Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 30505 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 30505 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PAOLITTO LIBERATO
Data pubblicazione: 26/11/2024
TARSU TIA TARES Accertamento
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 29018/2020 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE (P_IVA), in persona del suo legale rappresentante p.t. , rappresentata e difesa dal prof. AVV_NOTAIO NOME COGNOME (CODICE_FISCALE; EMAIL) dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME (CODICE_FISCALE; EMAIL ) e dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME (CODICE_FISCALE; EMAIL);
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (P_IVA), in persona del suo Sindaco p.t. , rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME (CODICE_FISCALE; EMAIL) e dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME (CODICE_FISCALE; EMAIL);
e sul ricorso proposto da
RAGIONE_SOCIALE (P_IVA), in persona del suo Sindaco p.t. , rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME (CODICE_FISCALE; EMAIL) e dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME (CODICE_FISCALE; EMAIL);
-ricorrente in via incidentale –
contro
RAGIONE_SOCIALE (P_IVA), in persona del suo legale rappresentante p.t. , rappresentata e difesa dal prof. AVV_NOTAIO NOME COGNOME (CODICE_FISCALE; EMAIL) dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME (CODICE_FISCALE; EMAIL ) e dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME (CODICE_FISCALE; EMAIL);
-controricorrente al ricorso incidentale – avverso la sentenza n. 1783/2020, depositata il 10 agosto 2020, della Commissione tributaria regionale della Lombardia;
Udita la relazione della causa, svolta nella pubblica udienza del 12 giugno 2024, dal AVV_NOTAIO;
uditi l’AVV_NOTAIO, per la ricorrente, e l’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, per la controricorrente;
udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso principale e di quello incidentale.
FATTI DI CAUSA
-Con sentenza n. 1783/2020, depositata il 10 agosto 2020, la Commissione tributaria regionale della Lombardia, previa riunione, ha accolto, per quanto di ragione, gli appelli proposti dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e dalla RAGIONE_SOCIALE, così pronunciando
in riforma della decisione di prime cure – (sentenza della Commissione tributaria provinciale di RAGIONE_SOCIALE, n. 341/2017, del 23 maggio 2017) che aveva accolto l’impugnazione di un avviso di pagamento ( n. 7806 del 1 marzo 2016) emesso in relazione alla TARI dovuta dalla contribuente per l’anno 2016 – ed a conferma di altra decisione – (sentenza della Commissione tributaria provinciale di RAGIONE_SOCIALE, n. 695/2017, del 23 novembre 2017) che aveva accolto parzialmente, per quanto di ragione, l’impugnazione di un avviso di pagamento (n. 64391 del 3 marzo 2017) emesso in relazione alla Tari dovuta dalla contribuente per l’anno 2017 -.
1.1 -A fondamento del decisum , il giudice del gravame ha rilevato che:
-in esito all’autotutela esercitata dall’Ente impositore, il contenzioso residuava in ordine all’imponibilità della superficie ( di mq. 14420 ) destinata all’esercizio di un punto vendita all’ingrosso (ubicato alla INDIRIZZO), sottoposta a tassazione con applicazione della tariffa 28, e di quella (pari a mq. 2949) destinata a parcheggio (con applicazione della tariffa 3);
il presupposto impositivo doveva ritenersi perfezionato in ragione della detenzione dell’area suscettibile di produrre rifiuti, così che la contribuente era tenuta al versamento del tributo «per i parcheggi e per il punto di vendita, poichè le relative aree sono frequentate da soggetti e, per l’effetto, sono produttive di rifiuti potenziali, stante l’onere a carico della società di provare con dichiarazione ad hoc e idonea documentazione la sussistenza dei presupposti per l’esenzione o la riduzione d’imposta»;
risultava, però, anche che la contribuente aveva «provveduto in proprio alla raccolta ed allo smaltimento dei rifiuti, essendo i medesimi, per la maggior parte, RAGIONE_SOCIALE, dando incarico ad una ditta specializzata per il riciclaggio ed il recupero o smaltimento dei rifiuti
assimilabili a quelli urbani»; così che di detta circostanza doveva tenersi conto relativamente al quantum del tributo dovuto a titolo di quota variabile;
«Il RAGIONE_SOCIALE non ha effettuato alcun servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti per le aree in contestazione, poichè la società, con oneri a proprio carico, ha incaricato una ditta specializzata, per cui il RAGIONE_SOCIALE ha imposto una tassa per un servizio non reso, quindi ne consegue la non debbenza impositiva, stante la mancanza di prestazioni, per altro non rese da parte del RAGIONE_SOCIALE.».
– RAGIONE_SOCIALE ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di otto motivi.
