Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4361 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 4361 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CORTESI NOME
Data pubblicazione: 19/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso n.r.g. 14034/2016, proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t. NOME COGNOME COGNOME rappresentata e difesa, per procura a margine del ricorso per cassazione, dagli Avv.ti NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME, elettivamente domiciliata presso lo studio legale Santacroce-Procida-Fruscione in ROMA, INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in ROMA, INDIRIZZO
-resistente –
avverso la sentenza n. 1305/02/2015 della Commissione tributaria regionale della Liguria, depositata il 26 novembre 2015; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21 gennaio 2025 dal consigliere dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
In esito a una verifica fiscale, l’Agenzia delle Entrate notificò a RAGIONE_SOCIALE un avviso di accertamento con il quale riprendeva a tassazione un maggiore imponibile ai fini Ires per l’anno di imposta 200 3 e irrogava sanzioni nella misura prevista.
La pretesa erariale traeva origine dal rilievo dell’indebita deduzione della svalutazione di due partecipazioni della società contribuente in tali RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE; dal confronto dei patrimoni netti delle due società, infatti, non erano emerse diminuzioni di sorta.
RAGIONE_SOCIALE impugnò vittoriosamente l’atto impositivo innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Genova.
Il successivo appello, interposto dall’Amministrazione, fu accolto con la sentenza indicata in epigrafe.
La C.T.R. della Liguria osservò che l’art. 61, comma 3, lett. b), del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (applicabile ratione temporis e oggi sostituito dall’art. 94 dello stesso d.P.R., d’innanzi ‘TUIR’ ) «riferisce il meccanismo della svalutazione al confronto fra il bilancio regolarmente approvato dalla società al l’esercizio antecedente a quello in cui le partecipazioni furono acquistate e al l’ultimo esercizio rispetto al quale viene effettuata la valutazione
da parte della società partecipante »; di qui dedusse l’erroneità della sentenza di primo grado, che aveva preso a riferimento una ‘bozza di bilancio’ redatta dalla contribuente, non assimilabile al bilancio ed anzi atta «a vanificare lo scopo della norma che intende evitare svalutazioni ‘ritagliate a misura ed ex post’ delle società partecipate».
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la società contribuente sulla base di tre motivi.
L’Amministrazione finanziaria ha depositato atto di costituzione con il quale ha chiesto di partecipare all’udienza di discussione.
Considerato che:
Con il primo motivo, articolato in relazione all’art. 360, comma primo, num. 4), cod. proc. civ., la ricorrente denunzia la nullità della sentenza per violazione degli artt. 1, comma 2, e 36 del d.lgs. n. 31 dicembre 1992, n. 546, e dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ.
Lamenta, al riguardo, che la sentenza impugnata non recherebbe alcuna indicazione dei fatti di causa -né alcuna ricostruzione dello svolgimento del processo -sì da non consentire un’adeguata ricognizione delle ragioni che hanno condotto alla riforma del provvedimento di primo grado.
1.1. La censura non è fondata.
È certamente corretto il richiamo della ricorrente al principio, ripetutamente affermato da questa Corte, secondo cui, «in forza del generale rinvio materiale alle norme del codice di rito compatibili (e, dunque, anche alle sue disposizioni di attuazione) contenuto nell’art. 1, comma secondo, del d.lgs. n. 546/1992, è applicabile al nuovo rito tributario, così come disciplinato dal citato decreto, il principio desumibile dalle norme di cui agli artt. 132,
comma secondo, n. 4 cod. proc. civ. e 118 disp. att. stesso codice, secondo il quale la mancata esposizione dello svolgimento del processo e dei fatti rilevanti della causa, ovvero la mancanza o l ‘ estrema concisione della motivazione in diritto, determinano la nullità della sentenza se rendono impossibile l ‘ individuazione del thema decidendum e delle ragioni poste a fondamento del dispositivo» (così, fra le altre, Cass. n. 9745/2017).
