Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20483 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20483 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29656/2020 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOMECODICE_FISCALE;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE;
-controricorrente-
-intimato-
E
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-resistente- avverso SENTENZA della COMM.TRIB.REG. LAZIO n. 1010/2020 depositata il 21/02/2020. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/02/2025 dal
Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La società RAGIONE_SOCIALE propone, sulla base di quattro motivi, ricorso per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, n. 1010/1/2020 con cui è stata confermata la sentenza di primo grado che aveva rigettato la domanda di parte contribuente di rimborso TARI per l’anno 2015.
RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
Roma Capitale è rimasta intimata.
L’Agenzia delle entrate ha depositato memoria ai fini della partecipazione alla discussione della causa in pubblica udienza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso la società contribuente lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c., nullità della sentenza per omessa pronuncia in violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. non essendosi la C.T.R. pronunziat a sui singoli motivi di appello.
Con il secondo motivo deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c., violazione degli artt. 36 d.lgs. 546/1992, art.132, secondo comma n. 4 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c. e 112 c.p.c. per motivazione meramente apparente. Rileva che la sentenza impugnata aveva statuito genericamente ed indistintamente su tutti i motivi di appello sollevati, rigettandoli, con una motivazione del tutto apparente, non considerando che erano stati avanzati specifici motivi di impugnazione a fronte di quanto statuito dai giudici di primo grado, censure rispetto alle quali la sentenza impugnata si era limitata a valutazioni del tutto generiche senza alcuna disamina logica e giuridica degli elementi del proprio convincimento, rendendo incomprensibile l’iter logico de lla decisione.
Con il terzo motivo deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c., nullità della sentenza nella parte in cui i giudici territoriali aveva richiamato, genericamente, altra sentenza relativa ad altri anni d’imposta senza nulla specificare.
Con il quarto motivo deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 65 e 68, secondo comma, del d. lgs. n. 507/1993, degli artt. 2 e 3 della l.r. Lazio n. 33/1998, nonché dell’art. 7 del Regolame nto regionale 7 agosto 2015, n. 8 modificato dal successivo Regolamento regionale 16 giugno 2017, n. 14. Lamenta che giudici dell’appello avevano ‘confermato’ la tesi secondo cui le attività rese da essa ricorrente nell’ambito dell’attività di gestione del le case-vacanza erano del tutto assimilabili ai servizi alberghieri, con conseguente corretta applicazione della tariffa corrispondente alla categoria 8 ‘alberghi’, senza fornire alcuna valida giustificazione dell’iter logico giuridico nello specifico adottato e, comunque, in contrasto con la corretta accezione delle norme suindicate.
Il ricorso deve essere rigettato per le ragioni appresso specificate. esaminati
5.1. I primi due motivi -che possono essere congiuntamente in quanto fra loro connessi -sono infondati.
La C.T.R. ha rilevato che le censure proposte erano infondate e che, quindi, la RAGIONE_SOCIALE non aveva diritto al chiesto rimborso gestendo strutture completamente arredate e dotate di servizi ivi comprese il bagno e la cucina ed offrendo, inoltre, i servizi di pulizia, cambio biancheria e accessori minori di complemento. Ha, quindi, precisato che tali attività erano del tutto assimilabili ai servizi alberghieri e che era, pertanto, corretta l’applicazione della tariffa corrispondente alla categ oria 8 ‘alberghi’.
Non può, dunque, parlarsi né di una omessa pronunzia né di una motivazione meramente apparente avendo la C.T.R., nel rigettare per implicito tutte le ulteriori censure, esplicitato le ragioni del mancato riconoscimento del diritto al rimborso perché l’impo sta risultava parametrata su una struttura ricettiva assimilata all’albergo e ciò ha fatto anche attraverso il legittimo ricorso ad una motivazione per relationem .
5.2. Il terzo motivo è infondato.
Il richiamo nella motivazione ad ‘altra sentenza che aveva rigettato analoghi ricorsi’, costituisce un mero inciso ad abundantiam , non una autonoma ratio decidendi: la C.T.R. in sostanza ha (solamente) precisato che il proprio ragionamento aveva trovato già conferma in precedenti di analogo tenore.