Il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso che espone due motivi di ricorso incidentale cui RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
Le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Il ricorso principale è articolato sui seguenti motivi:
1.1 -il primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., espone la denuncia di nullità della gravata sentenza per «inconciliabile contraddittorietà e totale assenza delle ragioni del decidere», assumendo la ricorrente che:
il giudice del gravame aveva pronunciato sulle impugnazioni dalle parti proposte avverso due sentenze della Commissione tributaria provinciale di RAGIONE_SOCIALE che si erano espresse nei seguenti termini: a) -con riferimento al periodo di imposta 2016, era stato annullato l’atto impositivo sul rilievo della detassazione delle superfici detenute, così come ritenuto in precedenti pronunce di quel giudice (sentenze n. 585/2015 e n. 134/2016 relative ai periodi di imposta 2014 e 2015) passate in giudicato (sentenza n. 341/2017, del 23 maggio 2017); b) -a riguardo della Tari dovuta per l’anno 2017, era stato «ridotto il
valore dell’accertamento di 1/3» (sentenza n. 695/2017, del 23 novembre 2017);
nel confermare, pertanto, il decisum di quest’ultima pronuncia, la gravata pronuncia -su di un ordito motivazionale che ripercorreva, nella sostanza, quello sotteso alla sentenza n. 695/2017, cit. -finiva per fondarsi su ragioni decisorie che reciprocamente si escludevano -affermando, ed al contempo, escludendo la sussistenza del presupposto impositivo nei riferimenti, non meglio distinti ed articolati quanto a relative ricadute, alla detenz ione delle superfici ed all’omessa prestazione del servizio -e che (così) non davano alcun conto della persistente applicazione del tributo nella (ridotta) misura dei due terzi;
1.2 -col secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia violazione dell’art. 113 cod. proc. civ. assumendo, in sintesi, che la gravata pronuncia si era risolta -inespresse le relative ragioni fondative -in una decisione resa secondo equità risultando rideterminato il carico impositivo -per di più sulla base di un’apodittica qualificazione come assimilabili dei rifiuti in contestazione -senz’alcun riferimento ad una qualche disposizione normativa suscettibile di integrarne il fondamento;
1.3 -col terzo motivo, sempre ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia nullità della gravata sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. non avendo il giudice del gravame pronunciato sull’eccezione di giudicato esterno che era stata formulata con riferimento alle sentenza della sentenze della Commissione tributaria provinciale di RAGIONE_SOCIALE n. 585/2015 (relativa alla Tari dovuta per l’anno 2014) e n. 134/2016 (relativa alla Tari dovuta per l’anno 2015) ;
1.4 -il quarto motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., reca la denuncia di violazione dell’art. 2909 cod. civ. sull’assunto che in fattispecie connotate da invarianza di superfici
tassabili, e relative destinazioni d’uso, nonché di modalità di avvio a recupero, riciclo e smaltimento dei rifiuti speciali prodotti -non v’era ragione per disconoscere l’efficacia espansiva del giudicato esterno tra diversi periodi di imposta;
1.5 -col quinto motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia violazione di legge con riferimento all’art. 191 del TFUE, alla direttiva 2008/98/CE, del 19 novembre 2008 , art. 14, all’art. 117 Cost., al d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915, art. 3, alla l. 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 649, ed al regolamento comunale TARI, artt. 1, comma 2, e 8, comma 5, deducendo, in sintesi, che illegittimamente il giudice del gravame aveva confermato la legittimità dell’imposizione, sia pur riducendone arbitrariamente l’ammontare, senza considerare che -in conformità al principio unionale fondato sul «chi inquina paga» -dovevano considerarsi escluse da tassazione le superfici ove si producevano in via prevalente, e continuativa, rifiuti speciali (art. 1, comma 649, cit.), così come nella fattispecie avvenuto a riguardo di rifiuti speciali non assimilati che essa esponente aveva avviato al recupero a proprie spese;
1.6 -il sesto motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., reca la denuncia di violazione del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, artt. 217, 218, 219, 221 e 226, deducendo la ricorrente che i dati normativi di disciplina degli RAGIONE_SOCIALE rendono evidente che -articolandosi la distinzione degli stessi in ragione della funzione assolta piuttosto che della rispettiva composizione merceologica -gli RAGIONE_SOCIALE costituiscono oggetto di un regime speciale rispetto a quello dei rifiuti in genere, regime caratterizzato dalla attribuzione ai produttori ed agli utilizzatori della loro gestione (termine che comprende tutte le fasi, dalla raccolta allo smaltimento), così che ne consegue il divieto di immettere nel normale circuito di raccolta dei
rifiuti urbani gli RAGIONE_SOCIALE terziari e, quanto agli RAGIONE_SOCIALE secondari, essendone consentito il conferimento al servizio pubblico solo nel caso di RAGIONE_SOCIALE non restituiti all’utilizzatore dal commerciante al dettaglio, e purchè attivata la raccolta differenziata;
1.7 -col settimo motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia violazione di legge in relazione alla l. 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 641, ed al regolamento comunale Tari, artt. 5, comma 2, e 8, comma 2;
