Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20410 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20410 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15145/2023 R.G., proposto
DA
Comune di Serrara Fontana (NA), in persona del Sindaco pro tempore , autorizzato a resistere nel presente procedimento in virtù di deliberazione adottata dalla Giunta Comunale il 3 luglio 2023, n. 87, rappresentato e difeso dal Prof. Avv. NOME COGNOME con studio in Napoli, ove elettivamente domiciliato (indirizzo p.e.c. per comunicazioni e notifiche del presente procedimento: EMAIL, giusta procura in allegato al ricorso introduttivo del presente procedimento;
RICORRENTE
CONTRO
NOME, nella qualità di titolare dell’impresa individuale corrente in Serrata Fontana (NA) sotto la ditta ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘;
INTIMATA
avverso la sentenza depositata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania il 9 gennaio 2023, n. 120/22/2023;
TARSU TIA TARES TARI ACCERTAMENTO ATTIVITÀ STAGIONALE
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 26 febbraio 2025 dal Dott. NOME COGNOME.
RILEVATO CHE:
Il Comune di Serrara Fontana (NA) ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania il 9 gennaio 2023, n. 120/22/2023, la quale, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione di avviso di pagamento n. 6051 del 7 agosto 2020 nei confronti di NOME COGNOME per la TARI relativa all’anno 2020 nella misura complessiva di € 10.208,00, in relazione a fabbricato alberghiero in Serrara Fontana (NA) alla INDIRIZZO ha rigettato l’appello proposto da NOME COGNOME nei confronti del Comune di Serrara Fontana (NA) avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Napoli il 14 luglio 2021, n. 8132/04/2021, con compensazione delle spese giudiziali.
Il giudice di appello ha confermato la decisione di prime cure -che aveva parzialmente accolto il ricorso originario della contribuente nel senso di determinare il periodo di occupazione della struttura alberghiera e, conseguentemente, la legittimità della pretesa impositiva per mq. 1086, dall’11 aprile 2020 al 18 ottobre 2020 – sul rilievo che il tributo doveva essere commisurato all ‘ utilizzo effettivo e potenziale dell’immobile nell’anno di riferimento, tenendo anche conto dell’incidenza delle restrizioni imposte dalla pandemia del ‘ COVID-19 ‘ .
NOME COGNOME è rimasta intimata.
CONSIDERATO CHE:
Il ricorso è affidato a due motivi.
Con il primo motivo, si denuncia: « 1) violazione di legge -violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cpc e dell’art. 24
del d.lgs. 546/1992 -violazione del principio della corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato -in relazione all’art. 360 n. 3 cpc. », per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado -nella prospettazione del ricorrente – « che fosse possibile mantenere il decisum del primo giudice, modificandone però la motivazione, con specifico riferimento alla domanda proposta dalla contribuente non già col ricorso introduttivo, bensì con la memoria depositata in giudizio in primo grado in data 24.4.21 ».
2.1 Il predetto motivo è fondato.
2.2 La censura attinge il passaggio motivazionale della sentenza impugnata in cui si argomenta che: « – che in sostanza la parte contribuente -impugnando l’avviso (cd. invito) di pagamento -ha domandato innanzitutto di tenersi conto, in relazione al periodo di imposta 2020, dell’effettivo utilizzo e della effettiva sussistenza di potenzialità di utilizzo; che in particolare va osservato che si tratta di superficie a destinazione cd. Speciale alberghiera e ristorativa (cd. ricettiva), ove la potenzialità -richiesta dalla norma di produzione di rifiuto. – è strettamente connessa al suo potenziale utilizzo; – che in assenza di utilizzo ovvero di potenzialità di utilizzo viene a mancare il presupposto di imposta, non essendo da sola la struttura assolutamente inutilizzabile (neppure potenzialmente) suscettibile di produrre rifiuti ».
