Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32240 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32240 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 13/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1606/2024 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro RAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso SENTENZA di CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI II GRADO DELLA CALABRIA n. 1735/2023 depositata il 20/06/2023. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
In esito a PVC del Nucleo di P.T. della G.d.F. di Reggio Calabria, la D.P. di Reggio Calabria emetteva nei confronti di RAGIONE_SOCIALE ai sensi dell’art. 16 D.Lgs. n. 472 del 1997, atto di contestazione n. TD7CO1600780 -2011 notificato il 26.05.2011, con il quale irrogava la sanzione di €.1.561.681,00 per ritardata fatturazione di operazioni attive per € 8.630.700,00 in ragione dell’esposizione nella dichiarazione IVA 2007 invece che nella dichiarazione IVA 2006: ritardata fatturazione rilevata anche in sede di emissione del correlato avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO -2010 .
Proponeva la contribuente ricorso nanti la CTP di Reggio Calabria, che, con sentenza n. 2315/2020, lo rigettava.
Proponeva la contribuente appello.
3.1. La CGT II della Calabria, con la sentenza epigrafata, l’accoglieva, sulla base della seguente motivazione:
a Corte (cfr. per tutte Cass. Civ., Sez. V, sentenza nr. 16450/2021, preceduta da altre pronunce come Cass. Civ. sentenza nr. 14401/2014) ha stabilito il principio secondo il quale Il ritardo nella fatturazione, sanzionato dall’art. 6, comma 1, d.lgs. n. 471 del 1997, integra una violazione formale e non anche sostanziale dell’art. 21, comma 4, d.P.R. n. 633 del 1972 ove la condotta, pur oggettivamente lesiva per l’esercizio delle azioni di controllo, non abbia arrecato alcun pregiudizio, con accertamento di fatto di competenza del giudice di merito, sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta o sul versamento del tributo, sicché, in caso di pluralità di violazioni della medesima disposizione, è applicabile l’art. 12, comma 1, d.lgs. n. 472 del 1997.
Nella motivazione ha affermato che «in tema di sanzioni amministrative tributarie, per distinguere tra violazioni formali e sostanziali è necessario accertare in concreto, con valutazione in fatto riservata al giudice di merito, se la condotta abbia cagionato un danno erariale, incidendo sulla determinazione, dovendosi altrimenti ripiegare sul disposto di cui all’art. 12, comma 1, D.Lvo 472/1997.
Orbene nel caso di specie le violazioni in materia di IVA sono state riferite al medesimo anno di imposta (il 2006) e, non avendo evidentemente arrecato alcun pregiudizio all’azione di accertamento e di controllo (al punto che le sanzioni irrogate con l’atto di contestazione impugnato sono state quantificate sulla base della dichiarazione IVA), le condotte di tardiva fatturazione si sono risolte, secondo la pronuncia indicata, in violazione formali che legittimano l’applicazione del cumulo giuridico ex art. 12, comma 1, D.L.vo 472/1997.
La soluzione appare anche ragionevole da un punto di vista logico apparendo eccessivo sanzionare con un cumulo materiale, sostanzialmente per lo stesso anno di imposta, sia l’omessa dichiarazione e versamento IVA che la tardiva fatturazione.
Propone l’Agenzia delle entrate ricorso per cassazione con tre motivi. La contribuente resta intimata.
Considerato che:
Primo motivo: ‘Violazione degli artt.: 21, quarto comma, del DPR 26 ottobre 1972, n. 633; 6 del D.Lgs. n. 471/97; falsa applicazione dell’art. 12, comma 1, d.lgs., n. 472/1997 (cumulo giuridico). In relazione all’art. 360 comma 1, n. 3 c.p.c.’. ‘I giudici della CGT di II grado hanno fatto mal governo dell’art. 6 del D.Lgs. n. 471/97 e del principio del cumulo giuridico, ritenendo che la condotta illecita di tardiva fatturazione comporti solo una violazione di carattere formale’.
Secondo motivo: ‘Omesso esame di fatto controverso e decisivo, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.’. ‘Si impugna la sentenza per vizio di motivazione laddove la CGT ha affermato: ‘Orbene nel caso di specie le condotte di tardiva
fatturazione si sono risolte, secondo la pronuncia indicata, in violazione formali che legittimano l’applicazione del cumulo giuridico ex art. 12, comma 1, D.L.vo 472/1997′. La CGT incorre in omesso esame del fatto storico costituito dall’avere la condotta illecita inciso sulla determinazione della base imponibile dell’imposta e sul versamento del tributo: la CGT, invece, si è limitata ad escludere il pregiudizio all’azione di accertamento e di controllo, senza esaminare le controdeduzioni dell’Ufficio in appello a pag. 7 ove è allegato e provato il pregiudizio economico e non solo procedurale, nonché il p.v.c. della G.d.F. ai fogli 34 e 35, nei quali il predetto fatto storico è, al contrario, lampante’.