premesso che, nella legislazione in tema di rifiuti, quantomeno a decorrere dal 1997 si è introdotta la distinzione tra superfici scoperte operative e aree scoperte pertinenziali od accessorie a locali tassabili, – e che, secondo lo stesso regolamento comunale (art. 8, comma 2, cit.), si debbono intendere per aree scoperte operative quelle «sulle quali si svolge un’attività atta a produrre autonomamente ed apprezzabilmente rifiuti, come le aree adibite alla medesima attività svolta nei locali ed aree coperti o ad attività complementari nonché quelle adibite a deposito», con conseguente detassazione delle aree «scoperte pertinenziali ed accessorie, come i piazzali (di transito, di manovra, di carico e scarico, di sosta), le zone di viabilità interna e le aree verdi» – nella fattispecie il giudice del gravame erroneamente aveva escluso la detassazione delle superfici destinate a parcheggio gratuito per la clientela, atteso che veniva in rilievo (in ragione della sua destinazione funzionale) la natura pertinen ziale dell’area che (così) non avrebbe potuto considerarsi operativa; e, per di più, rilevando che, secondo nozione di fatto di comune esperienza, alla destinazione a parcheggio dell’area in questione non poteva correlarsi un’apprezzabile, e significativa, produzione di rifiuti;
1.8 -con l’ottavo motivo di ricorso, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia nullità della gravata sentenza e del procedimento per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.,
avendo il giudice del gravame ritenuto assorbito l’esame delle questioni da essa esponente poste con riferimento alla legittimità costituzionale, ed eurounitaria, di disposizioni nazionali legittimanti l’imposizione tributaria pur a fronte di obblighi di gestione dei rifiuti (speciali, e da RAGIONE_SOCIALEo, così come nella fattispecie) direttamente posti a carico degli operatori economici produttori, ed utilizzatori, di quegli stessi rifiuti.
-Il ricorso incidentale del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE espone i seguenti motivi:
2.1 – col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente denuncia nullità della gravata sentenza per violazione (in extrapetizione) dell’art. 112 cod. proc. civ., risultando accordata alla contribuente una riduzione del carico impositivo (sino ai due terzi della pretesa esposta nell’atto impositivo) in difetto di ogni richiesta di parte (in sede amministrativa e giudiziale) in ordine al trattamento di favore previsto, a riguardo della quota variabile del tributo, e con riferimento alla riduzione del tributo in proporzione «alle quantità di rifiuti speciali assimilati che il produttore dimostra di aver avviato al riciclo, direttamente o tramite soggetti autorizzati» (l. n. 147 del 2013, art. 1, comma 649, cit.);
2.2 -il secondo motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., reca la denuncia di violazione e falsa applicazione della l. 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 649, cit., assumendo il ricorrente che -in disparte lo stesso difetto di una richiesta di parte sul punto -la riduzione del carico impositivo predicava l’avvio al riciclo dei rifiuti speciali, ciò che nella fattispecie era rimasto indimostrato, e, ad ogni modo incidendo sulla sola quota variabile, si risolveva in importi ( pari ad € 45.317,00 per l’anno 2016, e ad € 52.110,00, per l’anno 2017) ben inferiori alla misura del terzo che aveva formato oggetto di riconoscimento nella gravata pronuncia.
-Il primo motivo del ricorso principale -dal cui esame consegue l’assorbimento oltreché del ricorso incidentale, dei residui motivi dello stesso ricorso principale, eccezion fatta per il terzo ed il quarto motivo, – è fondato, e va accolto.
3.1 -Per quel che qui rileva, la l. n. 147 del 2013, art. 1, cit., dispone che:
«Il presupposto della TARI è il possesso o la detenzione a qualsiasi titolo di locali o di aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani. Sono escluse dalla TARI le aree scoperte pertinenziali o accessorie a locali tassabili, non operative, e le aree comuni condominiali di cui all’articolo 1117 del codice civile che non siano detenute o occupate in via esclusiva.» (comma 641);
«La TARI è dovuta da chiunque possieda o detenga a qualsiasi titolo locali o aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani …» (c omma 642);
«Nella determinazione della superficie assoggettabile alla TARI non si tiene conto di quella parte di essa ove si formano, in via continuativa e prevalente, rifiuti speciali, al cui smaltimento sono tenuti a provvedere a proprie spese i relativi produttori, a condizione che ne dimostrino l’avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente. Per i produttori di rifiuti speciali assimilati agli urbani, nella determinazione della TARI, il comune disciplina con proprio regolamento riduzioni della quota variabile del tributo proporzionali alle quantità di rifiuti speciali assimilati che il produttore dimostra di aver avviato al riciclo, direttamente o tramite soggetti autorizzati. Con il medesimo regolamento il comune individua le aree di produzione di rifiuti speciali non assimilabili e i magazzini di materie prime e di merci funzionalmente ed esclusivamente collegati all’esercizio di dette attività produttive, ai quali si estende il divieto di assimilazione …» (comma 649).