Secondo il ricorrente: « Trattasi di motivazione che contrasta con gli atti processuali, ed in particolare col contenuto del ricorso introduttivo, in cui, per motivi diversi, individuati nella
stagionalità dell’attività, la contribuente aveva chiesto tenersi conto del fatto che la struttura, secondo la dichiarazione inoltrata in data 29.1.20, restava aperta per lo stesso anno dall’11.4.20 al 18.10.20 », per cui, « in sede di gravame, non poteva la stessa C.G.T. di secondo grado dare ingresso alla domanda della contribuente di riduzione del periodo tassabile, erroneamente ritenendola ricompresa in quella formulata in primo grado, posto che ci si trova di fronte ad una vera e propria mutatio libelli , ossia ad una domanda fondata su diverso petitum e causa petendi , chiaramente desumibili dalla memoria depositata in data 24.4.21 dalla contribuente nel corso del giudizio di primo grado ».
2.3 Per costante giurisprudenza di questa Corte, è ravvisabile il vizio di extrapetizione soltanto allorquando il giudice d’appello pronunci oltre i limiti delle richieste e delle eccezioni fatte valere dalle parti, oppure su questioni non dedotte e che non siano rilevabili d’ufficio, attribuendo alle parti un bene della vita non richiesto o diverso da quello domandato; non è, invece, precluso al giudice del gravame l’esercizio del poteredovere di qualificare diversamente i fatti, con il solo limite di non esorbitare dalle richieste contenute nell’atto di impugnazione e di non introdurre nuovi elementi di fatto nell’ambito delle questioni sottoposte al proprio esame (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 28 luglio 2017, n. 18830; Cass., Sez. 5^, 30 marzo 2021, n. 8716; Cass., Sez. 5^, 22 luglio 2021, n. 21057; Cass., Sez. 5^, 5 aprile 2022, n. 10897; Cass., Sez. 6^-5, 18 maggio 2022, n. 15992; Cass., Sez. Trib., 15 maggio 2023, n. 13265; Cass., Sez. Trib., 24 giugno 2024, nn. 17319, 17330 e 17341; Cass., Sez. Trib., 15 febbraio 2025, n. 3850). In particolare, poi, il potere-dovere del giudice di inquadrare nella esatta disciplina giuridica i fatti e gli atti che formano
oggetto della contestazione incontra il limite del rispetto del petitum e della causa petendi , sostanziandosi nel divieto d’introduzione di nuovi elementi di fatto nel tema controverso, sicché il vizio di ” ultra ” o ” extra ” petizione ricorre quando il giudice di merito, alterando gli elementi obiettivi dell’azione ( petitum o causa petendi ), emetta un provvedimento diverso da quello richiesto ( petitum immediato), oppure attribuisca o neghi un bene della vita diverso da quello conteso ( petitum mediato), così pronunciando oltre i limiti delle pretese o delle eccezioni fatte valere dai contraddittori (tra le tante: Cass., Sez. 1^, 11 aprile 2018, n. 9002; Cass., Sez. 5^, 23 ottobre 2020, n. 23229; Cass., Sez. 5^, 6 maggio 2021, n. 11984; Cass., Sez. 6^-5, 3 novembre 2021, n. 31258; Cass., Sez. 5^, 5 aprile 2022, nn. 10897 e 10905; Cass., Sez. 6^-5, 18 maggio 2022, n. 15992; Cass., Sez. Trib., 6 agosto 2024, n. 22234; Cass., Sez. Trib., 21 febbraio 2025, n. 4625).
2.4 Nella specie, il giudice di appello non ha rispettato il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, decidendo su questione estranea al thema decidendum delineato nel ricorso originario dalla stessa contribuente, la quale aveva censurato, nell’ordine (secondo la trascrizione fattane nel ricorso per cassazione secondo il canone dell’autosufficienza): « a) illegittimità dell’atto impugnato per mancanza dei presupposti impositivi e la violazione degli artt. 70, 71 e 72 di cui al dlgs 507/93 inerente all’accertamento e la riscossione; b) carenza di motivazione e violazione dell’art. 7 l. 212/2000 e art. 3 l. 241/90; c) errata determinazione del periodo di imposizione; e) illegittima applicazione della tariffa ». In definitiva, sulle premesse: « -che in sostanza si tratta di precisazione subordinata riguardo a domanda già introdotta applicazione per il periodo di effettiva apertura ovvero, in
subordine, per quello dichiarato ad inizio anno; (…) – che in sostanza la parte contribuente -impugnando l’avviso (cd. invito) di pagamento- ha domandato innanzitutto di tenersi conto, in relazione al periodo di imposta 2020, dell’effettivo utilizzo e della effettiva sussistenza di potenzialità di utilizzo », e che « -che come è notorio il 2020 si presenta come un anno singolare per via della pandemia COVID, incidente specie sull’utilizzo e la potenzialità di utilizzo delle strutture ricettive, precludendone l’uso per larga parte dell’anno ».