1.2. Nel caso di specie, tuttavia, i giudici d’appello , pur avendo ricostruito il fatto e le vicende processuali in termini succinti, hanno reso comunque intelligibile la ratio della loro decisione (nei termini, non a caso, puntualmente contestati dalla ricorrente con le doglianze che si esporranno in prosieguo); la sentenza impugnata, pertanto, è immune dal vizio denunciato.
Il secondo motivo, articolato in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3, cod. proc. civ., denunzia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 61 e 66, comma 1bis , TUIR, nel testo vigente fino al 31 dicembre 2003 (oggi artt. 94 e 101 TUIR).
Secondo la ricorrente, la C.T.R. avrebbe errato nel non attribuire rilievo -ai fini della svalutazione delle partecipazioni -ad una situazione patrimoniale più recente dell’ultimo bilancio di esercizio, ancorché «non consacrata da una delibera formale».
Le disposizioni del TUIR nel testo previgente, in effetti, prendevano a riferimento, per la determinazione del valore minimo delle partecipazioni, le diminuzioni patrimoniali risultanti dal confronto fra il patrimonio netto risultante dall’ultimo bilancio antecedente all’acquisizione e quello risultante dall’ult imo bilancio approvato dalla partecipata; ma tali previsioni erano state interpretate dalla stessa Amministrazione dando ingresso alla possibilità che il bilancio relativo all’ultimo esercizio potesse e ssere
sostituito da una situazione patrimoniale più recente nell’ipotesi in cui si fossero manifestate, successivamente alla sua approvazione e prima di quella del bilancio della partecipata, le condizioni per procedere a una riduzione del capitale per perdite.
2.1. Il motivo è fondato, sia pure nei termini che si esporranno.
2.2. Invero, la materia della valutazione fiscale dei titoli non negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri era regolata, all’epoca dei fatti, dagli artt. 61, comma 3, lett. b), e 66, comma 1bis , TUIR.
La prima disposizione prevedeva che il valore minimo (da prendere a riferimento per la formazione del reddito di esercizio in base all’ art. 59, comma 1, TUIR, nel testo previgente) andasse determinato riducendo il valore unitario (di cui ai successivi commi 3, 3bis e 4) in misura proporzionalmente corrispondente «alle diminuzioni patrimoniali risultanti dal confronto fra l’ultimo bilancio regolarmente approvato dalle società o enti emittenti anteriormente alla data in cui le azioni vennero acquistate e l’ultimo bilancio o, se successive, le deliberazioni di riduzione del capitale per perdite »; l’art. 66, comma 1 -bis , TUIR richiamava poi tale meccanismo per la valutazione delle immobilizzazioni finanziarie, rilevante ai fini che qui occupano.
Pertanto, in relazione al tema della valutazione fiscale delle partecipazioni, il combinato disposto delle norme citate, applicabili alla presente vicenda, impone un confronto fra i patrimoni netti contabili delle società partecipate, come risultanti dai bilanci regolarmente approvati e relativi, rispettivamente, all ‘ esercizio antecedente a quello in cui le partecipazioni sono acquistate e all ‘ ultimo esercizio rispetto al quale viene effettuata l ‘ operazione di valutazione da parte della società partecipante.
2.3. Al riguardo, va segnalato che l ‘ordinamento non contiene una previsione normativa utile a fornire la nozione di ‘patrimonio netto’ sul quale effettuare le rettifiche.
In tal senso, la Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 8/E del 20 febbraio 2004, richiamata dalla ricorrente, ha messo in luce quanto previsto dallo stesso art. 61, del TUIR , nell’ultimo periodo del comma 5: «nella determinazione, a norma del comma 3, del valore minimo dei titoli non negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri non si tiene conto dei versamenti e delle remissioni di debito fatti a copertura di perdite della società emittente».
Detta previsione, secondo la richiamata circolare, fa emergere la volontà del legislatore tributario di procedere a un confronto effettivo tra il patrimonio netto iniziale e quello finale; di qui la necessità, avvertita dagli interpreti, che si tenga conto di tutte le variazioni significative intervenute nel periodo di osservazione, mediante l’adozione di una tecnica d’indagine contabile che consenta di rendere comparabili grandezze altrimenti disomogenee.