Al regolamento, adottato dall’Ente locale, viene, poi, demandato di articolare riduzioni ed esenzioni tariffarie (art. 1, commi 659 e 682) mentre a carico del contribuente è posto l’obbligo procedurale della dichiarazione (originaria o di variazione; art. 1, commi 684 e ss.).
3.2 -La Corte ha già avuto modo di esaminare il complesso normativo in discorso – considerato, quindi, sostanzialmente omogeneo a quello che (già) connotava la disciplina della TARSU – ed ha rilevato che il presupposto impositivo della TARI rimane, pur sempre, correlato alla occupazione o alla conduzione di locali ed aree scoperte, adibiti a qualsiasi uso privato, così che, pur valendo il principio secondo cui è l’Amministrazione a dover fornire la prova della fonte dell’obbligazione tributaria, è onere del contribuente dimostrare la sussistenza delle condizioni per beneficiare della riduzione della superficie tassabile ovvero dell’esenzione, trattandosi di eccezione rispetto alla regola AVV_NOTAIO del pagamento dell’imposta sui rifiuti urbani nelle zone del territorio comunale (Cass., 15 maggio 2019, n. 12979; Cass., 22 settembre 2017, n. 22130).
Così come già statuito, dunque, con riferimento alla TARSU:
il presupposto impositivo della TARI è costituito dalla disponibilità dell’area produttrice di rifiuti e, dunque, la tassa è dovuta unicamente per il fatto di occupare o detenere locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti, con una presunzione iuris tantum di produttività che può essere superata solo dalla prova contraria del detentore dell’area (Cass., 9 marzo 2020, n. 6551; Cass., 23 maggio 2019, 14037; Cass., 14 settembre 2016, n. 18054; Cass., 23 settembre 2004, n. 19173; Cass., 18 dicembre 2003, n. 19459);
lo stabilire se determinati locali di uno stesso edificio, benché destinati ad uffici, depositi, mostre ecc. e non propriamente all’attività produttiva, siano parimenti idonei, o meno, a produrre rifiuti speciali, costituisce apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito (Cass.,
22 dicembre 2016, n. 26725; Cass., 11 agosto 2004, n. 15517; Cass., 17 febbraio 1996, n. 1242);
-l’esenzione dal tributo – che, a differenza del previgente règime (d. lgs. n. 507/1993, art. 62, comma 3) che lo correlava a «quella parte di essa ove per specifiche caratteristiche strutturali e per destinazione si formano, di regola, rifiuti speciali, tossici o nocivi, allo smaltimento dei quali sono tenuti a provvedere a proprie spese i produttori stessi in base alle norme vigenti» (v. Cass., 13 settembre 2017, n. 21250; Cass., 24 luglio 2014, n. 16858; Cass., 4 aprile 2012, n. 5377), è ora prevista per quella parte di superficie ove i rifiuti speciali si formino «in via continuativa e prevalente», ed a condizione che i produttori (tenuti a provvedere a proprie spese) «ne dimostrino l’avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente.» – integra , pur sempre, l’oggetto di un’allegazione il cui onere della prova grava sul contribuente che intende ottenere l’esenzione, in quanto, se è vero che l’onere della prova dei fatti costituenti fonte dell’obbligazione tributaria grava sull’amministrazione, il diritto all’esenzione va provato dal contribuente, costituendo le esenzioni, anche parziali, eccezione alla regola AVV_NOTAIO di pagamento del tributo da parte di tutti coloro che occupano o detengono immobili nelle zone del territorio comunale (Cass., 16 aprile 2019, 10634; Cass., 5 settembre 2016, n. 17622; Cass., 24 luglio 2014, n. 16858; Cass., 6 luglio 2012, n. 11351; Cass., 9 marzo 2012, n. 3756; Cass., 14 gennaio 2011, n. 775);
– tanto le deroghe alla tassazione quanto le riduzioni delle superfici e tariffarie non operano in via automatica, in base alla mera sussistenza delle previste situazioni di fatto, dovendo, invece, i relativi presupposti essere di volta in volta dedotti nella denuncia originaria o in quella di variazione (Cass., 13 agosto 2004, n. 15867 cui adde Cass., 12 dicembre 2019, n. 32741; Cass., 17 settembre 2019, n. 23059; Cass., 3 marzo 2010, n. 5036; Cass., 15 aprile 2005, n. 7915; v., altresì,
Cass., 23 febbraio 2018, n. 4602; Cass., 13 settembre 2017, n. 21250; Cass., 31 luglio 2015, n. 16235;).
