumendo il ricorrente che il giudice del gravame illegittimamente aveva integralmente escluso da imposizione TARI le superficie di (prevalente) produzione di rifiuti da imballaggi terziari senza considerare che il contribuente avrebbe (così) potuto essere esentato dal pagamento della (sola) quota variabile, non anche di quella fissa.
-I primi due motivi di ricorso -che vanno congiuntamente esaminati perché connessi -sono destituiti di fondamento.
2.1 -Come le Sezioni unite della Corte hanno statuito, la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54, d.l. 22 giugno 2012 n. 83, conv., con modificazioni, in l. 7 agosto 2012 n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione
al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione; pertanto, è denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione (Cass. Sez. U., 22 settembre 2014, n. 19881; Cass. Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053).
Si è quindi ripetutamente precisato che deve ritenersi apparente la motivazione che, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non renda tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perchè consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice (Cass. Sez. U., 3 novembre 2016, n. 22232; v., altresì, Cass., 18 settembre 2019, n. 23216; Cass., 23 maggio 2019, n. 13977; Cass., 7 aprile 2017, n. 9105; Cass. Sez. U., 24 marzo 2017, n. 7667; Cass. Sez. U., 3 novembre 2016, n. 22232; Cass. Sez. U., 5 agosto 2016, n. 16599).
Nella fattispecie -ed in disparte che la motivazione della gravata sentenza dà, in effetti, conto delle ragioni che sono state poste a fondamento del decisum -il difetto di motivazione viene in buona sostanza deAVV_NOTAIOo sulla base di un error iuris che, per l’appunto, la parte specificamente articola col secondo motivo di ricorso, così che, deve rimarcarsi, esso ha ad oggetto l’interpretazione e l’applicazione di
norme giuridiche, laddove il «vizio di motivazione in diritto» rimane di per sé irrilevante, essendo riconducibile all’ipotesi di cui al l’art. 360, primo comma, n. 3, n. 3 cod. proc. civ. e, quanto all’erronea motivazione, al potere correttivo della Corte se il dispositivo sia comunque conforme a diritto.
2.2 -Quanto, ora, al secondo motivo di ricorso, i dati normativi di fattispecie -che vanno riferiti al d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, dispongono ( ratione temporis e, per quel che qui rileva) nei seguenti termini:
«Ai fini della parte quarta del presente decreto e fatte salve le ulteriori definizioni contenute nelle disposizioni speciali, si intende per:
‘rifiuto’: qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l’obbligo di disfarsi» ;
«Sono inoltre di competenza dello Stato:
…
La determinazione dei criteri qualitativi e quali-quantitativi per l’assimilazione, ai fini della raccolta e dello smaltimento, dei rifiuti speciali e dei rifiuti urbani. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, d’intesa con il Ministro dello sviluppo economico, sono definiti, entro novanta giorni, i criteri per l’assimilabilità ai rifiuti urbani.» ;
«I comuni concorrono a disciplinare la gestione dei rifiuti urbani con appositi regolamenti che, nel rispetto dei principi di trasparenza, efficienza, efficacia ed economicità e in coerenza con i piani d’ambito aAVV_NOTAIOati ai sensi dell’articolo 201, comma 3, stabiliscono in particolare:
….
l’assimilazione, per qualità e quantità, dei rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani, secondo i criteri di cui all’articolo 195, comma
2, lettera e), ferme restando le definizioni di cui all’articolo 184, comma 2, lettere c) e d).» ;
«Ai fini dell’applicazione del presente titolo si intende per:
…
f) rifiuto di imballaggio: ogni imballaggio o materiale di imballaggio, rientrante nella definizione di rifiuto di cui all’articolo 183, comma 1, lettera a), esclusi i residui della produzione;» ;
-«… gli utilizzatori sono tenuti a consegnare gli imballaggi usati secondari e terziari e i rifiuti di imballaggio secondari e terziari in un luogo di raccolta organizzato dai produttori e con gli stessi concordato. Gli utilizzatori possono tuttavia conferire al servizio pubblico i suddetti imballaggi e rifiuti di imballaggio nei limiti derivanti dai criteri determinati ai sensi dell’articolo 195, comma 2, lettera e).» (art. 221, comma 4);
«È vietato lo smaltimento in discarica degli imballaggi e dei contenitori recuperati, ad eccezione degli scarti derivanti dalle operazioni di selezione, riciclo e recupero dei rifiuti di imballaggio.