5.3. Il quarto motivo non coglie nel segno.
Va premesso che questa Corte ha precisato che l’attività di affitta camere presenta natura analoga a quella alberghiera, seppure si differenzi per le dimensioni più modeste: cfr. ad esempio Cass. 7 gennaio 2016, n. 109, secondo cui ontologicamente l’attività di affittacamere è del tutto sovrapponibile – in contrapposto all’uso abitativo – a quella alberghiera e, pure, a quella di bed and breakfast , comportando, non diversamente da un albergo, un’attività imprenditoriale, un’azienda ed il contatto diretto con il pubblico; essa, infatti, richiede non solo la cessione in godimento del locale ammobiliato e provvisto delle necessarie somministrazioni (luce,
acqua, ecc.), ma anche la prestazione di servizi personali, quali il riassetto del locale stesso e la fornitura della biancheria da letto e da bagno (vedi Cass. n. 109 del 2016; analogamente Cass. n. 21562 del 2020; Cass. n. 704 del 2105 e Cass. n. 26087 del 2010; Cass. n. 17167 del 2002).
Ed, ancora, si è precisato che l’attività di affitta camere presenta natura analoga a quella alberghiera seppur si differenzi per le dimensioni più modeste. Infatti, la fornitura di biancheria da bagno e da letto, nonché il riassetto delle camere e la fornitura giornaliera di colazione rappresentano servizi personali riconducibili al servizio alberghiero (cfr. Cass. Civ. 27 febbraio 2020, n. 5355; Cass. Civ., 4 aprile 2018, n. 8308).
Va richiamata la legge 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 651 (applicabile ratione temporis ) secondo cui: ‘Il comune nella commisurazione della tariffa tiene conto dei criteri determinati con il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158’.
Deve, quindi, osservarsi che ai fini della determinazione della tariffa annuale l’art. 1, comma 652 della legge n. 147 del 2013 (nella formulazione applicabile ratione temporis), riconosce al Comune la possibilità di commisurarla alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia delle attività svolte nonché al costo del servizio sui rifiuti. È previsto, inoltre, che «Le tariffe per ogni categoria o sotto categoria omogenea sono determinate dal comune moltiplicando il costo del servizio per unità di superficie imponibile accertata, previsto per l’anno successivo, per uno o più coefficienti di produttività quantitativa e qualitativa di rifiuti». Si dispone, altresì, che tale determinazione avvenga nel rispetto del principio «chi inquina paga», sancito dall’articolo 14 della direttiva 2008/98/CE .
Non risultando che il Comune di Roma abbia applicato la cd. TARI puntuale (di cui all’art. 1, cit., comma 652 e comma 668) va
segnalato che nel cd. metodo normalizzato le attività ricettive sono previste con le due categorie di ‘Alberghi con ristorante’ e ‘Alberghi senza ristorante’, secondo la tariffa allegata al menzionato d.P.R. n. 158/1999,
Il motivo non ha, dunque, pregio avendo correttamente i giudici ritenuto sussumibile l’attività della contribuente nella categoria alberghi e, quindi, legittimo il regolamento TARI n. 333/2014 che ha operato detta assimilazione, in conformità alle disposizioni sopra richiamate. La parte invoca, peraltro, una normativa – il d.lgs. 507/1993- in materia di TARSU non applicabile, ratione temporis , alla fattispecie in esame afferente TARI 2015 e, per altro verso richiama una normativa regionale del tutto irrilevante ai fini che occupano, trattandosi di materia disciplinata dalle disposizioni sopra richiamate in relazione alla quale non vengono in rilievo la legge regionale ed il regolamento regionale richiamati che attengono in generale alla disciplina del commercio.
Conseguentemente il ricorso deve essere rigettato e parte ricorrente va condannata al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità liquidate in favore di RAGIONE_SOCIALE, unica parte costituitasi, come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente a rifondere ad RAGIONE_SOCIALE le spese del giudizio di legittimità liquidate in € 3.000,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge, se dovuti; visto l’art. 13, comma 1 quater , d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della sezione tributaria, in data