3.3 -La l. n. 147 del 2013, art. 1, comma 651, dispone che «Il comune nella commisurazione della tariffa tiene conto dei criteri determinati con il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158»; e il d.P.R. n. 158/1999, cit., nel disciplinare i relativi criteri, articola la tariffa in una quota fissa ed in una quota variabile, disponendo che:
la tariffa «è composta da una parte fissa, determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio, riferite in particolare agli investimenti per le opere e dai relativi ammortamenti, e da una parte variabile, rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito e all’entità dei costi di gestione.» (art. 3, comma 2);
ai fini della «attribuzione della parte variabile della tariffa gli enti locali organizzano e strutturano sistemi di misurazione delle quantità di rifiuti effettivamente conferiti dalle singole utenze. Gli enti locali non ancora organizzati applicano un sistema presuntivo, prendendo a riferimento per singola tipologia di attività la produzione annua per mq ritenuta congrua nell’ambito degli intervalli indicati nel punto 4.4 dell’allegato 1.» (art. 6, comma 2);
«Per le utenze non domestiche, sulla parte variabile della tariffa è applicato un coefficiente di riduzione, da determinarsi dall’ente locale, proporzionale alle quantità di rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato a recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l’attività di recupero dei rifiuti stessi.» (art. 7, comma 2).
3.3.1 – Con riferimento alla TIA di cui al d.lgs. n. 22 del 1997, art. 49 – e, dunque, ad una disciplina che è omogenea a quella in trattazione – la Corte ha già avuto modo di statuire che:
lo stesso Giudice delle leggi, e la Corte, hanno avuto modo di rimarcare alcune peculiarità applicative della Tariffa con riferimento, in
specie, alla sua articolazione (in una quota fissa ed in una quota variabile) ed alle conseguenti implicazioni sulla tassazione delle aree produttive di rifiuti urbani ovvero speciali, assimilati o meno (v. Cass., 13 dicembre 2022, n. 36426; Cass., 22 marzo 2022, n. 9178; Cass., 27 febbraio 2020, n. 5360; Cass., 23 maggio 2019, n. 14038; Cass., 22 settembre 2017, n. 22127);
– il presupposto impositivo si correla al possesso o alla detenzione di superfici astrattamente idonee alla produzione di rifiuti, e «la qualità e quantità di rifiuti prodotti incide nella determinazione della quota variabile della TIA che può essere legittimamente pretesa, in misura intera o ridotta, solo in presenza di una effettiva produzione di rifiuti urbani o assimilati, con conseguente esclusione dell’assoggettamento a tale parte del tributo di quelle superfici ove il contribuente dimostri di non produrre rifiuti o di produrre esclusivamente rifiuti speciali smaltiti, pertanto, autonomamente» (così Cass., 23 maggio 2019, n. 14038, cit.); ciò, del resto, in coerenza con la natura, cd. universale, della Tariffa – in quanto «Ogni edificio che si trovi sul territorio comunale, … è normativamente considerato come potenzialmente idoneo, per le attività che vi si potrebbero svolgere, a produrre rifiuti urbani» (così Cass., 27 febbraio 2020, n. 5360) – ed in conseguenza della cennata articolazione tariffaria che – quanto alla quota fissa («determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio, riferite in particolare agli investimenti per le opere ed ai relativi ammortamenti»; art. 49, c. 4, cit.) – «ha la funzione di coprire il costo dei servizi di smaltimento concernenti i rifiuti non solo “interni”, cioè prodotti o producibili dal singolo soggetto passivo che può avvalersi del servizio, ma anche “esterni”, quali i “rifiuti di qualunque natura o provenienza giacenti sulle strade ed aree pubbliche e soggette ad uso pubblico”, e quindi di coprire anche le pubbliche spese afferenti ad un servizio indivisibile, reso a favore della collettività e non
riconducibile a un rapporto sinallagmatico con il singolo utente» (così, ancora, Cass., 23 maggio 2019, n. 14038).
Così che l’applicazione di un coefficiente di riduzione proporzionale della tariffa incide (solo) sulla parte variabile della tariffa stessa e involge i (soli) rifiuti speciali assimilati (l. n. 147 del 2013, art. 1, comma 649, cit.; d.P.R. n. 158 del 1999, art. 7, comma 2).
3.4 -Quanto, poi, agli RAGIONE_SOCIALE, ed ai rifiuti di RAGIONE_SOCIALEo, i dati normativi di fattispecie, di cui al d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, dispongono ( ratione temporis e, per quel che qui rileva) nei seguenti termini:
«Ai fini della parte quarta del presente decreto e fatte salve le ulteriori definizioni contenute nelle disposizioni speciali, si intende per:
‘rifiuto’: qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l’obbligo di disfarsi» ;
«Sono inoltre di competenza dello Stato:
…
La determinazione dei criteri qualitativi e quali-quantitativi per l’assimilazione, ai fini della raccolta e dello smaltimento, dei rifiuti speciali e dei rifiuti urbani. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, d’intesa con il Ministro dello sviluppo economico, sono definiti, entro novanta giorni, i criteri per l’assimilabilità ai rifiuti urbani.» ;
«I comuni concorrono a disciplinare la gestione dei rifiuti urbani con appositi regolamenti che, nel rispetto dei principi di trasparenza, efficienza, efficacia ed economicità e in coerenza con i piani d’ambito adottati ai sensi dell’articolo 201, comma 3, stabiliscono in particolare:
….