Fermo restando quanto previsto dall’articolo 221, comma 4, è vietato immettere nel normale circuito di raccolta dei rifiuti urbani imballaggi terziari di qualsiasi natura. Eventuali imballaggi secondari non restituiti all’utilizzatore dal commerciante al dettaglio possono essere conferiti al servizio pubblico solo in raccolta differenziata, ove la stessa sia stata attivata nei limiti previsti dall’articolo 221, comma 4.» (art. 226, commi 1 e 2).
2.2.1 -Orbene, come reso esplicito dai dati di regolazione sopra ripercorsi, gli imballaggi usati secondari e terziari, ed i rifiuti di imballaggio secondari e terziari, vanno conferiti «in un luogo di raccolta organizzato dai produttori e con gli stessi concordato», né sono stati determinati, con riferimento a detta tipologia di rifiuti (per la cui
nozione v., ex plurimis , CGUE, 14 ottobre 2020, causa C-629/19, RAGIONE_SOCIALE, punti 41 e ss.), i criteri di assimilazione cui l’art. 221, comma 4, cit., rinvia.
2.2.2 – Come allora già rilevato dalla Corte – con riferimento al d.lgs. n. 22 del 1997 ma con conclusioni che, come anticipato, trovano conferma nella disciplina posta dal d.lgs. n. 152 del 2006 – i rifiuti da imballaggio costituiscono oggetto di un regime speciale rispetto a quello dei rifiuti in genere, regime caratterizzato essenzialmente dalla attribuzione ai produttori ed agli utilizzatori della loro gestione (termine che comprende tutte le fasi, dalla raccolta allo smaltimento), così che i regolamenti comunali che abbiano proceduto ad una tale assimilazione, vanno disapplicati, in parte qua , dal giudice tributario; ciò vale in assoluto per gli imballaggi terziari, per i quali è stabilito il divieto di immissione nel normale circuito di raccolta dei rifiuti urbani, cioè, in sostanza, il divieto di assoggettamento al regime di privativa comunale (v., ex plurimis , Cass., 30 marzo 2023, n. 8962; Cass., 23 aprile 2020, n. 8088; Cass., 10 aprile 2019, n. 10010; Cass., 9 giugno 2017, n. 14414; Cass., 11 marzo 2016, n. 4793; Cass., 18 gennaio 2012, n. 627).
3. -Il terzo motivo di ricorso è inammissibile.
Il ricorrente, difatti, sotto il velo di una censura di violazione di legge prospetta, piuttosto, un erroneo accertamento in fatto che il giudice del gravame ha specificamente svolto rilevando, come anticipato, che, alla stregua della proAVV_NOTAIOa perizia di parte, era stata offerta prova della prevalente produzione, sulle superfici tassate, di rifiuti terziari per il cui recupero la contribuente aveva «stipulato contratti con società specializzate RAGIONE_SOCIALE» .
Come, poi, la Corte ha ripetutamente rimarcato, la violazione dell’art. 2697 cod. civ. si configura soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella su
cui esso avrebbe dovuto gravare secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni mentre, e che per dedurre la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. occorre denunziare che il giudice, contraddicendo espressamente o implicitamente la regola posta da tale disposizione, abbia posto a fondamento della decisione prove non introAVV_NOTAIOe dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dall’art. 116 c.p.c. (Cass., 25 marzo 2022, n. 9695; Cass. Sez. U., 30 settembre 2020, n. 20867; Cass., 23 ottobre 2018, n. 26769; Cass. Sez. U., 5 agosto 2016, n. 16598, in motivazione).
-Anche il quarto ed il quinto motivo di ricorso -anch’essi da esaminare congiuntamente perché connessi -sono destituiti di fondamento.