Terzo motivo: ‘Nullità della sentenza per motivazione illogica in violazione degli artt. 36 del D.Lgs. n. 546/92, 118 disp. att. c.p.c. e 132, comma 2, n. 4 c.p.c., in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c.’. ‘La sentenza è censurabile per illogicità nel punto in cui afferma ‘… La soluzione appare anche ragionevole da un punto di vista logico apparendo eccessivo sanzionare con un cumulo materiale, sostanzialmente per lo stesso anno di imposta, sia l’omessa dichiarazione e versamento IVA che la tardiva fatturazione’. La Corte ritiene ‘logico’ non applicare il cumulo materiale perché, in sostanza, ritiene eccessiva la sanzione per due violazioni distinte commesse nello stesso anno. Ma la logica seguita dalla Corte sfugge ed, anzi, contraddice la ‘logica’ sottesa alle disposizioni di legge che prevedono il cumulo materiale delle sanzioni tributarie. Infatti, se le condotte illecite sono autonome, come è nella fattispecie (omessa dichiarazione IVA/tardiva fatturazione), diviene irrilevante ai fini del cumulo materiale il fatto che esse siano state commesse nello stesso anno. La logicità del cumulo materiale è insita nella legge che lo prevede in presenza dei presupposti. In ultima analisi, contraddire la logica della legge’.
Tutti e tre i motivi -congiuntamente scrutinabili per sovrapponibilità di censure – sono fondati e meritano accoglimento.
5. In una recente sentenza – Sez. 5, n. 16450 del 10/06/2021, Rv. 661603 -02 – di ampia portata sistematico -ricostruttiva, questa Suprema Corte ha affermato il principio secondo cui ‘il ritardo nella fatturazione, sanzionato dall’art. 6, comma 1, d.lgs. n. 471 del 1997 integra una violazione formale e non anche sostanziale dell’art. 21, comma 4, d.P.R. n. 633 del 1972 ove la condotta, pur oggettivamente lesiva per l’esercizio delle azioni di controllo, non abbia arrecato alcun pregiudizio, con accertamento di fatto di competenza del giudice di merito, sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta o sul versamento del tributo, sicché, in caso di pluralità di violazioni della medesima disposizione, è applicabile l’art. 12, comma 1, d.lgs. n. 472 del 1997’.
Alla stregua di tale principio, compete al giudice di merito accertare in concreto che la violazione non abbia determinato pregiudizio sulla determinazione di base imponibile od imposta o sul versamento del tributo.
In effetti, facendo applicazione del principio, Sez. 5, n. 16450 del 2021, in motiv., par. 7, p. 11, osserva che, nella fattispecie sottoposta al suo esame, la CTR aveva accertato in fatto che la ‘tardività delle fatturazioni non ha alterato l’imponibile («attesa l’inesistenza di danno erariale»). Tale accertamento, invero, è rimasto privo di ogni censura: la ricorrente, infatti, si è limitata a dedurre -ma in termini del tutto generici ed astratti e, comunque, in assenza di una specifica censura per omesso esame di fatti decisivi -lo sfasamento temporale delle liquidazioni periodiche rispetto a quelle dovute, deduzione che, peraltro, si risolve solo in una astratta idoneità a determinare l’alterazione della base imponibile’.
A differenza che nel caso di Sez. 5, n. 16450 del 2021, nell’ipotesi oggetto del presente giudizio, la CGT II della Calabria si è limitata ad affermare che ‘le violazioni in materia di IVA sono
state riferite al medesimo anno di imposta (il 2006) e, non avendo evidentemente arrecato alcun pregiudizio all’azione di accertamento e di controllo (al punto che le sanzioni irrogate con l’atto di contestazione impugnato sono state quantificate sulla base della dichiarazione IVA), le condotte di tardiva fatturazione si sono risolte in violazione formali che legittimano l’applicazione del cumulo giuridico ex art. 12, comma 1, D.L.vo 472/1997′.
La CGT – come denunciato nel primo motivo – ha omesso di verificare l’assenza di pregiudizio sulla determinazione di base imponibile od imposta o sul versamento del tributo, limitandosi ad asserire che le violazioni non hanno ‘arrecato alcun pregiudizio all’azione di accertamento e di controllo’.
L’omissione – come denunciato nel secondo motivo – si traduce nella pretermissione di fatto storico decisivo, con particolare riguardo alla ritardata emissione delle fatture nn. 7 -8 – di cui ai ff.gg. 34 e 35 fotoriprodotti per autosufficienza in ricorso (p. 7) per un imponibile di € 3.358.938,00 ed IVA di € 612.362,63′, le quali, non contabilizzate, come avrebbero dovuto, nella dichiarazione del 2006, hanno determinato il conseguente recupero d’imposta (giusta separato avviso di accertamento).
Talché – come denunciato nel terzo motivo – la ‘logicità’ della ‘soluzione’ prospettata dalla CTG – secondo cui sarebbe ‘eccessivo sanzionare con un cumulo materiale, sostanzialmente per lo stesso anno di imposta, sia l’omessa dichiarazione e versamento IVA che la tardiva fatturazione’ – si rivela in realtà non tale: da un lato, la ritenuta, ma non argomentata, eccessività del carico sanzionatorio derivante da cumulo materiale per omessi dichiarazione e versamento dell’IVA e per ritardata fatturazione impinge su contrastanti (alle ridette condizioni, esplicitate dalla giurisprudenza più recente) valutazioni del legislatore, che, come tali, non pertengono all’A.G.; dall’altro lato, la limitazione, nella specie, del
periodo di rilevanza allo ‘stesso anno di imposta’ è decentrata, posto che la fatturazione differita all’anno successivo a quello di riferimento è astrattamente idonea (ciò che in concreto il giudice di rinvio dovrà appurare) ad involgere valutazioni su base imponibile, imposta e versamento del tributo relative ad entrambi gli anni.
In definitiva, in integrale accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va cassata con rinvio, per nuovo esame e per le spese, comprese quelle del grado.
P.Q.M.
In integrale accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese, comprese quelle del grado.
Così deciso a Roma, lì 7 novembre 2024.