l’assimilazione, per qualità e quantità, dei rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani, secondo i criteri di cui all’articolo 195, comma 2, lettera e), ferme restando le definizioni di cui all’articolo 184, comma 2, lettere c) e d).» ;
«Ai fini dell’applicazione del presente titolo si intende per:
…
rifiuto di RAGIONE_SOCIALEo: ogni RAGIONE_SOCIALEo o materiale di RAGIONE_SOCIALEo, rientrante nella definizione di rifiuto di cui all’articolo 183, comma 1, lettera a), esclusi i residui della produzione;» ;
«1. I produttori e gli utilizzatori sono responsabili della corretta ed efficace gestione ambientale degli RAGIONE_SOCIALE e dei rifiuti di RAGIONE_SOCIALEo generati dal consumo dei propri prodotti.
Nell’ambito degli obiettivi di cui agli articoli 205 e 220 e del Programma di cui all’articolo 225, i produttori e gli utilizzatori, su richiesta del gestore del servizio e secondo quanto previsto dall’accordo di programma di cui all’articolo 224, comma 5, adempiono all’obbligo del ritiro dei rifiuti di RAGIONE_SOCIALEo primari o comunque conferiti al servizio pubblico della stessa natura e raccolti in modo differenziato. A tal fine, per garantire il necessario raccordo con l’attività di raccolta differenziata organizzata dalle pubbliche amministrazioni e per le altre finalità indicate nell’articolo 224, i produttori e gli utilizzatori partecipano al RAGIONE_SOCIALE, salvo il caso in cui venga adottato uno dei sistemi di cui al comma 3, lettere a) e c) del presente articolo.
Per adempiere agli obblighi di riciclaggio e di recupero nonché agli obblighi della ripresa degli RAGIONE_SOCIALE usati e della raccolta dei rifiuti di RAGIONE_SOCIALEo secondari e terziari su superfici private, e con riferimento all’obbligo del ritiro, su indicazione del RAGIONE_SOCIALE
di cui all’articolo 224, dei rifiuti di RAGIONE_SOCIALEo conferiti dal servizio pubblico, i produttori possono alternativamente:
organizzare autonomamente, anche in forma collettiva, la gestione dei propri rifiuti di RAGIONE_SOCIALEo sull’intero territorio RAGIONE_SOCIALE;
aderire ad uno dei consorzi di cui all’articolo 223;
attestare sotto la propria responsabilità che è stato messo in atto un sistema di restituzione dei propri RAGIONE_SOCIALE, mediante idonea documentazione che dimostri l’autosufficienza del sistema, nel rispetto dei criteri e delle modalità di cui ai commi 5 e 6.
Ai fini di cui al comma 3 gli utilizzatori sono tenuti a consegnare gli RAGIONE_SOCIALE usati secondari e terziari e i rifiuti di RAGIONE_SOCIALEo secondari e terziari in un luogo di raccolta organizzato dai produttori e con gli stessi concordato. Gli utilizzatori possono tuttavia conferire al servizio pubblico i suddetti RAGIONE_SOCIALE e rifiuti di RAGIONE_SOCIALEo nei limiti derivanti dai criteri determinati ai sensi dell’articolo 195, comma 2, lettera e).» (art. 221, commi 1, 2, 3 e 4);
«1. È vietato lo smaltimento in discarica degli RAGIONE_SOCIALE e dei contenitori recuperati, ad eccezione degli scarti derivanti dalle operazioni di selezione, riciclo e recupero dei rifiuti di RAGIONE_SOCIALEo.
Fermo restando quanto previsto dall’articolo 221, comma 4, è vietato immettere nel normale circuito di raccolta dei rifiuti urbani RAGIONE_SOCIALE terziari di qualsiasi natura. Eventuali RAGIONE_SOCIALE secondari non restituiti all’utilizzatore dal commerciante al dettaglio possono essere conferiti al servizio pubblico solo in raccolta differenziata, ove la stessa sia stata attivata nei limiti previsti dall’articolo 221, comma 4.» (art. 226, commi 1 e 2).
3.4.1 -Orbene, come reso esplicito dai dati di regolazione sopra ripercorsi, gli RAGIONE_SOCIALE usati secondari e terziari, ed i rifiuti di RAGIONE_SOCIALEo secondari e terziari, vanno conferiti «in un luogo di raccolta organizzato dai produttori e con gli stessi concordato», in particolare
ricadendo sugli stessi produttori ed utilizzatori gli oneri di gestione degli RAGIONE_SOCIALE secondari e terziari, e dei relativi rifiuti (art. 221, comma 10; v., altresì, la disciplina della raccolta differenziata di cui all’art. 222) e rimanendone consentito il conferimento al servizio pubblico (solo) previa determinazione «dei criteri qualitativi e quali-quantitativi per l’assimilazione », ai sensi dell’art. 221, comma 4, cit. , criteri che non sono stati determinati con riferimento a detta tipologia di rifiuti (per la cui nozione v., ex plurimis, CGUE, 14 ottobre 2020, causa C-629/19, RAGIONE_SOCIALE, punti 41 e ss.).