In tal modo, il giudice di appello ha ancorato la riduzione del periodo impositivo non alla stagionalità dell’attività alberghiera, ma ai « periodi di chiusura totale (cd. primo lockdown ), del regime specie in Regione Campania del secondo lockdown e di chiusura necessitata per ragioni specifiche di insostenibilità economiche ed adeguamento struttura alle novità di adeguamento imposte dalla normativa Covid (come da motivazione espressa nella dichiarazione di chiusura dal 6 ottobre al Comune, cfr doc. 4, non avversata dal Comune), è dovuta la sola tassa per il periodo di effettivo utilizzo, ossia di apertura, nonché di potenziale utilizzo, non preclusa la potenzialità da impedimenti di fatto, quali quelli per necessario adeguamento (come nel caso) o anche di razionale e giustificata insostenibilità economica dei costi », pervenendo alla conclusione che « certamente la tassa è dovuta per il periodo in esame dal 1 luglio al 6 ottobre 2020; mentre non è dovuta dal 9 marzo 2020 al 4 maggio 2009 per preclusione assoluta (primo lockdown ); non è dovuta successivamente ad ottobre per il cd. secondo lockdown con preclusione limitativa della libertà di circolazione ed oggettiva insostenibilità economica », per cui « il deciso del giudice di primo grado di stabilire il maggior periodo di pagamento della tassa per l’anno
2020 dall’11 aprile al 18 ottobre 2020, in assenza di appello della parte contribuente, va confermato per la più precisa ragione dell’assenza del presupposto di imposta nei periodi di annualità esclusi ».
2.5 Tuttavia, tale statuizione ha consolidato la palese extrapetizione in cui la decisione di prime cure era incorsa, travalicando il petitum sostanziante l’impugnazione dell’avviso di pagamento secondo la prospettazione del ricorso originario. 3. Con il secondo motivo, si denuncia: « 2) violazione di legge -violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cpc omissione di pronuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1, co. 641, 662 e 663 della l. 147/13 e dell’art. 33 del regolamento comunale per la disciplina della IUC (ora TARI ) e dell’art. 19 del regolamento TARI approvato con deliberazione di C.C. n. 18 del 20.9.2020 in relazione all’art. 360 n. 3 cpc. omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio che è stato oggetto di discussion e tra le parti in relazione all’art. 360 n. 5 cpc. », per essere stato omesso dal giudice di secondo grado di pronunciarsi sulla questione della contestata stagionalità dell’attività svolta dalla contribuente , laddove si era dedotto che: « A supporto del proprio assunto l’Ufficio non aveva mancato di depositare in giudizio nella propria produzione di 1° grado (copia licenza n. 81 del 2000) documento da cui risulta inequivocabilmente l’annualità e non certo la stagionalità dell’esercizio alberghiero. Anche la Suprema Corte di Cassazione, come indicato nel punto 3 delle costituzioni ai primi giudici, ha affermato che se la licenza è annuale la tassazione sarà annuale. Nella specie, oltretutto, trova applicazione l’art. 1 commi 662 e 663 della legge 147/2013 e l’ art. 33 del regolamento comunale per la disciplina della IUC, ora Tari e in ultimo l’art. 19 del regolamento della tari
approvato con deliberazione di C.C. n. 18 del 20.09.2020, di recepimento della legge nazionale che prevede riduzioni unicamente per le utenze non stabilmente attive e solo per le attività stagionali, con licenza amministrativa stagionale e con un periodo non superiore a 183 giorni. Il periodo indicati nella dichiarazione del 29.01.2020 prot. 790 va dall’11.04.2020 al 18.10.2020 gg. 191 abbondantemente superiore a gg. 183 per cui la tassazione va consid erata per l’intero anno ».