4.1 – Va premesso che – alla luce dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo come costituzionalizzato nell’art. 111, secondo comma, Cost., nonché di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 cod. proc. civ. ispirata a tali principi – deve ritenersi consentito alla Corte, una volta verificata l’omessa pronuncia su un motivo di gravame, di omettere la cassazione con rinvio della sentenza impugnata, così decidendo la causa nel merito, allorquando la questione di diritto posta con quel motivo risulti infondata, di modo che la statuizione da rendere viene a confermare il dispositivo della sentenza di appello, e non risultando, per l’appunto, necessario alcun ulteriore accertamento in fatto (Cass., 1 marzo 2019, n. 6145; Cass. Sez. U., 2 febbraio 2017, n. 2731; Cass., 3 marzo 2011, n. 5139; Cass., 1 febbraio 2010, n. 2313; Cass., 28 luglio 2005, n. 15810; Cass., 23 aprile 2001, n. 5962).
4.2 -E’, poi, ben vero che l a l. n. 147 del 2013, cit., nell’istituire la TARI – che, quale componente della IUC, è «destinata a finanziare i costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, a carico dell’utilizzatore» (art. 1, c. 639), – ha riproposto una articolata disciplina degli obblighi di denuncia ed informazione posti a carico dei soggetti passivi del tributo (art. 1, commi 646, 684, 685 e 686) disciplina già presente nel d.lgs. n. 507 del 1993, art. 70 (in tema di TARSU) – con ciò ribadendo la cd. ultrattività della dichiarazione – alla cui stregua la dichiarazione «ha effetto anche per gli anni successivi sempreché non si verifichino modificazioni dei dati dichiarati da cui consegua un diverso ammontare del tributo; in tal caso, la dichiarazione va presentata entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello in cui sono intervenute le predette modificazioni.» (art. 1, c. 685, cit.) – e, da ultimo, disponendo che «Per tutto quanto non previsto dalle disposizioni dei precedenti commi concernenti la IUC, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 1, commi da 161 a 170, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.».
Però, per come assume lo stesso ricorrente, nella fattispecie la dichiarazione era stata resa dalla contribuente, oltretutto con specifico riferimento a «rifiuti speciali non assimilabili al servizio comunale smaltiti da apposita ditta con servizio privato»; e, come rimarcato dalla Corte, mentre il difetto della dichiarazione non può che essere sanato (solo) per il futuro -a riguardo, dunque, degli anni di imposta non ancora scaduti -l’avvenuta presentazione, così come nella fattispecie, ne legittima l’integrazione, in caso di contestazione, in via stragiudiziale ovvero anche in giudizio (Cass., 13 aprile 2023, n. 9913; Cass., 23 maggio 2022, n. 16641).
5. -È, per converso, fondato, e va accolto, il sesto motivo di ricorso.
Al riguardo va, innanzitutto, disattesa l’eccezione di inammissibilità svolta da parte controricorrente in quanto, in base al principio iura novit curia , la Corte può individuare (sinanche) d’ufficio i profili di diritto rilevanti per decidere le questioni sottoposte con i motivi di impugnazione, purché la decisione impugnata non sia coperta sul punto da giudicato interno (Cass., 18 febbraio 2021, n. 4272).
E, nella fattispecie, il motivo di ricorso non è coperto da giudicato interno che si determina su una statuizione minima della sentenza, costituita dalla sequenza rappresentata da fatto, norma ed effetto, suscettibile di acquisire autonoma efficacia decisoria nell’ambito della controversia, sicché l’appello motivato con riguardo ad uno soltanto degli elementi di quella statuizione riapre la cognizione sull’intera questione che essa identifica (Cass., 19 ottobre 2022, n. 30728).
5.1 – La l. n. 147 del 2013, art. 1, comma 651, dispone che «Il comune nella commisurazione della tariffa tiene conto dei criteri determinati con il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158»; e il d.P.R. n. 158/1999, cit., nel disciplinare i relativi criteri, articola la tariffa in una quota fissa ed in una quota variabile, disponendo che:
la tariffa «è composta da una parte fissa, determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio, riferite in particolare agli investimenti per le opere e dai relativi ammortamenti, e da una parte variabile, rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito e all’entità dei costi di gestione.» (art. 3, comma 2);
ai fini della «attribuzione della parte variabile della tariffa gli enti locali organizzano e strutturano sistemi di misurazione delle quantità di rifiuti effettivamente conferiti dalle singole utenze. Gli enti locali non ancora organizzati applicano un sistema presuntivo, prendendo a riferimento per singola tipologia di attività la produzione annua per mq
ritenuta congrua nell’ambito degli intervalli indicati nel punto 4.4 dell’allegato 1.» (art. 6, comma 2);
«Per le utenze non domestiche, sulla parte variabile della tariffa è applicato un coefficiente di riduzione, da determinarsi dall’ente locale, proporzionale alle quantità di rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato a recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l’attività di recupero dei rifiuti stessi.» (art. 7, comma 2).