Come, allora, la Corte ha già rilevato – con riferimento al d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, ma con conclusioni che trovano conferma nella disciplina posta dal d.lgs. n. 152 del 2006, artt. 216 bis e ss., – i rifiuti da RAGIONE_SOCIALEo costituiscono oggetto di un regime speciale rispetto a quello dei rifiuti in genere, regime caratterizzato essenzialmente dalla attribuzione ai produttori ed agli utilizzatori della loro gestione (termine che comprende tutte le fasi, dalla raccolta allo smaltimento); ciò vale in assoluto per gli RAGIONE_SOCIALE terziari, per i quali è stabilito il divieto di immissione nel normale circuito di raccolta dei rifiuti urbani, cioè, in sostanza, il divieto di assoggettamento al regime di privativa comunale (v., ex plurimis , Cass., 1 febbraio 2024, n. 2993; Cass., 30 marzo 2023, n. 8962; Cass., 23 aprile 2020, n. 8088; Cass., 10 aprile 2019, n. 10010).
3.5 -Quanto, da ultimo, alla non imponibilità delle aree scoperte pertinenziali o accessorie a locali tassabili, « non operative» , trattasi, come ben deduce la ricorrente, di causa di esclusione del tributo di risalente impianto, entrata, pertanto, nella disposizione in esame in sostanziale recepimento di quanto già previsto dal r.d. 14 settembre 1931, n. 1175, art. 269, comma 2 (come sostituito dal d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915, art. 21) e
successivamente, – nella vigenza del règime relativo alla TARSU (d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 62, comma 1) -da una sequenza di dd.ll. (d.l. 25 novembre 1996, n. 599, art. 2, comma 4bis , conv. in l. 24 gennaio 1997, n. 5; d.l. 29 settembre 1997, n. 328, art. 6, conv. in l. 29 novembre 1997, n. 410; d.l. 26 gennaio 1999, n. 8, art. 1, comma 3, conv. in l. 25 marzo 1999, n. 75) che ne hanno stabilizzato la disciplina a decorrere dal 1997 (v., altresì, con riferimento alla Tares il d.l. n. 201 del 2011, art. 14, comma 4, alla Tariffa di igiene ambientale, il d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 49, comma 3, e, quanto alla cd. TIA2, il d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 238, comma 1).
Sia pur con varianti lessicali che, nella disposizione di cui all’art. 1, comma 641, cit., hanno trovato una più chiara formula espressiva -così come nel d.l. n. 201 del 2011, art. 14, comma 4, cit., ov’è, dunque, evidente, che le «aree scoperte operative» ad ogni modo legittimano l’esercizio del potere impositivo, seppur aree in rapporto di connessione funzionale con «locali tassabili» – la fattispecie di esclusione in discorso è stata ricondotta dalla Corte, in precedenti arresti relativi al règime della Tarsu, – e con specifico riferimento alle aree destinate a parcheggio – alla disposizione di cui all’art. 62, comma 2, del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, essendosi rilevato che detta disposizione, nell’escludere dall’assoggettamento al tributo i locali e le aree che non possono produrre rifiuti «per il particolare uso cui sono stabilmente destinati», chiaramente esige che sia provata dal contribuente non solo la stabile destinazione dell’area ad un determinato uso, ma anche la circostanza che tale uso non comporta produzione di rifiuti (v. Cass., 26 luglio 2017, n. 18500; Cass., 13 marzo 2015, n. 5047).
Più di recente, in tema di Tares, si è rimarcato che la tassazione è esclusa solo per le aree scoperte che, ai sensi del codice civile, presentano la condizione della pertinenza soggettiva e oggettiva rispetto al locale o all’area principale e purché non siano operative;
l’operatività consiste nell’idoneità a produrre rifiuti ulteriori rispetto al locale e all’area principale che già versa il tributo e non rappresenta dunque un’ulteriore estensione dell’attività svolta (Cass., 26 maggio 2023, n. 14718).
Il nesso di pertinenzialità -che, ad ogni modo, va accertato in concreto (Cass., 16 febbraio 2018, n. 3800) -non esclude, pertanto, ex se l’imponibilità laddove detto nesso involga un’area da considerarsi operativa siccome luogo di esercizio di un’attività che deve considerarsi funzionale allo svolgimento dell’attività su quella superficie cui si raccorda lo stesso nesso pertinenziale.
E il parcheggio destinato alla clientela di un punto vendita aperto pubblico deve, per l’appunto, ritenersi area operativa nella misura in cui -per quanto posta a servizio del bene tassabile e, dunque, in rapporto di pertinenzialità con lo stesso -concorre a quella stessa operatività della superficie cui accede, così rendendo possibile l’effettivo svolgimento dell’attività principale cui si connette la produzione di rifiuti (v. Cass., 16 luglio 2024, n. 19551).