3.1 Il predetto motivo è fondato.
3.2 Ai fini della TARI (in relazione alla previsione dell’art. 1, commi 662 e 663, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, a tenore del quale: « 662. Per il servizio di gestione dei rifiuti assimilati prodotti da soggetti che occupano o detengono temporaneamente, con o senza autorizzazione, locali od aree pubbliche o di uso pubblico, i Comuni stabiliscono con il regolamento le modalità di applicazione della TARI, in base a tariffa giornaliera. L’occupazione o la detenzione è temporanea quando si protrae per periodi inferiori a 183 giorni nel corso dello stesso anno solare. 663. La misura tariffaria è determinata in base alla tariffa annuale della TARI, rapportata a giorno, maggiorata di un importo percentuale non superiore al 100 per cento »), la causa di esclusione dell’obbligo del tributo è integrata dalle condizioni di obiettiva impossibilità di utilizzo dell’immobile, condizioni che non possono essere individuate nella mancata utilizzazione dello stesso legata alla volontà o alle esigenze del tutto soggettive dell’utente, e neppure al mancato utilizzo di fatto del locale o dell’area, non coincidendo – com’è evidente – le prime ed il secondo con l’obiettiva non utilizzabilità dell’immobile. Per cui, se la struttura alberghiera è dotata di licenza annuale, non è sufficiente la sola denuncia di chiusura per alcuni mesi senza
allegazione e prova della concreta inutilizzabilità della struttura alberghiera, atteso che, ai fini dell’esenzione, la società contribuente avrebbe potuto richiedere la licenza stagionale (in termini: Cass., Sez. 5^, 9 dicembre 2016, n. 22756; Cass., Sez. 5^, 27 dicembre 2018, n. 33426; Cass., Sez. 5^, 9 marzo 2020, n. 6551; Cass., Sez. Trib., 11 giugno 2024, n. 16138).
3.3 Deve, poi, ritenersi preclusa la possibilità di addurre la stagionalità dell’attività in sede processuale, ove tale condizione non sia preceduta da apposita denuncia al Comune ex art. 66, comma 5, del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507 (Cass., Sez. 5^, 3 dicembre 2019, n. 31460; Cass., Sez. 5^, 23 maggio 2019, n. 14037; Cass., Sez. 5^, 12 maggio 2021, n. 12475; Cass., Sez. Trib., 17 maggio 2023, n. 13613).
Pertanto, la pretesa alla commisurazione tariffaria del tributo ai giorni di effettiva occupazione dell’immobile , non ha ragion d’essere in difetto della suddetta denuncia, che è espressamente richiesta per usufruire della riduzione prevista per le « utenze non domestiche non stabilmente attive » (cioè, per periodi inferiori a 183 giorni nell’anno di riferimento ) ex art. 7, comma 3, del d.P.R. 27 aprile 1999, n. 158 (artt. 33 del regolamento comunale IUC e 19 del regolamento comunale TARI).
3.4 Ne consegue, al di là dell’incidenza delle chiusure imputabili all’emergenza sanitaria per il COVID -19, di cui l’ente impositore aveva già tenuto conto nella determinazione delle tariffe per l’anno di riferimento, che la sentenza impugnata non ha tenuto conto dell’irrilevanza delle denunce di inizio e cessazione di occupazione dell’immobile, dal momento che la licenza annuale di cui la contribuente era destinataria per l’esercizio dell’attività alberghiera precludeva la riduzione della tassa in relazione ai periodi di chiusura, non potendo
equipararsi l’inattività dell’azienda all’oggettiva inutilizzabilità dei locali.
Alla stregua delle suesposte argomentazioni, dunque, valutandosi la fondatezza dei motivi dedotti, il ricorso può trovare integrale accoglimento e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio della causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 26 febbraio