5.2 -Con riferimento alla TIA di cui al d.lgs. n. 22 del 1997, art. 49 – e, dunque, ad una disciplina che è omogenea a quella in trattazione – la Corte ha già avuto modo di statuire che:
lo stesso Giudice delle leggi, e la Corte, hanno avuto modo di rimarcare alcune peculiarità applicative della Tariffa con riferimento, in specie, alla sua articolazione (in una quota fissa ed in una quota variabile) ed alle conseguenti implicazioni sulla tassazione delle aree produttive di rifiuti urbani ovvero speciali, assimilati o meno (v. Cass., 13 dicembre 2022, n. 36426; Cass., 22 marzo 2022, n. 9178; Cass., 27 febbraio 2020, n. 5360; Cass., 23 maggio 2019, n. 14038; Cass., 22 settembre 2017, n. 22127);
il presupposto impositivo si correla al possesso o alla detenzione di superfici astrattamente idonee alla produzione di rifiuti, e «la qualità e quantità di rifiuti proAVV_NOTAIOi incide nella determinazione della quota variabile della TIA che può essere legittimamente pretesa, in misura intera o riAVV_NOTAIOa, solo in presenza di una effettiva produzione di rifiuti urbani o assimilati, con conseguente esclusione dell’assoggettamento a tale parte del tributo di quelle superfici ove il contribuente dimostri di non produrre rifiuti o di produrre esclusivamente rifiuti speciali smaltiti, pertanto, autonomamente» (così Cass., 23 maggio 2019, n. 14038, cit.); ciò, del resto, in coerenza con la natura, cd. universale, della Tariffa – in quanto «Ogni edificio che si trovi sul territorio comunale, … è normativamente considerato come potenzialmente
idoneo, per le attività che vi si potrebbero svolgere, a produrre rifiuti urbani» (così Cass., 27 febbraio 2020, n. 5360) – ed in conseguenza della cennata articolazione tariffaria che – quanto alla quota fissa («determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio, riferite in particolare agli investimenti per le opere ed ai relativi ammortamenti»; art. 49, c. 4, cit.) – «ha la funzione di coprire il costo dei servizi di smaltimento concernenti i rifiuti non solo “interni”, cioè proAVV_NOTAIOi o producibili dal singolo soggetto passivo che può avvalersi del servizio, ma anche “esterni”, quali i “rifiuti di qualunque natura o provenienza giacenti sulle strade ed aree pubbliche e soggette ad uso pubblico”, e quindi di coprire anche le pubbliche spese afferenti ad un servizio indivisibile, reso a favore della collettività e non riconducibile a un rapporto sinallagmatico con il singolo utente» (così, ancora, Cass., 23 maggio 2019, n. 14038).
Ne consegue, in conclusione, che esclusa l’applicazione del tributo con riferimento alla sua quota variabile – ne residua la relativa applicazione a riguardo della quota fissa che, come detto, attiene ai costi generali del servizio e che prescinde dalla effettiva produzione di rifiuti urbani o speciali (Cass., 30 marzo 2023, n. 8962).
Per quest’ultimo profilo di censura , pertanto, l’impugnata sentenza va cassata con rinvio della causa, anche per la disciplina delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado di Abruzzo che, in diversa composizione, procederà al riesame della controversia attenendosi al principio di diritto sopra esposto (sub. 5).
P.Q.M.
La Corte, accoglie il sesto motivo, dichiara inammissibile il terzo motivo e rigetta i residui motivi di ricorso; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese del
giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado di Abruzzo, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27 settembre 2023.