3.6 -A fronte di un siffatto (complesso e articolato) quadro regolatorio, nella fattispecie, come anticipato, la gravata sentenza ha definito il giudizio sulla base di ragioni decisorie che all’un tempo accertano, ed escludono, la stessa imponibilità delle superfici oggetto di tassazione, siccome per un verso ritenuto sussistente il presupposto impositivo e, per il restante, esclusa la stessa debenza dell’imposta («stante la mancanza di prestazioni, per altro non rese da parte del RAGIONE_SOCIALE.»); per di più riconoscendo una riduzione tariffaria, per la quota variabile, senz’alcun specifico accertamento sulla tipologia dei rifiuti prodotti, in tesi costituiti «per la maggior parte» da RAGIONE_SOCIALE, e (così) sulla loro assimilabilità ai rifiuti urbani.
-Il terzo ed il quarto motivo di ricorso -che vanno congiuntamente esaminati in quanto connessi -sono però destituiti di fondamento, e vanno senz’altro disattesi.
4.1 -Occorre premettere che, come la Corte ha ripetutamente rilevato alla luce dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo come costituzionalizzato nell’art. 111, comma secondo, Cost., nonché di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 cod. proc. civ. ispirata a tali principi, deve ritenersi consentito alla Corte di decidere nel merito delle questioni di nullità per omesso esame di domande o eccezioni o per motivazione apparente, qualora la questione giuridica sottesa sia comunque da disattendere alla stessa stregua dei fatti introdotti in giudizio dalle parti e non risultando, per l’appunto, necessario alcun ulteriore accertamento in fatto (Cass., 1 marzo 2019, n. 6145; Cass. Sez. U., 2 febbraio 2017, n. 2731; Cass., 3 marzo 2011, n. 5139; Cass., 1 febbraio 2010, n. 2313; Cass., 28 luglio 2005, n. 15810; Cass., 23 aprile 2001, n. 5962).
4.2 -Quanto, difatti, all’eccezione di giudicato esterno e, dunque, di efficacia ultrattiva del giudicato, le Sezioni Unite della Corte hanno rilevato che «Qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il “petitum” del primo.»; nonchè che detta efficacia, riguardante anche i rapporti di durata, «non trova ostacolo, in materia tributaria, nel
principio dell’autonomia dei periodi d’imposta, in quanto l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori dello stesso, oltre a riguardare soltanto le imposte sui redditi ed a trovare significative deroghe sul piano normativo, si giustifica soltanto in relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo (ad esempio, la capacità contributiva, le spese deducibili), e non anche rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta (ad esempio, le qualificazioni giuridiche preliminari all’applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumono carattere tendenzialmente permanente.» (così Cass. Sez. U., 16 giugno 2006, n. 13916 cui adde, ex plurimis, Cass., 16 maggio 2019, n. 13152; Cass., 3 gennaio 2019, n. 37; Cass., 1 luglio 2015, n. 13498; Cass., 30 ottobre 2013, n. 24433; Cass., 29 luglio 2011, n. 16675; Cass., 22 aprile 2009, n. 9512; v. altresì, in tema di ICI, Cass., 19 gennaio 2018, n. 1300; Cass., 16 settembre 2011, n. 18923; Cass., 29 luglio 2011, n. 16675).
E (proprio) con riferimento alla disciplina dell’imposizione correlata alla produzione di rifiuti, la Corte ha ripetutamente rimarcato che l’accertamento relativo allo smaltimento in proprio dei rifiuti speciali integra – così come del resto la stessa produzione di detti rifiuti elemento di fattispecie che non ha connotazione di durevolezza in quanto suscettibile di modifiche, e variazioni, dall’uno all’altro periodo di imposta (v., in tema di Tari, Cass., 7 luglio 2022, n. 21490; v. altresì, in tema di TARSU, Cass., 30 marzo 2023, n. n. 8990; Cass., 7 luglio 2022, n. 21555; Cass., 29 luglio 2021, n. 21680; Cass., 1 ottobre 2020, n. 20969; Cass., 12 dicembre 2019, n. 32741).
5. L’impugnata sentenza va, pertanto, cassata in relazione al motivo di ricorso principale accolto (il primo) con rinvio della causa, anche per la disciplina delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte
di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia che, in diversa composizione, procederà al motivato riesame della controversia.
Non ricorrono, da ultimo, i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1quater ) a riguardo del ricorso incidentale il cui esame sia rimasto assorbito (Cass., 3 febbraio 2022, n. 3314; Cass., 17 marzo 2020, n. 7413).
P.Q.M.
La Corte, accoglie il primo motivo del ricorso principale, rigetta il terzo ed il quarto motivo, assorbiti i residui motivi del ricorso principale ed il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 12 giugno 2024.