2.4. Questa Corte, in particolare, pronunciando in fattispecie non dissimile dalla presente (Cass. n. 5005/2022), ha affermato che la deduzione dalla base imponibile della svalutazione di partecipazioni in società non quotate rende necessario un procedimento di ‘omogeneizzazione’ , per confrontare il patrimonio netto iniziale e quello netto finale ai sensi dell’art. 61, comma 5, ultimo periodo del TUIR.
In particolare, ha continuato la pronunzia in questione, siffatta tecnica può comportare, a seconda dei casi, il decremento del patrimonio netto iniziale in conseguenza della riduzione del capitale sociale per esuberanza o della distribuzione di riserve di capitale,
ovvero il decremento di quello finale, per un importo pari all’ammontare dei versamenti e delle eventuali remissioni di debito effettuate dai soci a copertura delle perdite, espressamente previsti negli atti societari.
2.6. La sentenza impugnata si è discostata da tali canoni ermeneutici.
I giudici d’appello, infatti, si sono limitati a un confronto fra i bilanci oggetto di formale approvazione, soggiungendo che la considerazione di ulteriori elementi -quale la ‘bozza di bilancio’ relativa all’anno successivo -finirebbe con il vanificare lo scopo della richiamata disciplina, attribuendo rilievo a «svalutazioni ritagliate su misura ed ex post » delle società partecipate.
Così statuendo, essi hanno trascurato di rendere effettivamente confrontabili i patrimoni netti di riferimento, pur a fronte del fatto -affermato dalla ricorrente e riscontrato dai giudici di primo grado -che fossero intervenute variazioni patrimoniali di possibile rilievo in base alla disciplina fiscale delle partecipazioni.
Né, d’altro canto, può essere condiviso l’argomento in base al quale la considerazione di tali variazioni condurrebbe sempre a vanificare lo scopo della ridetta disciplina.
Possono infatti verificarsi casi nei quali le condizioni per procedere a una riduzione del capitale (per perdite o per ragioni equipollenti) hanno natura oggettiva e non designino alcuna volontà elusiva del contribuente; spetta dunque, e in ogni caso, al giudice del merito l’accertamento in concreto della ricorrenza o meno di tali fattispecie.
2.7. Sul punto, pertanto, può essere formulato il seguente principio di diritto:
«In tema di deduzione dalla base imponibile di svalutazione della partecipazione in società non quotate è necessario procedere ad un confronto effettivo fra il patrimonio netto iniziale e quello finale nell’ottica di cui all’art. 61, comma 5, ultimo periodo, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, mediante una tecnica di ‘ omogeneizzazione ‘ che comporti, a seconda dei casi, il decremento del patrimonio iniziale o di quello finale in considerazione del tipo di variazione intervenuta; in ordine a tale ultima, spetta al giudice del merito accertare se essa abbia natura obiettiva ovvero sia volta a vanificare l’applicazione della disposizione richiamata».
Infine, con il terzo mezzo, la ricorrente denunzia la nullità della sentenza per omessa pronunzia in relazione alla richiesta di disapplicazione delle sanzioni, da lei formulata in guisa di eccezione innanzi alla C.T.R. per l’ipotesi poi verificatasi -di accoglimento dell’appello erariale.
3.1. Anche detto motivo è fondato.
I giudici d’appello , infatti, hanno completamente omesso di decidere sulla richiesta di disapplicazione delle sanzioni avanzata dalla società contribuente; né, ovviamente, una statuizione può ritenersi resa implicitamente nell’accoglimento del gravame erariale, poiché tale decisione si fondava su presupposti diversi.
Il ricorso va dunque accolto in relazione al secondo e al terzo motivo.
La sentenza impugnata è cassata con rinvio al giudice a quo , il quale, decidendo in diversa composizione, si conformerà all’indicato principio e statuirà anche sul motivo di gravame non scrutinato.
Il medesimo giudice provvederà anche a liquidare le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso in relazione al secondo e al terzo motivo, rigettato il primo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Liguria.
Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2025.